N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 maggio 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 2 maggio 2003 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 28 del 16-7-2003)

IL TRIBUNALE

Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 941 del 17
aprile 2003, rappresentata e difesa - come da procura del 17 aprile
2003, n. rep. 25843 (doc. 2), autenticata dal dott. Tommaso
Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia - dagli avvocati prof.
Giandomenico Falcon e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in
Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 14
febbraio 2003, n. 30, «Delega al Governo in materia di occupazione e
mercato del lavoro», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26
febbraio 2003, con riferimento alle seguenti disposizioni:
art. 1, comma 2, lett. c) e lett. d);
art. 2, comma 1, lett. b), c), d), e), f), g), h), i);
art. 8, comma 2, lett. f) e lett. g);
Per violazione:
dell'articolo 8, n. 29, dell'articolo 9, nn. 2), 4 e 5) dello
Statuto di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670;
delle norme di attuazione dello Statuto, e in particolare:
dell'art. 2, del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 471; dell'art. 3 del d.P.R.
26 gennaio 1980, n. 197; dell'art. 9-bis del d.P.R. 22 marzo 1974,
n. 280;
delle norme di attuazione di cui all'art. 2 del d.lgs. 16
marzo 1992, n. 266;
degli artt. 117 e 118 Cost. e delle altre disposizioni
costituzionali specificamente indicate nello svolgimento in diritto,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.

F a t t o

La Provincia autonoma di Trento ha potesta' legislativa esclusiva
e potesta' amministrativa in materia di addestramento e formazione
professionale ai sensi dell'articolo 8, n. 29, e dell'art. 16 dello
Statuto ed ha potesta' legislativa concorrente e potesta'
amministrativa in materia di istruzione elementare e secondaria e in
materia di apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche
dei lavoratori, nonche' di costituzione e funzionamento di
commissioni comunali e provinciali di controllo sul collocamento ai
sensi dell'articolo 9, rispettivamente nn. 2), 4) e 5), e
dell'art. 16 dello Statuto.
Le disposizioni statutarie sono state attuate mediante apposite
norme di attuazione dello Statuto. In particolare, l'art. 2, del
d.P.R. 28 marzo 1975, n. 471, ha trasferito alla provincia, fra
l'altro, le funzioni legislative ed amministrative relative al
rapporto giuridico di apprendistato (comma 1, lett. a).
Con il d.P.R. n. 197 del 1980 o' stato delegato alle province
l'esercizio delle funzioni amministrative locali relative alla
vigilanza e tutela del lavoro che gia' non spettassero alle province
(art. 3, comma 1, in combinazione con l'art. 3, comma 1, n. 12 del
d.P.R. n. 474 del 1975), nonche' l'esercizio delle funzioni in
materia di vigilanza per l'applicazione delle norme relative alla
previdenza e alle assicurazioni sociali (art. 3, comma 1, in
collegamento con l'art. 3, comma 1, n. 11 del d.P.R. n. 474 del
1975). Cio', espressamente, «al fine di realizzare un organico
sistema di ispezione del lavoro nelle province di Trento e di
Bolzano». Conseguentemente, gia' l'art. 4 del d.P.R. n. 197 del 1980
aveva soppresso l'Ispettorato regionale del lavoro, e trasferito alle
Province di Trento e di Bolzano gli Ispettorati provinciali del
lavoro.
La competenza provinciale in materia di collocamento ha trovato
sviluppo prima con le norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 280 del
1974, poi con quelle del decreto legislativo 21 settembre 1995,
n. 430, il quale introducendo l'art. 9-bis nel predetto decreto ha
delegato alle Province autonome di Trento e Bolzano «l'esercizio
delle funzioni amministrative attribuite all'ufficio regionale e agli
uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione di Trento e
Bolzano, nonche' alle sezioni circoscrizionali per l'impiego
ricadenti nei rispettivi territori»: e cio', analogamente a quanto
disposto per le funzioni ispettive, «al fine di realizzare nelle
province di Trento e Bolzano un organico sistema di servizi per
l'impiego».
