Ricorso n. 42 del 25 giugno 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 giugno 2009 , n. 42
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 25 giugno 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 32 del 12-8-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; Contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Regione pro tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli art. 8, commi 1 e 3, 9 comma 1, 10 comma 1, 12 comma 1 della l.r. 9 aprile 2009, n. 10, pubblicata nel B.U.R. n. 6 del 15 aprile 2009, recante Norme in materia di bonifiche di siti contaminati, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 12 giugno 2009 e sulla base di quanto specificato nell'allegata relazione del Ministro per i rapporti con le regioni. Sul B.U.R. della Liguria n. 6 del 15 aprile 2009 e' stata pubblicata la legge regionale 9 aprile 2009, n. 10, recante «Norme in materia di bonifiche di siti contaminati». Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni contenute negli art. 8, commi 1 e 3, 9 comma 1, 10 comma 1, 12 comma 1 e pertanto propone questione di legittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, secondo comma lettera s), ai sensi dell'art. 127, primo comma Cost., per i seguenti M o t i v i La legge regionale della Liguria n. 6 del 15 aprile 2009, che detta norme in materia di bonifica dei siti contaminati, in attuazione delle disposizioni statali contenute nella Parte IV - Titolo V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale», presenta aspetti di illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) relativamente ad alcune previsioni che si presentano difformi dalle norme statali di riferimento. In via preliminare, si deve rilevare che la disciplina della tutela dell'ambiente e dei rifiuti, come da ultimo ribadito da codesta ecc.ma Corte costituzionale (sent. n. 10/2009 e 61/2009, n. 277/2008 e 62/2008), e' riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione e che «la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato» (sent. nn. 378 del 2007, 62 e 104 del 2008). Pertanto, tale competenza esclusiva si traduce in una normativa statale volta a garantire un quadro di uniformita' e certezza della disciplina del bene ambiente in quanto interesse «primario» e «assoluto» (cfr. sent. n. 151 del 1986 e n. 641 del 1987). Nell'ambito di esclusiva competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema rientra la definizione dei livelli uniformi di protezione ambientale (sent. n. 104/2008). Le regioni debbono rispettare la normativa statale di tutela dell'ambiente pur potendo stabilire, per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in materia di tutela della salute, di governo del territorio, di valorizzazione dei beni ambientali, etc.), livelli di tutela piu' elevati (sentenze n. 30 e 12 del 2009, 105, 104 e 62 del 2008), con cio' incidendo sul bene ambiente, ma al fine non di tutelare l'ambiente, gia' salvaguardato dalla disciplina statale, bensi' di disciplinare adeguatamente gli oggetti delle loro competenze. Si tratta cioe' di un potere insito nelle stesse competenze attribuite alle regioni, che vengano a contatto con quella dell'ambiente, ai fini della loro completa e piena esplicazione. E', dunque, in questo senso che puo' intendersi l'ambiente come una «materia trasversale» (come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di codesta Corte; per tutte, sentenza n. 246 del 2006), mentre non puo' certo dirsi che la materia ambientale non sarebbe una «materia» in senso tecnico (sent. n. 104/2008). Al contrario, l'ambiente e' un bene giuridico che, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, spetta allo Stato disciplinare come un'entita' organica, dettando cioe' norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parte del tutto (sent. n. 104/2008) e che funge anche da discrimine tra la materia esclusiva statale e le altre materie di competenza regionale. Cio' premesso si presentano illegittime, per violazione dell'art. 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, le seguenti norme regionali: 1) Art. 8, comma 1 della l.r. n. 10/2009. La norma contenuta nell'art. 8, comma 1, che disciplina l'anagrafe dei siti da bonificare, non fa menzione, nell'ambito della propria elencazione, dei siti sottoposti a «ripristino ambientale», in contrasto con la disciplina statale contenuta nell'art. 251, comma 1, del decreto legislativo n. 152/2006 che individua puntualmente i contenuti dell'Anagrafe dei siti oggetto del procedimento di bonifica stabilendo che essa contiene l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale La distinzione tra bonifica e ripristino e ambientale e' chiaramente delineata dall'art. 240, comma 1, lettere p) e q) del d.lgs. n. 152/2006 che definisce per: p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilita' per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici., nonche' degli interventi realizzati nei siti medesimi, l'individuazione dei soggetti cui compete la bonifica e degli enti pubblici di cui la Regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati, ai fini dell'esecuzione d'ufficio, fermo restando l'affidamento delle opere necessarie mediante gara pubblica, ovvero il ricorso alle procedure dell'art. 242 d.lgs. n. 152/2006. 