Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  7  marzo  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 16 del 17.4.2013)
 
    Ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  C.F.
…,         Fax          ..          e          PEC
…, presso la  quale  e'  domiciliato
per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro  la  Regione
Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale  in  carica,
con  sede  in  Bari,   per   la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  28  dicembre  2012,  n.  45,
pubblicata nel Bollettino  Ufficiale  della  Regione  Puglia  del  31
dicembre 2012, n. 189, limitatamente all'art. 3. 
 
                                Fatto 
 
    La legge  della  Regione  Puglia  n.  45,  dell'anno  2012,  reca
«Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2013  e
bilancio pluriennale 2013-2016 della Regione Puglia». 
    L'art. 3 della legge, sotto la rubrica «Aliquote dell'addizionale
regionale all'Irpef per l'anno 2013», prevede che:  «1.  A  decorrere
dal 1° gennaio 2013, l'addizionale regionale all'imposta sul  reddito
delle  persone  fisiche  (IRPEF)  di  cui  all'art.  6  del   decreto
legislativo  6  maggio  2011,  n.  68  (Disposizioni  in  materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario),  e'  determinata  per  scaglioni  di
reddito, applicando, al netto degli  oneri  deducibili,  le  seguenti
maggiorazioni all'aliquota dell'addizionale  regionale  all'IRPEF  di
base: 
    a) per i redditi sino a euro 15 mila: 0,1 per cento; 
    b) per i redditi oltre euro 15 mila e sino a euro  28  mila:  0,2
per cento; 
    c) per i redditi oltre euro 28 mila e sino a euro  55  mila:  0,5
per cento; 
    d) per i redditi oltre euro 55 mila e sino a euro  75  mila:  0,5
per cento; 
    e) per i redditi oltre euro 75 mila: 0,5 per cento; 
    2. In caso  di  modifica  degli  scaglioni  di  reddito  previsti
dall'art. 11 del Testo Unico delle imposte sui redditi,  emanato  con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,  la
maggiorazione dell'aliquota di base dell'addizionale pari a  0,1  per
cento permane  sul  primo  scaglione  di  reddito;  la  maggiorazione
dell'aliquota di base dell'addizionale pari a 0,2 per  cento  permane
sul  secondo  scaglione   di   reddito;   mentre   la   maggiorazione
dell'aliquota di base dell'addizionale pari a 0,5 per  cento  permane
sui successivi scaglioni. 
    3.  Le  disposizioni  di  cui  ai  commi  1  e  2  assicurano  la
differenzazione dell'addizionale  regionale  all'IRPEF,  secondo  gli
scaglioni di reddito corrispondenti a quelli  stabiliti  dalla  legge
statale». 
    La  disposizione  sopra  richiamata  dalla  legge  regionale   e'
costituzionalmente illegittima e, giusta determinazione  assunta  dal
Consiglio dei ministri nella riunione del  26  febbraio  2013,  viene
impugnata per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. Il legislatore statale, con il decreto  legislativo  6  maggio
2011, n. 68, ha dettato «Disposizioni  in  materia  di  autonomia  di
entrata delle regioni a statuto ordinario e delle  province,  nonche'
di determinazione dei costi e dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario». 
    L'art. 6 del testo normativo, relativo all'addizionale  regionale
all'IRPEF, prevede che ciascuna  regione  a  statuto  ordinario  puo'
aumentare o diminuire la propria addizionale. La stessa  disposizione
prescrive che le regioni,  a  decorrere  dall'anno  2014  (comma  7),
possono stabilire aliquote differenziate esclusivamente in  relazione
agli scaglioni di reddito corrispondenti  a  quelli  stabiliti  dalla
legge statale e cio'  al  fine  di  assicurare  la  razionalita'  del
sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di
progressivita' cui il medesimo e' uniformato (comma 4). 
    La normativa statale quindi, nel dettare i  principi  che  devono
sovrintendere  alla  rimodulazione  delle  aliquote  dell'addizionale
regionale all'IRPEF,  ha  imposto  il  rispetto  degli  scaglioni  di
reddito previsti dalla legislazione statale nonche' del principio  di
progressivita' che costituisce lo strumento per  garantire  l'equita'
nel  concorso  della  spesa  pubblica,  in  ragione  della  capacita'
contributiva di ogni singolo cittadino. 
    2.  La  norma  che  si  censura  si  pone  in  contrasto  con  le
disposizioni che si sono richiamate e con  le  regole  costituzionali