Come si vede, la Provincia di Trento ha da tempo una competenza
non solo teorica ma attivamente esercitata sia in materia di
formazione professionale e apprendistato, sia in materia di funzioni
ispettive per il lavoro, sia in materia di servizi per l'impiego.
Fino al 2001 tali competenze erano in parte proprie, in parte
delegate, con delega che aveva comunque nettissimo e riconosciuto
carattere di completamento organico.
Tutte le competenze concorrenti e quelle stesse storicamente
«delegate», comunque, risultano oggi inquadrate nella piu' ampia
competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro
prevista dall'art. 117, comma terzo, della Costituzione, applicabile
in parte qua alla Provincia di Trento ai sensi dell'art. 10 della
legge cost. n. 3 del 2001.
Nella materia interviene ora la legge 14 febbraio 2003, n. 30,
recante «Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro». Pur disciplinando anche aspetti di riconosciuta competenza
statale, in quanto attinenti alla disciplina dei rapporti di lavoro
(v. ad esempio la delega di cui agli artt. 3 e 4), essa attiene in
larga misura alla materia tutela e sicurezza del lavoro, ed in parte
anche alla istruzione e alla formazione professionale: materie
affidate alla competenza legislativa ed amministrativa provinciale,
nei termini sopra esposti.
La presente impugnazione si riferisce, in particolare, alle
disposizioni fanno temere che alla Provincia di Trento siano
sottratti ambiti di competenza che essa attualmente gia' esercita,
come pure sopra esposto.
Si noti che, al contrario di altre leggi, la legge n. 30 del 2003
non contiene una specifica clausola generale di salvaguardia delle
competenze delle Province autonome di Trento e di Bolzano o delle
autonomie speciali.
Infatti, vi e' la clausola dell'art. 1, comma 2, lett. b), n. 1,
che prevede quale principio o criterio direttivo il «rispetto delle
competenze previste dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
con particolare riferimento alle competenze riconosciute alle regioni
a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano»:
ma tale clausola da un lato riguarda soltanto lo specifico settore
della «modernizzazione e razionalizzazione del collocamento
pubblico», dall'altro e' anche poco comprensibile, in quanto
concepita con «particolare riferimento» alle competenze riconosciute
alle autonomie speciali «dalla legge costituzionale 18 ottobre 2002,
n. 3»: la quale, come ben noto, non le riguarda affatto in modo
particolare.
Lo stesso articolo, poi, prevede il «mantenimento da parte dello
Stato delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime» (comma 2, lett. c) e il
«mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative
relative alla vigilanza in materia di lavoro, alla gestione dei
flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti all'unione europea,
all'autorizzazione per attivita' lavorative all'estero» (comma 2,
lett. d). E la delega di cui all'art. 8, in materia di
razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale e di lavoro completamente ignora anch'essa le competenze
legislative e amministrative della Provincia e delle Regioni in
genere, prevedendo sia una disciplina compiutamente statale sia una
gestione amministrativa della vigilanza demandata agli organi
statali.
Come detto, tali funzioni sono attualmente gia' esercitate dalla
Provincia, essendole state conferite a titolo di delega organica
dalle norme di attuazione; e rientrano inoltre nella materia della
tutela del lavoro di cui all'art. 117, comma terzo, della
Costituzione.
L'art. 2 della legge n. 30 del 2003, qui impugnata, riguardante
delega in materia di riordino dei contratti a contenuto formativo e
di tirocinio, contiene una generica clausola di «rispetto delle
competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del
lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
Tuttavia, risulta qui ignorata la specifica competenza
costituzionale delle Province di Trento e di Bolzano in materia di
rapporto giuridico di apprendistato stabilita, in attuazione dello
Statuto, dall'art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. 28 marzo 1975,
n. 471.
Le disposizioni sopra indicate sono dunque poste in violazione
dell'autonomia legislativa ed amministrativa della Provincia di
Trento, e sono percio' costituzionalmente illegittime per i seguenti
motivi di

D i r i t t o

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
lett. c), in quanto prevede il «mantenimento da parte dello Stato
delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime».
Lart. 1, comma 2, lett c) prevede il «mantenimento da parte dello
Stato delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime» (oltre che «alla
risoluzione delle controversie collettive di rilevanza
pluriregionale»).
