N. 46 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 maggio 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato
in cancelleria il 16 maggio 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 29 del 23-7-2003)

Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 378
del 14 aprile 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
secondo comma lettere b), i), l), m), n), r), s), v), z), aa), bb),
cc), dd), nonche' del quinto e sesto comma dello stesso art. 1 e
dell'art. 3 della legge 7 marzo 2003, n. 38, recante disposizioni in
materia di agricoltura.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2003 e' stata
pubblicata la legge n. 38/2003, recante disposizioni in materia di
agricoltura, composta di tre articoli.
Il primo conferisce la delega al Governo per emanare uno o piu'
decreti legislativi volti a completare il processo di modernizzazione
dei settori agricolo, della pesca, dell'acquacoltura, agroalimentare,
dell'alimentazione e delle foreste.
L'art. 2 conferisce la delega al Governo per l'emanazione di un
decreto legislativo recante la revisione della disciplina in materia
di produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico.
L'art. 3 modifica l'art. 59 della legge n. 488/1999, gia'
modificato con la legge n. 388/2000, istituendo il Fondo per la
ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualita'.
In base al nuovo riparto di competenze delineato dall'art. 117
Cost., dopo la modifica del Titolo V, l'agricoltura e' materia non
riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi
del secondo comma della disposizione citata, ne' attribuita alla
potesta' legislativa concorrente Stato-regioni ai sensi del terzo
comma della medesima norma. Conseguentemente la potesta' legislativa
in materia e' rimessa, in via residuale ai sensi del quarto comma del
citato art. 117 Cost., esclusivamente alle regioni, che la esercitano
nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato potra' dunque legittimamente intervenire solo per la
disciplina di eventuali aspetti della materia riconducibili ad uno
dei titoli trasversali indicati nel secondo comma del richiamato
art. 117 Cost.
Le disposizioni impugnate della legge in oggetto, tuttavia, non
appaiono conformi ai suddetti criteri di riparto di attribuzioni, con
conseguente lesione delle competenze regionali per i seguenti motivi
di

Diritto

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, secondo comma
lettera b), i), l), m), n), r), s), v), z), aa), bb), cc), dd),
nonche' del quinto e sesto comma, per violazione degli artt. 117 e
118 Cost., dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3/2001, nonche'
del principio di leale collaborazione.
1. a) Il secondo comma dell'art. 1, tra i principi e criteri
direttivi per l'emanazione dei futuri decreti legislativi di
disciplina della materia, dispone, alla lettera b) che la
concertazione tra lo Stato e le regioni debba avere per oggetto anche
l'esame dei progetti regionali rilevanti ai fini della tutela della
concorrenza, prevedendo a tal fine un apposito procedimento di
notifica del progetto regionale al Ministero competente. Il Governo,
ove ritenga il progetto notificato conforme alle norme nazionali in
materia di concorrenza, «libera» le regioni da ogni ulteriore onere,
cura la presentazione del progetto e segue il procedimento di
approvazione del medesimo presso gli organismi comunitari.
La disposizione contrasta con le competenze, legislative ed
amministrative, regionali in materia di agricoltura, senza che, a tal
fine, il richiamo alla tutela della concorrenza possa legittimare
l'intervento statale.
E' infatti noto che in materia di agricoltura, gia' nel vigore
del previgente Titolo V, le regioni sono attivamente intervenute con
l'erogazione di finanziamenti, prevalentemente stanziati a livello
comunitario, per incentivare la produzione agricola.
Per la tutela della concorrenza, gli aiuti previsti sono sempre
stati notificati alla Commissione europea, ai sensi e per gli effetti
dell'art. 88, paragrafo 3, del trattato istitutivo della Comunita'
economica europea. Com'e' noto, infatti, l'art. 87, paragrafo 1 del
trattato dispone che sono incompatibili con il mercato comune, nella
misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti
concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto
qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni,
falsino o minaccino di falsare la concorrenza. I successivi paragrafi
2 e 3 dello stesso art. 87 definiscono gli aiuti che possono
considerarsi compatibili con il mercato comune. Per la valutazione di
tale compatibilita' gli aiuti vengono notificati alla Commissione
europea ai sensi del richiamato art. 88, par. 3 del trattato.
