Ricorso n. 40 del 17 marzo 2004 (Regione Basilicata)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 Marzo 2004 - 17 Marzo 2004 , n. 40
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 marzo 2004 (del Presidente della giunta della
Regione Basilicata)
(GU ed. str. del 3-6-2004)
Ricorso del Presidente della giunta della Regione Basilicata,
Filippo Bubbico, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del
presente atto, in virtu' della delibera di giunta n. 443 del 5 marzo
2004, dagli avv. Mirella Viggiani, Maria Carmela Santoro e Fernanda
Cariati domiciliato in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della
Regione Basilicata, alla Via Nizza n. 56;
Nei confronti del sig. Presidente del Consiglio dei ministri per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art.
127 della Costituzione:
del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314 recante
«Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo
stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza dei rifiuti
radioattivi, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 novembre
2003;
della, legge di conversione n. 368 del 24 dicembre 2003,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2004;
con richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata
ex art. 35 legge n. 87/1953.
Con il decreto-legge n. 314 del 14 novembre 2003, recante
disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio
in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi, il
governa ha emanato un provvedimento contenente disposizioni relative
alla realizzazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Il provvedimento, a causa del suo contenuto e delle modalita'
della assunzione, ha suscitato grande clamore.
Con tale atto normativa il governo si e' appropriato, prima del
tempo, del conferimento di una delega a legiferare contenuta
nell'art. 30 del d.d.l. c.d. Marzano, dal nome dell'attuale Ministro
alle attivita' produttive, che e' diretto al «Riordino del settore
energetico», e che contiene la previsione del conferimento di deleghe
al Governo in materia di produzione di energia elettrica, di
stoccaggio e vendita di g.p.l. e, per quello che maggiormente in
questa sede interessa, di gestione dei rifiuti radioattivi.
Si tratta del disegno di legge n. 3297 approvato dalla Camera dei
deputati il 16 luglio 2003, e con il n. S 2421 attualmente in stato
di relazione al Senato.
Il Governo il 14 novembre 2003 con un atto rivestente la forma
del decreto legge, ma sostanzialmente avente natura di provvedimento
amministrativo, come detto, si e' appropriato di una delega a
legiferare che il Parlamento, aveva in pectore di conferirgli, ed e'
intervenuto a disciplinare la raccolta, lo smaltimento e lo
stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti
radioattivi, con la previsione della realizzazione di un deposito
nazionale per le scorie, che inizialmente si prevedeva di ubicare nel
territorio del comune di Scanzano Jonico della Regione Basilicata, da
completare entro il 31 dicembre 2008.
Il decreto-legge n. 314/2003 e' stato convertito, con
modificazioni, nella legge 368 del 24 dicembre 2003 e prevede
attualmente all'art. 1: «La sistemazione in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, come definiti dall'art. 4, comma 3, del decreto
legislativo 17 marzo 1995 n. 230, degli elementi di combustibile
irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti
dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti
di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto
delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e
dell'ambiente previste dal citato decreto legislativo n. 230 del
1995, e' effettuata presso il deposito nazionale riservato ai soli
rifiuti di III categoria, che costituisce opera di difesa militare di
proprieta' dello Stato».
Dall'originaria previsione, proprio a segnito di un emendamento
in tal senso presentato dallo stesso Governo presso l'VIII
Commissione della Camera, e' stata espunta l'individuazione del
comune di Scanzano Jonico come territorio deputato ad «ospitare
forzatamente» il deposito nazionale delle scorie radioattive.
Entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione
e' previsto che debba essere individuato il sito ove ubicare tale
deposito nazionale.
Il sito dovra' essere individuato con un atto del commissario
straordinario, nominato per sovraintendere all'attuazione degli
interventi, il quale lo assumera' al termine di una non meglio
precisata attivita' concertativa che prevede di essere assolta con il
sentire la commissione tecnico-scientifica, pure essa di nomina
governativa, prevista dall'art. 2 del medesimo decreto, e previa
intesa in sede di Conferenza unificata ex art. 8 D.Lgs 281/1997.
Laddove l'intesa non fosse raggiunta nel termine predetto
competerebbe al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri
provvedere, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ad
adottare d'imperio un atto individuando il luogo ove realizzare il
deposito nazionale delle scorie radioattive (art. 1, 1° comma).
La medesima disciplina affida alla societa' Sogin S.p.a.,
Societa' di gestione impianti nucleari S.p.a., sia la realizzazione
del deposito, entro il 31 dicembre 2008, sia la gestione definitiva
in concessione dello stesso.
La societa' Sogin e' onerata, altresi', di provvedere, con i
prezzi o le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi al
deposito nazionale, alla validazione del sito, all'esproprio delle
aree, alla progettazione e costruzione del deposito.
Per assicurare l'attuazione degli interventi il Presidente del
Consiglio dei ministri provvedera', come anticipato, alla nomina di
un Commissario straordinario cui la stessa normativa, all'art. 2
comma 1, prevede il conferimento poteri di intervento in deroga alla
la normativa vigente.
Lo stesso commissario straordinario e' autorizzato di provvedere
all'approvazione del piano economico finanziario, all'affidamento
degli incarichi di progettazione del deposito nazionale, alle
procedure espropriative, all'approvazione dei progetti, affidamento
dei lavori.
Il comma 2 del medesimo art. 2 autorizza, altresi', lo stesso
Commissario straordinario ad adottare, con le modalita' ed i poteri
ex art. 13 d.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, anche in
sostituzione dei soggetti competenti, tutti i provvedimenti e gli
atti di qualsiasi natura necessari alla progettazione, istruttoria e
affidamento ed alla realizzazione del Deposito, con eccezione degli
atti di competenza sia del Ministero dell'ambiente e territorio,
relativamente alla V.I.A., e sia dell'A.P.A.T.
Il decreto, come convertito, per i restanti articoli disciplina
l'allocazione dei rifiuti radioattivi - art. 3, determinazione di
misure compensative in favore degli enti territoriali interessati
direttamente dall'ubicazione del deposito nazionale e delle misure
d'informazione sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi -
art. 4; ed infine le disposizioni di copertura finanziaria e
l'entrata in vigore della normativa - articoli 5, 6.
Incostituzionalita' per violazione dell'art. 77, secondo comma
Cost. insussistenza condizioni legittimanti decretazione di
necessita' ed urgenza e per violazione dell'art. 117, terzo comma
costituzione.
Con riguardo all'intero testo normativo rinveniente dal decreto
legge n. 314/2003, e convertito, con modificazioni, nella legge
n. 368/2003 si contesta innanzitutto la violazione dell'art. 77,
secondo comma Cost. per essere stato il decreto medesimo adottato in
assoluta assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza, che
soltanto giustificano, secondo il citato articolo della Costituzione,
il ricorso da parte del Governo alla decretazione d'urgenza, e la
coeva violazione della sfera delle competenze legislative attribuite
alle Regioni ex art. 117, terzo comma Cost.
