Ricorso n. 42 del 10 ottobre 2007 (Provincia autonoma di Trento)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 ottobre 2007 , n. 42
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 ottobre 2007 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 44 del 14-11-2007)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 28 settembre 2007, n. 2114 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 26808 del 1° ottobre 2007 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 3 agosto 2007, n. 120 recante "Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2007, limitatamente all'articolo 1, commi 4, 5, 6, 7, primo e quarto periodo, 10 e 11, per violazione: dell'articolo 8, n. 1), dell'articolo 9, n. 10), e dell'articolo 16 dello Statuto di autonomia di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle relative norme d'attuazione, in particolare del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, dell'articolo 8 del d.P.R 19 novembre 1987, n. 526 e degli articoli 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; degli articoli 117, 118 e 120 della Costituzione in connessione con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o La presente controversia ha ad oggetto talune disposizioni statali in materia di attivita' libero professionale intramuraria, recate dalla legge n. 120 del 2007. Conviene ricordare, con riferimento all'oggetto della controversia, che la Provincia autonoma di Trento e' dotata di competenza legislativa concorrente in materia di "igiene e sanita', compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera", ai sensi dell'art. 9, numero 10), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e degli articoli 8, n. 1, e di potesta' legislativa primaria in materia di "ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto". Nelle medesime materie, la provincia e' titolare delle correlative potesta' amministrative, in virtu' dell'art. 16 Statuto. Converra' anche ricordare che la Provincia di Trento finanzia il servizio sanitario nell'ambito della propria finanza, senza ricorso al fondo sanitario nazionale. Le norme statutarie ora citate sono state attuate dal d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme d'attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita), il cui art. 2, secondo comma, statuisce che "alle Province competono in particolare le potesta' legislative ed amministrative attinenti al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni e degli enti sanitari", e che "nell'esercizio di tali potesta' esse devono garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalla normativa nazionale e comunitaria". Il comma 3 aggiunge che "le competenze provinciali relative allo stato giuridico ed economico del personale addetto alle istituzioni ed enti di cui al secondo comma sono esercitate nei limiti previsti dallo statuto". L'art. 3 d.P.R. n. 474/1975 tiene ferma la competenza statale per determinate funzioni, tra le quali non rientrano quelle di organizzazione della libera professione intramuraria. La Provincia di Trento ha recepito, con l'articolo 51 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3 (Misure collegate con l'assestamento del bilancio per l'anno 1999), la normativa statale nella materia di cui si tratta stabilendo che "per la disciplina dell'attivita' libero professionale dei dirigenti del ruolo sanitario trovano applicazione, con la decorrenza fissata dalla normativa statale, le disposizioni di cui all'articolo 72, commi da 4 a 8 nonche' 11 e 12, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo". Successivamente la disciplina di fonte legislativa provinciale e' stata abrogata e integralmente sostituita dall'articolo 32 (Disposizioni concernenti l'esercizio dell'attivita' professionale dei dirigenti del ruolo sanitario) della legge provinciale 10 febbraio 2005, n. 1. Con deliberazioni della Giunta provinciale n. 1662 del 27 febbraio 1998, n. 3334 del 2000 e, da ultimo, n. 1758 del 1° settembre 2006 sono state assunte direttive per disciplinare l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria da parte del personale della dirigenza del ruolo sanitario dipendente dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari. Con tali atti sono state anche disciplinate le modalita' dell'attivita' libero-professionale intramuraria. Con la deliberazione n. 646 del 23 marzo 2001 la giunta provinciale ha approvato un programma per la realizzazione di strutture sanitarie destinate allo svolgimento della libera professione intramuraria. La provincia dispone dunque di una propria compiuta disciplina delle attivita' di libera professione