Ricorso n. 46 del 15 aprile 2005 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 Aprile 2005 - 15 Aprile 2005 , n. 46
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 aprile 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 19 del 11-5-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
Contro la Regione Marche, in persona del presidente della giunta
regionale pro tempore, per la declaratoria della illegittimita'
costituzionale degli articoli 10 comma 1, 11 commi 1 e 2, 13 comma 3,
17 comma 4, 20 commi 2, 3 e 4, della legge regionale n. 2 del 25
gennaio 2005, pubblicata nel B.U.R. della Regione Marche del 10
febbraio 2005, n. 14, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 24 marzo 2005.
F a t t o
In data 10 febbraio 2005 e' stata pubblicata nel Bollettino
ufficiale della Regione Marche la legge regionale n. 2 del 25 gennaio
2005, approvata dal consiglio regionale nella seduta n. 218 del 19
gennaio 2005, recante «norme regionali per l'occupazione, la tutela e
la qualita' del lavoro». Con detta normazione la regione ha inteso
regolamentare le proprie competenze legislative ed amministrative in
materia, nel rispetto della Costituzione, dei principi della
legislazione statale, dello statuto regionale e dell'ordinamento
dell'Unione europea (art. 1). In particolare, per quanto qui
interessa:
l'art. 10 pone norme relativamente all'avviamento a selezione
dei lavoratori presso le pubbliche amministrazioni;
l'art. 11 regola le modalita' di rilascio a soggetti pubblici
e privati dell'autorizzazione alla gestione nel territorio regionale
dei servizi di intermediazione, ricerca e selezione del personale e
di supporto alla ricollocazione;
l'art. 13 determina le forme di cooperazione tra servizi
pubblici e operatori accreditati in materia di «servizi al lavoro»
come individuati dall'art. 12, comma 1;
l'art. 17 disciplina i profili formativi dei contratti di
apprendistato;
l'art. 20 contempla le modalita' di inserimento nel mercato
del lavoro dei soggetti svantaggiati.
Le richiamate disposizioni appaiono in contrasto con il dettato
costituzionale eccedendo le competenze regionali in materia, e devono
pertanto essere dichiarate costituzionalmente illegittime e
conseguentemente annullate sulla base delle seguenti considerazioni
in punto di
D i r i t t o
1. - La potesta' legislativa in materia di lavoro rientra, in
linea generale, nella legislazione concorrente di cui al terzo comma
dell'art. 117 della Costituzione («tutela e sicurezza del lavoro»),
nella quale allo Stato e' riservata la determinazione dei principi
fondamentali cui le regioni devono uniformarsi. Tuttavia, secondo
l'insegnamento di codesto, ecc.mo Collegio (si veda da ultimo la
sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005) specifici aspetti della materia
possono rientrare nella legislazione esclusiva statale di cui al
secondo comma, laddove riguardino, caso per caso, l'immigrazione
(lett. b), la tutela della concorrenza (lett. e), l'ordinamento e
l'organizzazione dello Stato e degli enti pubblici (lett. g),
l'ordinamento civile (lett. l), i diritti civili e sociali per i
quali e' necessaria una uniformita' su tutto il territorio nazionale
- per essi lo Stato individua livelli essenziali inderogabili -
(lett. m), l'istruzione (lett. n), la previdenza sociale (lett. o).
Con la legge delega n. 30 del 14 febbraio 2003 («Delega al
Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro») e il
successivo d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 («Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro») lo Stato ha
regolamentato organicamente ex novo la materia, dando disposizioni
nei settori di legislazione esclusiva e ponendo in particolare i
livelli essenziali delle prestazioni ex art. 117, comma 2, lett. m)
della Costituzione, nonche' enunciando i principi fondamentali nei
campi in cui sussiste competenza concorrente con le regioni.
Le norme indicate in epigrafe, e sulle quali ci si soffermera'
qui di seguito, illegittimamente incidono sulle norme cosi' poste,
eccedendo dalla competenza regionale con violazione del secondo e
terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, e devono pertanto
essere dichiarate costituzionalmente illegittime ed annullate.
