Ricorso n. 41 del 10 marzo 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 marzo 2010 , n. 41
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 marzo 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 15 del 14-4-2010)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione Basilicata in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2, lettera c) e q) e comma 4; 11, comma 1, lettera d); 19 con l'allegato A, 20, 21 con l'allegato E e 22 con l'allegato D e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 pubblicata nel B.U.R. n. 56 del 30 dicembre 2009 recante: «Polizia locale e politiche di sicurezza urbana», giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 19 febbraio 2010. La legge regionale del 29 dicembre 2009, n. 41 detta norme in materia di polizia locale e politiche di sicurezza urbana, dando attuazione ai principi contenuti nella legge 7 marzo 1986, n. 65 «Legge quadro sull'ordinamento della polizia locale». E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Basilicata abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare con l'illustrazione dei seguenti M o t i v i 1) L'art. 4, comma 2, lett. c), della legge Regione Basilicata n. 41/2009 viola l'art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione. L'art. 4, comma 2, lettera c), della legge regionale impugnata prevede che gli appartenenti alla polizia locale dei comuni e delle province esercitano «funzioni di polizia giudiziaria secondo le disposizioni della vigente legislazione statale, rivestendo, a tal fine, la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria riferita ai Comandanti, Ufficiali e Ispettori di Polizia Locale, a seguito di nomina da parte dell'Amministrazione di appartenenza in riferimento al disposto dell'art. 55 del codice di procedura penale, e di Agente di Polizia Giudiziaria, riferita agli Assistenti-Istruttori e agli Agenti di Polizia Locale». Tale disposizione, pur in presenza del richiamo alla vigente legislazione statale, si pone in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell'art. 117, Cost., in quanto la regione non ha competenza legislativa in materia di corpi di polizia giudiziaria. Come gia' affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 313/2003) a proposito dell'attribuzione, con legge regionale della Lombardia n. 2/2002, della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria al personale del Corpo forestale regionale, la polizia giudiziaria, a norma degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, opera di propria iniziativa e per disposizione o delega dell'Autorita' giudiziaria, ai fini dell'applicazione della legge penale e pertanto l'esclusione della competenza regionale in tale ambito «risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell'art. 117, Cost.», che prevede espressamente la riserva a favore della legislazione statale in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale». Dunque, la regione non e' competente a disporre il riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, indipendentemente dalla conformita' o dalla difformita' della legge regionale rispetto alla legge dello Stato, perche' tale riconoscimento e' di esclusiva competenza della legge statale. 2) L'art. 4, comma 2, lett. q) e comma 4, del legge Regione Basilicata n. 41/09 viola l'art. 117, secondo comma, lett. h), della Costituzione. L'art. 4, comma 2, lettera q) e comma 4 della legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede che possano essere raggiunte intese di collaborazione nell'attivita' di pubblica sicurezza tra le amministrazioni locali, anche al di fuori dei rispettivi territori di appartenenza, inviandone comunicazione al Prefetto solo nel caso in cui riguardino personale avente la qualita' di agente in servizio armato, invade l'ambito di competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza previsto dall'art. 117, comma 2, lettera h), Cost. e si pone in contrasto con la legge n. 65/1986 che, all'art. 5, comma 1, lettera c), definisce «ausiliarie» le funzioni di pubblica sicurezza della polizia locale ai sensi dell'art. 3 della medesima legge, in base al quale gli addetti al servizio di polizia municipale collaborano, «nell'ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorita'». Con riferimento alla polizia di sicurezza, finalizzata ad adottare «le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunita' nazionale, nonche' alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni», secondo la definizione del comma 2 dell'art. 159 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, la