Per assicurare l'esatto adempimento della suddetta notifica del
regime di aiuto, la regione ricorrente ha emanato un'apposita legge
regionale (legge regionale 29 novembre 1996, n. 91) con cui ha
disciplinato puntualmente il procedimento per la notifica alla
Commissione dell'Unione europea di ogni proposta relativa
all'istituzione o modifica di regimi di aiuto.
E' quindi indubbio che la tutela della concorrenza e' assicurata
dal rigido controllo effettuato in via preventiva a livello
comunitario delle forme di aiuto.
Inoltre con l'espressione di cui alla lettera e) del secondo
comma dell'art. 117 Cost., il Costituente ha inteso attribuire al
legislatore statale la potesta' di dettare norme per disciplinare
interventi sul mercato volti a correggere eventuali fenomeni
distorsivi - quali ad esempio l'abuso di posizione dominante o le
concentrazioni di imprese - destinati a turbare il libero operato
della legge del mercato. Ma dettare norme di tal natura non significa
certo prevedere l'esame puntuale del Ministero sui progetti
regionali, con l'eventuale potere di veto sui progetti stessi: tale
esame, infatti, si risolve in un controllo sulla singola azione della
regione, che non trova alcun supporto costituzionale.
La norma in esame quindi utilizza la tutela della concorrenza in
modo surrettizio per espropriare le regioni delle loro competenze di
presentazione del progetto direttamente agli organismi comunitari e
di cura della successiva fase dell'approvazione del medesimo
progetto.
Cio' appare particolarmente lesivo delle attribuzioni regionali
in materia di agricoltura, perche' tende ad estromettere le regioni
dalla procedura di rapporto diretto con gli organismi comunitari per
l'ammissione di progetti regionali.
In denegata ipotesi, ove il richiamo alla tutela della
concorrenza fosse inteso in senso legittimante la previsione di un
potere puntuale di controllo del Ministero sui singoli progetti
regionali, resterebbe comunque l'illegittimita' costituzionale del
secondo periodo della lettera b) in esame. In tale ipotesi, infatti,
sarebbe sufficiente la notifica al Ministro competente il quale
potrebbe consentire l'ulteriore corso del progetto ove non ravvisi
lesione della concorrenza. Non si comprende perche' invece si preveda
che in caso di riscontro positivo da parte del Ministro, debba essere
il Governo - che in modo ambiguo e non richiesto «libera» le regioni
da ogni onere - a curare la presentazione del progetto e a seguire il
procedimento di approvazione del medesimo presso gli organismi
comunitari.
L'esperienza dei progressi anni insegna che la fase di
negoziazione con la Commissione europea per l'approvazione di un
regime di aiuto assume spesso aspetti tecnici molto complessi che
solo i soggetti interessati possono risolvere direttamente. E' arduo
pensare che tale trattativa con la Commissione possa essere svolta
per conto delle regioni da parte dell'autorita' centrale.
Pertanto la totale estromissione delle regioni dalla fase di
negoziazione con la Commissione europea in merito ai progetti
regionali e' fortemente lesiva delle attribuzioni regionali in
materia di agricoltura e cio' anche considerando che alle regioni
spetta l'attuazione del diritto comunitario nelle materie di propria
competenza, ai sensi dell'art. 117, quinto comma, Cost.
Per i suddetti motivi la censurata disposizione e'
incostituzionale per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
1. b) Degli ulteriori principi e criteri direttivi indicati
nell'art. 1, secondo comma, appaiono lesivi delle attribuizioni
regionali quelli contenuti:
nella lettera i): qui infatti si prevede che i futuri decreti
legislativi interverranno per favorire l'accesso ai mercati
finanziari delle imprese agricole, agroalimentari, dell'acquacoltura
e della pesca: si tratta degli interventi di sostegno finanziario
alle imprese che gia' nel passato hanno costituito oggetto di azioni
delle regioni e che rientrano pienamente nelle attribuzioni regionali
in materia di agricoltura ai sensi dell'art. 117, quarto comma,
Cost.;
nella lettera l): favorire l'insediamento e la permanenza dei
giovani in agricoltura e' aspetto non riservato allo Stato, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma Cost. Si potra' ammettere l'intervento
statale solo (e non gia', come prevede la norma «anche») con
riferimento all'adozione della disciplina tributaria e previdenziale,
in quanto tali aspetti si ricollegano alle competenze statali in
materia di previdenza sociale e di sistema tributario dello Stato.
