Ricorso n. 44 del 15 ottobre 2007 (Regione Lombardia)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 ottobre 2007 , n. 44
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 ottobre 2007 (dalla Regione Lombardia)
(GU n. 46 del 28-11-2007)
Ricorso della Regione Lombardia, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore, on. dott. Roberto Formigoni, autorizzato con delibera di giunta regionale n. VIII/005465 del 6 ottobre 2007, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, dagli avv. Pio Dario Vivone e prof. Beniamino Caravita di Toritto e presso lo studio del secondo elettivamente domiciliato in Roma, via di Porta Pinciana, 6; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 120 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale, n. 181 del 6 agosto 2007, recante "Disposizioni in materia di attivita' libero professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria", per violazione degli artt. 117, 118, 119 della Costituzione e dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di buon andamento (art. 97 Cost.) e di leale collaborazione (art. 120 Cost.). La legge 3 agosto 2007, n. 120 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2007 reca "Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria". La possibilita' di ricorrere a prestazioni sanitarie erogate intramoenia ma in regime di tipo libero-professionale risponde alla necessita' di garantire il fondamentale diritto alla salute sancito dall'art. 32 della Costituzione anche sotto il profilo della autodeterminazione dei singoli, intesa quale libera scelta, in assenza della quale ogni piu' ampia somministrazione di prestazioni risulterebbe in verita' lesiva del diritto sociale protetto e non in grado di soddisfarlo. Si tratta di attivita' che il personale sanitario esercita al di fuori dell'orario di lavoro e non in regime ambulatoriale o di ricovero, in favore e su libera scelta dell'assistito, con oneri economici a completo carico dello stesso, secondo tariffe predeterminate. Il ricorso alle prestazioni in regime di libera professione prevede la corresponsione di una tariffa comprensiva dell'onorario dei sanitari coinvolti. Il cittadino puo' quindi, pagando le prestazioni, rivolgersi ad uno specifico specialista dipendente, in modo diretto e personale stabilendo con lo stesso un rapporto fiduciario di libera scelta. Gia' nel d.lgs. n. 502 del 1992 (in particolare all'art. 4 comma 10) come modificato dal d.lgs., 19 giugno 1999, n. 229 e' previsto che all'interno dei presidi, delle aziende ospedaliere siano riservati spazi adeguati per consentire la libera professionale intramuraria in regime di degenza con camere a pagamento. La legge qui impugnata reca una disciplina analitica e di dettaglio sull'attivita' libero-professionale intramuraria e tuttavia infrange in modo palese il vigente riparto di competenze tra Stato e Regioni. Il comma 1 dell'art. 1 prevede che al fine di garantire l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano debbano assumere "le piu' idonee iniziative" finalizzate alla realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia, presso le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico, allo scopo di creare e rendere disponibili spazi idonei allo svolgimento di tale attivita'. Il seguente comma 2 prescrive che l'adozione di tali "piu' idonee iniziative" dovra' essere portata a compimento entro il termine di diciotto mesi dalla data del 31 luglio 2007 (e dunque entro 31 gennaio 2009). Durante tale periodo, e negli ambiti in cui non siano stati ancora applicate le prescritte iniziative, il comma 2 precisa che continuano ad applicarsi i provvedimenti gia' adottati in precedenza per la medesima finalita', in deroga al precedente termine del 31 luglio 2007 (previsto dal comma 2 dell'articolo 22-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248). Il medesimo comma 2 prevede inoltre che, nello stesso arco temporale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano procedono all'individuazione e all'attuazione delle misure dirette ad assicurare, in accordo con le organizzazioni sindacali delle categorie interessate e nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema dell'attivita' libero-professionale intramuraria della dirigenza sanitaria, medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale e del personale universitario che esplica attivita' assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura, convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (ai sensi dell'art. 39 della legge n. 833 del 1978). Il comma 3 impone che il collaudo degli interventi di ristrutturazione edilizia sia conseguito dalle regioni entro il termine del 31 gennaio 2009; in caso contrario e' prevista la risoluzione degli accordi di programma per il finanziamento statale alle regioni. Il comma 4 precisa poi che puo' essere prevista, ove ne sia dimostrata la necessita' e nell'ambito delle risorse disponibili, l'acquisizione di spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l'esercizio di attivita' sia istituzionali sia in regime di libera professione intramuraria, i quali corrispondano ai criteri di congruita' e idoneita' per l'esercizio delle attivita' medesime, tramite l'acquisto, la locazione, la stipula di convenzioni, - autorizzate dalle regioni e province autonome previo parere vincolante da parte del Collegio di direzione e ove non costituito di una commissione paritetica di sanitari che esercitano l'attivita' libero-professionale intramuraria, costituita a livello aziendale. E' altresi' prescritto che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire che le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli IRCCS di diritto pubblico gestiscano, con integrale responsabilita' propria, l'attivita' libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne il corretto esercizio, nel rispetto delle seguenti modalita': a) affidamento a personale aziendale, o comunque dall'azienda a cio' destinato, senza ulteriori oneri aggiuntivi, del servizio di prenotazione delle prestazioni, da eseguire in sede o tempi diversi rispetto a quelli istituzionali, al fine di permettere il controllo dei volumi delle medesime prestazioni, che non devono superare, globalmente considerati, quelli eseguiti nell'orario di lavoro; b) garanzia della riscossione degli onorari relativi alle prestazioni erogate sotto la responsabilita' delle aziende, policlinici e istituti di cui al comma 1. Agli eventuali oneri si provvede ai sensi della seguente lettera c); c) determinazione, in accordo con i professionisti, di un tariffario idoneo ad assicurare l'integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell'attivita' libero-professionale intramuraria, ivi compresi quelli connessi alle attivita' di prenotazione e di riscossione degli onorari; d) monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate nell'ambito dell'attivita' istituzionale; attivazione di meccanismi di riduzione dei tempi medi di attesa; garanzia che le prestazioni urgenti vengano effettuate entro 72 ore; e) prevenzione delle situazioni che determinano un conflitto di interessi e fissazione delle sanzioni disciplinari e dei rimedi da applicare in caso di inosservanza delle relative disposizioni, anche con riferimento all'accertamento delle responsabilita' dei direttori generali per omessa vigilanza; f) adeguamento dei provvedimenti per assicurare che nell'attivita' libero-professionale intramuraria, siano rispettate le prescrizioni di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche nel periodo di operativita' transitoria, fermo restando il termine tassativo del 31 gennaio 2009; g) progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attivita' istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria. L'art. 1 stabilisce poi, al comma 5, che i soggetti erogatori del Servizio sanitario nazionale (azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera, azienda ospedaliera universitaria, policlinico universitario a gestione diretta ed IRCCS di diritto pubblico) predispongono un piano aziendale (di cui devono assicurare adeguata pubblicita), in ordine, ai volumi di attivita' istituzionale e di attivita' libero-professionale intramuraria, con riferimento alle singole unita' operative. Tali informazioni devono in particolare riguardare le condizioni di esercizio dell'attivita' istituzionale e di' quella libero-professionale intramuraria, nonche' i criteri che regolano l'erogazione delle prestazioni e le priorita' di accesso. Il comma 6 individua i tempi entro i quali i piani devono essere presentati alla regione o provincia autonoma competente: e' infatti previsto che essi debbano essere presentati entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge qui impugnata ed entro un limite massimo di tre anni dall'approvazione del piano precedente. E' poi prescritto che la regione o provincia autonoma competente approvi il piano, o possa richiedere variazioni o chiarimenti, entro sessanta giorni dalla presentazione. In tale ultima ipotesi essi sono presentati entro sessanta giorni dalla richiesta medesima ed esaminati dalla regione o provincia autonoma entro i successivi sessanta giorni. Subito dopo l'approvazione, la regione o provincia autonoma trasmette il piano al Ministero della salute. Decorsi sessanta giorni dalla trasmissione, in assenza di osservazioni da parte del Ministero della salute, i piani si intendono operativi. Il comma 7 prevede inoltre che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle previsioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 (precedentemente richiamate) anche mediante l'esercizio di poteri sostitutivi e la destituzione, nell'ipotesi di grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici ed istituti di cui al comma 5. E' previsto inoltre che qualora la nomina dei direttori generali suddetti competa ad organi statali, questi ultimi provvedono alla destituzione su richiesta della regione o della provincia autonoma. In caso di mancato adempimento degli obblighi a carico delle regioni e delle province autonome di cui al presente comma, il comma 7 dispone la preclusione all'accesso ai finanziamenti a carico dello Stato integrativi rispetto ai livelli di disavanzo previsti, di cui all'accordo sancito l'8 agosto 2001 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato. La legge prevede quindi che il Governo eserciti i poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle regioni o delle province autonome, anche con riferimento alla destituzione dei dirigenti delle strutture sanitarie. Il seguente comma 8 obbliga regioni e province autonome a trasmettere al Ministro della salute una relazione sullo stato di attuazione delle attivita' imposte dalla stessa legge n. 120, con cadenza trimestrale fino al conseguimento effettivo, da parte della stessa del definitivo passaggio al regime ordinario di cui al comma 2 e successivamente con cadenza annuale. Il comma 9 prevede la possibilita', esclusivamente per l'attivita' clinica e diagnostica ambulatoriale, di utilizzare gli spazi e le attrezzature dedicati all'attivita' istituzionale anche per l'attivita' libero-professionale intramuraria, dovendosi pero' garantire la separazione delle attivita' in