La sussistenza della prima delle censure di cui in epigrafe si
rinviene da una serie di circostanze desumibili: dal preambolo dello
stesso provvedimento legislativo nonche' dalle argomentazioni
riportate nel disegno di legge di presentazione del decreto alle
Camere per l'ottenimento della conversione in legge dello stesso;
dalla mancanza, al contrario di quanto asserito dal Governo,
dell'osservanza di «impellenti» impegni comunitari; dall'esistenza
dell'adozione da parte del Parlamento, organo naturalmente deputato
alla legiferazione, di una normativa regolante la materia del
riordino del settore energetico, contenente proprio le deleghe al
Governo in detta materia come pure in quella della gestione dei
rifiuti radioattivi e dell'individuazione di un deposito nazionale
delle sco-
rie radioattive; dall'essere la normativa emanata insuscettibile di
immediata applicazione od efficacia, dall'avere il Governo,
attraverso l'emanazione della normativa de qua vulnerato
l'attribuzione legislativa concorrente delle Regioni riconosciuta
loro dal terzo comma dell'art. 117 Costituzione in materia di tutela
della salute, governo del territorio e protezione civile; da ultimo,
per la mancata indicazione del titolo giustificativo in virtu' del
quale il governo si e' appropriato del potere, legislativo in luogo
del Parlamento ed in danno delle Regioni, senza che si ncorresse la
giuridica necessita' di sostituirsi alla Regione od ad enti
territoriali inerti od omittenti.
Come rilevato il Governo ha esercitato illegittimamente il potere
legislativo con l'emanazione del decreto-legge n. 314/2003, infatti
nel caso di specie non sussistevano le condizioni di necessita' ed
urgenza costituzionalmente richieste dall'art. 77, secondo comma
Cost. per legittimare l'esercizio del potere legislativo in capo
all'esecutivo.
E' stato acutamente osservato che tali condizioni ricorrono
quando si e' di fronte all'impossibilita' di intervenire con
efficacia ed immediatezza con il ricorso al naturale procedimento
legislativo, ad esempio nei casi di intervento per l'aiuto alle
popolazioni colpite da calamita' naturali o per prorogare rapidamente
discipline prossime alla scadenza, escludendo quindi il Governo dalla
legittima possibilita' di ricorrere alla decretazione di urgenza nei
casi in cui non possano ravvisarsi circostanze aventi peculiarita' di
eccezionalita'.
Orbene nel caso che si sottopone all'ecc.ma Corte adita tali
circostanze, come rilevato, non sussistono.
E' lo stesso Governo ad asserire la mancanza delle condizioni
della decretazione d'urgenza sia nel preambolo del decreto che nella
relazione del d.d.l. di presentazione del decreto alle Camere per la
conversione.
Infatti per giustificare la emanazione del decreto che si censura
vengono richiamate genericamente circostanze quali la necessita' ed
urgenza di dare immediata sistemazione in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, procedendo pero' a prevedere nel secondo comma dell'art.
n. 1 che il deposito delle scorie sia completato molto oltre
l'entrata in vigore del decreto - avvenuta il 15 novembre 2003 - e
cioe' entro il 31 dicembre 2008.
Anche nella relazione del d.d.l. presentato dal Governo al
Parlamento per ottenere la conversione del decreto non si indica la
ricorribilita' delle menzionate circostanze di necessita' ed urgenza
che sono richieste indefettibilmente per legittimare l'esercizio del
potere legislativo da parte dell'esecutivo.
Al riguardo nella pagina uno si opera un riferimento ad
inaccettabili condizioni di pericolosita', alla possibilita' di
eventi catastrofici ed atti terroristici la cui nocivita' in termini
di evenienza per la sicurezza della popolazione stride clamorosamente
con il successivo enunciato espresso con il richiamo ad un testo
normativo approntato dalla Commissione europea, consistente nel
dovere per gli Stati dell'Unione di dotarsi di un deposito
ingegneristico entro il lontano 2013 e di uso geologico entro l'ancor
piu' lontano 2018.
Cosicche' non v'e', a parere di chi scrive, modo di individuare
in quello che precede la ricorribilita' concreta delle menzionate
circostanze giustificatrici richieste ex art. 77, secondo comma Cost.
per la decretazione d'urgenza.
Nemmeno potrebbe giustificare l'esercizio del potere legislativo
da parte del Governo l'asserzione che il Parlamento avrebbe omesso
una qualche attivita' in ordine all'assunzione di una normativa in
materia perche' niente di meno veritiero di tanto e' avvenuto.
Al riguardo si rimarca che, invece, presso il Parlamento e' in
itinere l'adozione di un atto normativo compiutamente formulato
proprio nella materia di cui in questa sede si discetta.
Ci si riferisce al citato d.d.l. c.d. Marzano, dal nome
dell'attuale Ministro delle attivita' produttive, il quale propone il
«Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo in
materia di produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita
di g.p.l. e di gestione dei rifiuti radioattivi», talche' non puo'
proprio asserirsi che stante l'inerzia del Parlamento il Governo e'
legittimato a provvedere in merito.
Nel merito, anzi ed ulteriormente, si denuncia che il d.d.l. in
parola e' stato gia' esaminato dalla Camera dei Deputati ed
attualmente e' in stato di relazione al Senato, n. S 2421-12 febbraio
2004. L'art. 30 della normativa in corso di adozione, contenuta nel
d.d.l. c.d. Marzano, con il quale «si prevede di conferire delega al
Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi, si compone di ben
nove commi di cui il terzo articolato in 12 lettere.
Lo stesso non solo stabilisce le modalita' di esercizio della
delega da parte del Governo, ma anche, e per quello che piu' oltre
verra' posto in evidenza, la necessita' che alle decisioni inerenti
alla individuazione del sito ove ubicare il deposito nazionale
partecipino gli enti territoriali interessati, regioni e comuni
(comma 3, lett. d), con il riconoscimento, altresi', che un tale
intervento comporta la creazione dei vincoli per il territorio
interessato (successiva lett. g).
Le piu' volte richiamate condizioni di necessita' ed urgenza non
sono suscettibili di essere rinvenute neanche dalla mera formulazione
degli enunciati delle norme impugnate atteso che le stesse non sono
suscettibili di immediata applicazione.
Infatti dalle prospettazioni degli artt. 1, 2, 3, di cui si
chiede di scrutinare la legittimita' costituzionale, non e' dato di
ravvisare l'immediata applicazione, considerato che gli stessi, come
pure il successivo articolo quattro, stabiliscono un procedimento a
fattispecie complessa, con fasi interdipendenti ove e' prevista la
partecipazione di piu' soggetti, anche dotati di eccezionali poteri
derogatori e sostitutivi.