2. - L'art. 10, comma 1, della legge Regione Marche n. 2/2005 che
qui si impugna, regolando l'avviamento al lavoro nelle pubbliche
amministrazioni, dispone testualmente che «le pubbliche
amministrazioni, come individuate all'art. 1, comma 2, del d.lgs.
legge n. 65/2001, escluse le amministrazioni centrali e gli uffici
centrali degli enti pubblici, per le assunzioni da effettuare ai
sensi dell'art. 35, comma 1, lettera b), del medesimo d.lgs.
n. 16/2001, formulano richiesta di avviamento a selezione di cui
all'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme
sull'organizzazione del mercato del lavoro), al centro per l'impiego
competente per territorio. Per le assunzioni a tempo indeterminato,
qualora l'ambito territoriale del soggetto richiedente comprenda un
territorio sul quale insistono piu' centri per l'impiego della stessa
provincia o di province diverse, la richiesta e' rivolta,
rispettivamente, alla provincia interessata o alla regione, per la
redazione della graduatoria unica integrata».
Premesso che il reclutamento del personale dipendente dello Stato
e degli enti pubblici rientra certamente nel campo
dell'organizzazione degli stessi, la disposizione appare invasiva
della competenza esclusiva dello Stato. La gia' richiamata lettera g)
dell'art. 117, comma 2, della Costituzione, rimette infatti alla
legislazione esclusiva statale l'ordinamento e l'organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. La norma
impugnata, invece, nel regolamentare l'avviamento e selezione presso
le pubbliche amministrazioni, esclude come visto dal proprio campo di
applicazione le sole amministrazioni centrali dello Stato e gli
uffici centrali degli enti pubblici, rendendo dunque, a contrario,
applicabile per la Regione Marche la disciplina posta nella legge
agli uffici periferici statali e degli altri enti.
Cio' determina, d'altro canto, un'ingiustificata differenza nelle
modalita' di reclutamento tra dipendenti della stessa amministrazione
o ente pubblico assunti in altre regioni e si pone comunque in
contrasto con i principi fondamentali posti dalla legislazione
statale introdotta con il d.lgs. n. 276/2003.
La norma dovra' pertanto essere dichiarata costituzionalmente
illegittima ed annullata.
3.1. - L'art. 11, comma 1, della legge Regione Marche n. 2/2005,
in materia di attivita' di intermediazione all'avviamento al lavoro,
prevede che «La giunta regionale, sentite le provincie e le
associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente
piu' rappresentative, determina con proprio provvedimento, le
modalita' per il rilascio a soggetti pubblici e privati
dell'autorizzazione alla gestione nel territorio regionale dei
servizi di intermediazione, di ricerca e selezione del personale e di
supporto alla ricollocazione del personale».
La norma incide illegittimamente nella competenza esclusiva
statale di cui alla lettera m) del secondo comma dell'art. 117 della
Costituzione, poiche' quanto stabilito dal legislatore statale nel
d.lgs. n. 276/2003 deve ritenersi relativo a livelli essenziali delle
prestazioni concernenti diritti sociali. Contrasta comunque con i
principi posti dall'art. 6 del d.lgs. n. 276/2003 - quanto meno da
ritenere principi fondamentali in materia di legislazione concorrente
-, non a caso intitolato a «regimi particolari di autorizzazione»,
quale, al comma 6, prescrive che «l'autorizzazione allo svolgimento
delle attivita' di cui all'art. 2, comma 1, lettere, b), c), d)
[cioe' l'attivita' di intermediazione, ricerca e selezione del
personale, supporto alla ricollocazione professionale], puo' essere
concessa dalle regioni e dalle province autonome con esclusivo
riferimento al proprio territorio e previo accertamento della
sussistenza del requisiti di cui agli articoli 4 e 5, fatta eccezione
per il requisito di cui all'art. 5, comma 4, lettera b)». La potesta'
della regione e' infatti limitata al rilascio dell'autorizzazione ai
soggetti che operano limitatamente all'area regionale e provinciale,
mentre la autorizzazione regionale non deve essere richiesta, come
dimostra anche il dettato del precedenti articoli 4 e 5, per quei
soggetti pubblici e privati che siano in possesso dell'abilitazione a
livello nazionale. Nella parte in cui impone a tutti i soggetti che
vogliano operare nel campo di richiedere l'autorizzazione regionale
la disposizione appare costituzionalmente illegittima.
3.2. - Parimenti illegittimo si appalesa il comma 2 dello stesso
articolo, laddove dispone che «Le universita' e gli istituti di
scuola secondaria di secondo grado, autorizzati ai sensi dell'art. 6,
commi 1 e 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ..., possono
svolgere attivita' di intermediazione esclusivamente per i propri
studenti, garantendone la coerenza tra i percorsi formativi e
l'eventuale collocazione lavorativa».