termini di orari, prenotazioni e modalita' di riscossione dei pagamenti. Al comma 10 e' precisato che le convenzioni di cui al comma 4 primo periodo, (relative all'acquisizione di strutture idonee allo svolgimento dell'attivita' libero-professionale intramuraria), sono autorizzate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano per il periodo necessario al completamento, da parte delle aziende, policlinici o istituti interessati, degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria e comunque non oltre il termine del 31 gennaio 2009. Il comma 11 affida al Collegio di direzione (previsto dall'articolo 17 del d.Igs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni), o, qualora esso non sia costituito, alla commissione paritetica di sanitari prevista dal comma 4 dell'art. 1 della legge 120 qui impugnata, il compito di dirimere le vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria. Il comma 12 prescrive che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano dovranno definire una specifica regolamentazione per l'effettuazione delle prestazioni veterinarie in regime libero-professionale in ambito intramurario da parte dei dirigenti veterinari del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della particolare tipologia e modalita' delle stesse. Il comma 13 prevede inoltre l'attivazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge e quindi entro il 7 novembre 2007, di un Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale. Infine il comma 14 dispone che in ogni caso dall'eventuale costituzione e dal funzionamento delle commissioni paritetiche previste dai precedenti commi 4, 5 e 11, nonche' dall'attuazione del medesimo comma 11, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'art. 1 della legge n. 120 del 2007 ignora tutto l'assetto del riparto di competenze tra Stato e regioni in materia sanitaria cosi' come si e' sviluppato prima e dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e modifica gli ampi poteri regionali riconosciuti nell'ambito della sanita'. Cosi' facendo esso infrange gravemente le competenze riconosciute alla Regione Lombardia dalla Costituzione, risultando lesivo dell'autonomia ad essa costituzionalmente garantita per i seguenti motivi di Diritto 1. - Illegittimita' per violazione dell'art. 117, comma 4, 118 Cost. e per violazione del principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), buon andamento (art. 97 Cost.) e leale collaborazione (art. 120 Cost.). 1.1. - In via del tutto preliminare e' indispensabile identificare la materia all'interno della quale le disposizioni qui impugnate si collocano. E da quanto e' stato ampiamente esposto nella parte in fatto, non puo' sfuggire a codesta ecc.ma Corte come ci si trovi palesemente di fronte a disposizioni che incidono pesantemente all'interno di un settore, l'organizzazione sanitaria, tradizionalmente affidato alle regioni. La Corte, anche rispetto al vecchio quadro costituzionale e istituzionale, ha sempre manifestato chiaramente l'importanza e la necessita' che la gestione e l'organizzazione della sanita' venisse svolta in modo autonomo dalle regioni. Si e' poc'anzi fatto cenno al testo costituzionale originario il quale prevedeva, all'art. 117, l'attribuzione alle regioni della potesta' normativa in materia di "assistenza sanitaria ed ospedaliera". Gia' all'indomani della introduzione delle regioni non fu facile delimitare l'estensione di tale potesta' normativa e soprattutto individuare cosa dovesse intendersi per principi fondamentali della materia rimessi alle leggi cornice statali. Seppur ci si trovava di fronte ad una competenza circoscritta e moderatamente limitata dall'intervento statale, e' bene ribadire ancora che la potesta' normativa regionale andava esercitata "nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato", la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte piu' volte ha provveduto a difenderla e a promuoverla: difatti, nella sentenza n. 112 del 1975 si legge che "a norma dell'art. 117 Cost., quella dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera e' materia di competenza delle regioni, le quali potranno quindi, secondo le previsioni costituzionali, regolarla variamente nel quadro dei principi delle leggi statali"; ancora piu' chiara, e rivolta nello specifico anche ai profili organizzativi dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera (merita qui una nota la sentenza n. 457 del 1993 che sottolinea l'importanza di una efficiente organizzazione sanitaria "in attuazione del principio sancito dall'art. 32 della Costituzione)", e' la pronuncia n. 307 del 1983, dove senza alcun indugio e' stato affermato che "la materia di cui trattasi attiene all'"assistenza sanitaria ed ospedaliera", attribuita alle regioni dall'art. 117 della Costituzione. Alle regioni medesime e' percio' costituzionalmente riservata la generalita' delle correlative funzioni amministrative". Ma il concetto che ci si trovi di fronte ad una competenza della Regione torna anche nella sentenza n. 214 del 1988 dove si legge che la disciplina dell'organizzazione sanitaria "rientra nelle competenze regionali". 