Pertanto anche la non immediata applicazione delle norme si pone
come insormontabile ostacolo al «riconoscimento» della sussistenza
delle condizioni giuridiche di legittimita' dell'operato del Governo.
Quest'ultimo assumendo il d.l. 314/2003 non solo ha violato il
principio di legalita' ma anche quello di tipicita' degli atti
esercitando la funzione legislativa al fine di appropriarsi di un
potere decisionale che competeva al Parlamento, poiche' in quella
sede, e' dato ritenere che, stante la perdurante attuazione della
c.d. «Bicameralina», si sarebbe piu' compiutamente, esaustivamente e
«garantisticamente» svolto un dibattito in ordine allo stabilire
procedure, anche concertative, per la corretta individuazione del
sito ove ubicare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
Ulteriormente si rimarca che con l'assunzione del decreto-legge
da parte dell'organo esecutivo statale, prima, e con la legge di
conversione, poi, si sono vulnerate le attribuzioni legislative
attribuite dalla Costituzione alle regioni con l'art. 117, terzo
comma in materia di tutela della salute, protezione civile e governo
del territorio.
Si rileva che il prevedere il procedimento amministrativo per
l'individuazione del sito e la movimentazione dei rifiuti sul
territorio delle regioni, e' avvenuto nella consapevolezza che una
decisione di tal fatta, presa d'imperio, per risolvere un problema
presente dal 1962 (come risulta anche dagli atti parlamentari),
avrebbe prodotto effetti non rimuovibili sia per lo stesso territorio
che per le popolazioni.
Il Governo non si e' fatto carico, come invece era doverosamente
tenuto, di individuare principi normativi cui le regioni dovessero
far capo nell'emanare, come competenti, normative ulteriori nelle
materie di cui innanzi e di cui si contesta da parte dell'esecutivo
statale la indebita incidenza.
Eppure le norme emanate sono state adottate con l'intento
dichiarato di salvare le vite umane, di preservare e quindi tutelare
la salute delle popolazioni senza al contempo individuare quegli
standards minimi in materia che sono necessari per consentire alle
regioni di legiferare in via ulteriore.
Si e' legiferato, come appena rilevato, sapendo di intervenire
irrimediabilmente sul territorio senza del pari nulla prevedere in
ordine a come tale previsione normativa avrebbe «vincolato», ed anche
qui, per forza di cose, irreversibilmente il legislatore regionale
nel successivo esercizio del potere in altre materie connesse alla
normativa di cui si censura la illegittimita' costituzionale.
Prevedere di individuare il sito per il deposito nazionale e
prevedere il procedimento per la sua realizzazione, l'individuazione
del soggetto finanziatore, l'organo deputato a sorvegliarne la
realizzazione e non prevedere di contro come quella normativa avrebbe
inciso in modo cosi' «devastante» e «vincolante» sui poteri normativi
attribuiti alle regioni, e' una mancanza che si riverbera in termini
di incostituzionalita' delle norme e legittima l'intervento
impugnatorio della Regione istante.
Tale previsione normativa vincola e quindi vulnera le future
scelte del legislatore regionale non solo come detto in materia di
tutela della salute ma anche e vieppiu' in materia di protezione
civile e governo del territorio.
Quanto meno anche in tali casi il legislatore statale
nell'intervenire nella materia de qua avrebbe dovuto prevedere di
individuare principi per l'istituzione da parte delle regioni,
interessate sia dalla ubicazione del deposito sia dalla
movimentazione dei rifiuti, di presidi della protezione civile da
istituire a garanzia di ogni evenienza, come pure nello stesso ordine
di prevedibilita' occorreva indicare, seppure in via generale,
istituzione di presidi sanitari di aiuto e sostegno nel caso si
fossero verificati incidenti.
La stessa vulnerazione, in termini di creazione di vincoli per
l'esercizio futuro dei poteri legislativi regionali, si manifesta in
materia di governo del territorio se si pone mente all'irreversibile
modificazione del territorio che l'intervento governativo e'
preordinato a provocare sul sito prescelto.
Si rileva al riguardo che la disciplina di cui si censura la
illegittimita' costituzionale ignora gli effetti che la stessa
produrra' in termini di vincolativita' in ordine alla disciplina
dell'uso del territorio che, individuato come sito per il
posizionamento del deposito nazionale delle scorie, viene
irreversibilmente compromesso nel suo uso con la negazione di
programmazione libera da parte dell'ente regionale.
E' mancata nel caso di specie ogni prospettazione sulla incidenza
che tale normativa avrebbe prodotto, con effetto a cascata ed in
termini di compressione sul potere legislativo deputato
costituzionalmente alle regioni di disciplinare in via normativa e
gestionale gli aspetti concernenti la programmazione futura, la
pianificazione, nonche' la salvaguardia e la protezione del suolo,
anche, finalisticamente preordinati alla protezione dell'ambiente.
Si sottolinea che la protezione e la salvaguardia dell'ambiente
per il fatto di essere materia attribuita alla legislazione esclusiva
dello Stato non significa escludere ogni intervento attuatore in capo
alle regioni nelle materie in cui queste ultime hanno potesta'
legislativa.
Cosicche' il difetto dell'esistenza dei requisiti di necessita'
ed urgenza, con le prospettazioni innanzi rilevate, e la vulnerazione
dei poteri regionali costituzionalmente in materia legislativa alle
regioni, consentono di chiedere che venga scrutinata positivamente la
richiesta di incostituzionalita' della normativa impugnata.
Incostituzionalita' per violazione dei principi costituzionali di
sussidiarieta', ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa
tra stato e regioni.
Ulteriormente si rileva l'incostituzionalita' delle norme
censurate nell'avere il legislatore statale, sia in sede governativa
che parlamentare, ognuno per i rispettivi ambiti, e cioe' in sede di
iniziativa legislativa il primo e di mancato controllo il secondo,
violato i principi costituzionali di sussidiarieta', ragionevolezza,
leale collaborazione e previa intesa tra Stato e regioni, cosi' come
rimarcati dalla giurisprudenza ultima dell'Ecc.ma Corte adita nella
sentenza n. 303/2003.
Nel caso di specie il legislatore nazionale nell'emanare le norme
e nel giustificarne l'adozione richiama l'esigenza di tutelare
l'ambiente, talche' si verte nell'ambito di quella che e' stata
definita una materia trasversale, un valore costituzionale che in
quanto tale, per l'essere al di sopra di altre materie con oggetto
predeterminato, difetta dell'individuazione immediata di funzioni
amministrative che garantiscano il raggiungimento dei fini
prestabiliti dal legislatore.