Appare infatti anche qui evidente il contrasto tanto con i
livelli essenziali posti a tutela dei diritti sociali fondamentali di
cui all'art. 4 della Costituzione, quanto con le norme poste dal
richiamato comma 1 dell'art. 6 del n. 276/2003, che, nel
regolamentare il particolare regime autorizzatorio concernente
l'attivita' di intermediazione svolta dalle universita', non pone
alcuna limitazione in ordine ai soggetti nell'interesse dei quali
l'attivita' viene svolta, non individuando, pertanto - come fa invece
la legge impugnata - i soli studenti.
Anche sotto questo profilo la norma deve essere dichiarata
costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117, commi 2
e 3, della Costituzione.
4. - Non sembra sfuggire a censura anche il comma 3 dell'art. 13
della Regione Marche n. 2/2005, regolante, le modalita' di
cooperazione tra servizi pubblici e soggetti operanti nell'ambito dei
«servizi al lavoro», che prescrive che «i soggetti pubblici e privati
accreditati o autorizzati allo svolgimento di servizi nel mercato del
lavoro sono tenuti ad interconnettersi con il nodo regionale della
borsa continua nazionale del lavoro e con il Sistema Informativo
regionale Marche lavoro (SIRMAL) di cui all'art. 15».
Invero, cosi' disponendo, la regione viola con piena evidenza il
disposto dell'art. 15, comma 2, del piu' volte richiamato d.lgs.
n. 276/2003 (e dei successivi regolamenti attuativi), che,
nell'enunciare principi generali sulla borsa continua nazionale del
lavoro e sul monitoraggio statistico, certamente vincolanti per le
regioni a mente del disposto dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione, prevede che «La borsa continua nazionale del lavoro e'
liberamente accessibile da parte dei lavoratori e delle imprese e
deve essere consultabile da un qualunque punto della rete. I
lavoratori e le imprese hanno facolta' di inserire nuove candidature
o richieste di personale direttamente e senza rivolgersi ad alcun
intermediario da qualunque punto di rete attraverso gli accessi
appositamente dedicati da tutti i soggetti pubblici e privati,
autorizzati o accreditati» L'imposizione della necessita' di
interconnessione con il nodo regionale appare del tutto
ingiustificata e comunque costituzionalmente illegittima per
violazione dei principi fondamentali posti sul punto dalla normazione
statale.
5. - Ugualmente viziato e' l'art. 17, comma 4, della legge
Regione Marche n. 2/2005, che, regolando i profili formativi dei
contratti di apprendistato, statuisce che «la formazione teorica da
espletarsi nel corso dell'apprendistato deve essere svolta secondo le
modalita' previste dalla contrattazione e comunque, in prevalenza,
esternamente all'azienda».
Va premesso che i profili formativi di cui si tratta appaiono
legati, piu' e prima che alla materia del lavoro: a quella della
istruzione, nella quale, a mente del disposto dell'art. 117, comma 2,
lettera n), esiste una competenza esclusiva dello Stato ad emanare
norme generali; a quella dell'ordinamento civile (lett. l), regolando
caratteristiche del contratto di lavoro e della qualifica lavorativa.
Di tal che, la disposizione dell'articolo che qui si impugna pare
incidere - nel porre principi di carattere generale -, in materia
rientrante nella legislazione esclusiva dello Stato.
L'art. 17 e' inoltre e comunque illegittimo, nel suo comma
quarto, poiche' contrasta con l'art. 49, comma 4, lett. a) del d.lgs.
n. 276/2003 - dettante quanto meno principi fondamentali in materia
di legislazione concorrente, come tali vincolanti per la regione -
che prevede che la possibilita' di acquisire al termine del rapporto
di lavoro una qualifica «sulla base degli esiti della formazione
aziendale od extra-aziendale», senza porre alcuna limitazione e
prescrizione quanto alle modalita' con le quali la formazione viene
svolta dall'apprendista.
Anche l'art. 17 dovra' pertanto essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo in parte qua.
6. - Non si sottrae, da ultimo, a censura, sotto svariati
profili, l'art. 20 della legge Regione Marche n. 2/2005. Per quanto
di interesse, cosi' dispongono le norme censurate: «... 2) Per la
realizzazione delle finalita' di cui al comma 1, la giunta regionale,
sentite le organizzazioni sindacali comparativamente piu'
rappresentative, individua annualmente, tenuto conto dell'andamento
del mercato del lavoro e delle condizioni economiche e sociali della
regione, le categorie dei soggetti svantaggiati destinatarie in via
prioritaria, unitamente alla categoria dei disabili, degli interventi
regionali finalizzati all'inserimento ed al reinserimento lavorativo.
