Ricorso n. 45 del 12 agosto 2008 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 agosto 2008 , n. 45
Depositato in cancelleria il 12 agosto 2008 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 40 del 24-9-2008)
Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12; Contro la regione puglia, in persona del Presidente in carica, per l'impugnazione della legge regionale della Puglia n. 19 del 2 luglio 2008, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 107 del 7 luglio 2008, recante «Disposizioni regionali urgenti», in relazione ai suoi articoli 8, 14 e 17. La legge regionale della Puglia 7 luglio 2008, n. 19, recante «Disposizioni regionali urgenti», contiene diposizioni di vario contenuto e si compone di venti articoli, divisi in due titoli: Titolo I, recante disposizioni in materia di agricoltura e industria (articoli da 1 a 6) e Titolo II, recante disposizioni in materia di politica della salute (articoli da 7 a 20). L'art. 8 della legge regionale, rubricato «Immodificabilita' quote di spettanza del prezzo dei farmaci», dispone: «1. Al di fuori degli accordi tra servizio sanitario regionale e sistema produttivo e distributivo dei farmaci non e' consentito modificare, ancorche' mediante intesa tra le parti, le quote di spettanza, previste per legge, alle componenti aziende, grossisti e farmacisti per l'erogazione dei farmaci di fascia "a", trattandosi di potere non rientrante nella disponibilita' delle parti, rientrante nei divieti e sanzioni disposti dagli articoli 170, come modificato dall'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 541, e 172 del regio decreto 2 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), ed esercitabile solo in funzione di un beneficio del sistema pubblico e non di una distribuzione interna tra produttori, grossisti e farmacisti». L'art. 14 della legge regionale, intitolato «Revisione pianta organica delle farmacie», stabilisce: «1. Nella Regione Puglia per i comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti il numero delle autorizzazioni per le istituzioni di farmacie col criterio demografico e' ricalcolato in modo che ci sia una farmacia ogni 3.500 abitanti. 2. La popolazione eccedente rispetto al parametro di cui al comma 1 e' computata ai fini dell'apertura di una farmacia qualora sia pari almeno al 50 per cento del parametro stesso. 3. La prima revisione della pianta organica secondo i nuovi criteri deve essere effettuata dalle ASL, acquisito il parere dei comuni e degli ordini dei farmacisti competenti per territorio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso inutilmente tale termine, l'Assessore alle politiche delle salute provvede, nei trenta giorni successivi, a nominare un commissario ad acta, per ogni azienda USL inadempiente, incaricato di effettuare la revisione della pianta organica, avvalendosi degli uffici della stessa e degli uffici preposti dei comuni interessati, e di sottoporla per l'approvazione definitiva alla Giunta regionale». L'art. 17 della legge regionale («Proroga funzioni direttori generali, amministrativi e sanitari»), infine, prevede: «1. I direttori amministrativi e direttori sanitari delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e i direttori amministrativi e direttori sanitari degli IRCCS che abbiano raggiunto il limite di eta' previsto rispettivamente dall'art. 3, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni e dall'art. 11, comma 3, del decreto legislativo 16 ottobre 2003 n. 288 (Riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'art. 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), nel corso del loro mandato, restano in carica fino alla naturale scadenza che consenta il completamento dello stesso». Si tratta di norme illegittime per i seguenti M o t i v i 1) In relazione all'art. 117, secondo comma, lettere l) ed e) della Costituzione, violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nelle materie dell' «ordinamento civile e penale» e della «tutela della concorrenza». L'art. 8 della legge regionale impone alle aziende produttive, ai grossisti e ai farmacisti l'obbligo di non modificare la quota di rispettiva spettanza sul prezzo dei farmaci di fascia a) (vale a dire i farmaci essenziali o per malattie croniche). Viene, a tal fine, enunciato che la violazione dell'obbligo comporta l'applicazione degli articoli 170 e 172 del r.d. n. 1265 del 1934, che stabiliscono sanzioni penali e amministrative per il «farmacista che riceve per se' o per altri denaro o altra utilita' ovvero ne accetti la promessa allo scopo di agevolare in qualsiasi modo la diffusione di specialita' medicinali a danno di altri prodotti o specialita». La previsione esorbita manifestamente dalla competenza legislativa concorrente attribuita alla regione, in materia di «tutela della salute», dall'art. 117, terzo comma, Cost. e dalla competenza legislativa residuale da essa riconosciuta in materia di «commercio» dall'art. 117, quarto comma, Cost., finendo per incidere nelle materie riguardanti l'«ordinamento civile e penale» e la «tutela della concorrenza», riservate alla competenza legislativa statale dall'art. 117, lettera l) ed e), Cost. L'art. 1, comma 40, della legge n. 662 del 1996 (recante «misure di razionalizzazione della finanza pubblica»), che prevede in favore dei produttori, grossisti e farmacisti le quote di spettanza sul prezzo di vendita dei farmaci di fascia a), non contiene, infatti, alcun divieto di modificare tali quote. Inoltre, dalla disciplina della commercializzazione dei farmaci di fascia a) [vale a dire dei medicinali di cui alla lettera a) dell'art. 8, comma 10, della legge n. 537 del 1993] emerge che l'immodificabilita' delle quote di spettanza sul prezzo dei farmaci non soddisfa l'interesse della tutela della salute pubblica ed anzi che la modificabilita' non contrasta con i divieti degli articoli 170 e 172 del regio decreto n. 1265 del 1934. La fornitura dei farmaci di fascia a), cioe' dei «farmaci essenziali e per malattie croniche» che sono a carico del Servizio sanitario nazionale, avviene esclusivamente su presentazione da parte dell'assistito di ricetta del medico curante (cfr. art. 28, legge n. 833 del 1978, art. 3 d.P.R. n. 371 del 1978, articoli 87 e 88 del d.lgs. n. 219 del 2006). Il farmacista non ha il potere di discostarsi dalle prescrizioni della ricetta medica e non puo' quindi trovarsi in situazione di conflitto di interessi qualora dalla vendita di alcuni medicinali riceva una maggiore quota in conseguenza della riduzione di quella del produttore o dei grossista. L'immodificabilita' della quota di spettanza sul prezzo dei farmaci di fascia a), non prevista dalla legge ordinaria, non soddisfa dunque ragioni di tutela della salute e, pertanto, non puo' ritenersi rientrare nell'ambito della legislazione concorrente della regione. L'art. 8 incide invece sull'autonomia contrattuale dei privati e quindi nelle materie riguardanti «l'ordinamento civile» e la «tutela della concorrenza» riservate alla competenza legislativa statale dell'art. 117 lettera 1) ed e) Cost. Incide sull'autonomia-contrattuale delle parti nella determinazione di accordi sulla distribuzione di farmaci, perche' introduce un principio di immodificabilita' contrario alla libera determinazione del contenuto dei contratti sancito dall'art. 1322 cc., al quale e' riconosciuta dignita' costituzionale dagli art. 2 e 41 Cost. Determina, inoltre, un'ingiustificata distorsione della concorrenza tra gli operatori pugliesi, i cui accordi incorrerebbero nei divieti imposti dalla legge regionale, e quelli delle altre regioni, le cui intese sono consentite in base alla legge nazionale. La sua applicazione darebbe, quindi, luogo anche ad un'irragionevole disparita' di trattamento, a danno delle imprese pugliesi e in contrasto con i principi di libera iniziativa economica delle imprese operanti nella «filiera» della produzione e distribuzione dei farmaci. Infine l'art. 8, individuando sanzioni (quelle degli articoli 170 e 172 del regio decreto n. 1265/1934) che non sono previste per la modifica delle quote di spettanza, fornisce - anche a tacere del fatto che non spetta alla regione dare interpretazioni autentiche di leggi statali - un'interpretazione errata e incostituzionale della legge statale e delinea una nuova fattispecie di illecito penale, cosi' incidendo sulla competenza esclusiva riservata allo Stato in materia di «ordinamento penale» dall'art. 117, secondo comma, lettera l). 2) In relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, della «tutela della salute». L'art. 14 della legge regionale, secondo il quale nei comuni della Puglia con popolazione fino a 12.500 abitanti il numero delle autorizzazioni per l'istituzione di farmacie e' stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.500 abitanti, eccede dalle competenze legislative attribuite alta regione dall'art. 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute. Infatti, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale (sent. numeri 87 del 2006 e 61 del 1968), la «materia» della organizzazione del servizio farmaceutico va ricondotta al titolo di competenza concorrente della tutela della salute, nel cui ambito le regioni possono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato. Tra tali principi fondamentali e' senz'altro da ricomprendersi il criterio fissato dal legislatore nazionale per la pianificazione territoriale dell'assistenza farmaceutica. Infatti, al fine di assicurare l'omogenea distribuzione delle farmacie su tutto il territorio nazionale, la dislocazione territoriale degli esercizi farmaceutici viene effettuata, in base all'art. 1 della legge n. 475 del 1968 e dell'art. 104 del regio decreto n. 1265 del 1934, tenendo conto del criterio numerico della popolazione da una parte, e di quello della distanza rispetto agli altri esercizi farmaceutici, dall'altra. La disposizione qui censurata altera tali criteri, prevedendo un rapporto farmacie/abitanti diverso da quello stabilito dalla legislazione statale: contrasta, in particolare, con l'art. 1 della legge n. 475 del 1968, secondo il quale nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti il numero delle autorizzazioni e' stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti, e non tiene alcun conto della distanza di almeno 3.000 metri tra i vari esercizi farmaceutici imposta dall'art. 104 del regio decreto n. 1265 del 1934. Che la proporzione tra il numero delle farmacie e il numero degli abitanti costituisca principio fondamentale o, meglio, «indirizzo generale» della materia, riservato al legislatore statale, e' stato in piu' occasioni affermato da codesta ecc.ma Corte, che ha costantemente ritenuto che l'ubicazione del servizio farmaceutico deve rispondere a criteri univoci da applicare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, a salvaguardia della uniformita' giuridica di un assetto organizzativo dal quale discendono immediate conseguenze per la salute pubblica e per la tutela della liberta' di accesso alla professione di farmacista (in tal senso le sentenze numeri 579/1987, 177/1988, 446/1988, 4/ 1996, 27/ 2003, 275/2003, 76/2008). Con la sentenza n. 27 del 2003, la Corte ha, in particolare, affermato che «le finalita' concrete che la legge vuole raggiungere con il contingentamento delle farmacie (assicurare ai cittadini la continuita' territoriale e temporale del servizio ed agli esercenti un determinato bacino di utenza) vanno nello stesso senso di quelle che si vogliono conseguire con la limitazione dei turni e degli orari, in quanto, come e' stato piu' volte osservato, l'accentuazione di una forma di concorrenza tra le farmacie basata sul prolungamento degli orari di chiusura potrebbe contribuire alla scomparsa degli esercizi minori e cosi' alterare quella che viene chiamata la rete capillare delle farmacie. Esiste in altri termini, nella non irragionevole valutazione del legislatore, un nesso tra il contingentamento delle farmacie e la limitazione degli orari delle stesse, concorrendo entrambi gli strumenti alla migliore realizzazione del servizio pubblico considerato nel suo complesso». Principi, questi, ribaditi ed ulteriormente declinati nella sentenza n. 76 del 2008, nella quale, dopo avere ricordato di avere «gia' avuto modo di affermare che il contingentamento delle farmacie e' volto ad assicurare ai cittadini la continuita' territoriale e temporale del servizio ed agli esercenti un determinato bacino di utenza», la Corte ha chiarito che «(l) a sintesi tra siffatte esigenze e' affidata alle scelte non irragionevoli del legislatore, in modo che siano garantiti sia un adeguato ambito di operativita' alle farmacie in attivita' sia la piena efficienza a favore degli utenti del servizio farmaceutico; il diritto alla salute, costituzionalmente riconosciuto dall'art. 32 della Costituzione, non comporta l'obbligo per il legislatore di rimuovere qualsivoglia condizione obiettiva all'istituzione di farmacie e, anzi, al contrario, ne legittima la programmazione allo scopo di garantire la piu' ampia e razionale copertura di tutto il territorio nell'interesse della salute dei cittadini». 3) In relazione all'art.117, terzo comma, della Costituzione, violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, della «tutela della salute». Anche l'art. 17 della legge regionale, nella misura in cui esso prevede che i direttori generali, amministrativi e sanitari, delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere nonche' degli IRCCS,che abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' nel corso del loro mandato, restino in carica fino alla naturale scadenza dell'incarico ricevuto, eccede dalla competenza concorrente in materia di «tutela della salute» attribuita alla regione dall'at. 117, terzo comma, Cost. e contrasta con la regola contenuta nell'art. 3, comma 7, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e nell'art. 11, comma 3, d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288 - certamente espressione di un principio generale della materia - secondo la quale le funzioni di' direttore sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
P. Q. M. Alla stregua di quanto precede si confida che codesta ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' degli articoli 8, 14 e 17 della legge regionale della Puglia n. 19 del 2 luglio 2008. Roma, addi' 11 luglio 2008 L'Avvocato dello Stato: Sergio Fiorentino