Vale a dire che se e' pur vero per espresso dettato
costituzionale che il legislatore statale abbia titolo esclusivo per
esercitare il relativo potere in materia di tutela ambientale, lo
stesso a cagione di tale «esclusivita» non e' anche titolare delle
funzioni amministrative a quelle sottesa, considerato che e' venuto
meno il principio del parallelismo delle funzioni amministrative, e
che comunque non puo' ravvivarsi una qualche forma di parallelismo
nelle materie di legislazione esclusiva che siano al contempo
«trasversali» essendo queste ultime ad oggetto indeterminato.
E' infatti ragionevole ritenere, con il conforto delle previsioni
e delle finalita' della riforma del titolo V della Costituzione, che
le funzioni amministrative debbano essere svolte dagli enti
territoriali dei vari livelli in cui si articola il «governo»
amministrativo non solo nei casi in cui si tratti di funzioni
amministrative proprie o fondamentali, ma, con una competenza che si
potrebbe definire di carattere generale, ogni volta in cui l'ente
stesso fosse coinvolto da iniziative riguardanti il suo territorio o
la sua popolazione.
In tale ottica, come detto, l'ente territoriale ha titolo per
esercitare le finzioni amministrative teleologicamente finalizzate al
perseguimento degli interessi che siano suoi propri, ma anche e
vieppiu' quelli che non sono «istituzionalmente» dell'ente, ma che
ugualmente debbono essere esercitate dallo stesso, perche' l'ente
stesso e' l'istituzione che nel modo migliore puo' assicurare il
raggiungimento dello scopo individuato dalla norma attraverso il
contemperamento degli interessi della collettivita' e del territorio,
che lo stesso ente non solo rappresenta, ma assicura, garantisce e
presidia vigilmente.
Cosicche' anche nel caso di perseguimento di finalita'
individuate dal legislatore statale in una materia che la
Costituzione gli ha affidato in via esclusiva le correlative funzioni
amministrative non sono e non possono riconoscersi in capo allo
Stato, ma al contrario appartengono in primo luogo, come detto, agli
altri enti territoriali; comuni, province e regioni.
Quindi nel caso di specie anche trattandosi di un'opera di
interesse nazionale di un'opera riconosciuta quanto all'ubicazione ed
all'esecuzione indifferibile ed urgente, tutte le funzioni
amministrative relative sottese alla sua realizzazione appartengono
naturaliter agli enti territoriali che sono «investiti, interessati,
vincolati da quell'opera», e non in primis allo Stato.
Quest'ultimo per appropriarsi ed assumere quelle funzioni
amministrative dovrebbe preliminarmente consumare una fase
interlocutoria di previa intesa con gli enti territoriali da
articolarsi diversamente a seconda della fase di attuazione
dell'iniziativa in cui si verte.
Una prima fase coinvolgente tutte le regioni per procedere
all'individuazione del territorio ove ubicarne il deposito ed una o
piu' fasi successive intercorrenti con l'ente regione, il cui
territorio fosse stato individuato come area utile per posizionare
l'opera di che trattasi.
Al riguardo non potrebbe sostenersi che il principio
costituzionale della previa intesa possa ritenersi soddisfatto dalla
previsione contenute nel primo comma dell'art. 1, atteso che la
stessa peraltro e' deficitaria anche sui tempi e sulle modalita' di
assunzione del suo raggiungimento.
Solo l'infruttuoso svolgimento di tali fasi consentirebbe allo
Stato di avocare a se', con atto d'imperio, le funzioni
amministrative relative, come detto, all'individuazione del sito e
realizzazione dell'intervento, perche' e' lecito sostenere che la
mancata intesa sulla individuazione del sito non puo' consentire allo
Stato di avocare conseguenzialmente le funzioni amministrative
relative alla realizzazione dell'opera.
E' principio generale che la sostituzione di un ente ad un altro
e' legittimamente consentita solo nel caso in cui il titolare della
funzione sia rimasto inerte ed abbia omesso di compiere l'attivita'
cui e' preposto anche laddove sia stato inutilmente diffidato.
Orbene comparando quanto appena esposto e' di tutta evidenza che
i termini del rapporto sono stati stravolti e lo Stato ha avocato a
se' illegittimamente ogni funzione.
Con la normativa censurata il governo ha violato anche il
principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, inteso anche
quale applicazione del principio che la legge non puo' vincolare il
legislatore successivo se non nei limiti di quanto normativamente
previsto.
Nel caso di specie esiste un vincolo di natura concreta
rappresentato dalla realizzazione del deposito che di fatto si
presenta sin da oggi come ingiustificata limitazione di natura
giuridica su ogni attivita' di programmazione, pianificazione e
tutela del territorio da parte della regione interessata, la cui
azione diretta al perseguimento di interessi territoriali,
paesistici, di tutela dei propri abitanti viene minata in modo
assolutamente indeterminato ed in via irreversibile.
La normativa impugnata contrasta anche con il principio della
ragionevolezza perche' non v'e' modo di ravvisare nella stessa le
priorita' e le ragioni giustificatrici della posizione di un
superiore interesse pubblico nazionale cui subordinare e sacrificare,
nei rappresentati termini di insufficiente o mancata partecipazione
ai processi decisionali ed alle fasi amministrative, i diritti
costituzionalmente protetti dagli artt. 9 e 32 della Costituzione
delle popolazioni del territorio su cui verra' ubicato il deposito,
ed in primis non vi e' ragione giustificatrice che possa escludere o
limitare da quei processi decisionali e amministrativi gli enti
regionali i quali hanno poteri di programmazione e pianificazione del
proprio territorio, a meno che gli stessi non abbiano deciso di
abdicare a quella fase partecipativa.
Tale rinuncia pero' per essere produttiva di effetti giuridici
deve essere espressa in modo compiuto.
Orbene nella normativa impugnata non solo non vi e' traccia della
previsione della consumazione di tale fase interlocutoria ma
oltremodo manca anche ogni altra previsione inerente e alla
necessita' per l'organo esecutivo statale di intervenire solo
successivamente ad un espresso atto di diniego proveniente dall'ente
regionale interessato.
P. Q. M.
Il presidente della giunta della Regione Basilicata
preliminarmente insta a che la Corte valuti l'ipotesi ex art. 35
legge n. 87/1953 di sospendere l'efficacia della normativa impugnata
ricorrendo i requisiti di legge ivi richiesti ed in special modo di
un pregiudizio grave ed irreparabile per i cittadini e conclude
chiedendo che la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale
della normativa contenuta nel decreto-legge e della legge conversione
indicati in epigrafe.
