Ricorso n.40 del 14 luglio 2016 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 14 luglio 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 37 del 2016-09-14)
Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi n. 12, contro la Regione Toscana, in persona del Presidente in carica per l'impugnazione della legge regionale della Toscana 9 maggio 2016, n. 31, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana n. 19 dell'11 maggio aprile 2016, recante «Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, Abrogazione dell'art. 32 della l.r. 82/2015», in relazione al suo art. 2, comma 1, lettere a), c) e d).
La legge regionale della Toscana n. 19 del 2016 ha la finalita', enunciata nel suo articolo 1, di introdurre disposizioni per l'applicazione dell'art. 3 (rectius: 03) comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 (1) , al fine di garantire in tutto il territorio regionale la valorizzazione del paesaggio e degli elementi identitari della fascia costiera attraverso la qualificazione dell'offerta turistico-balneare e, nel contempo, adeguate e omogenee condizioni di sviluppo per le micro, piccole e medie imprese turistico-ricreative operanti in ambito demaniale marittimo.
In vista di tale finalita', l'art. 2 della legge regionale stabilisce «Criteri e condizioni per il rilascio delle concessioni ultrasessennali», prevedendo, in particolare, quanto segue:
1. Nell'ambito delle procedure comparative per il rilascio delle concessioni di durata superiore a sei anni ed inferiore ai venti anni, di cui all'art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400/1993 convertito dalla legge n. 494/1993:
a) costituisce condizione per il rilascio del titolo concessorio, l'impegno, da parte dell'assegnatario, a non affidare a terzi le attivita' oggetto della concessione, fatte salve:
1) la possibilita' di affidamento in gestione delle attivita' secondarie ai sensi dell'art. 45-bis del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione);
2) la sopravvenienza di gravi e comprovati motivi di impedimento alla conduzione diretta da parte dell'assegnatario stesso;
b) (...);
c) in caso di area gia' oggetto di concessione, l'ente gestore acquisisce il valore aziendale dell'impresa insistente su tale area attestato da una perizia giurata di stima redatta da professionista abilitato acquisita a cura e spese del concessionario richiedente il rilascio della concessione ultrasessennale;
d) al concessionario uscente e' riconosciuto il diritto ad un indennizzo, da parte del concessionario subentrante, pari al 90 per cento del valore aziendale dell'impresa insistente sull'area oggetto della concessione, attestato dalla perizia giurata di cui alla lettera c), da pagarsi integralmente prima dell'eventuale subentro;
e) (...)».
Tali disposizioni sono illegittime per i seguenti
Motivi
1) In relazione all'art. 117, comma primo, Cost., violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera e) e l), Cost. violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materie della «tutela della concorrenza» e dell'«ordinamento civile». In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera a), Cost., violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dei «rapporti dello Stato con l'Unione europea».
Si' e' visto che le lettere c) e d) dell'art. 2, comma 1, della legge regionale impugnata prevedono l'obbligo del concessionario subentrante di corrispondere al concessionario uscente un indennizzo pari al 90 per cento del «valore aziendale dell'impresa» insistente sull'area oggetto di concessione, come attestato da una perizia giurata di stima redatta da un professionista abilitato acquisita a cura e spese del concessionario richiedente il rilascio di una concessione.
Prima di entrare nel merito delle censure che si andranno a proporre al riguardo, sembra opportuno, da un lato, ripercorrere brevemente le vicende normative che hanno caratterizzato l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle contestazioni che, nella materia, la Commissione europea ha formulato nel contesto della procedura d'infrazione n. 2008/4908 e, dall'altro lato, dare conto delle circostanze che caratterizzano il procedimento pregiudiziale di cui alle cause riunite C-458/14, Promoimpresa, e C-67/15, Melis e a., che, sempre nella materia qui rilevante, e' attualmente pendente dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in seguito a rinvio disposto da due tribunali amministrativi regionali italiani (il deposito della sentenza e' atteso per il 14 luglio 2016 ma, al momento in cui si redige il presente atto, sono disponibili le conclusioni depositate dall'Avvocato generale Szpunar).
