N. 45 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 maggio 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 maggio 2003 (della Regione Basilicata)
(GU n. 28 del 16-7-2003)

Ricorso per la Regione Basilicata, in persona del suo Presidente
e legale rappresentante, Filippo Bubbico, rappresentata e difesa, in
virtu' di deliberazione della giunta regionale n. 731 del 23 aprile
2003 e di mandato a margine del presente atto, dall'avv. Mirella
Viggiani ed elettivamente domiciliata in Roma presso l'ufficio di
rappresentanza della Regione Basilicata in via Nizza n. 56;
Contro Presidente del Consiglio dei ministri, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 14
febbraio 2003, n. 30, avente ad oggetto: «Delega al Governo in
materia di occupazione e mercto del lavoro», pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2003, limitatamente alle
seguenti disposizioni:
art. 1, comma 2, lettera b, n. 4;
art. 1, comma 2, lettera c;
art. 1, comma 2, lettera d;
art. 2, comma 1, lettera b;
art. 2, comma 1, lettera h:
art. 5, lettera e ed f;
art. 8, comma 1
per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione e delle
altre disposizioni richiamate nella parte in diritto del presente
ricorso.

F a t t o

Con la legge 14 febbraio 2003, n. 30 il Parlamento ha delegato il
Governo all'emanazione di norme di riordino in materia di occupazione
e mercato del lavoro, dettando a tal fine i principi e i criteri
direttivi entro i quali la delega dovra' essere esercitata.
La legge, pur dichiarando astrattamente in piu' punti che le
norme che l'esecutivo viene legittimato ad adottare non potranno
prescindere dal rispetto dovuto alle competenze affidate alle Regioni
in materia di tutela e sicurezza del lavoro, in realta' travalica,
con le disposizioni oggetto del presente gravame, gli ambiti
riservati dalla Costituzione, nel testo riformulato dalla legge
costituzionale n. 3/2001, alla competenza legislativa statale con
riferimento non solo alle materie di cui innanzi per le quali
sussiste potesta' legislativa, concorrente delle regioni (art. 117,
terzo comma, Costituzione), ma anche a quella dell'istruzione e della
formazione professionale, quest'ultima rimessa in via esclusiva alle
regioni in forza della previsione del quarto comma dello stesso art.
117.
L'impugnativa investe le disposizioni indicate nell'epigrafe di
cui si riporta qui di seguito la testuale previsione.
art. 1, comma 2, lettera b, n. 4: «La delega e' esercitata
nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: ......... b)
modernizzazione e razzionalizzazione del sistema del collocamento
pubblico, al fine di renderlo maggiormente efficiente e competitivo,
secondo una disciplina incentrata su: ............. 4) mantenimento
da parte dello Stato delle funzioni amministrative in materia di
conduzione coordinata ed integrata del sistema informativo lavoro»;
art. 1, comma 2, lett. c): «mantenimento da parte dello Stato delle
funzioni amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime, nonche' alla
risoluzione delle controversie collettive di rilevanza
pluriregionale;
art. 1, comma 2, lettera d): «mantenimento da parte dello
Stato delle funzioni amministrative relative alla vigilanza in
materia di lavoro, alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori
non appartenenti all'Unione europea, all'autorizzazione per attivita'
lavorative all'estero»;
art. 2, comma 1, lettera b): «Il Governo e' delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentito il Ministro per le pari opportunita', di concerto
con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e con il Ministro
per gli affari regionali, entro il termine di sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze
affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro
dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi
indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di
occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei rapporti di
lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi: ..................... b) attuazione degli
obiettivi e rispetto dei criteri di cui all'art. 16, comma 5, della
legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di riordinare gli speciali
rapporti di lavoro con contenuti formativi, cosi' da valorizzare
l'attivita' formativa svolta in azienda, confermando l'apprendistato
come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione,
nonche' il passaggio da un sistema all'altro e, riconoscendo nel
contempo agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate
competenze autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di
formazione e lavoro al fine di realizzare l'inserimento e
reinserimento mirato del lavoratore in azienda»;
art. 2, comma 1, lettera h): «sperimentazione di
orientamenti, linee-guida e codici di comportamento, al fine di
determinare i contenuti dell'attivita' formativa, concordati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche all'interno
di enti bilaterali, ovvero, in difetto di accordo, determinati con
atti delle regioni, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali»;
art. 5, lettere e) ed f) «Al fine di ridurre il contenzioso
in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione
dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche,
il Governo e' delegato ad adottare, su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi recanti disposizioni in materia di certificazione del
relativo contratto stipulato tra le parti, nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi: ................
e) attribuzione di piena forza legale al contratto
certificato ai sensi della procedura di cui alla lettera d), con
esclusione della possibilita' del ricorso in giudizio se non in caso
di erronea qualificazione del programma negoziale da parte
dell'organo preposto alla certificazione e di difformita' tra il
programma negoziale effettivamente realizzato dalle parti e il
programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione;
f) previsione di espletare il tentativo obbligatorio di
conciliazione previsto dall'articolo 410 del codice di procedura
civile innanzi all'organo preposto alla certificazione quando si
intenda impugnare l'erronea qualificazione dello stesso o la
difformita' tra il programma negoziale certificato e la sua
successiva attuazione, prevedendo che gli effetti dell'accertamento
svolto dall'organo preposto alla certificazione permangano fino al
momento in cui venga provata l'erronea qualificazione del programma
negoziale o la difformita' tra il programma negoziale concordato
dalle parti in sede di certificazione e il programma attuato. In caso
del ricorso in giudizio, introduzione dell'obbligo in capo
all'autorita' giudiziaria compente di accertare anche le
dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti
all'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro;
art. 8, comma 1: «Allo scopo di definire un sistema organico
e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, il Governo
e' delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze affidate alle
regioni, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di
previdenza sociale e di lavoro, nonche' per la definizione di un
quadro regolatorio finalizzato alla prevenzione delle controversie
individuali di lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di
equita' ed efficienza».
Avverso le enunciate disposizioni palesemente lesive delle
competenze regionali costituzionalmente garantite e delle norme e
principi che saranno illustrati ricorre, chiedendone l'annullamento,
la Regione Basilicata alla luce delle seguenti considerazioni in