Potenza-Roma, addi' 5 marzo 2004
Avv. Mirella Viggiani - Avv. Maria Carmela Santoro - Avv. Fernanda
Cariati
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 marzo 2004 (del Presidente della giunta della
Regione Basilicata)
(GU ed. str. del 3-6-2004)
Ricorso del Presidente della giunta della Regione Basilicata,
Filippo Bubbico, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del
presente atto, in virtu' della delibera di giunta n. 443 del 5 marzo
2004, dagli avv. Mirella Viggiani, Maria Carmela Santoro e Fernanda
Cariati domiciliato in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della
Regione Basilicata, alla Via Nizza n. 56;
Nei confronti del sig. Presidente del Consiglio dei ministri per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art.
127 della Costituzione:
del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314 recante
«Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo
stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza dei rifiuti
radioattivi, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 novembre
2003;
della, legge di conversione n. 368 del 24 dicembre 2003,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 2004;
con richiesta di sospensione dell'efficacia della normativa censurata
ex art. 35 legge n. 87/1953.
Con il decreto-legge n. 314 del 14 novembre 2003, recante
disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio
in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi, il
governa ha emanato un provvedimento contenente disposizioni relative
alla realizzazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Il provvedimento, a causa del suo contenuto e delle modalita'
della assunzione, ha suscitato grande clamore.
Con tale atto normativa il governo si e' appropriato, prima del
tempo, del conferimento di una delega a legiferare contenuta
nell'art. 30 del d.d.l. c.d. Marzano, dal nome dell'attuale Ministro
alle attivita' produttive, che e' diretto al «Riordino del settore
energetico», e che contiene la previsione del conferimento di deleghe
al Governo in materia di produzione di energia elettrica, di
stoccaggio e vendita di g.p.l. e, per quello che maggiormente in
questa sede interessa, di gestione dei rifiuti radioattivi.
Si tratta del disegno di legge n. 3297 approvato dalla Camera dei
deputati il 16 luglio 2003, e con il n. S 2421 attualmente in stato
di relazione al Senato.
Il Governo il 14 novembre 2003 con un atto rivestente la forma
del decreto legge, ma sostanzialmente avente natura di provvedimento
amministrativo, come detto, si e' appropriato di una delega a
legiferare che il Parlamento, aveva in pectore di conferirgli, ed e'
intervenuto a disciplinare la raccolta, lo smaltimento e lo
stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti
radioattivi, con la previsione della realizzazione di un deposito
nazionale per le scorie, che inizialmente si prevedeva di ubicare nel
territorio del comune di Scanzano Jonico della Regione Basilicata, da
completare entro il 31 dicembre 2008.
Il decreto-legge n. 314/2003 e' stato convertito, con
modificazioni, nella legge 368 del 24 dicembre 2003 e prevede
attualmente all'art. 1: «La sistemazione in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, come definiti dall'art. 4, comma 3, del decreto
legislativo 17 marzo 1995 n. 230, degli elementi di combustibile
irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti
dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti
di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto
delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e
dell'ambiente previste dal citato decreto legislativo n. 230 del
1995, e' effettuata presso il deposito nazionale riservato ai soli
rifiuti di III categoria, che costituisce opera di difesa militare di
proprieta' dello Stato».
Dall'originaria previsione, proprio a segnito di un emendamento
in tal senso presentato dallo stesso Governo presso l'VIII
Commissione della Camera, e' stata espunta l'individuazione del
comune di Scanzano Jonico come territorio deputato ad «ospitare
forzatamente» il deposito nazionale delle scorie radioattive.
Entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione
e' previsto che debba essere individuato il sito ove ubicare tale
deposito nazionale.
Il sito dovra' essere individuato con un atto del commissario
straordinario, nominato per sovraintendere all'attuazione degli
interventi, il quale lo assumera' al termine di una non meglio
precisata attivita' concertativa che prevede di essere assolta con il
sentire la commissione tecnico-scientifica, pure essa di nomina
governativa, prevista dall'art. 2 del medesimo decreto, e previa
intesa in sede di Conferenza unificata ex art. 8 D.Lgs 281/1997.
Laddove l'intesa non fosse raggiunta nel termine predetto
competerebbe al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri
provvedere, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ad
adottare d'imperio un atto individuando il luogo ove realizzare il
deposito nazionale delle scorie radioattive (art. 1, 1° comma).
La medesima disciplina affida alla societa' Sogin S.p.a.,
Societa' di gestione impianti nucleari S.p.a., sia la realizzazione
del deposito, entro il 31 dicembre 2008, sia la gestione definitiva
in concessione dello stesso.
La societa' Sogin e' onerata, altresi', di provvedere, con i
prezzi o le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi al
deposito nazionale, alla validazione del sito, all'esproprio delle
aree, alla progettazione e costruzione del deposito.
Per assicurare l'attuazione degli interventi il Presidente del
Consiglio dei ministri provvedera', come anticipato, alla nomina di
un Commissario straordinario cui la stessa normativa, all'art. 2
comma 1, prevede il conferimento poteri di intervento in deroga alla
la normativa vigente.
Lo stesso commissario straordinario e' autorizzato di provvedere
all'approvazione del piano economico finanziario, all'affidamento
degli incarichi di progettazione del deposito nazionale, alle
procedure espropriative, all'approvazione dei progetti, affidamento
dei lavori.
Il comma 2 del medesimo art. 2 autorizza, altresi', lo stesso
Commissario straordinario ad adottare, con le modalita' ed i poteri
ex art. 13 d.l. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, anche in
sostituzione dei soggetti competenti, tutti i provvedimenti e gli
atti di qualsiasi natura necessari alla progettazione, istruttoria e
affidamento ed alla realizzazione del Deposito, con eccezione degli
atti di competenza sia del Ministero dell'ambiente e territorio,
relativamente alla V.I.A., e sia dell'A.P.A.T.
Il decreto, come convertito, per i restanti articoli disciplina
l'allocazione dei rifiuti radioattivi - art. 3, determinazione di
misure compensative in favore degli enti territoriali interessati
direttamente dall'ubicazione del deposito nazionale e delle misure
d'informazione sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi -
art. 4; ed infine le disposizioni di copertura finanziaria e
l'entrata in vigore della normativa - articoli 5, 6.
Incostituzionalita' per violazione dell'art. 77, secondo comma
Cost. insussistenza condizioni legittimanti decretazione di
necessita' ed urgenza e per violazione dell'art. 117, terzo comma
costituzione.
Con riguardo all'intero testo normativo rinveniente dal decreto
legge n. 314/2003, e convertito, con modificazioni, nella legge
n. 368/2003 si contesta innanzitutto la violazione dell'art. 77,
secondo comma Cost. per essere stato il decreto medesimo adottato in
assoluta assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza, che
soltanto giustificano, secondo il citato articolo della Costituzione,
il ricorso da parte del Governo alla decretazione d'urgenza, e la
coeva violazione della sfera delle competenze legislative attribuite
alle Regioni ex art. 117, terzo comma Cost.