2) Art. 8, comma 3 della l.r. n. 10/2009. Parimenti difforme si presenta il comma 3 dell'art. 8 della legge regionale laddove, nell'elencare i soggetti cui e' necessario dare comunicazione dell'inclusione dei siti nell'anagrafe, non menziona l'Ufficio tecnico erariale competente, come previsto al comma 2 del citato art. 251 del decreto legislativo n. 152/2006. L'Anagrafe dei siti da bonificare rappresenta lo strumento predisposto dalle regioni per il monitoraggio degli interventi nelle aree inquinate nel proprio territorio. L'art. 8, commi 1 e 3 della legge n. 10/2009 ridimensiona, quindi, i contenuti e gli scopi informativi dell'Anagrafe dei siti da bonificare, rispetto a quanto stabilito dall'art. 251 del d.lgs. n. 152/2006, con cio' riducendo gli standard di tutela dell'ambiente fissati dalla normativa statale in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. 3) Art. 9, comma 1 della l.r. n. 10/2009. L'art. 9, comma 1, della l.r. in esame, rubricato «Procedure amministrative ordinarie», nel descrivere la procedura amministrativa da attuare in caso di evento contaminante, non prevede, come richiesto dall'art. 242, comma 1 del d.lgs. n. 152/2006, che l'evento possa anche essere potenziale. La citata norma statale, infatti, disciplina le procedure operative ed amministrative da attivare in caso di un evento «che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito», il cui verificarsi puo' essere, per l'appunto, anche solo potenziale e di non certa concretizzazione. La conseguenza del mancato riferimento alla potenzialita' della contaminazione e' che il responsabile dell'inquinamento metterebbe in opera la procedura prevista dalla norma solo in caso di reale verificazione dell'evento inquinante e non anche nel caso del solo possibile verificarsi dello stesso, in contrasto quindi con l'art. 242, comma 1 del d.lgs. n. 152/2006 ed abbassando cosi' il livello di tutela ambientale garantito dalla legge statale. 4) Art. 10 comma 1 della l.r. n. 10/2009. La norma contenuta nell'art. 10 rubricato «siti industriali dismessi», al comma 1 definisce questi ultimi quali «aree caratterizzate dalla cessazione dell'attivita' e ricomprese nell'Anagrafe di cui all'art. 8 (Anagrafe dei siti da bonificare)». Diversamente, la dizione della nonna statale contenuta al comma 1, lettera h) dell'art. 240, del decreto legislativo n. 152/2006 recita, «sito dismesso: un sito in cui sono cessate le attivita' produttive». La disposizione regionale differisce da quella statale poiche', da un lato, ai fini dell'individuazione di un sito dismesso aggiunge la condizione dell'inclusione nell'Anagrafe, mentre tale elemento non compare nella disposizione del d.lgs. n. 152/2006 e, dall'altro lato, descrive in modo generico l'attivita' svolta nel sito, che, invece, l'art. 240, del d.lgs. n. 152/2006 individua specificamente nelle sole attivita' produttive. Cio' potrebbe comportare la conseguenza che un sito il quale secondo la normativa statale sarebbe qualificato come sito dismesso potrebbe non essere tale per la disciplina regionale e viceversa, vanificando in tal modo la finalita' della previsione in capo allo Stato della competenza a stabilire standard e criteri uniformi in materia di rifiuti. 5) Art. 12, comma 1 della l.r. n. 10/2009. La disposizione di cui all'art. 12, rubricato «Acque di falda», al comma 1, prevede che il prelievo delle acque di falda nel corso di interventi di bonifica ed utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso «non necessita di concessione di derivazione d'acqua». Tale disposizione, per un senso, ripropone la medesima rubrica della corrispondente disciplina statale contenuta all'art. 243, del d.lgs. n. 152/2006, ma non ne riporta i contenuti poiche' si limita a, disciplinare la fase di prelievo delle acque senza curarsi di regolare la successiva fase di scarico e, per altro verso, dispone una deroga priva di fondamento normativo al principio generale fissato dall'art. 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale dispone che «...Salvo quanto previsto dall'art. 93 e dal comma 2, e' vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorita' competente...». La concessione o autorizzazione appare, infatti, come uno strumento amministrativo necessario per valutare la compatibilita' della progettata estrazione di acqua di falda con la conservazione dell'integrita' della risorsa idrica sotterranea e del sottosuolo in cui questa si inserisce. Sulla base di quanto dedotto le citate norme regionali, dettando disposizioni difformi dalla normativa nazionale vigente, presentano profili di illegittimita' per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e di rifiuti. Il perseguimento di finalita' di tutela ambientale da parte del Legislatore regionale puo' ammettersi solo ove esso sia un effetto indiretto e marginale della disciplina adottata dalla regione nell'esercizio di una propria legittima competenza e, comunque, non si ponga in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che proteggono l'ambiente (sentenza n. 431 del 2007). Codesta ecc.ma Corte, infine, con la sentenza n. 214/2008 ha gia' dichiarato l'illegittimita' di norme regionali in tema di bonifica dei siti inquinati che dettavano principi e si ponevano in contrasto con quanto statuito dal Legislatore statale nel d.lgs. n. 152/2006. (1) La distinzione tra bonifica e ripristino e ambientale e' chiaramente delineata dall'art. 240, comma 1, lettere p) e q) del d.lgs. n. 152/2006 che definisce per: p) bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR); q) ripristino e ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilita' per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici.
P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli artt. 8, commi 1 e 3, 9, comma 1, 10, comma 1, 12, comma 1 della legge regionale della Liguria 9 aprile 2009, n. 10, per i motivi illustrati nel presente ricorso. Con l'originale notificato del ricorso si depositera' estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 12 giugno 2009 con l'allegata relazione del Ministro per i rapporti con le regioni. Roma, addi' 12 giugno 2009 L'avvocato dello Stato: Fabrizio Fedeli