L'inserimento della parola «anche» rende ammissibile l'intervento
statale in materia di aiuti in agricoltura per i giovani, in
contrasto con la competenza residuale e dunque esclusiva delle
regioni in agricoltura;
nella lettera m), attinente alla normativa per il supporto
dello sviluppo dell'occupazione nel settore agricolo: tale materia e'
di attribuzione regionale sia per l'aspetto attinente l'agricoltura
che per la tutela del lavoro. Si potra' ammettere che lo Stato
disciplini tali aspetti solo (e non gia', come prevede la norma
«anche per», che e' dizione evidentemente idonea ad estendere senza
limiti l'intervento statale) per incentivare l'emersione
dell'economia irregolare e sommersa, dato che tale emersione involge
profili attinenti all'ordinamento civile, nonche' alla disciplina
penale, comportando la necessaria depenalizzazione dei reati connessi
con l'economia irregolare e sommersa;
nella lettera n) attinente alla ridefinizione degli strumenti
relativi alla tracciabilita', all'etichettatura e alla pubblicita'
dei prodotti alimentari e dei mangimi. Tali profili riguardano la
commercializzazione del prodotto agricolo e non vi e' dubbio che
anche l'allocazione dei prodotti sul mercato rientri
nell'agricoltura, con conseguente competenza regionale (a parte il
fatto che anche la materia «commercio» non fa parte degli elenchi di
cui ai commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost, e dunque rientra
nella competenza residuale delle regioni ai sensi del quarto comma
dello stesso articolo). Potra' obiettarsi che l'etichettatura dei
prodotti dovra' rispondere a regole uguali, per la tutela del
consumatore. Ma tale argomento non puo' spostare la competenza
regionale, perche', come correttamente rilevato in dottrina «la
disciplina delle informazioni che i produttori danno ai consumatori
e' riservata alla Unione europea per garantire il mercato unico
europeo, ovvero uno spazio senza frontiere nel quale sia assicurata
la libera circolazione (anche) delle merci ed in cui sia evitata
qualsiasi disparita' per quanto riguarda il livello di tutela dei
consumatori (direttiva 95/2001 del Parlamento e del Consiglio del
3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti):
sicche' la competenza delle regioni si ripropone in quanto ad esse
spetta l'attuazione del diritto comunitario nelle materie di propria
competenza (art. 117, V comma)» (Alberto Germano) «La "materia"
agricoltura nel sistema definito dall'art. 117 Cost», in Le Regioni
n. 1/2003, pg. 156). Nell'ipotesi poi in cui si ritenga che la
tracciabilita', etichettatura e pubblicita' dei prodotti alimentari e
dei mangimi possa presentare profili attinenti alla tutela della
salute, si rileva che, per tale profilo, lo Stato deve limitarsi a
dettare i principi, mentre la dizione della disposizione qui
censurata (prevedendo la ridefinizione degli strumenti) prelude piu'
ad un intervento del Governo puntuale e dettagliato che ad una
legislazione di principi, in netto contrasto con l'art. 117 Cost.;
nella lettera r): non si ravvisa il titolo legittimante dello
Stato ad intervenire per disciplinare gli strumenti di coordinamento,
indirizzo ed organizzazione delle attivita' promozionali dei prodotti
del sistema agroalimentare. La norma richiama il sistema
agroalimentare italiano e l'internazionalizzazione dei prodotti
tipici, di qualita' ed ottenuti con la produzione biologica, e in tal
modo sembra voler fare riferimento ad un interesse unitario nazionale
che, pero', non puo' legittimare in via generale l'intervento del
legislatore statale, al di fuori dei casi di cui al medesimo
art. 117, secondo comma, Cost.;
nella lettera s): ove si prevede la promozione, lo sviluppo,
il sostegno e l'ammodernamento delle filiere agroalimentari gestite
direttamente dagli imprenditori agricoli per valorizzare sul mercato
i loro prodotti. Anche in tal caso valgono le stesse considerazioni
di cui alle precedenti lettere n) e r). In ipotesi puo' ritenersi
consentito l"intervento statale limitato solo (e non «anche» come
prevede la norma) all'istituzione della cabina di regia nazionale con
il compito di armonizzare gli interventi e avanzare proposte per il
loro sostegno, con riguardo alle iniziative operanti a livello
interregionale;