La sussistenza della prima delle censure di cui in epigrafe si
rinviene da una serie di circostanze desumibili: dal preambolo dello
stesso provvedimento legislativo nonche' dalle argomentazioni
riportate nel disegno di legge di presentazione del decreto alle
Camere per l'ottenimento della conversione in legge dello stesso;
dalla mancanza, al contrario di quanto asserito dal Governo,
dell'osservanza di «impellenti» impegni comunitari; dall'esistenza
dell'adozione da parte del Parlamento, organo naturalmente deputato
alla legiferazione, di una normativa regolante la materia del
riordino del settore energetico, contenente proprio le deleghe al
Governo in detta materia come pure in quella della gestione dei
rifiuti radioattivi e dell'individuazione di un deposito nazionale
delle sco-
rie radioattive; dall'essere la normativa emanata insuscettibile di
immediata applicazione od efficacia, dall'avere il Governo,
attraverso l'emanazione della normativa de qua vulnerato
l'attribuzione legislativa concorrente delle Regioni riconosciuta
loro dal terzo comma dell'art. 117 Costituzione in materia di tutela
della salute, governo del territorio e protezione civile; da ultimo,
per la mancata indicazione del titolo giustificativo in virtu' del
quale il governo si e' appropriato del potere, legislativo in luogo
del Parlamento ed in danno delle Regioni, senza che si ncorresse la
giuridica necessita' di sostituirsi alla Regione od ad enti
territoriali inerti od omittenti.
Come rilevato il Governo ha esercitato illegittimamente il potere
legislativo con l'emanazione del decreto-legge n. 314/2003, infatti
nel caso di specie non sussistevano le condizioni di necessita' ed
urgenza costituzionalmente richieste dall'art. 77, secondo comma
Cost. per legittimare l'esercizio del potere legislativo in capo
all'esecutivo.
E' stato acutamente osservato che tali condizioni ricorrono
quando si e' di fronte all'impossibilita' di intervenire con
efficacia ed immediatezza con il ricorso al naturale procedimento
legislativo, ad esempio nei casi di intervento per l'aiuto alle
popolazioni colpite da calamita' naturali o per prorogare rapidamente
discipline prossime alla scadenza, escludendo quindi il Governo dalla
legittima possibilita' di ricorrere alla decretazione di urgenza nei
casi in cui non possano ravvisarsi circostanze aventi peculiarita' di
eccezionalita'.
Orbene nel caso che si sottopone all'ecc.ma Corte adita tali
circostanze, come rilevato, non sussistono.
E' lo stesso Governo ad asserire la mancanza delle condizioni
della decretazione d'urgenza sia nel preambolo del decreto che nella
relazione del d.d.l. di presentazione del decreto alle Camere per la
conversione.
Infatti per giustificare la emanazione del decreto che si censura
vengono richiamate genericamente circostanze quali la necessita' ed
urgenza di dare immediata sistemazione in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, procedendo pero' a prevedere nel secondo comma dell'art.
n. 1 che il deposito delle scorie sia completato molto oltre
l'entrata in vigore del decreto - avvenuta il 15 novembre 2003 - e
cioe' entro il 31 dicembre 2008.
Anche nella relazione del d.d.l. presentato dal Governo al
Parlamento per ottenere la conversione del decreto non si indica la
ricorribilita' delle menzionate circostanze di necessita' ed urgenza
che sono richieste indefettibilmente per legittimare l'esercizio del
potere legislativo da parte dell'esecutivo.
Al riguardo nella pagina uno si opera un riferimento ad
inaccettabili condizioni di pericolosita', alla possibilita' di
eventi catastrofici ed atti terroristici la cui nocivita' in termini
di evenienza per la sicurezza della popolazione stride clamorosamente
con il successivo enunciato espresso con il richiamo ad un testo
normativo approntato dalla Commissione europea, consistente nel
dovere per gli Stati dell'Unione di dotarsi di un deposito
ingegneristico entro il lontano 2013 e di uso geologico entro l'ancor
piu' lontano 2018.
Cosicche' non v'e', a parere di chi scrive, modo di individuare
in quello che precede la ricorribilita' concreta delle menzionate
circostanze giustificatrici richieste ex art. 77, secondo comma Cost.
per la decretazione d'urgenza.
Nemmeno potrebbe giustificare l'esercizio del potere legislativo
da parte del Governo l'asserzione che il Parlamento avrebbe omesso
una qualche attivita' in ordine all'assunzione di una normativa in
materia perche' niente di meno veritiero di tanto e' avvenuto.
Al riguardo si rimarca che, invece, presso il Parlamento e' in
itinere l'adozione di un atto normativo compiutamente formulato
proprio nella materia di cui in questa sede si discetta.
Ci si riferisce al citato d.d.l. c.d. Marzano, dal nome
dell'attuale Ministro delle attivita' produttive, il quale propone il
«Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo in
materia di produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita
di g.p.l. e di gestione dei rifiuti radioattivi», talche' non puo'
proprio asserirsi che stante l'inerzia del Parlamento il Governo e'
legittimato a provvedere in merito.
Nel merito, anzi ed ulteriormente, si denuncia che il d.d.l. in
parola e' stato gia' esaminato dalla Camera dei Deputati ed
attualmente e' in stato di relazione al Senato, n. S 2421-12 febbraio
2004. L'art. 30 della normativa in corso di adozione, contenuta nel
d.d.l. c.d. Marzano, con il quale «si prevede di conferire delega al
Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi, si compone di ben
nove commi di cui il terzo articolato in 12 lettere.
Lo stesso non solo stabilisce le modalita' di esercizio della
delega da parte del Governo, ma anche, e per quello che piu' oltre
verra' posto in evidenza, la necessita' che alle decisioni inerenti
alla individuazione del sito ove ubicare il deposito nazionale
partecipino gli enti territoriali interessati, regioni e comuni
(comma 3, lett. d), con il riconoscimento, altresi', che un tale
intervento comporta la creazione dei vincoli per il territorio
interessato (successiva lett. g).
Le piu' volte richiamate condizioni di necessita' ed urgenza non
sono suscettibili di essere rinvenute neanche dalla mera formulazione
degli enunciati delle norme impugnate atteso che le stesse non sono
suscettibili di immediata applicazione.
Infatti dalle prospettazioni degli artt. 1, 2, 3, di cui si
chiede di scrutinare la legittimita' costituzionale, non e' dato di
ravvisare l'immediata applicazione, considerato che gli stessi, come
pure il successivo articolo quattro, stabiliscono un procedimento a
fattispecie complessa, con fasi interdipendenti ove e' prevista la
partecipazione di piu' soggetti, anche dotati di eccezionali poteri
derogatori e sostitutivi.