3) I soggetti autorizzati che intendano operare ai sensi
dell'articolo 13 del d.lgs. n. 276/2003 sono tenuti a rispettare le
seguenti condizioni: a) ottenimento dell'accreditamento dalla regione
ai sensi della presente legge; b) stipula di una convenzione con le
province, previo parere favorevole della regione sul rispetto delle
prescrizioni di cui al comma 4, lettera a); c) integrale rispetto
degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e
territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative. 4) La giunta regionale,
sentite le province e le organizzazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale,
individua annualmente: a) gli standard minimi dei piani di
inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro e degli interventi
formativi che devono essere erogati; b) i requisiti professionali dei
tutori aziendali; c) le procedure per la verifica della conformita'
alle prescrizioni regionali delle convenzioni stipulate; d) le
categorie che, tenuto conto dell'andamento del mercato del lavoro,
possono essere assunte con le modalita' ed alle condizioni di cui al
presente articolo; e) le cause che legittimano il rifiuto
dell'offerta lavorativa da parte del soggetto svantaggiato senza che
lo stesso incorra nella decadenza di indennita' o diritti».
6.1. - L'art. 20, comma 2, nella parte in cui demanda alla giunta
regionale la individuazione delle categorie dei soggetti
svantaggiati, incide nella competenza esclusiva dello Stato in
materia di ordinamento civile (art. 117, comma 2, lett.l, della
Costituzione), ed e' pertanto illegittimo.
A tale conclusione deve ugualmente giungersi (per contrasto con
il successivo comma 3 della richiamata disposizione della Carta
fondamentale e dei principi posti dalla legislazione statale) ove si
abbia riguardo al disposto dell'art. 2, comma 1, lettera k) del
d.lgs. n. 276/2003, che con disposizione a carattere certamente
generale e sulla base della normativa comunitaria, individua quale
«lavoratore svantaggiato»: qualsiasi persona appartenente a una
categoria che abbia difficolta' a entrare, senza assistenza, nel
mercato del lavoro ai sensi dell'art. 2, lettera f), del regolamento
(CE) n. 2204/2002 del 12 dicembre 2002 della Commissione relativo
alla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti
di Stato a favore della occupazione, nonche' ai sensi dell'art. 4,
comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381». Non appare certamente
consentito alla normativa regionale di individuare una categoria di
soggetti deboli ristretta a livello unicamente locale.
6.2. - Illegittimo appare anche il comma 3 del medesimo art. 20,
che impone ai soggetti autorizzati il rispetto di una serie di
prescrizioni (fra l'altro, accreditamento regionale e rispetto della
contrattazione collettiva) in contrasto con l'art. 13, comma 1,
lettera a), del d.lgs. n. 276/2003, che, al fine di garantire
l'inserimento o reinserimento dei lavoratori svantaggiati,
espressamente consente (con norma di indirizzo) di «operare in deroga
al regime generale della somministrazione di lavoro».
6. - Da ultimo, va eccepita la illegittimita' costituzionale del
comma 4 dell'art. 20, che incide anch'esso nella competenza esclusiva
dello Stato di cui alla lettera l) del comma 2 dell'art. 117 della
Costituzione laddove consente alla Regione di individuare le cause
che legittimano il rifiuto dell'offerta lavorativa da parte del
lavoratore svantaggiato.
Conclusivamente, i commi 2, 3 e 4 dell'art. 20 della legge
n. 2/2005 della Regione Marche dovranno essere dichiarati
costituzionalmente illegittimi e pertanto annullati in partibus
quibus.
P. Q. M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente
annullare gli articoli 10 comma 1, 11 commi 1 e 2, 13 comma 3, 17
comma 4, 20 commi 2, 3 e 4, della legge regionale n. 2 del 25 gennaio
2005 della Regione Marche recante «Norme regionali per l'occupazione,
la tutela e la qualita' del lavoro» nelle parti e per i motivi
illustrati nel presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 24
marzo 2005;
2. copia della legge regionale impugnata.
Con ogni salvezza.