Come detto in narrativa, si tratta di funzioni che la Provincia
di Trento gia' svolge, storicamente in virtu' della delega disposta
dall'art. 1 del d.lgs. 21 settembre 1995, n. 430, delle funzioni
amministrative dell'Ufficio regionale e degli Uffici provinciali del
lavoro e della massima occupazione, e del contestuale trasferimento
alle Province autonome degli uffici provinciali (soppresso quello
regionale).
Inoltre, le relative funzioni fanno ora indiscutibilmente parte,
ad avviso della ricorrente Provincia, della tutela del lavoro di cui
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Si tratta infatti,
come conferma la stessa dizione della disposizione qui impugnata, di
funzioni amministrative, rivolte primariamente allo scopo di tutelare
il lavoratore, evitandogli ove possibile il ricorso alla
giurisdizione.
Per tale ragione risulta ad avviso della Provincia evidente che
la riserva statale della disciplina e dell'esercizio di funzioni
amministrative tipicamente legate al territorio, come quelle qui in
questione, non potrebbe giustificarsi attraverso l'attribuzione che
la Costituzione fa al solo Stato della materia «giurisdizione e norme
processuali» (art. 117, secondo comma, lett. l).
Non si nega che vi siano nessi e raccordi tra la conciliazione in
via amministrativa e la successiva eventuale fase giurisdizionale:
come ad esempio quando la legge sancisce la obbligatorieta' di una
previa fase di conciliazione amministrativa, o quando si regoli il
rapporto tra questa e la decorrenza dei termini processuali. A. ben
vedere, si tratta in entrambi i casi di norme destinate ad essere
applicate nel successivo eventuale processo, e dunque di norma
processuali riservate allo Stato.
Questa interferenza certamente legittima lo Stato a dettare,
quali principi fondamentali di materia, i lineamenti di base della
conciliazione quale fase necessariamente previa al successivo
eventuale ricorso giurisdizionale. Ma all'interno di quel quadro la
disciplina propria della conciliazione amministrativa considerata in
se stessa, e la sua concreta gestione, non partecipano affatto del
carattere giurisdizionale, e dunque fanno a pieno titolo parte della
materia regionale tutela del lavoro: con conseguente illegittimita'
della disposizione sia in quanto prevede una disciplina esaustiva
della materia anziche' la sola posizione dei principi fondamentali,
sia in quanto prevede una gestione statale di fenomeni essenzialmente
locali, in violazione, complessivamente, dell'art. 117, commi secondo
e terzo, e dell'art. 118, ed in particolare ancora del principio di
sussidiarieta'.
In ogni caso, quanto alla specifica condizione della Provincia di
Trento, risulta violata la citata norma di attuazione disposta
dall'art. 3, comma primo, del d.P.R. n. 197 del 1980.
2. - Illegittimita' costituzionale del comma 2, lett. 4), in
quanto prevede il «mantenimento da parte dello Stato delle funzioni
amministrative relative alla vigilanza in materia di lavoro, alla
gestione dei flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti
all'Unione europea all'autorizzazione per attivita' lavorative
all'estero». Illegittimita' pro parte dell'art. 8.
L'art. 1, comma 2, lett. d) prevede il «mantenimento da parte
dello Stato delle funzioni amministrative relative alla vigilauza in
materia di lavoro, alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori
non appartenenti all'Unione europea, all'autorizzazione per attivita'
lavorative all'estero».
Anche in questo caso si tratta di funzioni gia' oggi esercitate,
in virtu' della disposizione di attuazione da ultimo citata, dalla
Provincia di Trento, nella quale, addirittura, sono stati soppressi
gli uffici statali gia' operanti in materia.
Risulta dunque evidente che il recupero allo Stato di tali
funzioni violerebbe le regole poste a tutela della speciale autonomia
della Provincia di Trento, e poste, come espressamente stabilisce la
citata norma di attuazione, «al fine di realizzare un organico
sistema di ispezione del lavoro nelle province di Trento e di
Bolzano».