1.2. - Al percorso tracciato dalla Costituzione del 1947 e confermato dalla giurisprudenza costituzionale si e' affiancato poi il legislatore ordinario. Con l'istituzione del S.s.n. (legge n. 833 del 1978) fu completata l'attribuzione alle regioni delle competenze legislative e amministrative nella materia de qua, mentre allo Stato venne demandato il compito di determinare, con il concorso regionale, gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale. Restava altresi' devoluta alla legge statale, la fissazione dei livelli delle prestazioni sanitarie da garantire in modo uniforme a tutti i cittadini (si vedano in particolare gli artt. 3 e 4). Con la riforma del S.s.n. del 1992, le competenze regionali sono state meglio precisate, attraverso l'attribuzione delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e di organizzazione del relativo servizio. Nel d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, infatti, all'art. 2, comma 1, si legge che "spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera"; al successivo comma 2 (poi modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 517 del 1993), e' disposto che "spettano alle Regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attivita' destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attivita' di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unita' sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualita' delle prestazioni sanitarie". Con il d.lgs. n. 112 del 1998 vengono conferite alle regioni "tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana e sanita' veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato" (art. 114, comma 1). Tra i compiti e funzioni amministrative attribuite alle regioni l'art. 115 comma 2 prevede espressamente: l'approvazione dei piani e dei programmi di settore non aventi rilievo e applicazione nazionale; l'adozione dei provvedimenti puntuali e l'erogazione delle prestazioni; la verifica della conformita' rispetto alla normativa nazionale e comunitaria di attivita', strutture, impianti, laboratori, officine di produzione, apparecchi, modalita' di lavorazione, sostanze e prodotti, ai fini del controllo preventivo, nonche' la vigilanza successiva, ivi compresa la verifica dell'applicazione della buona pratica di laboratorio. Il d.lgs. n. 229 del 1999 (c.d. "decreto Bindi"), integrando e modificando le disposizioni del d.lgs. n. 502 del 1992, ha rafforzato i poteri regionali. E' stato introdotto il comma 2-quater secondo il quale "le regioni, nell'ambito della loro autonomia, definiscono i criteri e le modalita' anche operative per il coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonche' l'eventuale costituzione di appositi organismi"; il comma 2-quinquies dove si legge che "la legge regionale disciplina il rapporto tra programmazione regionale e programmazione attuativa locale, definendo in particolare le procedure di proposta, adozione e approvazione del Piano attuativo locale e le modalita' della partecipazione ad esse degli enti locali interessati. Nelle aree metropolitane il piano attuativo metropolitano e' elaborato dall'organismo di cui al comma 2-quater, ove costituito"; il comma 2-sexies poi prevede ulteriori compiti attribuiti alle regioni tra cui: l'articolazione del territorio regionale in unita' sanitarie locali; l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dal presente decreto per quanto attiene alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale e alle altre strutture pubbliche e private accreditate (lett. a); i principi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale di diritto privato di costituzione delle ex-Usl (lett. b); la definizione dei criteri per l'articolazione delle unita' sanitarie locali in distretti (lett. c); il finanziamento delle unita' sanitarie locali (lett. d); le modalita' di vigilanza e di controllo sulle unita' sanitarie locali, nonche' di valutazione dei risultati delle stesse (lett. e); le forme di gestione degli eventuali indebitamenti per le usi (lett. g). 1.3. - E' ancora utile ricordare come, nelle more dell'entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, vale a dire dopo l'approvazione parlamentare ma poco prima dell'esito positivo del referendum, in data 8 agosto 2001 veniva siglato, ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 281/1997, un Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome in attuazione del generale principio di leale collaborazione tra i differenti livelli di governo. Ebbene, anche all'interno di questo documento, che e' nato con l'obiettivo di affermare in materia il principio di responsabilita' nonche' la necessita' di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, vi sono tracce evidenti dell'intenzione di confermare e semmai rinvigorire i poteri regionali sull'organizzazione sanitaria. In particolare, "il Governo si impegna ad attribuire alle regioni, fermo restando quanto gia' richiamato nelle lettere b) e c) del presente punto, autonomia nel settore dell'organizzazione della sanita" (par. 9). La ratio dell'Accordo e' stata quella di attribuire alle regioni la piu' ampia autonomia nella organizzazione dell'assistenza sanitaria e ospedaliera regionale al fine di consentire alle stesse di mantenere i tetti di spesa concordati, ossia di mantenere fede alle responsabilita' assunte con l'Accordo. Alla luce di quanto detto, e' possibile affermare che le regioni, ben prima della Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, erano titolari di diverse e dettagliate competenze in materia sanitaria, con particolare riguardo ai profili organizzativi e gestionali. 