Roma, addi' 6 aprile 2005
L'Avvocato dello Stato: Massimo Salvatorelli
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 aprile 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 19 del 11-5-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
Contro la Regione Marche, in persona del presidente della giunta
regionale pro tempore, per la declaratoria della illegittimita'
costituzionale degli articoli 10 comma 1, 11 commi 1 e 2, 13 comma 3,
17 comma 4, 20 commi 2, 3 e 4, della legge regionale n. 2 del 25
gennaio 2005, pubblicata nel B.U.R. della Regione Marche del 10
febbraio 2005, n. 14, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 24 marzo 2005.
F a t t o
In data 10 febbraio 2005 e' stata pubblicata nel Bollettino
ufficiale della Regione Marche la legge regionale n. 2 del 25 gennaio
2005, approvata dal consiglio regionale nella seduta n. 218 del 19
gennaio 2005, recante «norme regionali per l'occupazione, la tutela e
la qualita' del lavoro». Con detta normazione la regione ha inteso
regolamentare le proprie competenze legislative ed amministrative in
materia, nel rispetto della Costituzione, dei principi della
legislazione statale, dello statuto regionale e dell'ordinamento
dell'Unione europea (art. 1). In particolare, per quanto qui
interessa:
l'art. 10 pone norme relativamente all'avviamento a selezione
dei lavoratori presso le pubbliche amministrazioni;
l'art. 11 regola le modalita' di rilascio a soggetti pubblici
e privati dell'autorizzazione alla gestione nel territorio regionale
dei servizi di intermediazione, ricerca e selezione del personale e
di supporto alla ricollocazione;
l'art. 13 determina le forme di cooperazione tra servizi
pubblici e operatori accreditati in materia di «servizi al lavoro»
come individuati dall'art. 12, comma 1;
l'art. 17 disciplina i profili formativi dei contratti di
apprendistato;
l'art. 20 contempla le modalita' di inserimento nel mercato
del lavoro dei soggetti svantaggiati.
Le richiamate disposizioni appaiono in contrasto con il dettato
costituzionale eccedendo le competenze regionali in materia, e devono
pertanto essere dichiarate costituzionalmente illegittime e
conseguentemente annullate sulla base delle seguenti considerazioni
in punto di
D i r i t t o
1. - La potesta' legislativa in materia di lavoro rientra, in
linea generale, nella legislazione concorrente di cui al terzo comma
dell'art. 117 della Costituzione («tutela e sicurezza del lavoro»),
nella quale allo Stato e' riservata la determinazione dei principi
fondamentali cui le regioni devono uniformarsi. Tuttavia, secondo
l'insegnamento di codesto, ecc.mo Collegio (si veda da ultimo la
sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005) specifici aspetti della materia
possono rientrare nella legislazione esclusiva statale di cui al
secondo comma, laddove riguardino, caso per caso, l'immigrazione
(lett. b), la tutela della concorrenza (lett. e), l'ordinamento e
l'organizzazione dello Stato e degli enti pubblici (lett. g),
l'ordinamento civile (lett. l), i diritti civili e sociali per i
quali e' necessaria una uniformita' su tutto il territorio nazionale
- per essi lo Stato individua livelli essenziali inderogabili -
(lett. m), l'istruzione (lett. n), la previdenza sociale (lett. o).
Con la legge delega n. 30 del 14 febbraio 2003 («Delega al
Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro») e il
successivo d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 («Attuazione delle
deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro») lo Stato ha
regolamentato organicamente ex novo la materia, dando disposizioni
nei settori di legislazione esclusiva e ponendo in particolare i
livelli essenziali delle prestazioni ex art. 117, comma 2, lett. m)
della Costituzione, nonche' enunciando i principi fondamentali nei
campi in cui sussiste competenza concorrente con le regioni.
Le norme indicate in epigrafe, e sulle quali ci si soffermera'
qui di seguito, illegittimamente incidono sulle norme cosi' poste,
eccedendo dalla competenza regionale con violazione del secondo e
terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, e devono pertanto
essere dichiarate costituzionalmente illegittime ed annullate.