intramuraria svolta dai medici del servizio pubblico. Nella materia interviene ora la legge 3 agosto 2007, n. 120, Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria. L'art. 1, contiene in primo luogo talune disposizioni che non costituiscono oggetto del presente ricorso. Tra esse, in particolare, quella del comma 2, che proroga il regime previgente, e venuto a scadenza il 31 luglio 2007, per il periodo in cui non siano ancora state realizzate le strutture necessarie all'esercizio della professione intramuraria. In questo contesto lo stesso comma 2 stabilisce che, "entro il termine di diciotto mesi a decorrere dalla data del 31 luglio 2007 ..., le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano procedono all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attivita' libero-professionale intramuraria della dirigenza sanitaria, medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale e del personale universitario di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382". Anche tale disposizione non costituisce oggetto di ricorso. Costituisce oggetto di ricorso, invece, il successivo comma 4, il quale dispone (primo periodo) che "tra le misure di cui al comma 2 puo' essere prevista, ove ne sia adeguatamente dimostrata la necessita' e nell'ambito delle risorse disponibili, l'acquisizione di spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l'esercizio di attivita' sia istituzionali sia in regime di libera professione intramuraria, i quali corrispondano ai criteri di congruita' e idoneita' per l'esercizio delle attivita' medesime, tramite l'acquisto, la locazione, la stipula di convenzioni, previo parere vincolante da parte del Collegio di direzione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, o, qualora esso non sia costituito, di una commissione paritetica di sanitari che esercitano l'attivita' libero-professionale intramuraria, costituita a livello aziendale". Infatti tale norma, pur avendo contenuto facoltizzante, pone anche limitazioni che la provincia reputa illegittime all'esercizio di tali facolta'. In connessione con il comma e' anche impugnato il comma 10, ai sensi del quale "le convenzioni di cui al comma 4, primo periodo, sono autorizzate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano per il periodo necessario al completamento, da parte delle aziende, policlinici o istituti interessati, degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, primo periodo". Inoltre, lo stesso comma 4 stabilisce che, "in ogni caso, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire" che le strutture sanitarie "gestiscano, con integrale responsabilita' propria, l'attivita' libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne il corretto esercizio, in particolare nel rispetto delle ...modalita" di seguito indicate, che attengono al "servizio di prenotazione delle prestazioni" e al volume di queste (lett. a), alla "riscossione degli onorari relativi alle prestazioni erogate" (lett. b), al tariffario (lett. c), al "monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate nell'ambito dell'attivita' istituzionale" (lett. d), alla "prevenzione delle situazioni che determinano l'insorgenza di un conflitto di interessi o di forme di concorrenza sleale" (lett. e), ai "provvedimenti per assicurare che nell'attivita' libero-professionale intramuraria ... siano rispettate le prescrizioni di cui alle lettere a), b) e e) del presente comma" (lett. f), al "progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attivita' istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria" (lett. g). Anche tali modalita' costituiscono vincoli che la provincia ritiene ledano la propria potesta' di autonoma disciplina del servizio pubblico. Costituiscono pure oggetto di impugnazione i commi 5 e 6, che disciplinano il piano aziendale. Il comma 5 dispone che ogni struttura sanitaria "predispone un piano aziendale, concernente, con riferimento alle singole unita' operative, i volumi di attivita' istituzionale e di attivita' libero-professionale intramuraria", e che le medesime strutture "assicurano adeguata pubblicita' ed informazione relativamente ai piani, con riferimento, in particolare, alla loro esposizione nell'ambito delle proprie strutture ospedaliere ed all'informazione nei confronti delle associazioni degli utenti, sentito il parere del Collegio di direzione" di cui all'articolo 17 d.lgs. n. 502/1992 o, qualora esso non sia costituito, della commissione paritetica di sanitari di cui all'art. 1, comma 4, legge n. 120/2007. Tali informazioni "devono in particolare riguardare le condizioni di esercizio