D i r i t t o

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera
b), n. 4, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 118
Costituzione con particolare riferimento al principio di
sussidiarieta'.
La disposizione, che individua fra i criteri direttivi entro i
quali va esercitata la delega conferita al Governo in materia di
servizi per l'impiego, la modernizzazione e razionalizzazione del
sistema del collocamento pubblico secondo una disciplina che prevede
il mantenimento allo Stato delle competenze in materia di conduzione
coordinata e integrata del sistema informativo lavoro, viene ad
incidere sulla potesta' legislativa concorrente demandata alla
regione dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di
tutela del lavoro attesoche' la gestione delle informazioni relative
a questo settore e' parte integrante della piu' ampia materia di
competenza regionale.
Ne' la disposizione censurata della legge delega puo' trovare
fondamento nel punto 2) del secondo comma dell'art. 117 che demanda
allo Stato in via esclusiva «il coordinamento informativo, statistico
e informatico dei dati, dall'amministrazione statale, regionale e
locale», che e' altra cosa rispetto alla «conduzione», e lascia
intendere un'ingerenza molto piu' penetrante nella gestione dei dati,
inammissibile rispetto ad una materia nella quale la disciplina
statale puo' intervenire a dettare solo i principi fondamentali,
mentre spetta al livello decentrato regolare con proprie norme anche
l'acquisizione, conservazione e trasmissione delle informazioni.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera
c), per violazione degli art. 117, secondo e terzo comma, e 118
Costituzione, con particolare riferimento al principio di
sussidiarieta'.
La norma, nello stabilire il mantenimento allo Stato delle
funzioni amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime, nonche' alla
risoluzione delle controversie collettive di rilevanza
pluriregionale, si pone anch'essa in contrasto col nuovo assetto di
ripartizione della competenza legislativa fra Stato e Regioni
introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001.
Le funzioni di cui si discute rientrano a pieno titolo nella
tutela del lavoro in quanto afferiscono naturalmente alla gestione
sostanziale dei rapporti di lavoro rimessi dal legisiatore alla
disciplina regionale. La fase della conciliazione, delle controversie
di lavoro, oltre ad essere meramente eventuale nello svolgimento del
rapporto, si consuma ad un livello amministrativo che non coinvolge
ancora gli organi giurisdizionali dinanzi ai quali soltanto le norme
cui deve farsi riferimento non possono che essere di matrice statale.
L'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione, infatti, demanda
allo Stato in via esclusiva la competenza a legiferare in materia di
giurisdizione e di processo.
L'opzione rinvenibile nella norma impugnata di attestare allo
Stato anziche' alle regioni le funzioni de quibus, che avrebbe potuto
dirsi legittima prima della novella alla Costituzione del 2001,
appare oggi non solo lesiva della vigente, diversa suddivisione delle
competenze, ma anche del principio di sussidiarieta' che privilegia
l'affidamento delle funzioni all'autorita' territorialmente piu'
vicina agli interessi da tutelare. Anche sotto questo profilo sulle
funzioni amministrative relative alla composizione dei conflitti che
possono insorgere nell'ambito di un rapporto di lavoro e' giusto
pertanto che sia chiamato a provvedere il soggetto nel cui ambito
territoriale 1e stesse vengono in essere e si risolvono.
Analoga censura per contrasto con le stesse disposizioni
costituzionali e fondata sulle medesime ragioni appena esposte viene
formulata nei confronti della previsione del primo comma dell'art. 8
la' dove conferisce la delega al Governo ad emanare uno o piu'
decreti legislativi «per la, definizione di un quadro regolatorio
finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro
in sede conciliativa, ispirato a criteri di equita' e di efficienza».
3. - Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117,
terzo comma e 118 Costituzione, dell'art. 1, comma 2, lettera d), che
dispone il mantenimento allo Stato delle funzioni amministrative
relative alla vigilanza in materia di lavoro alla gestione dei flussi