2. - L'art. 10, comma 1, della legge Regione Marche n. 2/2005 che
qui si impugna, regolando l'avviamento al lavoro nelle pubbliche
amministrazioni, dispone testualmente che «le pubbliche
amministrazioni, come individuate all'art. 1, comma 2, del d.lgs.
legge n. 65/2001, escluse le amministrazioni centrali e gli uffici
centrali degli enti pubblici, per le assunzioni da effettuare ai
sensi dell'art. 35, comma 1, lettera b), del medesimo d.lgs.
n. 16/2001, formulano richiesta di avviamento a selezione di cui
all'art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme
sull'organizzazione del mercato del lavoro), al centro per l'impiego
competente per territorio. Per le assunzioni a tempo indeterminato,
qualora l'ambito territoriale del soggetto richiedente comprenda un
territorio sul quale insistono piu' centri per l'impiego della stessa
provincia o di province diverse, la richiesta e' rivolta,
rispettivamente, alla provincia interessata o alla regione, per la
redazione della graduatoria unica integrata».
Premesso che il reclutamento del personale dipendente dello Stato
e degli enti pubblici rientra certamente nel campo
dell'organizzazione degli stessi, la disposizione appare invasiva
della competenza esclusiva dello Stato. La gia' richiamata lettera g)
dell'art. 117, comma 2, della Costituzione, rimette infatti alla
legislazione esclusiva statale l'ordinamento e l'organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. La norma
impugnata, invece, nel regolamentare l'avviamento e selezione presso
le pubbliche amministrazioni, esclude come visto dal proprio campo di
applicazione le sole amministrazioni centrali dello Stato e gli
uffici centrali degli enti pubblici, rendendo dunque, a contrario,
applicabile per la Regione Marche la disciplina posta nella legge
agli uffici periferici statali e degli altri enti.
Cio' determina, d'altro canto, un'ingiustificata differenza nelle
modalita' di reclutamento tra dipendenti della stessa amministrazione
o ente pubblico assunti in altre regioni e si pone comunque in
contrasto con i principi fondamentali posti dalla legislazione
statale introdotta con il d.lgs. n. 276/2003.
La norma dovra' pertanto essere dichiarata costituzionalmente
illegittima ed annullata.
3.1. - L'art. 11, comma 1, della legge Regione Marche n. 2/2005,
in materia di attivita' di intermediazione all'avviamento al lavoro,
prevede che «La giunta regionale, sentite le provincie e le
associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente
piu' rappresentative, determina con proprio provvedimento, le
modalita' per il rilascio a soggetti pubblici e privati
dell'autorizzazione alla gestione nel territorio regionale dei
servizi di intermediazione, di ricerca e selezione del personale e di
supporto alla ricollocazione del personale».
La norma incide illegittimamente nella competenza esclusiva
statale di cui alla lettera m) del secondo comma dell'art. 117 della
Costituzione, poiche' quanto stabilito dal legislatore statale nel
d.lgs. n. 276/2003 deve ritenersi relativo a livelli essenziali delle
prestazioni concernenti diritti sociali. Contrasta comunque con i
principi posti dall'art. 6 del d.lgs. n. 276/2003 - quanto meno da
ritenere principi fondamentali in materia di legislazione concorrente
-, non a caso intitolato a «regimi particolari di autorizzazione»,
quale, al comma 6, prescrive che «l'autorizzazione allo svolgimento
delle attivita' di cui all'art. 2, comma 1, lettere, b), c), d)
[cioe' l'attivita' di intermediazione, ricerca e selezione del
personale, supporto alla ricollocazione professionale], puo' essere
concessa dalle regioni e dalle province autonome con esclusivo
riferimento al proprio territorio e previo accertamento della
sussistenza del requisiti di cui agli articoli 4 e 5, fatta eccezione
per il requisito di cui all'art. 5, comma 4, lettera b)». La potesta'
della regione e' infatti limitata al rilascio dell'autorizzazione ai
soggetti che operano limitatamente all'area regionale e provinciale,
mentre la autorizzazione regionale non deve essere richiesta, come
dimostra anche il dettato del precedenti articoli 4 e 5, per quei
soggetti pubblici e privati che siano in possesso dell'abilitazione a
livello nazionale. Nella parte in cui impone a tutti i soggetti che
vogliano operare nel campo di richiedere l'autorizzazione regionale
la disposizione appare costituzionalmente illegittima.
3.2. - Parimenti illegittimo si appalesa il comma 2 dello stesso
articolo, laddove dispone che «Le universita' e gli istituti di
scuola secondaria di secondo grado, autorizzati ai sensi dell'art. 6,
commi 1 e 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ..., possono
svolgere attivita' di intermediazione esclusivamente per i propri
studenti, garantendone la coerenza tra i percorsi formativi e
l'eventuale collocazione lavorativa».