1.4. - Si e' quindi giunti, con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, alla Riforma del Titolo V della Costituzione, con la quale sono stati profondamente modificati, da un lato, l'assetto della distribuzione delle competenze legislative regolamentari e amministrative tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, dall'altro, il quadro dei rapporti tra tali enti. Con riguardo in particolare alla materia della sanita', il nuovo testo dell'art. 117 Cost. individua solo un ambito competenziale espresso, quello della "tutela della salute", inserito al comma 3 tra le competenze di tipo concorrente. Nulla si dice rispetto alla "vecchia" materia dell' "assistenza sanitaria e ospedaliera". Cio' vuol dire che quest'ultima, una volta che non e' piu' contemplata nell'elenco delle materie su cui insiste la competenza concorrente, deve essere ricondotta alla competenza esclusiva delle Regioni. A supporto di tale tesi si segnala la circolare del Ministero della salute, n. 1, Prot. n. 1001/2558 - g/0321, del 17 gennaio 2002, nella quale, in riferimento al problema dell'assistenza indiretta, si dice che "in considerazione della esclusiva competenza regionale in subiecta materia", il Ministero ha rilevato l'opportunita' di rimettere integralmente alle autonome valutazioni e iniziative delle regioni "ogni determinazione in merito alla individuazione di idonee misure in sede normativa e/o amministrativa qualora nei rispettivi ambiti territoriali si rendesse necessaria la prosecuzione del ricorso a prestazioni erogabili solo in forma di assistenza indiretta, cio' al fine di garantire all'utenza, nella forma piu' completa e senza discriminazioni, la tutela del diritto alla salute". La suddetta riconducibilita' alla competenza esclusiva regionale, ha trovato conferma da parte del Tribunale amministrativo regionale Lombardia, Sez. 1ª, che, con ordinanza n. 564 del 2002, ha respinto la domanda di sospensione della d.g.r. 7839/2002, con la quale erano stati individuati gli studi odontoiatrici da sottoporre ad autorizzazione ed i relativi requisiti. Il Tribunale amministrativo regionale Lombardia, infatti, ha affermato che "e' dubbio se l'individuazione degli studi da sottoporre a regime autorizzatorio e dei relativi requisiti attenga a materia (professioni, tutela della salute) riconducibile all'ambito della legislazione concorrente (in cui residua allo Stato il potere di dettare principi fondamentali) ovvero a materia (assistenza sanitaria) gia' di spettanza regionale (art. 117 vecchio testo) e oggi totalmente rimessa alla potesta' legislativa regionale senza alcuna possibilita' di interferenza dello Stato". Il dubbio, pertanto, secondo il Tribunale amministrativo regionale Lombardia e' se l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' sanitarie sia riconducibile alla materia professioni o tutela della salute da un lato, o assistenza sanitaria dall'altro; non certo sul fatto che quest'ultima sia di competenza esclusiva regionale. Laddove si dovesse ricondurre la materia dell'autorizzazione all'esercizio di attivita' sanitarie alla competenza esclusiva regionale, in tema di "assistenza sanitaria e ospedaliera", non vi sarebbe spazio per alcun tipo di interferenza statale; in altre parole, lo Stato non potrebbe prevedere, ne' l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' sanitaria, ne', a maggior ragione, potrebbe fissare i requisiti per la suddetta autorizzazione. Ma anche codesta ecc. ma Corte ha fornito un contributo decisivo in tal senso. Nella sentenza n. 328 del 2006 ha chiarito che "l'atto, in specie nella parte in cui definisce i requisiti che le...societa' ed associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie - che chiedono il riconoscimento - devono possedere per poter svolgere attivita' di collaborazione con le istituzioni sanitarie, incide, infatti, sulla materia sanita', con profili che attengono, in particolare, all'organizzazione sanitaria, e non gia' ... alla determinazione di livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, essendo tale titolo di legittimazione dell'intervento statale invocabile solo "in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione" sentenze n. 285, n. 120 del 2005, n. 423 del 2004), di cui nella specie non si tratta. In questa materia, "l'art. 117 e l'art. 118 della Costituzione, a seguito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, delineano forme piu' ampie di autonomia rispetto a quelle gia' attribuite dallo statuto" (il caso di specie ha riguardato la Regione Trentino Alto-Adige e la Provincia autonoma di Bolzano). "La sanita', d'altro canto", ha proseguito la Corte, "e' ripartita fra la materia di competenza regionale concorrente della "tutela della salute" ... e quella dell'organizzazione sanitaria, in cui le Regioni possono adottare "una propria disciplina anche sostitutiva di quella statale" (sentenza n. 510 del 2002)". 1.5. - Le disposizioni qui impugnate evidenziano inequivocabilmente la volonta' di comprimere gli spazi di autonomia regionale in materia di organizzazione sanitaria. Infatti, in tale materia, di pertinenza esclusiva regionale, lo Stato non avrebbe titolo di intervento se non per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Questi, come chiarito dalla sent. n. 88 del 2003, attribuiscono al legislatore statale "un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di un'adeguata uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto". Ed invero, al contrario, non vi e' traccia di alcun elemento attinente alla garanzia dell'uniformita' dei diritti e delle prestazioni, nelle disposizioni qui impugnate. Infatti l'art. 1 della legge n. 120 del 2007 impone la ristrutturazione edilizia per garantire l'esercizio dell'attivita' libero professionale intramuraria; definisce le modalita' di acquisizione di spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari (acquisto, locazione, stipula di convenzioni, da effettuarsi previo parere vincolante da parte del Collegio di direzione o, in sua vece, ove non costituito, da parte di una commissione paritetica di sanitari che esercitano l'attivita' libero-professionale intramuraria); impone la determinazione, in accordo con i professionisti, di tariffe idonee ad assicurare l'integrale copertura dei costi correlati alla gestione dell'attivita' libero-professionali intramurarie. In conclusione, e' palese come l'ambito, all'interno del quale incidono le disposizioni dell'art. 1 della legge qui impugnata, sia quello dell'organizzazione sanitaria: si tratta di un ambito su cui, ben prima della Riforma del Titolo V del 2001, le regioni esercitavano precise funzioni normative ed amministrative e sul quale la predetta Riforma ha operato un sostanziale ampliamento e rinvigorimento, affidandola alla competenza residuale esclusiva delle Regioni. 