di entrata dei lavoratori non appartenenti all'Unione europea,
all'autorizzazione per attivita' lavorativa all'estero.
La previsione generale contenuta nella norma costituzionale che
si assume violata di conferimento alle regioni della materia inerente
alla tutela del lavoro induce a ritenere comprese anche le funzioni
di vigilanza e la relativa disciplina, essendo queste naturale
corollario delle piu' ampie e sostanziali funzioni assegnate.
Appare percio' illegittimo lo stralcio operato dalla disposizione
censurata in favore dello Stato che non e' supportata da alcuna
interrelazione delle prerogative accordate con altre competenze
appartenenti in via esclusiva allo Stato.
Cio' vale non solo per le funzioni di vigilanza in materia di
lavoro, ma anche, per quanto attiene a quelle relative alla gestione
dei flussi di entrata dei lavoratori extraeuropei e
all'autorizzazione per attivita' lavorative all'estero, per le quali,
benche' sia ravvisabile un qualche collegamento con le competenze
esclusive statali in materia di immigrazionee e di politica estera
(art. 117, secondo comma, lett. a) e b), cio' non legittima
ugualmente l'espropriazione delle funzioni in danno delle regioni.
L'ingresso di lavoratori stranieri infatti va sempre rapportato alla
domanda e offerta di lavoro che spetta alle regioni monitorare e
gestire.
Quanto ai permessi a svo1gere attivita' lavorative all'estero, la
competenza regionale trova connessione con la facolta' a queste
riconosciuta dall'ultimo comma dell'art. 117 di concludere accordi
con Stati esteri nelle materie di propria competenza; nella
fattispecie la funzione mantenuta illegittimamente allo Stato
dovrebbe invece trovare disciplina in intese che le singole regioni
vanno a concludere con altri Stati, articolandone secondo le
specifiche esigenze e in modo da non penalizzare, all'interno di
ciascuna regione, l'equilibrio tra domanda e offerta del lavoro.
Sotto i medesimi profili viene censurata la previsione
dell'art. 8, comma 1, che abilita il Governo a dettare norme «per il
riassetto della disciplina vigente sulle pezioni in materia di
previdenza sociale e lavoro».
Le ispezioni in materia di lavoro, infatti, rientrano nel piu'
ampio concetto della vigilanza per la quale si e' gia' evidenziata
l'illegittimita' del conferimento allo Stato di funzioni che
ineriscono strettamente alla competenza regionale in materia di
tutela del lavoro.
4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1, lett. b)
per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione, che
delega il Governo ad emanare norme di riordino dei rapporti di lavoro
con contenuti formativi individuando anche soluzioni che consentano
il raccordo tra i sistemi dell'istruzione e della formazione e il
passaggio da un sistema all'altro, riconoscendo agli enti bilaterali
e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in
materia e specializzando il contratto di formazione e lavoro
nell'intento di realizzare l'inserimento e reinserimento mirato del
lavoratore in azienda.
La disposizione e' lesiva delle competenze delle regioni che in
materia di istruzione hanno potesta' legislativa concorrente e in
materia di formazione professionale competenza esclusiva prevista in
via residuale dal quarto comma dell'art. 117.
La norma demanda allo Stato la potesta' di individuare una
disciplina di raccordo tra i sistemi della istruzione e della
formazione e il passaggio da un sistema all'altro. Una siffatta
prerogativa esula dalle competenze dello Stato che, in materia di
istruzione, puo' solo dettare principi fondamentali da valere per la
legislazione di dettaglio rimessa alle regioni e che in materia di
formazione professionale non e' legittimato a legiferare, essendo
essa in toto attribuita alle regioni.
La disposizione censurata ignora completamente il ruolo centrale
riconosciuto in questo settore alle regioni dal legislatore
costituzionale, rendendo invece protagonista lo Stato
nell'effettuazione di scelte che non gli appartengono e che
potrebbero porsi in contraddizione col complessivo sistema desumibile
dal quadro legislativo regionale, con possibili ricadute negative sul
funzionamento del mercato del lavoro.
Parimenti illegittima e' l'attribuzione allo Stato della facolta'