Pertanto anche la non immediata applicazione delle norme si pone
come insormontabile ostacolo al «riconoscimento» della sussistenza
delle condizioni giuridiche di legittimita' dell'operato del Governo.
Quest'ultimo assumendo il d.l. 314/2003 non solo ha violato il
principio di legalita' ma anche quello di tipicita' degli atti
esercitando la funzione legislativa al fine di appropriarsi di un
potere decisionale che competeva al Parlamento, poiche' in quella
sede, e' dato ritenere che, stante la perdurante attuazione della
c.d. «Bicameralina», si sarebbe piu' compiutamente, esaustivamente e
«garantisticamente» svolto un dibattito in ordine allo stabilire
procedure, anche concertative, per la corretta individuazione del
sito ove ubicare il deposito nazionale delle scorie radioattive.
Ulteriormente si rimarca che con l'assunzione del decreto-legge
da parte dell'organo esecutivo statale, prima, e con la legge di
conversione, poi, si sono vulnerate le attribuzioni legislative
attribuite dalla Costituzione alle regioni con l'art. 117, terzo
comma in materia di tutela della salute, protezione civile e governo
del territorio.
Si rileva che il prevedere il procedimento amministrativo per
l'individuazione del sito e la movimentazione dei rifiuti sul
territorio delle regioni, e' avvenuto nella consapevolezza che una
decisione di tal fatta, presa d'imperio, per risolvere un problema
presente dal 1962 (come risulta anche dagli atti parlamentari),
avrebbe prodotto effetti non rimuovibili sia per lo stesso territorio
che per le popolazioni.
Il Governo non si e' fatto carico, come invece era doverosamente
tenuto, di individuare principi normativi cui le regioni dovessero
far capo nell'emanare, come competenti, normative ulteriori nelle
materie di cui innanzi e di cui si contesta da parte dell'esecutivo
statale la indebita incidenza.
Eppure le norme emanate sono state adottate con l'intento
dichiarato di salvare le vite umane, di preservare e quindi tutelare
la salute delle popolazioni senza al contempo individuare quegli
standards minimi in materia che sono necessari per consentire alle
regioni di legiferare in via ulteriore.
Si e' legiferato, come appena rilevato, sapendo di intervenire
irrimediabilmente sul territorio senza del pari nulla prevedere in
ordine a come tale previsione normativa avrebbe «vincolato», ed anche
qui, per forza di cose, irreversibilmente il legislatore regionale
nel successivo esercizio del potere in altre materie connesse alla
normativa di cui si censura la illegittimita' costituzionale.
Prevedere di individuare il sito per il deposito nazionale e
prevedere il procedimento per la sua realizzazione, l'individuazione
del soggetto finanziatore, l'organo deputato a sorvegliarne la
realizzazione e non prevedere di contro come quella normativa avrebbe
inciso in modo cosi' «devastante» e «vincolante» sui poteri normativi
attribuiti alle regioni, e' una mancanza che si riverbera in termini
di incostituzionalita' delle norme e legittima l'intervento
impugnatorio della Regione istante.
Tale previsione normativa vincola e quindi vulnera le future
scelte del legislatore regionale non solo come detto in materia di
tutela della salute ma anche e vieppiu' in materia di protezione
civile e governo del territorio.
Quanto meno anche in tali casi il legislatore statale
nell'intervenire nella materia de qua avrebbe dovuto prevedere di
individuare principi per l'istituzione da parte delle regioni,
interessate sia dalla ubicazione del deposito sia dalla
movimentazione dei rifiuti, di presidi della protezione civile da
istituire a garanzia di ogni evenienza, come pure nello stesso ordine
di prevedibilita' occorreva indicare, seppure in via generale,
istituzione di presidi sanitari di aiuto e sostegno nel caso si
fossero verificati incidenti.
La stessa vulnerazione, in termini di creazione di vincoli per
l'esercizio futuro dei poteri legislativi regionali, si manifesta in
materia di governo del territorio se si pone mente all'irreversibile
modificazione del territorio che l'intervento governativo e'
preordinato a provocare sul sito prescelto.
Si rileva al riguardo che la disciplina di cui si censura la
illegittimita' costituzionale ignora gli effetti che la stessa
produrra' in termini di vincolativita' in ordine alla disciplina
dell'uso del territorio che, individuato come sito per il
posizionamento del deposito nazionale delle scorie, viene
irreversibilmente compromesso nel suo uso con la negazione di
programmazione libera da parte dell'ente regionale.
E' mancata nel caso di specie ogni prospettazione sulla incidenza
che tale normativa avrebbe prodotto, con effetto a cascata ed in
termini di compressione sul potere legislativo deputato
costituzionalmente alle regioni di disciplinare in via normativa e
gestionale gli aspetti concernenti la programmazione futura, la
pianificazione, nonche' la salvaguardia e la protezione del suolo,
anche, finalisticamente preordinati alla protezione dell'ambiente.
Si sottolinea che la protezione e la salvaguardia dell'ambiente
per il fatto di essere materia attribuita alla legislazione esclusiva
dello Stato non significa escludere ogni intervento attuatore in capo
alle regioni nelle materie in cui queste ultime hanno potesta'
legislativa.
Cosicche' il difetto dell'esistenza dei requisiti di necessita'
ed urgenza, con le prospettazioni innanzi rilevate, e la vulnerazione
dei poteri regionali costituzionalmente in materia legislativa alle
regioni, consentono di chiedere che venga scrutinata positivamente la
richiesta di incostituzionalita' della normativa impugnata.
Incostituzionalita' per violazione dei principi costituzionali di
sussidiarieta', ragionevolezza, leale collaborazione e previa intesa
tra stato e regioni.
Ulteriormente si rileva l'incostituzionalita' delle norme
censurate nell'avere il legislatore statale, sia in sede governativa
che parlamentare, ognuno per i rispettivi ambiti, e cioe' in sede di
iniziativa legislativa il primo e di mancato controllo il secondo,
violato i principi costituzionali di sussidiarieta', ragionevolezza,
leale collaborazione e previa intesa tra Stato e regioni, cosi' come
rimarcati dalla giurisprudenza ultima dell'Ecc.ma Corte adita nella
sentenza n. 303/2003.
Nel caso di specie il legislatore nazionale nell'emanare le norme
e nel giustificarne l'adozione richiama l'esigenza di tutelare
l'ambiente, talche' si verte nell'ambito di quella che e' stata
definita una materia trasversale, un valore costituzionale che in
quanto tale, per l'essere al di sopra di altre materie con oggetto
predeterminato, difetta dell'individuazione immediata di funzioni
amministrative che garantiscano il raggiungimento dei fini
prestabiliti dal legislatore.