Appare infatti anche qui evidente il contrasto tanto con i
livelli essenziali posti a tutela dei diritti sociali fondamentali di
cui all'art. 4 della Costituzione, quanto con le norme poste dal
richiamato comma 1 dell'art. 6 del n. 276/2003, che, nel
regolamentare il particolare regime autorizzatorio concernente
l'attivita' di intermediazione svolta dalle universita', non pone
alcuna limitazione in ordine ai soggetti nell'interesse dei quali
l'attivita' viene svolta, non individuando, pertanto - come fa invece
la legge impugnata - i soli studenti.
Anche sotto questo profilo la norma deve essere dichiarata
costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117, commi 2
e 3, della Costituzione.
4. - Non sembra sfuggire a censura anche il comma 3 dell'art. 13
della Regione Marche n. 2/2005, regolante, le modalita' di
cooperazione tra servizi pubblici e soggetti operanti nell'ambito dei
«servizi al lavoro», che prescrive che «i soggetti pubblici e privati
accreditati o autorizzati allo svolgimento di servizi nel mercato del
lavoro sono tenuti ad interconnettersi con il nodo regionale della
borsa continua nazionale del lavoro e con il Sistema Informativo
regionale Marche lavoro (SIRMAL) di cui all'art. 15».
Invero, cosi' disponendo, la regione viola con piena evidenza il
disposto dell'art. 15, comma 2, del piu' volte richiamato d.lgs.
n. 276/2003 (e dei successivi regolamenti attuativi), che,
nell'enunciare principi generali sulla borsa continua nazionale del
lavoro e sul monitoraggio statistico, certamente vincolanti per le
regioni a mente del disposto dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione, prevede che «La borsa continua nazionale del lavoro e'
liberamente accessibile da parte dei lavoratori e delle imprese e
deve essere consultabile da un qualunque punto della rete. I
lavoratori e le imprese hanno facolta' di inserire nuove candidature
o richieste di personale direttamente e senza rivolgersi ad alcun
intermediario da qualunque punto di rete attraverso gli accessi
appositamente dedicati da tutti i soggetti pubblici e privati,
autorizzati o accreditati» L'imposizione della necessita' di
interconnessione con il nodo regionale appare del tutto
ingiustificata e comunque costituzionalmente illegittima per
violazione dei principi fondamentali posti sul punto dalla normazione
statale.
5. - Ugualmente viziato e' l'art. 17, comma 4, della legge
Regione Marche n. 2/2005, che, regolando i profili formativi dei
contratti di apprendistato, statuisce che «la formazione teorica da
espletarsi nel corso dell'apprendistato deve essere svolta secondo le
modalita' previste dalla contrattazione e comunque, in prevalenza,
esternamente all'azienda».
Va premesso che i profili formativi di cui si tratta appaiono
legati, piu' e prima che alla materia del lavoro: a quella della
istruzione, nella quale, a mente del disposto dell'art. 117, comma 2,
lettera n), esiste una competenza esclusiva dello Stato ad emanare
norme generali; a quella dell'ordinamento civile (lett. l), regolando
caratteristiche del contratto di lavoro e della qualifica lavorativa.
Di tal che, la disposizione dell'articolo che qui si impugna pare
incidere - nel porre principi di carattere generale -, in materia
rientrante nella legislazione esclusiva dello Stato.
L'art. 17 e' inoltre e comunque illegittimo, nel suo comma
quarto, poiche' contrasta con l'art. 49, comma 4, lett. a) del d.lgs.
n. 276/2003 - dettante quanto meno principi fondamentali in materia
di legislazione concorrente, come tali vincolanti per la regione -
che prevede che la possibilita' di acquisire al termine del rapporto
di lavoro una qualifica «sulla base degli esiti della formazione
aziendale od extra-aziendale», senza porre alcuna limitazione e
prescrizione quanto alle modalita' con le quali la formazione viene
svolta dall'apprendista.
Anche l'art. 17 dovra' pertanto essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo in parte qua.
6. - Non si sottrae, da ultimo, a censura, sotto svariati
profili, l'art. 20 della legge Regione Marche n. 2/2005. Per quanto
di interesse, cosi' dispongono le norme censurate: «... 2) Per la
realizzazione delle finalita' di cui al comma 1, la giunta regionale,
sentite le organizzazioni sindacali comparativamente piu'
rappresentative, individua annualmente, tenuto conto dell'andamento
del mercato del lavoro e delle condizioni economiche e sociali della
regione, le categorie dei soggetti svantaggiati destinatarie in via
prioritaria, unitamente alla categoria dei disabili, degli interventi
regionali finalizzati all'inserimento ed al reinserimento lavorativo.