Quanto alla procedura di infrazione, essa fu avviata nel febbraio del 2009 dalla Commissione europea, la quale censurava il fatto che in Italia l'attribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalita' ricreative si basasse su un sistema di preferenza per il concessionario uscente, se non addirittura di puro e semplice rinnovo automatico della concessione gia' assentita.
La Commissione ha quindi chiesto di modificare le disposizioni normative nazionali che producevano tale effetto, ossia l'art. 37 del codice della navigazione e l'art. 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, le quali prevedevano, rispettivamente il c.d. diritto d'insistenza del concessionario uscente e il rinnovo automatico delle concessioni sessennali, cosi da passare ad un sistema basato su concessioni di durata massima di 20/25 anni da attribuire mediante procedure di evidenza pubblica.
Nella prima fase della procedura, le contestazioni della Commissione si sono appuntate sulla contrarieta' del regime nazionale alle norme del diritto primario dell'Unione e., in particolare, all'art. 43 dell'allora Trattato CE (ora art. 49 del TFUE), in materia di liberta' di stabilimento, in ragione della barriera all'ingresso che tale regime introduceva nei confronti delle imprese dell'Unione europea, alle quali non era concessa la possibilita', alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore.
L'interpretazione, come noto, e' stata condivisa da codesta Corte costituzionale, nella sentenza n. 180 del 2010, che - occupandosi di una legge delle Regione Emilia-Romagna che attribuiva ai titolari di concessioni demaniali marittime il diritto ad una proroga della durata della concessione fino ad un massimo di 20 anni - ha dichiarato che simili previsioni determinano una «ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato della gestione del demanio marittimo, (...), violando il principio di parita' di trattamento (detto anche "di non discriminazione"), che si ricava dagli artt. 49 e ss. del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in tema di liberta' di stabilimento, favorendo i vecchi concessionari a scapito degli aspiranti nuovi». Tale indirizzo e' stato, poi, ribadito nelle sentenze n. 340 del 2010 e n. 213 del 2011, relative ad altre leggi regionali.
Per superare le contestazioni della Commissione, e' stata inserita, nell'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 194 (c.d. «mille proroghe»), una disposizione che ha abrogato l'art. 37, comma 2, del codice della navigazione (ossia la norma che prevedeva il diritto d'insistenza), nel contempo prorogando le concessioni in essere al 31 dicembre 2015, onde consentire, nelle more di tale scadenza, l'adozione di una normativa che disciplinasse l'affidamento delle concessioni attraverso procedure di evidenza pubblica.
In fase di conversione del decreto-legge, in questa stessa disposizione fu, tuttavia, inserito dal Parlamento un inciso che faceva salva l'applicabilita' del disposto dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993, il quale prevedeva un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni sessennali. (2)
La circostanza ha impedito la chiusura della procedura d'infrazione.
La Commissione europea ha infatti comunicato, il 5 maggio 2010, una lettera di c.d. «messa in mora complementare» con cui, oltre ad agganciare l'incompatibilita' della normativa dell'Unione anche all'art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. «Direttiva Servizi» o «Bolkestein»), entrata nel frattempo in vigore (28 dicembre 2009), ha chiesto di correggere l'art. 1, comma 18, del decreto "mille proroghe", espungendo il rinvio al meccanismo di rinnovo automatico previsto dal citato decreto-legge n. 400/1993.
Nella lettera di messa in mora complementare, la Commissione - oltre a ribadire la contrarieta' al Trattato dei meccanismi di proroga automatica o di preferenza del concessionario uscente - ha messo in evidenza che l'art. 12 della direttiva Bolkestein prescrive che, qualora il numero di "autorizzazioni" disponibili per l'esercizio di un'attivita' economica sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili, queste siano assentite attraverso procedure di selezione che assicurino garanzie di imparzialita' e di trasparenza e prevedano un'adeguata pubblicita' dell'avvio della sua procedura e del suo svolgimento. Questo articolo vieta inoltre, al secondo paragrafo, il rinnovo automatico di tali autorizzazioni o la concessione di qualsiasi "vantaggio" al titolare uscente o a persone che si trovino in particolari rapporti con esso. (3)
Per "autorizzazione", secondo le definizioni contenute nella direttiva, deve intendersi «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un'autorita' competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all'accesso ad un'attivita' di servizio o al suo esercizio». La definizione, pertanto, si attaglia a qualsiasi attivita' economica il cui svolgimento postuli l'emissione di una decisione di un'attivita' pubblica. In tale nozione, a giudizio della Commissione, doveva ricomprendersi anche l'attivita' turistico-balneare, considerato che il suo esercizio e' condizionato dal previo rilascio di una concessione sui beni del demanio marittimo.