Vale a dire che se e' pur vero per espresso dettato
costituzionale che il legislatore statale abbia titolo esclusivo per
esercitare il relativo potere in materia di tutela ambientale, lo
stesso a cagione di tale «esclusivita» non e' anche titolare delle
funzioni amministrative a quelle sottesa, considerato che e' venuto
meno il principio del parallelismo delle funzioni amministrative, e
che comunque non puo' ravvivarsi una qualche forma di parallelismo
nelle materie di legislazione esclusiva che siano al contempo
«trasversali» essendo queste ultime ad oggetto indeterminato.
E' infatti ragionevole ritenere, con il conforto delle previsioni
e delle finalita' della riforma del titolo V della Costituzione, che
le funzioni amministrative debbano essere svolte dagli enti
territoriali dei vari livelli in cui si articola il «governo»
amministrativo non solo nei casi in cui si tratti di funzioni
amministrative proprie o fondamentali, ma, con una competenza che si
potrebbe definire di carattere generale, ogni volta in cui l'ente
stesso fosse coinvolto da iniziative riguardanti il suo territorio o
la sua popolazione.
In tale ottica, come detto, l'ente territoriale ha titolo per
esercitare le finzioni amministrative teleologicamente finalizzate al
perseguimento degli interessi che siano suoi propri, ma anche e
vieppiu' quelli che non sono «istituzionalmente» dell'ente, ma che
ugualmente debbono essere esercitate dallo stesso, perche' l'ente
stesso e' l'istituzione che nel modo migliore puo' assicurare il
raggiungimento dello scopo individuato dalla norma attraverso il
contemperamento degli interessi della collettivita' e del territorio,
che lo stesso ente non solo rappresenta, ma assicura, garantisce e
presidia vigilmente.
Cosicche' anche nel caso di perseguimento di finalita'
individuate dal legislatore statale in una materia che la
Costituzione gli ha affidato in via esclusiva le correlative funzioni
amministrative non sono e non possono riconoscersi in capo allo
Stato, ma al contrario appartengono in primo luogo, come detto, agli
altri enti territoriali; comuni, province e regioni.
Quindi nel caso di specie anche trattandosi di un'opera di
interesse nazionale di un'opera riconosciuta quanto all'ubicazione ed
all'esecuzione indifferibile ed urgente, tutte le funzioni
amministrative relative sottese alla sua realizzazione appartengono
naturaliter agli enti territoriali che sono «investiti, interessati,
vincolati da quell'opera», e non in primis allo Stato.
Quest'ultimo per appropriarsi ed assumere quelle funzioni
amministrative dovrebbe preliminarmente consumare una fase
interlocutoria di previa intesa con gli enti territoriali da
articolarsi diversamente a seconda della fase di attuazione
dell'iniziativa in cui si verte.
Una prima fase coinvolgente tutte le regioni per procedere
all'individuazione del territorio ove ubicarne il deposito ed una o
piu' fasi successive intercorrenti con l'ente regione, il cui
territorio fosse stato individuato come area utile per posizionare
l'opera di che trattasi.
Al riguardo non potrebbe sostenersi che il principio
costituzionale della previa intesa possa ritenersi soddisfatto dalla
previsione contenute nel primo comma dell'art. 1, atteso che la
stessa peraltro e' deficitaria anche sui tempi e sulle modalita' di
assunzione del suo raggiungimento.
Solo l'infruttuoso svolgimento di tali fasi consentirebbe allo
Stato di avocare a se', con atto d'imperio, le funzioni
amministrative relative, come detto, all'individuazione del sito e
realizzazione dell'intervento, perche' e' lecito sostenere che la
mancata intesa sulla individuazione del sito non puo' consentire allo
Stato di avocare conseguenzialmente le funzioni amministrative
relative alla realizzazione dell'opera.
E' principio generale che la sostituzione di un ente ad un altro
e' legittimamente consentita solo nel caso in cui il titolare della
funzione sia rimasto inerte ed abbia omesso di compiere l'attivita'
cui e' preposto anche laddove sia stato inutilmente diffidato.
Orbene comparando quanto appena esposto e' di tutta evidenza che
i termini del rapporto sono stati stravolti e lo Stato ha avocato a
se' illegittimamente ogni funzione.
Con la normativa censurata il governo ha violato anche il
principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, inteso anche
quale applicazione del principio che la legge non puo' vincolare il
legislatore successivo se non nei limiti di quanto normativamente
previsto.
Nel caso di specie esiste un vincolo di natura concreta
rappresentato dalla realizzazione del deposito che di fatto si
presenta sin da oggi come ingiustificata limitazione di natura
giuridica su ogni attivita' di programmazione, pianificazione e
tutela del territorio da parte della regione interessata, la cui
azione diretta al perseguimento di interessi territoriali,
paesistici, di tutela dei propri abitanti viene minata in modo
assolutamente indeterminato ed in via irreversibile.
La normativa impugnata contrasta anche con il principio della
ragionevolezza perche' non v'e' modo di ravvisare nella stessa le
priorita' e le ragioni giustificatrici della posizione di un
superiore interesse pubblico nazionale cui subordinare e sacrificare,
nei rappresentati termini di insufficiente o mancata partecipazione
ai processi decisionali ed alle fasi amministrative, i diritti
costituzionalmente protetti dagli artt. 9 e 32 della Costituzione
delle popolazioni del territorio su cui verra' ubicato il deposito,
ed in primis non vi e' ragione giustificatrice che possa escludere o
limitare da quei processi decisionali e amministrativi gli enti
regionali i quali hanno poteri di programmazione e pianificazione del
proprio territorio, a meno che gli stessi non abbiano deciso di
abdicare a quella fase partecipativa.
Tale rinuncia pero' per essere produttiva di effetti giuridici
deve essere espressa in modo compiuto.
Orbene nella normativa impugnata non solo non vi e' traccia della
previsione della consumazione di tale fase interlocutoria ma
oltremodo manca anche ogni altra previsione inerente e alla
necessita' per l'organo esecutivo statale di intervenire solo
successivamente ad un espresso atto di diniego proveniente dall'ente
regionale interessato.
P. Q. M.
Il presidente della giunta della Regione Basilicata
preliminarmente insta a che la Corte valuti l'ipotesi ex art. 35
legge n. 87/1953 di sospendere l'efficacia della normativa impugnata
ricorrendo i requisiti di legge ivi richiesti ed in special modo di
un pregiudizio grave ed irreparabile per i cittadini e conclude
chiedendo che la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale
della normativa contenuta nel decreto-legge e della legge conversione
indicati in epigrafe.
Potenza-Roma, addi' 5 marzo 2004
Avv. Mirella Viggiani - Avv. Maria Carmela Santoro - Avv. Fernanda
Cariati