di dettare norme che riconoscano agli enti bilaterali e alle
strutture pubbliche autorizzate competenze autorizzatorie in materia.
Si tratta di una previsione che dovrebbe operare nel campo della
formazione professionale sottratta allo Stato anche sotto il profilo
della competenza a fornire i principi fondamentali cui le regioni
devono uniformarsi nell'elaborare la disciplina legislativa d
riferimento.
5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. h)
per violazione dell'art. 117, quarto comma, Costituzione che fra i
criteri direttivi dati al Governo in materia di riordino dei
contratti a contenuto formativo e di tirocinio, individua la
sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di
comportamento al fine di determinare i contenuti dell'attivita'
formativa, concordati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e
territoriale, anche all'interno di bilaterali, ovvero, in difetto di
accordo, determinati con atti delle regioni d'intesa con il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali.
Anche questa disposizione non tiene in alcuna considerazione
l'esclusiva competenza regionale nel settore della formazione
professionale, ribaltando addirittura la posizione primaria che la
Costituzione le assegna e restringendone l'intervento (non si
comprende bene nemmeno se a livello legislativo o di atti
amministrativi) in una fase eventuale di mancato raggiungimento di
accordi fra altri soggetti individuati dal Governo, ai quali sarebbe
invece demandata l'effettiva scelta dei contenuti dell'attivita'
formativa.
E' evidente dunque la violazione dell'art. 117, quarto comma,
Costituzione e del riparto delle competenze in esso contenuto,
violazione che interessa anche la previsione dell'intesa con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, cui le regioni devono
immotivatamente addivenire prima di adottare i propri atti, stante
l'assenza di alcuna competenza riconosciuta allo Stato nella materia
de qua.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 avente ad oggetto
la delega al Governo in materia di certificazione dei rapporti di
lavoro, con particolare riguardo alle lett. e ed f, per violazione
degli artt. 117, terzo comma e 24 Costituzione.
La norma mira a conseguire una riduzione del contenzioso
riguardante la qualificazione dei rapporti di lavoro attraverso la
creazione di un sistema di certificazione dei contratti che dovrebbe
risultare idoneo a prevenire eventuali conflitti che involgano la
loro natura giuridica e che trovera' concreta, definizione nei
decreti legislativi che il Governo e' autorizzato ad emanare.
Al riguardo va rilevato che la funzione certificativa e' una
tipica funzione amministrativa che, nel caso di specie, afferendo ad
una materia di competenza regionale, non si comprende perche' debba
trovare disciplina in norme statali; di qui la lamentata violazione
dell'art 117, secondo comma, Costituzione.
Si presta ancora a censura di incostituzionalita' la previsione
del punto e), la' dove, nel lodevole intento di ridimensionare
l'entita' del contenzioso, restringe a specifiche ipotesi la
possibilita' di agire in giudizio, pregiudicando il diritto alla
tutela giurisdizionale in evidente violazione dell'art. 24
Costituzione.
Altro rilievo investe il punto f), per contrasto con lo stesso
art. 24 Costituzione, nella parte in cui mantiene fermi gli effetti
degli accertamenti dell'organo certificatore fino a quando sia stata
provata l'erronea qualificazione del pogramma negoziale o la
difformita' tra il programma negoziale concordato dalle parti in sede
di certificazione e il programma attuato, qualora la disposizione
vada interpretata nel senso di penalizzare i diritti delle parti
oggetto di contestazione, disconoscendo, nelle more
dell'accertamento, la facolta' di promuovere l'azione giudiziaria.

P. Q. M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente
ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale della
legge 14 febbraio 2003, n. 30, recante delega al Governo in materia
di occupazione e, mercato del lavoro limitatamente alle previsioni e
per la violazione delle norme costituzionali invocate nella parte in
diritto.
Potenza-Roma, addi' 26 aprile 2003,
Avv. Mirella Viggiani

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