Per superare definitivamente le contestazioni della Commissione, e' stato quindi approvato, nel contesto della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010), un art. 11 («Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura d'infrazione n. 2008/4908. Delega al Governo in materia di concessioni demaniali marittime»), che ha eliminato ogni rinvio al regime del rinnovo automatico delle concessioni. (4)
Cio' ha consentito l'archiviazione della procedura di infrazione, avvenuta con decisione della Commissione del 27 febbraio 2012.
L'art. 11, della legge comunitaria 2010 conferiva anche una delega legislativa per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, ma il relativo termine di quindici mesi e' spirato senza che la delega fosse esercitata.
Cio' si deve essenzialmente al fatto che, con l'art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012 n. 221), il termine di durata delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo in essere e' stato prorogato al 31 dicembre 2020.
La proroga ope legis ha costituito oggetto di due rinvii pregiudiziali disposti da due tribunali amministrativi regionali (il T.A.R. della Lombardia e il T.A.R. della Sardegna), che, in sintesi, si sono interrogati sulla compatibilita' della detta proroga con i principi stabiliti nel Trattato e nel diritto derivato dell'Unione europea (segnatamente, nell'art. 12 della direttiva Bolkestein).
Nelle sue conclusioni, depositate il 25 febbraio 2016 nei giudizi riuniti C-458/14 e C-65/17, l'Avvocato generale preso la CGUE ha suggerito alla Corte di rispondere ai quesiti ad essa sottoposti affermando che l'art. 12, parr. 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che proroga automaticamente la data di scadenza delle autorizzazioni relative allo sfruttamento del demanio pubblico marittimo e lacuale.
Nell'analizzare le questioni, l'Avvocato generale ha, tra l'altro, affermato che il rilascio di una concessione demaniale marittima o lacuale, per come configurati nell'ordinamento italiano, costituisce un «regime di autorizzazione» ai sensi della direttiva (in particolare, del suo art. 4, par. 6) e che l'ambito di applicazione oggettivo dell'art. 12 della direttiva, nel riferirsi ai casi in cui «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili», comprende anche tali concessioni.
Tanto premesso, esso ha concluso che il regime della proroga legale contrasta con l'art. 12 in quanto viola l'obbligo, derivante dal suo paragrafo 1, della direttiva 2006/123, di prevedere una procedura trasparente e imparziale al fine di selezionare i candidati e, inoltre, in quanto esso equivale a un rinnovo automatico, che e' escluso espressamente dal paragrafo 2.
Dalla premessa che precede si colgono gli aspetti di contrarieta' della previsione contenuta nelle lettere c) e d) dell'art. 1 della legge regionale impugnata con il diritto dell'Unione europea e, in particolare, con l'art. 12 della direttiva servizi, nella quale sono declinati i principi della liberta' di stabilimento nel settore terziario.
Si e' visto, infatti, che il par. 2 di tale articolo impedisce di attribuire al prestatore uscente qualsiasi vantaggio. E tale regola e' stata riprodotta nel decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, con cui la direttiva e' stata trasposta nell'ordinamento interno. L'art. 16, comma 4, di tale decreto legislativo stabilisce, nell'esercizio della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, che «(n) e i casi di cui al comma 1» - ossia nei il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivita' di servizi sia limitato - «il titolo e' rilasciato per una durata limitata e non puo' essere rinnovato automaticamente, ne' possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorche' giustificati da particolari legami con il primo».
Ora, tale regola non consente forse di escludere, in linea di principio, che, allo spirare del termine della concessione, sia possibile riconoscere, entro certi limiti, una tutela degli investimenti realizzati dal concessionario, viepiu' se effettuati in un periodo nel quale si poteva confidare sulla stabilita' del titolo conferita dal diritto di insistenza o dalle proroghe ope legis.