Inoltre, le funzioni di vigilanza fanno palesemente parte della
materia costituzionalmente regionale «tutela del lavoro», dato che le
funzioni di vigilanza e la relativa disciplina e gestione sono state
sempre e pacificamente considerate parte integrante di ciascuna
materia regionale anche sotto il vigore del precedente Titolo V: nel
quale era indiscusso il carattere strrumentale della disciplina e
dell'attivita' sanzionatoria rispetta alla materia di base, ed
ovviamente quello della vigilanza rispetto alla stessa attivita'
sanzionatoria. L'illegittimita' della riserva allo Stato delle
funzioni di vigilanza e' dunque chiara e palese.
Si noti che per quanto attiene alla vigilanza in generale non si
registra neppure alcuna interferenza con competenze legislative
statali che sia in qualche modo correlata a quelle regionali e
provinciali. Solo per la gestione dei flussi di entrata dei
lavoratori non appartenenti all'Unione europea e per l'autorizzazione
per attivita' lavorative all'estero» si registra una connessione
significativa con le materie statali rispettivamente della
immigrazione (art. 117, comma secondo, lett. b) e della politica
estera (lett. a).
Tale connessione, tuttavia, non puo' comportare l'attrazione
dell'intera normativa nell'orbita statale. Da un lato, i flussi di
entrata non sono indipendenti dalla concreta domanda di lavoro
esistente nello specifico territorio, e dunque da un elemento che
rientra nella competenza regionale; dall'altro, una volta che il
lavoratore e' stato ammesso ad entrare nel territorio nazionale la
sua destinazione lavorativa rientra - in quanto vi sia necessita' di
intervento - nelle competenze del sistema generale
dell'amministrazione del lavoro.
Quanto poi alla autorizzazione del lavoro all'estero e' chiara la
competenza regionale ad ogni valutazione che non si esaurisca in un
giudizio interdittivo per ragioni di politica estera.
In definitiva, si tratta di attivita' che o (come la vigilanza in
generale) si esauriscono o che comunque rientrano nella tutela del
lavoro, da disciplinare secondo principi fondamentali comuni e da
svolgere in loco secondo il principio di sussidiarieta' e la concreta
disciplina regionale.
La contestazione qui svolta deve poi estendersi all'art. 8, comma
1, ove esso delega il Governo al «riassetto della disciplina vigente
sulle ispezioni in materia di previdenza sociale e di lavoro», e in
particolare ai principi e criteri direttivi posti dalle lettere f) e
g). Secondo la prima il Governo, nell'esercizio della delega, dovra'
provvedere alla «riorganizzazione dell'attivita' ispettiva del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di
previdenza sociale e di lavoro con l'istituzione di una direzione
generale con compiti di direzione e coordinamento delle Strutture
periferiche del Ministero ai fini dell'esercizio unitario della
predetta funzione ispettiva»; la lett. g), per parte sua, prevede la
«razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di
vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con
attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle
direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle
direttive adottate dalla direzione generale di cui alla lettera f)».
Si tratta di disposizioni chiaramente incompatibili con
l'esercizio delle funzioni - gia' in atto - da parte della ricorrente
Provincia: sia in quanto funzioni delegate ai fini del conseguimento
di una organica funzione ispettiva (funzioni delegate che
comprendono, si noti bene, anche la vigilanza in materia
previdenziale), sia in quanto si tratta (qui con l'eccezione delle
funzioni in materia previdenziale) di attivita' inerenti alla tutela
del lavoro.
In ogni caso, poi, l'eventuale interferenza con le funzioni
ispettive in materia di previdenza sociale non puo' essere,
evidentemente, ragione di attrazione alla competenza statale anche
delle funzioni ispettive in materia di lavoro, di chiara competenza
regionale e provinciale ai sensi della Costituzione. Tocca invece ai
legislatore statale di stabilire se mantenere la distinzione
costituzionale tra i due sistemi o unificarli, tuttavia nel rispetto
delle competenze regionali: e per quanto riguarda la Provincia di
Trento rispettando la delega disposta dalle norme di attuazione, che
non potrebbe essere contraddetta dalla legge ordinaria.