competenza legislativa, come gia' prima della riforma del titolo V della parte II della Costituzione ad opera della legge cost. n. 3 del 2001, e' oggetto di riserva a favore dello Stato, a norma della lettera h) del secondo comma dell'art. 117, Cost., che ha riguardo all'ordine pubblico e alla sicurezza, «con netta distinzione dalla polizia amministrativa locale che segue invece, in quanto strumentale, la distribuzione delle competenze principali cui accede» (sentenza n. 313 del 2003 cit.). Come ha chiarito la Corte costituzionale, i compiti di polizia amministrativa, esclusi dalla competenza esclusiva statale ex art. 117, lett. h), Cost., «concernono le attivita' di prevenzione o di repressione dirette a evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati alle persone o alle cose nello svolgimento di attivita' ricomprese nelle materie sulle quali si esercitano le competenze regionali (sanita', turismo, cave e torbiere, etc.), senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni o gli interessi tutelati in nome dell'ordine pubblico. In altri termini, al fine di decidere se un determinato potere rientri nelle competenze di polizia amministrativa trasferite o delegate alle regioni, occorre applicare un duplice criterio: a) verificare se le funzioni di polizia in contestazione accedano ad una delle materie trasferite o delegate alle regioni; b) accertare che gli interessi o i beni che si intende tutelare con le funzioni di cui si tratta non rientrino in quelli compresi nel concetto di ordine pubblico.» (sentenza. n. 218/1988). Infatti, «solo quando le funzioni di polizia accedano ad una delle materie regionali e gli interessi o i beni pubblici che si mira a tutelare con l'esercizio dei poteri ad esse connessi siano del tutto interni alla disciplina amministrativa della materia in questione, quelle misure possono essere ricondotte alle funzioni regionali (o provinciali) di polizia amministrativa» (sentenza n. 129/2009). In tal senso, la Corte costituzionale ha chiarito, con la sentenza da ultimo citata, che la rilevanza dei compiti di polizia amministrativa deve necessariamente esaurirsi all'interno delle attribuzioni regionali e non puo' toccare quegli interessi di fondamentale importanza per l'ordinamento complessivo che e' compito dello Stato curare. Se cio' vale per la delimitazione «per attribuzioni» della competenza legislativa regionale (da intendersi limitata a quelle attivita', rientranti nel concetto di sicurezza pubblica, di competenza regionale), analoga conclusione deve raggiungersi anche in relazione alla delimitazione «territoriale» della competenza legislativa regionale, traducendosi la possibilita' di raggiungere intese con altri enti locali, per tutelare la sicurezza pubblica anche al di fuori del territorio regionale, in una indebita invasione della competenza legislativa statale che, per definizione, riguarda l'intero territorio nazionale. 3) L'art. 11, comma l, lett. d) della legge Regione Basilicata n. 41/2009 viola l'art. 117, secondo comma, lett. h), della Costituzione. L'art. 11, comma 1, lettera d) della legge regionale impugnata ove dispone quale requisito ulteriore rispetto a quelli previsti dalle leggi vigenti per l'ammissione ai concorsi per posti di polizia locale il «non essere in possesso dello status di obiettore di coscienza», si pone in contrasto con la legge 23 agosto 2004, n. 226 che, all'art. 1, prevede la sospensione a decorrere dal 1° gennaio 2005 delle chiamate per lo svolgimento del servizio di leva invadendo la competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui alla lettera h) dell'art.117, secondo comma, Cost. Peraltro, la previsione, oltre a non essere coerente con la predetta sospensione del servizio di leva - atteso che lo status di obiettore di coscienza in tanto assume rilevanza in quanto vi sia una obbligatoria chiamata alle armi - introduce un requisito negativo insieme ad «altri specifici requisiti» per l'ammissione ai concorsi per posti di Polizia locale che in realta' «specifici» non sono. L'art. 5, comma 2 della legge-quadro n. 65/1986, nel prevedere i requisiti del personale che svolge servizio di polizia municipale, ne elenca tre a carattere generale: a) godimento dei diritti civili e politici; b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione; c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici. Detti requisiti - che hanno tutt'altro che carattere «specifico» - corrispondono testualmente a quelli elencati alle lettere a), b) e c) dell'art. 11, comma 1 della legge regionale impugnata, che aggiunge un requisito ulteriore (alla lettera d)) consistente nel «non essere in possesso dello status di obiettore di coscienza» che esula totalmente dai requisiti previsti dalla legge statale. 