2. - Illegittimita' per violazione dell'ari. 117, comma 3, 118 Cost. e per violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), buon andamento (art. 97 Cost.) e leale collaborazione (art. 120 Cost.). 2.1. - Qualora codesta ecc. ma Corte dovesse ritenere che l'ambito, nel quale si muove la legge statale oggetto della presente impugnazione, non sia quello dell'organizzazione sanitaria o non dovesse ricondurre quest'ultima nella competenza residuale regionale ex art. 117, comma 4, Cost., le disposizioni qui impugnate sarebbero altrettanto costituzionalmente illegittime. Ed infatti, in questo caso, l'ambito materiale non potrebbe che essere quello della "tutela della salute" su cui la competenza statale deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali. Al contrario, la disciplina prevista dall'art. 1 della legge n. 120 e' estremamente dettagliata e minuziosa non lasciando alcun margine discrezionale all'ente regionale. 2.2. - A seguito della Riforma del 2001, le regioni sono divenute titolari in materia di una competenza legislativa concorrente dai confini piu' ampi rispetto a quella assicurata dal testo antecedente dell'art. 117 Cost, come piu' volte ribadito da codesta ecc. ma Corte, a partire dalla gia' citata pronuncia n. 510 del 2002. Nella sentenza n. 181 del 2006 si legge che "il "nuovo quadro costituzionale" ... e', tra l'altro, caratterizzato dall'inserimento nell'ambito della legislazione concorrente ... anzitutto della materia "tutela della salute", assai piu' ampia rispetto alla precedente materia "assistenza sanitaria ospedaliera" (v. anche Corte cost., n. 270 del 2005, ivi richiamata). "Versandosi in materia...di competenza legislativa ripartita tra Stato e regioni, spetta al primo la fissazione dei principi fondamentali, mentre alle seconde compete dettare la disciplina attuativa di tali principi con l'autonomia e l'autodeterminazione che, nel disegno costituzionale, ad esse sono state riconosciute". Nelle ultimissime pronunce tale principio e' stato piu' volte ribadito: nella sentenza n. 105 del 2007 (ma si veda anche la successiva n. 162 del 2007) la Corte "ha precisato che la materia della sanita', dopo la riforma del Titolo V della Parte II della costituzione, ricomprende sia la tutela della salute, che assume oggi un significato piu' ampio rispetto alla precedente materia dell'assistenza sanitaria e ospedaliera, sia l'organizzazione sanitaria in senso stretto, nella quale le Regioni possono adottare una disciplina anche sostitutiva di quella statale". Anche la giurisprudenza amministrativa e' intervenuta per distinguere nettamente i poteri statali da quelli regionali all'interno della materia "tutela della salute": "in materia di organizzazione degli strumenti di tutela della salute, l'art. 117 commi 2 e 3, cost., dispone una suddivisione dei compiti legislativi (ed amministrativi) tra lo Stato e le regioni nel senso che al primo e' attribuita quella competenza che garantisce il valore della solidarieta' e dell'uguaglianza generali con l'indicazione dei livelli minimi di prestazione sociale, e alle seconde la competenza concorrente sull'organizzazione dei servizi, sulla scorta dei principi fondamentali fissati dalla legislazione statale" (C.d.S., sez. IV, n. 398 del 2004). Sulla stessa lunghezza d'onda e' la sentenza Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. n. 6252 del 2002: "alle Regioni ... invece, e' attribuita la potesta' di provvedere non gia' alla minima uniformita' garantita - che spetta alla legislazione statale esclusiva - bensi', ed in concorso con lo Stato, all'approntamento delle misure occorrenti che attualizzano l'obbligo assunto con i cittadini, all'uopo tenendo conto delle proprie specificita' territoriali e locali". 2.3. - Proprio alla luce di questa consolidata ampiezza della materia concorrente "tutela della salute", non e' da escludere che i diversi punti disciplinati dalla legge n. 120/2007, che si ricorda reca "Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria", e in particolare quelli disciplinati dall'articolo 1 che col presente atto si impugna, possano essere tutti ricondotti sotto questo specifico ed unico ambito competenziale. Cio' tuttavia non salverebbe l'articolo 1 della legge n. 120 del 2007 dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale perche' nessuna delle disposizioni in esso contenute e' configurabile come "principio fondamentale". 