3. -Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. b),
c), d), e), f), g), h), i) in quanto delegano il Governo ad una
disciplina di dettaglio senza prevedere una clausola di salvaguardia
delle funzioni delle Province autonome.
L'art. 2 delega il Governo al «riordino dei contratti a contenuto
formativo e di tirocinio». Va qui ricordato che la Provincia di
Trento e quella di Bolzano godono in questo campo di una competenza
particolare, che va oltre quella riconosciuta anche oggi alle Regioni
a statuto ordinario. La competenza provinciale, infatti, non solo
comprende la potesta' primaria in materia di addestramento e
formazione professionale (art. 8, n. 29, Statuto), ma si estende al
rapporto giuridico di apprendistato in base all'art. 9, n. 4 Statuto
e all'art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 471.
Essa inoltre si riferisce alla istruzione elementare e secondaria
(incluse la media classica, magistrale, tecnica, professionale e
artistica) in virtu' dell'art. 9, n. 2 dello Statuto.
In tale quadro, vengono qui in considerazione i seguenti principi
e criteri direttivi posti dall'art. 2, comma 1 della legge n. 30 del
2003:
la lett. b) prevede che con decreto legislativo sia data
disciplina agli «speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi,
cosi da valorizzare l'attivita' formativa svolta in azienda,
confermando l'apprendistato come strumento formativo anche nella
prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da
garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della
formazione nonche' il passaggio da un sistema all'altro e,
riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle strutture
pubbliche designate competenze autorizzatorie in materia,
specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di
realizzare l'inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in
azienda».
la lett. c) prevede la «individuazione di misure idonee a
favorire forme di apprendistato e di tirocinio di impresa al fine del
subentro nella attivita' di impresa»;
la lett. d) prevede la «revisione delle misure di inserimento
al lavoro, non costituenti rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza
diretta del mondo del lavoro con valorizzazione dello strumento
convenzionale fra le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema
formativo e le imprese, secondo modalita' coerenti con quanto
previsto dagli articoli 17 e 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196,
prevedendo una durata variabile fra uno e dodici mesi ovvero fino a
ventiquattro mesi per i soggetti disabili, in relazione al livello di
istruzione, alle caratteristiche della attivita' lavorativa e al
territorio di appartenenza nonche', con riferimento ai soggetti
disabili, anche in base alla natura della menomazione e all'incidenza
della stessa sull'allungamento dei tempi di apprendimento in
relazione alle specifiche mansioni in cui vengono inseriti, e
prevedendo altresi' la eventuale corresponsione di un sussidio in un
quadro di razionalizzazione delle misure di inserimento non
costituenti rapporti di lavoro;
la lett. e) prevede l'«orientamento degli strumenti definiti
ai sensi dei principi e dei criteri direttivi di cui alle lettere b),
c) e d), nel senso di valorizzare l'inserimento o il reinserimento al
lavoro delle donne, particolarmente di quelle uscite dal mercato del
lavoro per l'adempiamento di compiti familiari e che desiderino
rientrarvi, al fine di superare il differenziale occupazionale tra
uomini e donne»;
la lett. f) prevede «semplificazione e snellimento delle
procedure di riconoscimento e di attribuzione degli incentivi
connessi ai contratti a contenuto formativo, tenendo conto del tasso
di occupazione femminile e prevedendo anche criteri di automaticita';
la lett. g) prevede il «rafforzamento dei meccanismi e degli
strumenti di monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti,
anche in relazione all'impatto sui livelli di occupazione femminile e
sul tasso di occupazione in generale, per effetto della ridefinizione
degli interventi di cui al presente articolo da parte delle
amministrazioni competenti e tenuto conto dei criteri che saranno
determinati dai provvedimenti attuativi, in materia di mercato del
lavoro, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
la lett. h) prevede la «sperimentazione di orientamenti,
linee-guida e codici di comportamento, al fine di determinare i
contenuti dell'attivita' formativa, concordati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative
sul piano nazionale e territoriale, anche all'interno di enti
bilaterali, ovvero, in diffetto di accordo, determinati con atti
delle regioni, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali».
la lett. i) prevede il «rinvio ai contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative, a livello nazionale,
territoriale e aziendale, per la determinazione, anche all'interno
degli enti bilaterali, delle modalita' di attuazione dell'attivita'
formativa in azienda».