dell'attivita' istituzionale e di quella libero-professionale intramuraria, nonche' i criteri che regolano l'erogazione delle prestazioni e le priorita' di accesso". Il comma 6 regola minuziosamente la procedura di approvazione del piano, subordinandone altresi' l'efficacia al consenso ministeriale. Esso statuisce in particolare che "i piani sono presentati alla regione o provincia autonoma competente, in fase di prima applicazione, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, entro un limite massimo di tre anni dall'approvazione dei piano precedente"; che la regione o provincia autonoma "approva il piano, o richiede variazioni o chiarimenti, entro sessanta giorni dalla presentazione" e che, "in caso di richiesta di variazioni o chiarimenti, essi sono presentati entro sessanta giorni dalla richiesta medesima ed esaminati dalla regione o provincia autonoma entro i successivi sessanta giorni"; infine che, "subito dopo l'approvazione, la regione o provincia autonoma trasmette il piano al Ministero della salute" e che, "decorsi sessanta giorni dalla trasmissione, in assenza di osservazioni da parte del Ministero della salute, i piani si intendono operativi". E' ancora impugnato il comma 7, che prevede e regola l'esercizio del potere sostitutivo, sia della Provincia che dello Stato. Con tale comma si stabilisce in primo luogo che "le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle previsioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 anche mediante l'esercizio di poteri sostitutivi e la destituzione, nell'ipotesi di grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici ed istituti di cui al comma 5" (primo periodo). La stessa disposizione, poi, stabilisce che "il Governo esercita i poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle regioni o delle province autonome, ai sensi e secondo la procedura di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche con riferimento alla destituzione di cui al primo periodo del presente comma" (quarto periodo). E' infine impugnato il comma 11, che direttamente affida al Collegio di direzione di cui all'articolo 17, d.lgs. n. 502/1992 "o, qualora esso non sia costituito, alla commissione paritetica di sanitari di cui al comma 4 del presente articolo" il compito "di dirimere le vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria". Ad avviso della ricorrente provincia, l'articolo 1, commi 4, 5, 6, 7, primo e quarto periodo, 10 e 11 risultano costituzionalmente illegittimi e lesivi delle proprie prerogative costituzionali per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4. Come ora illustrato l'articolo 1, comma 4, ammette - nel primo periodo - la facolta' di acquisire spazi ambulatoriali esterni alle strutture sanitarie, ma subordinatamente al rispetto di limiti e condizioni procedurali definiti nella legge statale. In particolare, la possibilita' di acquisire spazi ambulatoriali esterni deve essere esercitata "tramite l'acquisto, la locazione, la stipula di convenzioni" e "previo parere vincolante da parte del Collegio di direzione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, o, qualora esso non sia costituito, di una commissione paritetica di sanitari che esercitano l'attivita' libero-professionale intramuraria, costituita a livello aziendale". Il comma 4, primo periodo, dunque, si rivolge anche alle province autonome (come risulta dal rinvio al comma 2) e detta norme dettagliate sugli strumenti giuridici e sulla procedura con cui esse possono acquisire spazi ambulatoriali esterni per l'esercizio delle attivita' sia istituzionali sia di libera professione intramuraria. In questo modo - sotto l'apparenza di una norma che autorizza ... cio' che in ogni caso le regioni avrebbero potuto e dovuto fare - lo Stato comprime la facolta' di scelta della provincia e la assoggetta addirittura ai parere vincolante del Collegio di direzione o della "commissione paritetica di sanitari" prevista in termini non proprio chiari nella stessa disposizione. Per il suo carattere dettagliato, la norma risulta lesiva delle competenze provinciali sia qualora si assuma a punto di riferimento la materia dell'organizzazione degli enti provinciali - tra i quali rientra l'azienda sanitaria - nella quale la provincia ha potesta' primaria, sia qualora si assuma a riferimento la materia della sanita'. A tal proposito, sia consentito ricordare che codesta Corte ha affermato che "la competenza legislativa concorrente concernente la "tutela della salute" (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e' "assai piu' ampia" rispetto a quella precedente dell'"assistenza