2.4. - Come gia' piu' volte ricordato, con la Riforma del Titolo V del 2001, nel settore sanitario spetta allo Stato (ex art. 117, comma 2, lett. m) assicurare una unita' di trattamento e l'essenzialita' delle prestazioni sanitarie su tutto il territorio nazionale (LEA), e l'individuazione dei principi fondamentali all'interno del nuovo e piu' ampio ambito competenziale della "tutela della salute": in riferimento a quest'ultimo tipo di intervento, lo Stato deve quindi predisporre un quadro normativo di base capace di assicurare un indirizzo generale alle diverse Regioni che, nell'ambito del relativo territorio, potranno disciplinare l'organizzazione e la fornitura dei servizi sanitari in autonomia e nel rispetto di tali principi fondamentali statali. Questa fluidita' del rapporto tra Stato e regioni in ambito sanitario emerge anche da quanto affermato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, secondo il quale "nel nuovo sistema di legislazione concorrente spetta, invero, allo Stato solo il potere di determinare i tratti della disciplina che richiedono, per gli interessi indivisibili da realizzare, un assetto unitario (i cosiddetti principi fondamentali). Va riconosciuto, invece, alla legge regionale ... il compito di dare vita a discipline diversificate che si innestino nel tronco dell'assetto unitario espresso a livello di principi fondamentali" (C.d.S., Adun. gen., parere 11 aprile 2002, n. 1/2002). Sulla forza normativa dei principi fondamentali torna ancora utile citare la sentenza n. 181 del 2006 dove codesta ecc.ma Corte, richiamando una sua pronuncia precedente, la n. 390 del 2004, ha affermato che "il rapporto tra norma "di principio" e norma "di dettaglio" deve essere inteso nel senso che l'una "puo' prescrivere criteri (...) ed obiettivi"", all'altra invece spettando l'individuazione degli "strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi". Ed e' esattamente cio' che si e' verificato nel caso di specie dove la norma statale ha fissato l'obiettivo della designazione del direttore della struttura sanitaria attraverso una valutazione comparativa di una rosa di candidati selezionati da apposita commissione, e la norma regionale ha determinato, invece, "solo le modalita' di formazione di tale rosa". Puo' essere ancora utile, sulla portata dei "principi fondamentali" quanto affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 279 del 2005: qui si trattava di distinguere la competenza statale (esclusiva ex art. 117, comma 2, lett. n) in materia di "norme generali sull'istruzione" da quella (concorrente ex art. 117, comma 3) e limitata alla determinazione dei principi fondamentali. Ebbene la Corte ha affermato che "le norme generali cosi' intese si differenziano, nell'ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operativita', ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, piu' o meno numerose". 2.5. - Alla luce delle caratteristiche che, secondo la giurisprudenza costituzionale, i principi fondamentali devono possedere, e considerato che essi rappresentano l'unica via di legittimazione dell'intervento statale nelle materie di potesta' concorrente, e' del tutto evidente che le previsioni contenute nell'art. 1, e qui impugnate, siano ben lontane dal configurarsi come tali, e quindi sono costituzionalmente illegittime. Ed infatti, l'art. 1, comma 1 della legge n. 120 del 2007 impone di completate le opere di ristrutturazione edilizia per garantire l'esercizio dell'attivita' libero-professionale, sotto pena di risoluzione degli accordi di programma e, il seguente comma 2, impone a tal fine il termine perentorio del 31 gennaio 2009). La normativa qui impugnata impone altresi' (al comma 3, art. 1) che anche il collaudo degli interventi di ristrutturazione edilizia sia conseguito dalle Regioni entro il termine del 31 gennaio 2009, a pena di risoluzione degli accordi di programma per il finanziamento statale alle Regioni. E' quindi previsto, ove ne sia dimostrata la necessita' e nell'ambito delle risorse disponibili, la possibilita' di acquisizione di spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l'esercizio di attivita' sia istituzionali sia in regime di libera professione intramuraria, i quali corrispondano ai criteri di' congruita' e idoneita' per l'esercizio delle attivita' medesime: di tale acquisizione ne vengono precisate le modalita' possibili (acquisto, locazione, stipula di convenzioni) Inoltre, la legge prescrive che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire che le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli IRCCS di diritto pubblico gestiscano, con integrale responsabilita' propria, l'attivita' libero-professionale intramuraria, al fine di assicurarne il corretto esercizio, nel rispetto di modalita', secondo un analitico elenco di modalita', relative al personale aziendale da impiegare, alla garanzia della riscossione degli onorari relativi alle prestazioni erogate, al tariffario dei professionisti, al monitoraggio aziendale dei tempi di attesa delle prestazioni erogate nell'ambito dell'attivita' istituzionale, alla prevenzione delle situazioni che determinano un conflitto di interessi e alla fissazione delle sanzioni disciplinari e dei rimedi da applicare in caso di inosservanza delle relative disposizioni, anche con riferimento all'accertamento delle responsabilita' dei direttori generali per omessa vigilanza, o ancora, ai tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attivita' istituzionale e in regime di libera professione intramuraria. L'art. 1, comma 5, impone ai soggetti erogatori del Servizio sanitario nazionale la messa a punto di un piano aziendale (a cui dovra' essere data adeguata pubblicita' secondo modalita' previste dalla stessa norma impugnata), in ordine, ai volumi di attivita' istituzionale e di attivita' libero-professionale intramuraria, con riferimento alle singole unita' operative. I piani, secondo quanto previsto dal comma 6, devono essere presentati alla regione o provincia autonoma competente entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge qui impugnata ed entro un limite massimo di tre anni dall'approvazione del piano precedente. Alla regione o provincia autonoma competente che approvi il piano, e' concesso di poter richiedere variazioni o chiarimenti, entro sessanta giorni dalla presentazione. In tale ultima ipotesi essi sono presentati entro sessanta giorni dalla richiesta medesima ed esaminati dalla regione o provincia autonoma entro i successivi sessanta giorni. Subito dopo l'approvazione, la regione o provincia autonoma trasmette il piano al Ministero della salute. Decorsi sessanta giorni dalla trasmissione, in assenza di osservazioni da parte del Ministero della salute, i piani si intendono operativi. E' inoltre previsto (al comma 7) che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possano esercitare poteri sostitutivi al fine di assicurare il rispetto delle previsioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5 e 6 (precedentemente richiamate), nell'ipotesi di grave inadempienza, dei direttori generali delle aziende, policlinici ed istituti di cui al comma 5. Qualora la nomina dei direttori generali suddetti competa ad organi statali, questi ultimi provvedono alla destituzione su richiesta della regione o della provincia autonoma. In caso di mancato adempimento degli obblighi a carico delle regioni e delle province autonome di cui al presente comma, il comma 7 dispone la preclusione all'accesso ai finanziamenti a carico dello Stato integrativi rispetto ai livelli di disavanzo previsti, di cui all'accordo sancito l'8 agosto 2001 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Io Stato. La legge prevede quindi che il Governo eserciti i poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte delle regioni o delle province autonome, anche con riferimento alla destituzione dei dirigenti delle strutture sanitarie. Viene poi fatto obbligo (nel comma 8) alle regioni e province autonome a trasmettere al Ministro della salute una relazione sullo stato di attuazione delle attivita' imposte dalla stessa legge n. 120, con cadenza trimestrale fino al conseguimento effettivo, da parte della stessa del definitivo passaggio al regime ordinario di cui al comma 2 e successivamente con cadenza annuale. Il comma 9 indica addirittura gli spazi in cui l'attivita' libero-professionale intramuraria possa svolgersi prevedendo la possibilita', esclusivamente per l'attivita' clinica e diagnostica ambulatoriale, di utilizzare gli spazi e le attrezzature dedicati all'attivita' istituzionale anche per l'attivita' libero-professionale intramuraria, dovendosi pero' garantire la separazione delle attivita' in termini di orari, prenotazioni e modalita' di riscossione dei pagamenti. Inoltre, il comma 10 dispone che le convenzioni relative all'acquisizione di strutture idonee allo svolgimento dell'attivita' libero-professionale intramuraria, sono autorizzate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di' Bolzano per il periodo necessario al completamento degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria e comunque non oltre il termine del 31 gennaio 2009. Il comma 11 dispone sull'attivita' del Collegio di direzione (previsto dall'articolo 17 del d.lgs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni), o, qualora esso non sia costituito, della commissione paritetica di sanitari prevista dal comma 4 dell'art. 1 della legge 120 qui impugnata, assegnando il compito di dirimere le vertenze dei dirigenti sanitari in ordine all'attivita' libero-professionale intramuraria. Il comma 12 prescrive che le Regioni e le Province autonome di' Trento e di Bolzano dovranno definire una specifica regolamentazione per l'effettuazione delle prestazioni veterinarie in regime libero-professionale in ambito intramurario da parte dei dirigenti veterinari del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della particolare tipologia e modalita' delle stesse. E' prevista (dal comma 13) l'attivazione di un Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di' adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge e quindi entro il 7 novembre 2007. Infine il comma 14 dispone che in ogni caso l'applicazione della disciplina recata non dovra' far nascere nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si tratta di una normativa che non lascia autonomia e discrezionalita' alle regioni in ambiti di competenza propri e che, per l'analiticita' e il livello di dettaglio che essa reca, non puo' essere in alcun modo riconducibile a principi fondamentali. In conclusione, non possono sussistere dubbi sulla riconducibilita' della materia su cui incide l'art. 1 della legge n. 120 del 2007 ad ambiti propri delle regioni. Si puo' discutere, invece, se tale ambito ricada nella competenza regionale esclusiva ovvero in quella concorrente. In entrambi i casi l'art. 1 qui impugnato e' costituzionalmente illegittimo: nel primo, infatti, esso certamente non si configura come livello essenziale di assistenza (LEA); nel secondo, altrettanto certamente, non costituisce principio fondamentale.
P. Q. M. Chiede che codesta ecc.ma Corte voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 120 del 3 agosto 2007 recante "Disposizioni in materia di attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in materia sanitaria" per violazione degli articoli 117, 118, 119 e 120 Cost. e per violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di buon andamento (art. 97 Cost.) e di leale collaborazione (art. 120 Cost.). Roma-Milano, addi' 5 ottobre 2007 Avv. Pio Dario Vivone - Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto