Ricorso n. 45 del 17 giugno 2014 (Regione Abruzzo)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 giugno 2014 (della Regione Abruzzo).
(GU n. 35 del 2014-08-20)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la
Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente p.t., per la
declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della
Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 15, pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione Abruzzo n. 14 del 9 aprile 2014, nella sua
integrita', ovvero, in via subordinata, quanto meno nell'art. 1,
comma 1, lettera b), come da delibera del Consiglio dei Ministri in
data 6 giugno 2014.
Fatto in data 9 aprile 2014, sul n. 14 del Bollettino Ufficiale
della Regione Abruzzo e' stata pubblicata la legge regionale 27 marzo
2014, n. 15, recante "Modifica ed integrazione alla L.R. 29 luglio
2011, n. 23 "Riordino delle funzioni in materia di aree produttive" e
modifica alla L.R. 17 dicembre 1997, n. 143 "Norme in materia di
riordino territoriale dei Comuni: Mutamenti delle circoscrizioni,
delle denominazioni e delle sedi comunali. Istituzione di nuovi
Comuni, Unioni e Fusioni".
In particolare, nell'intervenire sui due richiamati, precedenti
testi di legge, il Legislatore regionale ha introdotto norme relative
alla possibilita' di regolarizzazione di attivita' produttive svolte
su aree industriali in contrasto con gli strumenti urbanistici
vigenti (art. 1, comma 1, lett. a)), e norme sulla gestione delle
infrastrutture idriche, con particolare riferimento alla
determinazione delle tariffe per gli utenti del servizio idrico
integrato (art. 1, comma 1, lett. b).
L'art. 2, infine, contiene disposizioni in materia di riordino
territoriale dei Comuni della Regione.
La legge nel suo complesso appare emessa in carenza di potere
sulla base delle considerazioni che si andranno a sviluppare in
prosieguo, e in violazione degli artt. 121, 122 e 123 Cost., dei
principi fondamentali dell'ordinamento in materia di prorogatio
nonche' dell'art. 86, comma 3, dello Statuto della Regione Abruzzo
quale norma interposta.
Inoltre e comunque, in via subordinata, come si precisera' piu'
avanti, talune delle specifiche prescrizioni ivi contenute eccedono
dalle competenze regionali e sono violative di previsioni
costituzionali e illegittimamente invasive delle competenze dello
Stato.
La legge n. 15/2014 della Regione Abruzzo deve pertanto essere
impugnata, come con il presente atto effettivamente la si impugna,
affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, nella
sua integrita' o quanto meno con riferimento alle norme specificate
in epigrafe, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti
considerazioni in punto di diritto.
1.1. Va premesso che il mandato elettivo del Consiglio della
Regione Abruzzo e' pervenuto alla sua naturale scadenza il 15
dicembre del 2013.
Come visto in precedenza, la L. n. 15/2004 reca la data del 27
marzo 2014 ed e' stata pubblicata sul B.U.R.A. in data 9 aprile 2014.
1.2. Anche a seguito delle modifiche introdotte con la legge
costituzionale n. 1/1999, i poteri di determinazione della "forma di
governo e [de]i principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento" della Regione sono rimessi dalla Costituzione alla
competenza statutaria regionale e devono essere esercitati "in
armonia con la Costituzione" (art. 123 Cost.); spetta poi al
Legislatore regionale (cfr. art. 121 Cost.) di disciplinare "il
sistema di elezione ... del Presidente e degli altri componenti della
Giunta regionale nonche' dei consiglieri regionali ... nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che
stabilisce anche la durata degli organi elettivi" (art. 122 Cost.).
In applicazione di dette regole fondamentali, l'art. 86, comma 3,
dello Statuto della Regione Abruzzo prevede che, "nei casi di
scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura: a) le
funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalita'
disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni
di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli
interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti
dall'appartenenza all'Unione Europea, a disposizioni costituzionali o
legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della
urgenza e necessita'; b) le funzioni del Presidente e della Giunta
regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente
della Regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti
indifferibili".
Nella fattispecie in esame, considerate la data in cui e'
maturato lo scioglimento per scadenza del Consiglio regionale e
quella di adozione della legge che qui si impugna, trova dunque
applicazione la norma da ultimo richiamata.
1.3. Codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte chiarito (cfr., da
ultimo, Corte Cost., Sent. n. 68/2010) che il generale istituto della
prorogatio e' volto a contemperare le esigenze di continuita'
funzionale dell'Ente (che non puo' rimanere totalmente inattivo in
prossimita' delle nuove elezioni) con il principio di
rappresentativita' (per cui l'organo in scadenza e' ovviamente
"depotenziato"): e' del tutto illogico, e potenzialmente lesivo degli
interessi della collettivita', che l'Ente sia vittima di una
indiscriminata e totale paralisi anche per un periodo che - come
avvenuto nel caso di specie - puo' non essere breve.
Cio' si esplica nel persistente potere di esercitare talune delle
attribuzioni statutarie; ma deve avvenire limitatamente alle
"determinazioni del tutto urgenti o indispensabili", al fine di
evitare che l'adozione di atti in prossimita' della scadenza del
mandato possa rischiare di esser anche solo interpretata (piu' che
come corretto perseguimento degli interessi pubblici)"come una forma
di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori" (Sent. cit.;
cfr. anche sentt. n. 468/1991; 515/1995; 196/2003).
Tali principi, come visto, sono espressamente ribaditi dalla
stessa disposizione contenuta nell'art. 86 dello Statuto della
Regione Abruzzo.
1.4. Alla luce di quanto precede, dunque, e' lecito dubitare
della esistenza in capo alla Regione del potere di adottare una legge
quale quella impugnata.
Un intervento del Legislatore, infatti, potrebbe essere ritenuto
legittimo soltanto laddove fosse giustificato dalla sussistenza di
presupposti di urgenza e di indifferibilita', ovvero laddove
costituisse un atto dovuto.
Codesta Corte Ecc.ma, in particolare, ha osservato che, in regime
di prorogatio, spetta al Consiglio Regionale motivatamente
individuare (con "specifiche argomentazioni": Corte Cost., sent. n.
68/2010 cit.) le materie per le quali, in ragione di una oggettiva
necessita' e/o urgenza, sono esercitabili i poteri di cui si tratta.
In quest'ottica, possono dunque correttamente essere approvati
gli atti costituzionalmente dovuti (si pensi al recepimento di una
Direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni), ovvero
progetti di legge che presentano i caratteri dell'indifferibilita' ed
urgenza, quali ad esempio il bilancio di previsione, l'esercizio
provvisorio o una variazione di bilancio.
L'urgenza e/o indifferibilita', oltre a dover essere
adeguatamente motivata, deve essere volta ad prevenire o rimuovere
situazioni di danno: ma (trattandosi di atto a livello politico) non
puo' comunque condurre ad una limitazione della liberta' di scelta
che sara' esercitabile dall'Organo legislativo regionale una volta
riacquistata la pienezza dei poteri all'esito della consultazione
elettorale.
1.5. Ora, per il provvedimento legislativo in esame non emerge
(ne' e' stato evidenziato, ad esempio nei lavori preparatori) alcuno
dei presupposti di indifferibilita' ed urgenza, ne' di atto dovuto o
riferibile a situazioni di estrema gravita', tali da non consentirne
un rinvio, a pena di un grave danno alla collettivita' regionale o al
funzionamento dell'Ente.
Cio' puo' essere d'altronde agevolmente rilevato esaminando il
contenuto delle norme, che, come visto, riguardano la
regolarizzazione di attivita' produttive (ponendo un termine al
2015), la determinazione de futuro di tariffe, il riordino
territoriale dei Comuni della Regione: provvedimenti, anzi, che per
loro natura, richiedono un inquadramento sistematico nelle linee
della gestione (politica) dell'Ente territoriale che meglio possono e
devono essere valutate nella nuova Legislatura regionale.
Conclusivamente, si deve ritenere che, nell'approvare la L. 27
marzo 2014, n. 15, il Consiglio regionale abbia oltrepassato i limiti
propri dell'organismo in prorogatio legiferando in carenza di potere.
La legge deve pertanto essere dichiarata incostituzionale per
violazione degli artt. 121, 122 e 123 Cost. e dell'art. 86, terzo
comma, dello Statuto regionale quale disposizione interposta.
2. A prescindere dall'assorbente eccezione che precede, la
impugnata L. 27 marzo 2014, n. 15 della Regione Abruzzo presenta
anche evidenti profili di illegittimita' costituzionale (quanto meno)
relativamente alla disposizione contenuta nell'art. 1, comma 1,
lettera b), che viene pertanto impugnato in via gradata sotto i tre
distinti profili che si vanno ad illustrare.
2.1. Come in precedenza si accennava, l'art. 1, comma 1, lett. b)
della L. Regione Abruzzo n. 15/2014, intervenendo sul comma 17
dell'art. 1 della legge regionale 29 luglio 2011, n. 23 (Riordino
delle funzioni in materia di aree produttive), pone norme sulla
gestione delle infrastrutture idriche, con particolare riferimento
alla determinazione delle tariffe per gli utenti del servizio idrico
integrato, specificamente prevedendo che "le infrastrutture idriche
(acquedotti e reti) e fognarie (sia delle acque bianche, sia delle
acque nere), nonche' gli impianti di depurazione, realizzati dai
Consorzi per le aree di sviluppo industriale restano di proprieta'
dell'ARAP che provvede alla relativa gestione nonche' al trattamento
delle acque di scarico o di reflui anche di altra provenienza. Il
costo di acquisto dell'acqua e' definito annualmente dalla Giunta
Regionale. Nel caso di acquisto dell'acqua dal gestore del Servizio
Idrico Integrato il costo viene definito sulla scorta degli articoli
154 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in materia ambientale) e del decreto del Ministro dei lavori pubblici
1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la definizione delle
componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento
del servizio idrico integrato) e successive modifiche e integrazioni
inerenti la tariffa da praticare agli utenti del servizio idrico
integrato senza oneri aggiuntivi a carico di questi ultimi".
La norma, tuttavia, e' estranea alle competenze regionali,
andando a regolare materie appartenenti alla competenza esclusiva
dello Stato in tema di tutela della concorrenza e dell'ambiente (art.
117, comma 2, lett. e) ed s)): essa, pertanto, deve essere caducata
in accoglimento del presente ricorso.
2.2.1. Invero, codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte evidenziato che
la determinazione delle tariffe per i servizi idrici esula dalla
competenza regionale, attraverso una ricostruzione della "disciplina
statale relativa alla determinazione della tariffa, come complesso di
norme atte a preservare il bene giuridico "ambiente" dai rischi
derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo
concorrenziale del settore del servizio idrico integrato" (cosi', da
ultimo, Corte Cost., 8 aprile 2013, n. 67, nonche', in senso
conforme, sent. nn. 246/09, 307/09, 29/10, 142/10). Tale competenza
(tutela dell'ambiente e della concorrenza), si precisa nella medesima
sentenza, ha "prevalenza su eventuali titoli competenziali regionali
ed, in particolare, su quello dei servizi pubblici locali".
Non e' seriamente dubitatile che la competenza statale in tal
modo delineata (che puo' essere delegata a terzi, come in questo caso
l'Autorita' per l'Energia) si estende anche alla fase della filiera
relativa all'acquisto di acqua all'ingrosso.
Su di essa, dunque, incide illegittimamente la disposizione
regionale in parola, attribuendo i connessi poteri alla Giunta
Regionale.
2.2.2. Infatti l'art. 21, commi 13 e 19, del D.L. 201/11
trasferisce all'Autorita' per l'Energia Elettrica e il Gas "le
funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi
idrici": essa ha precise attribuzioni in tema di definizione delle
componenti di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e
della gestione - per la determinazione della tariffa del servizio
idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo
compongono compresi i servizi di captazione e adduzione a usi
multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e
industriali.
L'art. 1, comma 1, lett.b) della L. Regione Abruzzo n. 15/2014
viola quindi, sotto un primo profilo, l'art. 117, secondo comma,
lettere e) e s) della Costituzione, che riserva alla competenza
esclusiva dello Stato la legislazione in materia di tutela della
concorrenza e di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
2.3. Lo stesso art. 1, comma 1, lett. b) della L. Regione Abruzzo
n. 15/2014, come visto, prevede inoltre che le infrastrutture
idriche, fognarie, e gli impianti di depurazione restino "di
proprieta' dell'ARAP" (Agenzia Regionale delle Aree Produttive,
istituita dalla L.R. Abruzzo n. 23/2011), la quale "provvede alla
relativa gestione".
La disposizione in argomento, nel regolare la situazione della
detta Agenzia regionale, appare dunque in contrasto sotto duplice
profilo con quanto stabilito dalla normativa nazionale in materia di
servizio idrico integrato, materia, come visto, di competenza statale
esclusiva.
2.3.1. Gia' l'art. 10, comma 6 della L. n. 36/94, Disposizioni in
materia di risorse idriche (successivamente abrogata dall'art. 175,
d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), prevedeva, entro il 31 dicembre 1995,
l'obbligo in capo ai Consorzi per le Aree di Sviluppo Industriale di
trasferire gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione da
loro gestiti al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito
Territoriale Ottimale nel quale ricadevano in tutto o in parte i
territori serviti. Il trasferimento doveva avvenire secondo un piano
da adottare con D.P.C.M., proposto dal Ministro dei LL.PP., sentito
il Ministero dell'Ambiente.
2.3.2. La norma e' stata poi trasposta nell'art. 172, comma 6,
del D.lgs. 152/2006, Norme in materia ambientale, che prevede che il
piano di trasferimento in concessione d'uso, "nel rispetto
dell'unita' di gestione", venga adottato con D.P.C.M. su proposta del
solo Ministero dell'Ambiente, sentite le Regioni, le Province e gli
Enti interessati.
Seppure il D.P.C.M. in questione non sia ancora stato emanato,
sussiste tuttora l'obbligo al trasferimento, posto che esso e'
previsto da una disposizione normativa specifica, mentre la norma
regolamentare mancante dovrebbe stabilire semplicemente le modalita'
del trasferimento stesso.
Peraltro, i Consorzi ASI sono definiti come enti pubblici
economici (legge 5 ottobre 1991, n. 317), nati con il compito di
approntare le infrastrutture necessarie allo sviluppo industriale
delle aree del Mezzogiorno; i loro beni non hanno natura demaniale,
ma di beni indisponibili, e come tali sono assoggettati al regime
previsto dall'art. 830 c.c., che, per quanto attiene alle modalita'
del loro trasferimento, rimanda all'art. 828, comma 2 ("i beni che
fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti
alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano").
2.3.3. Nonostante il regime giuridico di alienabilita' di detti
beni, le normative di settore vigenti ne prevedono tuttavia, come
visto, il trasferimento in concessione d'uso a titolo gratuito al
gestore del servizio idrico integrato.
La concessione d'uso a titolo gratuito e' la sola tipologia di
trasferimento possibile rientrando nella fattispecie del passaggio
dei beni funzionali al servizio idrico integrato di cui all'art. 153
del d.lgs. n. 152/2006 ("1. le infrastrutture idriche di proprieta'
degli enti locali ai sensi dell'art. 143 sono affidate in concessione
d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del
servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei
termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare"),
mentre la proprieta' degli stessi resta in capo ai soggetti
consorziati, ovvero agli enti locali.
2.3.4. Inoltre, la disposizione in esame, prevedendo che la
gestione sia affidata direttamente all'ARAP, si pone in contrasto con
le norme in materia di tutela della concorrenza, consentendo
l'elusione delle norme statali e comunitarie che prevedono l'obbligo
di procedere mediante gara all'affidamento del servizio, trattandosi
di un servizio pubblico di rilevanza economica.
Conclusivamente, sotto questo secondo aspetto, la norma regionale
viola anche l'art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) della
Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la
legislazione in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento
civile.
3.1. Sotto un ultimo profilo, l'art. 1, comma 1, lett. b) della
L. Regione Abruzzo n. 15/2014 non si sottrae ad ulteriore censura di
incostituzionalita' nella parte in cui, nel demandare alla Giunta
Regionale il compito di stabilire la tariffa dell'acqua all'ingrosso,
prevede che "il costo viene definito sulla scorta (...) del decreto
del Ministro dei lavori pubblici 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato
per la definizione delle componenti di costo e la determinazione
della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato)": in tal
modo la legge regionale rinvia, con effetto legificante, ai criteri
tariffari previsti dal D.M. 1° agosto 1996, tra cui la remunerazione
del capitale investito.
3.2. Orbene, il decreto ministeriale succitato - come chiarito
dal Consiglio di Stato nel parere n. 267/13 - e' stato reso
inefficace dal referendum del giugno 2011 (secondo quesito),
proclamato con D.P.R. n. 116/11, nella parte in cui prevedeva la
componente tariffaria corrispondente alla remunerazione del capitale
investito, abrogata dal referendum.
La disposizione regionale, dunque, legificando i criteri
tariffari contenuti nel citato decreto 1° agosto 1996 - tra cui la
remunerazione del capitale investito - reintroduce di fatto la
componente tariffaria relativa alla remunerazione del capitale
investito, espunta dal referendum, in palese violazione del divieto
di ripristino della normativa abrogata dalla volonta' popolare
desumibile dall'art. 75 della Costituzione, in quanto sostanzialmente
riproduttiva di un sistema caducato (cfr. Corte cost., 20 luglio
2012, n. 199).
Conclusivamente, l'art. 1, comma 1, lett. b) della L. Regione
Abruzzo n. 15/2014, viola l'art. 117, secondo comma, lettere e), l) e
s) della Costituzione (che riserva alla competenza esclusiva dello
Stato la legislazione in materia di tutela della concorrenza,
ordinamento civile e tutela dell'ambiente e dell'ecosistema), nonche'
l'art. 75 della Costituzione.
P.Q.M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente
annullare, per i motivi tutti ut supra specificati, la L. Regione
Abruzzo n. 15/2014 nella sua integrita' per violazione degli artt.
121, 122 e 123 Cost. e dell'art. 86, terzo comma, dello Statuto
regionale quale disposizione interposta; in via subordinata, voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 1, lett. b)
della L. Regione Abruzzo n. 15/2014 per violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettere e), l) e s) e dell'art. 75 della Costituzione,
come meglio specificato nella parte in diritto che precede.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 6
giugno 2014;
2. copia della legge regionale impugnata;
3. rapporto del Dipartimento degli Affari Regionali.
Con ogni salvezza.
Roma, 6 giugno 2014
L'Avvocato dello Stato: Massimo Salvatorelli