ospedaliera" (sentenze numeri 134 del 2006 e 270 del 2005), ed esprime "l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina" (sentenza n. 282 del 2002)"; e con la sentenza n. 162/2007 codesta Corte ha statuito che "cio' comporta che, anche in riferimento alle attribuzioni proprie delle province autonome, l'applicazione dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 trovi fondamento nella maggiore estensione della "tutela della salute" rispetto alle corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria" (punto 9.3 Diritto). La stessa sent. n. 162/2007 ha annullato una norma funzionalmente simile (ma con contenuto piu' lieve) a quella sul parere vincolante del Collegio di direzione o della commissione paritetica. E' stato, infatti, considerato illegittimo un vincolo procedurale (consistente nella necessita' di sentire "le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti": art. 1, comma 282, secondo periodo, legge n. 266/2005) nella adozione - da parte delle province autonome - di disposizioni finalizzate a regolare i casi di sospensione dell'erogazione delle prestazioni sanitarie attinenti ai LEA (punto 10 del Diritto). Ora, se era illegittimo quel vincolo procedurale (considerando la disciplina "marcatamente dettagliata") benche' nella materia vi fossero profili di competenza esclusiva statale (i livelli essenziali delle prestazioni), pare che a fortiori vada considerato illegittimo un vincolo posto da una norma dettagliata statale in materia concorrente. Ad avviso della provincia, poi, in questo caso la norma deve ricondursi alla materia della organizzazione degli enti paraprovinciali, quali sono le strutture sanitarie (art. 8, n. 1, Statuto), e dunque considerarsi lesiva della potesta' primaria della provincia: infatti, l'art. 1, comma 4, primo periodo, ha carattere prettamente organizzativo, riguardando le modalita' (giuridiche e procedimentali) con cui si possono acquisire spazi ambulatoriali esterni. Ne' si dica che l'interferenza statale e' giustificata dall'art. 17, comma 1, d.lgs. n. 502/1992, in base al quale "in ogni azienda e' costituito il Collegio di direzione" che, fra l'altro, "concorre alla formulazione ... delle soluzioni organizzative per l'attuazione della attivita' libero-professionale intramuraria". Infatti, a parte la palese inidoneita' della legge ordinaria a fungere da supporto legittimante dei disposti di altra legge ordinaria, e' evidente che altro e' un generico "concorrere", che la provincia puo' plasmare in modi diversi (affidando ad esempio il compito di formulare suggerimenti, proposte, osservazioni), altro e' intestare in pratica a tale organo - mediante lo strumento del parere vincolante - l'esercizio sostanziale della funzione. Il medesimo comma 4 stabilisce, nel secondo periodo, che "in ogni caso, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire" che le strutture sanitarie gestiscano l'attivita' intramuraria, con integrale responsabilita' propria, nel rispetto di specifiche modalita' che vengono di seguito elencate. In questo modo la legge statale non si limita a fissare obbiettivi e disporre principi, ma introduce, sia pure rinviandone l'operativita' a leggi regionali, disposizioni di dettaglio nella materia "tutela della salute", nella quale - come si e' esposto - l'autonomia regionale si e' rafforzata dopo il 2001. In particolare, risultano dettagliate ed invasive dell'autonomia normativa della provincia le modalita' di cui alla lett. a) (che regola addirittura il luogo e i tempi delle prenotazioni delle prestazioni, nonche' il personale da impiegare: "affidamento a personale aziendale, o comunque dall'azienda a cio' destinato, senza ulteriori oneri aggiuntivi, del servizio di prenotazione delle prestazioni, da eseguire in sede o tempi diversi rispetto a quelli istituzionali"), alla lett. b) ("garanzia della riscossione degli onorari relativi alle prestazioni erogate sotto la responsabilita' delle aziende, policlinici e istituti di cui al comma 1"), alla lett. c) (che prevede la determinazione di un tariffario "idoneo ad assicurare l'integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell'attivita' libero-professionale intramuraria, ivi compresi quelli connessi alle attivita' di prenotazione e di riscossione degli onorari", imponendo su tale tariffario l'accordo con "i professionisti", non si sa bene se come singoli o come collettivo), e alla lett. d) (che, oltre a prevedere un monitoraggio sui tempi di attesa, impone la "garanzia che, nell'ambito dell'attivita' istituzionale, le prestazioni aventi carattere di urgenza differibile vengano erogate entro 72 ore dalla richiesta"). 