Aperture in questo senso si rinvengono anche nelle gia' citate conclusioni dell'Avvocato generale Szpunar, che, al punto 92 di tali conclusioni, appare non escludere una simile eventualita', sebbene ancorandola a «una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare, attraverso elementi concreti, che il titolare dell'autorizzazione abbia potuto aspettarsi legittimamente il rinnovo della propria autorizzazione e abbia effettuato i relativi investimenti».
E, tuttavia, tali limiti rischiano certamente di essere superati dall'attribuzione indiscriminata al concessionario uscente di un indennizzo corrispondente al 90% di una grandezza, quale il «valore aziendale dell'impresa insistente sull'area oggetto della concessione», la cui definizione, non contenuta nella legge regionale, resta del tutto incerta.
Del pari suscettibile di determinare un'eccessiva barriera all'ingresso dei nuovi entranti e' la previsione a loro carico dell'indennizzo, a fronte della acquisizione, da parte dell'ente gestore, di tale «valore aziendale dell'impresa», ossia di un coarcervo dai confini incerti, suscettibile di comprendere, ad esempio, beni gia' in proprieta' del concessionario uscente e beni, come quelli immobili, che in linea di principio dovrebbero risultare gia' automaticamente acquisti al demanio per accessione. (5)
Ma, al di la' dei profili di merito dell'intervento regionale, appare evidente come esso contrasti innanzi tutto con l'esigenza di' garantire la parita' di trattamento e l'uniformita' delle condizioni del mercato sull'intero territorio nazionale: esigenza che solo la legge statale puo' assicurare, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza (competenza che, pertanto, risulta manifestamente violata dalla legge regionale).
Ancora, e' invasa la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, nel momento in cui, con legge regionale, si onera il concessionario subentrante del pagamento del predetto indennizzo e nel momento in cui introduce una deroga, che solo la legge statale potrebbe invece introdurre, all'art. 49 del codice della navigazione, a tenore del quale «(s)alvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facolta' dell'autorita' concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. In quest'ultimo caso, l'Amministrazione, ove il concessionario non esegua l'ordine di demolizione, puo' provvedervi d'ufficio a termini dell'articolo 54».
E' noto, infatti, che la titolarita' di funzioni legislative e amministrative della Regione in ordine alla utilizzazione di determinati beni non fa venire meno le prerogative del legislatore statale in materia (cfr. sentenze n. 343 del 1995, n. 286 del 2004, nn. 94 e 370 del 2008).
Relativamente, in particolare, al demanio marittimo e' stato
chiarito che «la competenza della Regione nella materia non puo' incidere sulle facolta' che spettano allo stato in quanto proprietario. Queste infatti precedono logicamente la ripartizione delle competenze e ineriscono alla capacita' giuridica dell'ente secondo i principi dell'ordinamento civile».
2) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Violazione dell'art. 9 Cost.
L'art. 2, comma 1, lettera c) della legge regionale impugnata non contempla alcuna valutazione dell'ente gestore in merito all'effettiva consistenza dell'impresa insistente sull'area demaniale, con la conseguenza che, nella stima, potrebbero essere ricomprese anche opere non amovibili eventualmente costruite nella zona demaniale.
La norma regionale, introducendo al riguardo la gia' descritta deroga all'art. 49 cod. nav., prefigura il permanere del diritto all'utilizzazione dei beni da parte del concessionario subentrante - d'altronde obbligato a corrisponderne pressoche' integralmente il valore - senza che sia lasciato all'autorita' concedente uno spazio valutativo sull'esistenza di altro e preminente interesse pubblico e senza, quindi, che sia stato previamente verificato l'interesse pubblico alla eliminazione delle opere non amovibili, secondo quanto stabilito dalla citata disposizione del codice della navigazione.
Di qui una evidente diminuzione di livelli di tutela del paesaggio e la conseguente violazione dei parametri costituzionali indicati in rubrica.
3) In relazione all'art. 117, comma 2, lettera l, Cost., violazione, sotto altro profilo, della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell'«ordinamento civile».