Tali principi e criteri direttivi risultano costituzionalmente
illegittimi, in primo luogo, per la ragione comune che manca in essi
una disposizione di salvaguardia che faccia salve le particolari
competenze provinciali, che almeno corrisponda a quanto disposto
dall'art. 19, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, secondo
cui «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
di Bolzano esercitano nelle materie di cui agli articoli 16, 17 e 18
le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e
delle relative norme di attuazione».
In secondo luogo essi, nel loro concatenarsi, delegano il Governo
ad una disciplina che forma un sistema completo, dettagliato ed
esaustivo. In altre parole, i principi contenuti nella legge di
delega costituiscono essi stessi gli indirizzi che dovrebbero essere
seguiti dalla Provincia nell'esercizio della potesta' legislativa
concorrente in relazione al rapporto di lavoro finalizzato
all'apprendimento.
Le presenti censure riferite al complesso dell'art. 2 sono
formulate a titolo cautelativo, e verrebbero meno ove fosse da
ritenere che, nonostante l'assenza di una espressa clausola di
salvaguardia delle prerogative provinciali, le norme delegate sono
comunque destinate ad essere recepite dalla Provincia nei limiti e
secondo le regole previsti dallo Statuto e dalle norme di attuazione.
Alcune specifiche censure devono essere rivolte a singoli
principi e criteri direttivi.
Quanto alla lett. b), in ogni caso, il raccordo tra i sistemi
della istruzione e della formazione e il passaggio da un sistema
all'altro attengono alla competenza provinciale in materia (oltre che
di apprendistato) di istruzione e di formazione professionale.
Per quanto poi riguarda le competenze autorizzatorie da
riconoscere agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate
in materia, sembra evidente che esse rientrano in piena nella
competenza provinciale in materia di formazione professionale, la
quale ha carattere di competenza primaria provinciale ed ora, dopo la
riforma costituzionale, di competenza regionale comune di tipo
residuale esclusivo.
L'indicazione della legge statale potrebbe costituire tutt'al
piu' un indirizzo rivolto al legislatore regionale, ma risulta del
tutto illegittimo come principio giuridico vincolante, che dovrebbe
poi essere ulteriormente sviluppato dal legislatore delegato. Spetta
invece alle Regioni decidere, in conformita' ai principi
costituzionali (ivi compreso il principio di sussidiarieta'
orizzontale di cui all'art. 118, ultimo comma) la concreta
allocazione delle competenze autorizzatorie.
Quanto alla lett. h), essa presenta, ad avviso della ricorrente
Provincia, un doppio profilo di illegittimita', Da un lato essa
limita, azzeranclola, la competenza legislativa provinciale alla
disciplina della attivita' formativa concordata fra datori e
prestatori di lavoro: mentre una disciplina regionale e'
evidentemente non solo possibile ma addirittura necessaria proprio in
vista del «raccordo» con il sistema pubblico della formazione di cui
si e' detto sopra.
In secondo luogo, esso stabilisce una competenza del Ministro del
lavoro a condizionare in modo vincolante il contenuto degli atti
provinciali da assumere in caso di mancato accordo tra prestatori e
datori di lavoro, al di fiori di qualunque competenza costituzionale
dello Stato, e comunque al di fuori dei principi e regole che
riguardano eventuali poteri amministrativi statali interferenti con
materie regionali e provinciali.
La lettera i), prevedendo che le «modalita' di attuazione
dell'attivita' formativa in azienda» siano determinate «anche
all'interno degli enti bilaterali», attraverso «rinvio ai contratti
collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu' rappresentative, a livello nazionale,
territoriale e aziendale vincola la legislazione provinciale»,
preclude l'esercizio della potesta' legislativa provinciale in
materia di addestramento e formazione professionale.

P. Q. M.
Chiede voglia codesta, ecc.ma Corte costituzionale accogliere il
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni indicate in epigrafe, nelle parti e per i profili
indicati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 23 aprile 2003
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

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