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 5 e 6. Quanto al comma 5, la Provincia di Trento non contesta il principio - tale lo si puo' considerare - che le strutture sanitarie adottino un piano aziendale, "concernente, con riferimento alle singole unita' operative, i volumi di attivita' istituzionale e di attivita' libero-professionale intramuraria". Ed egualmente non contesta, per la stessa ragione, la seguente disposizione per la quale le strutture "assicurano adeguata pubblicita' ed informazione relativamente ai piani". Essa contesta invece, le norme successive (secondo periodo del comma 5, escluso il primo inciso, sopra citato, e terzo periodo del comma 5), le quali hanno carattere dettagliato e, dunque, ledono le competenze legislative provinciali nella materia della tutela della salute. Infatti, esse riguardano le modalita' di pubblicita' del piano, pongono un vincolo procedurale (parere del Collegio di direzione o della commissione paritetica) e deteminano il contenuto delle "informazioni", con cio' sovrapponendosi a legittime autonome scelte diverse della legislazione provinciale. Quanto al comma 6, esso contiene norme di estremo dettaglio in quanto regola minuziosamente le singole fasi di approvazione del piano. Per questo motivo, esso lede le competenze costituzionali della provincia in materia di tutela della salute. Ancora maggiore poi il vulnus inferto alla disciplina statutaria ed attuativa dagli ultimi due periodi del comma 6, i quali addirittura subordinano l'efficacia dei piani provinciali all'assenza di osservazioni da parte del Ministero, il quale viene cosi' a "condividere" le funzioni amministrative della provincia, in palese violazione sia dell'art. 16 dello Statuto che dell'art. 4 delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 266/1992. Qui infatti non si tratta piu' "solo" della illegittima conformazione da parte della legge statale della fuazione amministrativa provinciale, ma della sua sottoposizione ad una convergente valutazione amministrativa statale. Inoltre, ed infine, le norme del comma 6 pretendono nel loro insieme di essere immediatamente applicabili nel territorio provinciale nonostante che si tratti di materia di competenza provinciale, in contrasto con le regole in tema di rapporti tra fonti statali e fonti provinciali poste dall'art. 2 d.lgs. n. 266/1992. 3) Illegittimita' costituzionale del comma 7, primo e quarto periodo. Il comma 7 stabilisce, nel primo periodo, che "le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle previsioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 anche mediante l'esercizio di poteri sostitutivi e la destituzione, nell'ipotesi di grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici ed istituti di cui al comma 5". La norma risulta dettagliata la' dove prevede la sanzione specifica della destituzione per l'ipotesi di grave inadempienza dei direttori generali. In questo modo, viene lesa la competenza legislativa provinciale nella materia della tutela della salute. Essa risulta inoltre irragionevolmente lesiva della autonomia della provincia nella parte in cui impone ad essa - sia pure limitatamente alle ipotesi di "grave inadempienza" - un provvedimento che non si riferisce specificamente (come accade per l'esercizio dei poteri sostitutivi) all'ambito specifico delle prestazioni intramurarie, ma rischia di compromettere l'intera organizzazione dell'azienda sanitaria. Non puo' infatti che spettare alla provincia - sia in sede legislativa che amministrativa - il delicato compito di decidere se eventuali carenze del direttore generale in un ambito specifico richiedano la misura della destituzione, o se invece le capacita' per il resto dimostrate nella conduzione dell'azienda e le incertezze sempre connesse alla gestione di un piu' che probabile successivo contenzioso non rendano piu' utili ed efficaci diverse soluzioni. Il legislatore statale crede di risolvere ogni problema prospettando la misura draconiana della destituzione, ma e' invece piu' che verosimile che questa, ove collegata in termini automatici a determinate inadempienze, porti all'aggravamento dei problemi dell'azienda (e dell'assistenza che essa eroga) anziche' alla loro soluzione, e non solo in relazione all'assistenza inframuraria. Il quarto e ultimo periodo del comma 7 prevede l'esercizio del potere sostitutivo statale, ai sensi e secondo la procedura di cui all'articolo 8 legge n. 131/2003, in caso di inerzia delle regioni e delle province autonome. Tale norma risulta lesiva dell'autonomia amministrativa della provincia nella materia della tutela della