Profili di illegittimita' costituzionale si rinvengono anche nell'art. 2, comma 1, lettera a) della legge regionale impugnata.
Questa disposizione prevede che «costituisce condizione per il rilascio del titolo concessorio l'impegno, da parte dell'assegnatario, a non affidare a terzi le attivita' oggetto di concessione», fatta salva la possibilita' di affidamento in gestione delle attivita' secondarie ai sensi dell'art. 45-bis del codice della navigazione e, inoltre, fatto salvo il caso di «sopravvenienza di gravi e comprovati motivi di impedimento alla conduzione diretta da parte dell'assegnatario».
La norma si propone, pertanto, di disciplinare l'affidamento a terzi nella concessione, che - unitamente al sub-ingresso nella medesima - e' materia riservata alla sfera di competenza esclusiva della legge statale, attenendo al settore dell'ordinamento civile.
Inoltre, anche nel merito, la disposizione regionale si discosta dal regime derivante dagli articoli 45-bis e 46 del codice della navigazione, dal cui combinato disposto si evince che e' consentito l'affidamento a terzi della gestione delle attivita' oggetto di concessione, purche' vi sia la previa autorizzazione dell'autorita' competente.
La legge regionale, per contro, esclude tale affidamento, a meno che si tratti di attivita' secondarie nell'ambito della concessione o ricorrano comprovati motivi di impedimento alla conduzione diretta.
Da ultimo, essa omette di subordinare l'eventuale affidamento a terzi della concessione all'autorizzazione dell'autorita' competente (elemento che puo', forse, ricavarsi in via interpretativa per la prima delle suddette due ipotesi, ma certamente non per la seconda).
Per tale ragioni, anche la lettera a) dell'art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata si dimostra adottata in violazione delle competenze legislative delle regioni.
(1) Tale decreto-legge, recante «disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime», all'art. 03, comma 4-bis - introdotto dall'art. 1, comma 253, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e poi modificato dall'art. 11, comma 1, lettera della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (Legge comunitaria 2010) - stabilisce che «(l) e concessioni di cui al presente articolo (i.e. le concessioni rilasciate o rinnovate con finalita' turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo) possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell'entita' e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorita' portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84».
(2) L'art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, nel testo risultante dalla legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25, aveva il seguente tenore: «Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonche' alle rispettive norme di attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalita' turistico-ricreative, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalita' di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che e' conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di liberta' di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attivita' imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonche' in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'art. 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 e' prorogato fino a tale data, fatte salve le disposizioni di cui all'art. 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. All'articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il secondo periodo e' soppresso».
(3) Si riporta, per maggior comodita' di lettura dei Giudicanti, anche il testo dell'art. 12 della direttiva servizi, rubricato «Selezione tra diversi candidati»: «1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicita' dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento; 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione e' rilasciata per una durata limitata adeguata e non puo' prevedere la procedura di rinnovo automatico ne' accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami; 3. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario».
(4) Si riporta, di seguito, il testo originario dell'art. 11 della legge comunitaria 2010: «1. Al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonche' al fine di rispondere all'esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consenta lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare-ricreativa: a) il comma 2 dell'art. 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993. n. 494, e successive modificazioni, e' abrogato; b) al comma 2-bis dell'art. 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modfflcazioni, le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 1»: c) all'art. 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all'art. 01. comma 2,» sono soppresse ed e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorita' portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84». 2. Il Governo e' delegato ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la semplificazione normativa, per le politiche europee e per il turismo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo i seguenti principi e criteri direttivi: (...); 3. - 6. (...)».
(5) Peraltro, non e' chiaro se l'effetto di acquisizione in proprieta' all'ente gestore, previsto dalla lettera c), si determini anche nel caso del riottenimento della concessione da parte del medesimo concessionario uscente.
P.Q.M.
Alla stregua di quanto precede si confida che codesta Ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, lettere a), c) e d), della legge regionale della Toscana 9 maggio 2016, n. 31.
Si produrra' copia autentica della deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 giugno 2016, con l'allegata relazione.
Roma, 7 luglio 2016
L'Avvocato dello Stato: Fiorentino