3) I soggetti autorizzati che intendano operare ai sensi
dell'articolo 13 del d.lgs. n. 276/2003 sono tenuti a rispettare le
seguenti condizioni: a) ottenimento dell'accreditamento dalla regione
ai sensi della presente legge; b) stipula di una convenzione con le
province, previo parere favorevole della regione sul rispetto delle
prescrizioni di cui al comma 4, lettera a); c) integrale rispetto
degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e
territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative. 4) La giunta regionale,
sentite le province e le organizzazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale,
individua annualmente: a) gli standard minimi dei piani di
inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro e degli interventi
formativi che devono essere erogati; b) i requisiti professionali dei
tutori aziendali; c) le procedure per la verifica della conformita'
alle prescrizioni regionali delle convenzioni stipulate; d) le
categorie che, tenuto conto dell'andamento del mercato del lavoro,
possono essere assunte con le modalita' ed alle condizioni di cui al
presente articolo; e) le cause che legittimano il rifiuto
dell'offerta lavorativa da parte del soggetto svantaggiato senza che
lo stesso incorra nella decadenza di indennita' o diritti».
6.1. - L'art. 20, comma 2, nella parte in cui demanda alla giunta
regionale la individuazione delle categorie dei soggetti
svantaggiati, incide nella competenza esclusiva dello Stato in
materia di ordinamento civile (art. 117, comma 2, lett.l, della
Costituzione), ed e' pertanto illegittimo.
A tale conclusione deve ugualmente giungersi (per contrasto con
il successivo comma 3 della richiamata disposizione della Carta
fondamentale e dei principi posti dalla legislazione statale) ove si
abbia riguardo al disposto dell'art. 2, comma 1, lettera k) del
d.lgs. n. 276/2003, che con disposizione a carattere certamente
generale e sulla base della normativa comunitaria, individua quale
«lavoratore svantaggiato»: qualsiasi persona appartenente a una
categoria che abbia difficolta' a entrare, senza assistenza, nel
mercato del lavoro ai sensi dell'art. 2, lettera f), del regolamento
(CE) n. 2204/2002 del 12 dicembre 2002 della Commissione relativo
alla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti
di Stato a favore della occupazione, nonche' ai sensi dell'art. 4,
comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381». Non appare certamente
consentito alla normativa regionale di individuare una categoria di
soggetti deboli ristretta a livello unicamente locale.
6.2. - Illegittimo appare anche il comma 3 del medesimo art. 20,
che impone ai soggetti autorizzati il rispetto di una serie di
prescrizioni (fra l'altro, accreditamento regionale e rispetto della
contrattazione collettiva) in contrasto con l'art. 13, comma 1,
lettera a), del d.lgs. n. 276/2003, che, al fine di garantire
l'inserimento o reinserimento dei lavoratori svantaggiati,
espressamente consente (con norma di indirizzo) di «operare in deroga
al regime generale della somministrazione di lavoro».
6. - Da ultimo, va eccepita la illegittimita' costituzionale del
comma 4 dell'art. 20, che incide anch'esso nella competenza esclusiva
dello Stato di cui alla lettera l) del comma 2 dell'art. 117 della
Costituzione laddove consente alla Regione di individuare le cause
che legittimano il rifiuto dell'offerta lavorativa da parte del
lavoratore svantaggiato.
Conclusivamente, i commi 2, 3 e 4 dell'art. 20 della legge
n. 2/2005 della Regione Marche dovranno essere dichiarati
costituzionalmente illegittimi e pertanto annullati in partibus
quibus.
P. Q. M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente
annullare gli articoli 10 comma 1, 11 commi 1 e 2, 13 comma 3, 17
comma 4, 20 commi 2, 3 e 4, della legge regionale n. 2 del 25 gennaio
2005 della Regione Marche recante «Norme regionali per l'occupazione,
la tutela e la qualita' del lavoro» nelle parti e per i motivi
illustrati nel presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 24
marzo 2005;
2. copia della legge regionale impugnata.
Con ogni salvezza.
Roma, addi' 6 aprile 2005
L'Avvocato dello Stato: Massimo Salvatorelli