salute, quale risulta dall'art. 16 dello Statuto, dagli artt. 1, 2 e 3 d.P.R. n. 474/1975 e dall'art. 8 d.P.R. n. 526/1987, che regola l'esercizio del potere sostitutivo governativo nei confronti delle province, limitandolo al "caso di accertata inattivita' degli organi regionali e provinciali che comporti inadempimento agli obblighi comunitari". Infatti, i rapporti tra organi statali e organi provinciali sono regolati dallo Statuto e dalle norme di attuazione e le leggi statali non possono introdurre ulteriori ipotesi di poteri sostitutivi. Quanto al potere sostitutivo di cui all'art. 8, legge n. 131/2003, che da' attuazione all'art. 120 Cost., codesta Corte ha avuto occasione di chiarire che esso si applica alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome solo in relazione alle "nuove funzioni" acquisite per effetto della riforma del Titolo V, ma non a quelle "statutarie" per le quali valgono ancora oggi le previsioni degli statuti e delle relative norme di attuazione (v. la sent. n. 236/2004). Poiche' la vigilanza sulle aziende sanitarie e', senza dubbio, una funzione gia' spettante alle province autonome (come confermato anche di recente: v. la sent. n. 80/2007), in relazione ad essa lo Stato non puo' esercitare il potere sostitutivo di cui all'art. 8, legge n. 131/2003. 4) Illegittimita' costituzionale del comma 20. Il comma 10 stabilisce il periodo massimo di efficacia delle convenzioni (autorizzate dalle regioni e dalle province autonome) di cui al primo periodo del comma 4. La norma risulta illegittima per le medesime ragioni esposte in relazione al primo periodo del comma 4 (sia consentito, dunque, rinviare al punto 1). Il comma 10 detta una norma di carattere dettagliato in materia di competenza concorrente, ponendo un limite alla facolta' della provincia. A maggior ragione, esso risulta lesivo qualora si ammetta (come sembra possibile) che la materia di riferimento e' l'organizzazione degli enti paraprovinciali (art. 8, n. 1, Statuto). In definitiva, appare illogica e contraria alla suddivisione delle competenze tra Stato e regioni, in particolare se dotate di autonomia speciale, la fissazione con legge statale di un limite temporale per l'efficacia di atti la cui adozione e' dalla medesima legge riservata appunto agli enti territoriali. Anche tale norma costituisce dunque in realta' illegittima limitazione di facolta' di ricorrere alle soluzioni organizzative piu' adatte spettante alla provincia nell'ambito della sua autonomia legislativa ed amministrativa. Tale limitazione e' inoltre del tutto irragionevole, non comprendendosi la ragione per la quale l'amministrazione, dopo essere riuscita attraverso le convenzioni a dotarsi delle strutture necessarie, dovrebbe rinunciare ad esse - per la necessaria scadenza della convenzione - proprio nel periodo nel quale i medici dell'azienda dovrebbero utilizzare tali strutture per l'attivita' professionale intramuraria. 5) Illegittimita' costituzionale del comma 11. Il comma 11 affida al Collegio di direzione di cui all'articolo 17 d.lgs. n. 502/1992 o, "qualora esso non sia costituito, alla commissione paritetica di sanitari di cui al comma 4 del presente articolo ..., il compito di dirimere le vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria". La norma risulta lesiva dell'autonomia provinciale in materia di organizzazione degli enti paraprovinciali (art. 8, n. 1, Statuto), perche' non regola aspetti dello status dei dirigenti che attengono all'erogazione del servizio ma individua l'organo competente, all'interno dell'apparato dell'ente, a dirimere "le vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria". Si tratta di un aspetto che si esaurisce nell'ambito organizzativo e che, pertanto, rientra nella potesta' primaria della provincia. Comunque, anche qualora si volesse ricondurre la norma alla "tutela della salute", essa sarebbe illegittima in quanto ha carattere dettagliato e autoapplicativo, individuando con precisione gli organi deputati a svolgere una certa funzione, in sostituzione di quelli individuati dalla provincia mediante la propria potesta' legislativa.
P. Q. M. Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 4, 5, 6, 7, primo e quarto periodo, 10 e 11 della legge 3 agosto 2007, n. 120 recante "Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria", nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova-Roma, addi' 4 ottobre 2007 Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi Manzi ----------- Allegati 1) Deliberazione della giunta provinciale 28 settembre 2007, n. 2114. 2) Procura speciale n. rep. 26808 del 1° ottobre 2007.