4) Gli articoli 19 con l'allegato A, 20, 21 con l'allegato E e 22 con l'allegato D, della legge Regione Basilicata n. 41/2009 violano l'art. 117, secondo comma, lett. h), della Costituzione. Gli articoli 19, con l'allegato A, 20, 21 con l'allegato E e 22 con l'allegato D, della legge regionale impugnata prevedono colori, forme, mostreggiature e gradi delle uniformi che appaiono somiglianti a quelli in uso alla polizia di Stato, in contrasto con quanto stabilito all'art. 6 della legge n. 65/1986, che stabilisce che le uniformi devono essere tali da escludere la stretta somiglianza con le uniformi delle forze di polizia e delle forze armate dello Stato. Il predetto art. 6, nell'individuare i confini della legislazione regionale in materia di polizia municipale, stabilisce che le regioni, per quanto qui interessa, determinino le caratteristiche delle uniformi e dei relativi distintivi di grado per gli addetti al servizio di polizia municipale dei comuni della regione e stabiliscano i criteri generali concernenti l'obbligo e le modalita' d'uso. L'unico limite e', come si e' detto, quello volto ad evitare la somiglianza con le uniformi delle forze di polizia e delle forze armate dello Stato, limite che non appare nella specie essere stato osservato. Anche in tal caso si ravvisa pertanto la violazione della competenza esclusiva statale di cui all'art.117, comma 2, lett. h), Cost. 5) L'art. 26 della legge Regione Basilicata n. 41/2009 viola l'art. 117, primo comma della Costituzione. L'art. 26 della legge regionale impugnata, che istituisce un numero telefonico unico regionale (a 3 o 4 cifre) per la polizia locale, si pone in contrasto con la direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), recepita con decreto legislativo 1° agosto 2003 n. 259, recante Codice delle comunicazioni elettroniche, che ha imposto agli Stati membri di istituire il numero unico di emergenza «112» (112 N.U.E.), al fine di garantire ai cittadini adeguata risposta alle chiamate di emergenza attraverso un sistema di' gestione unificato delle telefonate, come previsto dall'articolo 8 del decreto-legge 25 settembre 2009 n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009 n. 166. A norma dell'art. 26 della citata direttiva 2002/22/CE, gli Stati membri provvedono affinche' tutti gli utenti finali possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo «112» e qualunque numero di emergenza nazionale specificato dagli Stati membri, in consultazione con le autorita' nazionali di regolamentazione. A sua volta, l'art. 76 del predetto decreto legislativo n. 259 del 2003, che ha trasposto la direttiva servizio universale nel nostro ordinamento, ha stabilito che il Ministero provvede affinche', oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali, indicati nel piano nazionale di numerazione, gli utenti finali di servizi telefonici accessibili al pubblico possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo «112». Detta norma prevede inoltre che i numeri di emergenza nazionali sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni - che costituisce «l'autorita' nazionale di regolamentazione » cui si riferisce la direttiva comunitaria - in merito alla disponibilita' dei numeri e sono recepiti dall'Autorita' nel piano nazionale di numerazione. In sede di prima applicazione sono confermati i numeri di emergenza stabiliti dall'Autorita' con la deliberazione 9/03/CIR. La previsione statale di recepimento della direttiva comunitaria, quindi, e' volta a garantire la certezza per la cittadinanza in ordine al numero o ai numeri di emergenza cui fare riferimento onde evitare il rischio di sovrapposizioni. La norma regionale dunque viola l'art. 117, primo comma della Costituzione che impone alle regioni l'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.
P.Q.M. Si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2, lettera c) e q) e comma 4; 11, comma 1, lettera d); 19 con l'allegato A, 20, 21 con l'allegato E e 22 con l'allegato D e 26 della legge della Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41 pubblicata nel B.U.R. n. 56 del 30 dicembre 2009, per contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo comma, lett. h) e l), Cost. Si produce l'estratto della delibera del Consiglio dei Ministri del 19 febbraio 2010. Roma, addi' 22 febbraio 2010 L'Avvocato dello Stato: Ferrante