che sovrintendono alla materia. 
    Ed infatti, il legislatore regionale ha introdotto  maggiorazioni
delle aliquote di imposta  che,  pur  rispettando  gli  scaglioni  di
reddito fissati dall'art. 11,  del  Testo  Unico  delle  Imposte  sui
Redditi, non sono improntate al principio di  progressivita'  cui  il
sistema tributario e' uniformato. 
    In particolare la legge regionale, pur rispettando per  il  primo
scaglione di reddito (fino a euro 15.000) e per il secondo  scaglione
(da euro 15.000 a euro 28.000) - corrispondenti ai punti a) e b), del
comma 1, dell'art. 3 - il criterio di progressivita' richiamato (0,10
punti percentuali per il  primo  e  0,20  punti  percentuali  per  il
secondo), altrettanto non fa per i restanti tre scaglioni (redditi da
euro 28.000 a euro 55.000; redditi da euro 55.000 a  euro  75.000;  e
redditi oltre i 75.000 euro, corrispondenti ai punti c), d) e e)  del
comma richiamato, per tutti i  quali  l'incremento  dell'aliquota  e'
pari a 0,50  punti,  in  dispregio  del  criterio  di  progressivita'
richiamato. 
    Tale criterio e', poi,  ulteriormente  confermato  dal  comma  2,
della disposizione censurata ove si prevede che, in caso di  modifica
degli scaglioni da parte del legislatore nazionale, le percentuali di
maggiorazione dello 0,1 e dello 0,2 per cento  permangono  sui  primi
due scaglioni di reddito mentre, per tutti  i  successivi  scaglioni,
permane una maggiorazione dell'aliquota  base  dell'addizionale  pari
allo 0,5 per cento. 
    Appare dunque chiaro il disallineamento delle disposizioni  della
legge della Regione  Puglia  con  le  norme  statali  in  materia  di
rimodulazione delle aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF. Ed
e' evidente che la Regione, per una fascia di redditi particolarmente
estesa (dai 28 mila euro annui, sino a tutti i  redditi  oltre  i  75
mila euro) ha previsto l'applicazione di un'unica, identica  aliquota
(pari allo 0,50  per  cento),  senza  operare  alcun  distinzione  e,
conseguentemente, trattando allo stesso  modo  situazioni  reddituali
tra di loro assai differenti. 
    3. Si rileva ancora che la norma che si  censura,  nel  prevedere
che  le  soprarichiamate  variazioni  dell'aliquota  dell'addizionale
regionale all'IRPEF  decorrono  dal    gennaio  2013,  si  pone  in
contrasto con l'art. 6, del d.lgs. n.  68/2011  che,  modificato  dal
comma 555, dell'art. 1, della legge 24  dicembre  2012,  n.  228,  ha
disposto che le variazioni dell'aliquota regionale IRPEF si applicano
a decorrere dall'anno 2014. 
    L'anticipazione temporale e', quindi, avvenuta in  violazione  di
quanto statuito dall'art. 6, del d.lgs. n.  68/2011,  come  novellato
dal comma 555, dell'art. 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che
accorda tale facolta' solo a  fronte  di  una  differenzazione  della
aliquote effettivamente rispettosa del principio  di  progressivita',
non Osservato nel caso di specie. 
    4. Conclusivamente, l'art. 3, della legge della Regione Puglia n.
45/2012, deve  ritenersi  costituzionalmente  illegittimo  in  quanto
contrasta con le norme statali  in  materia  di  rimodulazione  delle
aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF (art.  6,  del  decreto
legislativo 6 maggio 2011, n. 68) e viola i principi di  uguaglianza,
imparzialita' e buon andamento di cui agli  articoli  3  e  97  della
Costituzione, il principio di progressivita', cui  e'  uniformato  il
sistema tributario italiano, di cui all'art. 53  della  Costituzione,
nonche' i  principi  stabiliti  dall'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, nell'ottica del coordinamento della  finanza  pubblica,
cui la Regione, pur  nel  rispetto  della  sua  autonomia,  non  puo'
derogare. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia  dichiarare
la illegittimita' costituzionale dell'art. 3, della legge 28 dicembre
2012, n. 45, della Regione Puglia. 
    Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita: 
    1. Estratto della  determinazione  del  Consiglio  dei  ministri,
assunta nella  riunione  del  26  febbraio  2013  e  della  relazione
allegata al verbale; 
    2. Copia della impugnata legge della Regione Puglia n. 45/2012. 
          Roma, 28 febbraio 2013 
 
             L'Avvocato dello Stato: Massella Ducci Teri 
 

 

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