nelle lettere v) e z): la delega cosi' ampia per la
disciplina dei controlli sull'attivita' di pesca marittima e sul
fondo di solidarieta' per gli interventi in favore delle imprese
ittiche danneggiate da calamita' naturali o da avversita' meteomarine
non appare giustificata in base al riparto di attribuzioni del nuovo
art. 117 in tema di pesca, ove, eventualmente, l'intervento statale
dovra' limitarsi agli aspetti attinenti alla tutela dell'ecosistema;
nella lettera aa): non si contesta la definizione della
figura dell'imprenditore ittico, perche' attinente all'ordinamento
civile riservato allo Stato, ma si contesta l'ampia delega prevista
per la revisione delle attivita' di pesca e di acquacoltura, nonche'
delle attivita' connesse a quelle di pesca che rientrano nelle
competenze regionali ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.;
nelle lettere bb), cc), dd): l'intervento statale potra'
ammettersi per gli aspetti concernenti le necessarie modifiche al
codice della navigazione, mentre appare eccessivamente ampia la
delega prevista anche con riferimento alla semplificazione dei
procedimenti amministrativi relativi ai rapporti fra imprese ittiche
e p.a.; allo sviluppo occupazionale nel settore della pesca; alle
misure tecniche di conservazione delle specie ittiche al fine di
assicurare lo sviluppo sostenibile del settore della pesca e
dell'acquacoltura. In tali casi, infatti, come gia' rilevato, si
verte in un ambito materiale (la pesca e acquacoltura) riservato alla
competenza regionale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
1. c) Il quinto comma dell'articolo in esame prevede l'emanazione
di regolamenti per l'attuazione dei decreti legislativi di cui al
comma 3, vale a dire di quei decreti legislativi da emanare per
riaccorpare tutte le norme in materia di agricoltura, distinguendo
tra norme di competenza esclusiva dello Stato, norme contenenti
principi fondamentali e norme vigenti fino alla loro modifica da
parte delle regioni. Si contesta la previsione dei regolamenti, i
quali, ex art. 117, sesto comma Cost., potranno essere emanati solo
con riferimento alle fattispecie rientranti nella competenza
legislativa esclusiva dello Stato e non invece per dettare le norme
di attuazione relativamente agli aspetti rientranti nella potesta'
legislativa regionale.
1. d) Il sesto comma dell'art. 2 prevede che sugli schemi di
decreto legislativo di cui ai commi 1 e 3 sia acquisito il parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome.
Solo a questo si limita il coinvolgimento regionale nella
procedura di adozione ed approvazione della futura normativa
delegata.
Tale previsione e' in contrasto con l'impianto sostanziale
dell'art. 117 Cost. L'intervento normativo statale, avendo
un'incidenza diretta su materie spettanti al legislatore regionale,
dovrebbe seguire e rispettare un procedimento di codecisione
paritaria con le regioni. Tale necessita' e' confermata nel
meccanismo di cui all'art. 11 della legge costituzionale n. 3/2001
ove e' previsto che la commissione parlamentare per le questioni
regionali, integrata con i rappresentanti delle autonomie
territoriali, debba sempre esprimere un parere ad efficacia
rinforzata su tutti i progetti di legge riguardanti le materie di
legislazione concorrente e l'autonomia finanziaria delle regioni e
degli enti locali.
Tale norma e' immediatamente prescrittiva e vincolante, con
conseguente illegittimita' dell'impugnata disposizione, perche' non
prevede che gli emanandi decreti rispettino la procedura di cui al
citato art. 11. Ove poi si dovesse ritenere che detto art. 11 non sia
direttamente prescrittivo, lo stesso e comunque vincolante per il
principio costituzionale ad esso sotteso, vale a dire la garanzia
della leale collaborazione tra Stato e regioni in particolare per
quanto attiene all'esigenza di assicurare la partecipazione effettiva
delle regioni ai procedimenti decisionali dello Stato che possano
incidere sulle sfere di autonomia costituzionalmente attribuite alle
regioni stesse; conseguentemente e' necessario adottare, anche per
gli atti normativi del Governo, un meccanismo idoneo a questa
finalita' che nel caso in oggetto non e' previsto.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 per violazione
degli artt. 117 e 119 Cost.
La disposizione apporta modifiche all'art. 59 della legge
n. 488/1999, gia' modificato dall'art. 123 della legge n. 388/2000,
istituendo il fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura
biologica e di qualita', finalizzato al finanziamento di programmi
annuali, nazionali e regionali di ricerca in materia di agricoltura
biologica e in materia di sicurezza e salubrita' degli alimenti. Con
decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali verranno
determinate le modalita' di funzionamento del fondo e la tipologia
dei soggetti, dei progetti e delle spese ammissibili.
Si prevede altresi' un contributo statale di 15 miliardi per ogni
anno del triennio 2001-2003 per il sostegno allo sviluppo della
produzione biologica e per l'informazione dei consumatori sugli
alimenti ottenuti con metodi di produzione biologica, sugli alimenti
tipici e tradizionali, nonche' su quelli a denominazione di origine
protetta.
E' poi stabilito che il fondo di cui al comma 2-bis sia ripartito
annualmente con decreto ministeriale, d'intesa con le regioni e le
province autonome, sulla base delle proposte di programmi regionali
presentati al Ministero, nonche' delle priorita' stabilite al comma
2-bis.
La disposizione si pone in contrasto con l'art. 119 Cost.
Com'e' noto, l'art. 119 Cost., a fronte del nuovo assetto delle
competenze istituzionali delineato dagli artt. 117 e 118, ha definito
le regole di finanziamento delle regioni, prevedendo che le entrate
proprie, le quote di compartecipazione al gettito dei tributi
erariali (le quali affluiscono alle regioni nel cui territorio sono
prodotte) e le quote di partecipazione al fondo perequativo
costituiscono le componenti ordinarie del sistema finanziario
regionale.
E' stato in tal modo costituzionalizzato il principio del congruo
finanziamento delle competenze regionali.
A cio' il sesto comma dell'art. 119 aggiunge la possibile
destinazione da parte dello Stato di risorse aggiuntive e la
previsione di interventi speciali, per le finalita' indicate dalla
stessa disposizione.
E' indubbio che l'attuazione della norma in questione
richiedera', in prospettiva, la definizione di un sistema finanziario
nuovo che attui il federalismo fiscale. Di certo, pero', gia' da ora
devono essere rispettati i criteri introdotti dalla norma: come
rilevato in dottrina lo Stato e' chiamato ad integrare le entrate
proprie delle regioni ed i proventi delle compartecipazioni al
gettito dei tributi erariali con le quote del fondo perequativo -
diretto a ridurre, se non ad eliminare, le conseguenze finanziarie
delle differenze interregionali nella capacita' fiscale per abitante
- e con i contributi speciali, commisurati ad indicatori regionali di
fabbisogno (P. Giarda «Le regole del federalismo fiscale
nell'art. 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione» Le
Regioni n. 6/2001, pag. 1426 ss.)
Da cio' discende che l'amministrazione statale non puo'
continuare a disciplinare le modalita' di erogazione diretta dei
finanziamenti per attivita' inerenti a materie che, come
l'agricoltura, sono attribuite alla competenza regionale, perche'
cio' determina una sicura lesione delle attribuzioni regionali: il
rispetto di tali competenze impone invece il trasferimento delle
risorse finanziarie disponibili alle regioni alle quali poi compete,
nell'esercizio della riconosciuta potesta' legislativa nel settore,
disciplinare con legge la procedura per l'erogazione delle risorse
stesse agli aventi diritto, nonche' le tipologie di soggetti e di
progetti ammissibili.
Conseguentemente il Fondo previsto nell'impugnata disposizione
deve essere decentrato e ripartito, nell'ambito di chiari principi di
ridistribuzione delle risorse, tra le regioni.
L'art. 3 in esame, invece, del tutto noncurante della nuova norma
contenuta nell'art. 119 Cost., disciplina le finalita' del Fondo, la
sua ripartizione, rinvia ad un futuro decreto ministeriale le
modalita' di funzionamento del Fondo stesso e la tipologia dei
soggetti, dei progetti e delle spese ammissibili, con una normativa
dettata a regime, che accorpa le competenze in capo al Ministro delle
politiche agricole e forestali, senza alcun rispetto per il nuovo
assetto delle competenze regionali costituzionalmente previste, con
conseguente lesione dell'autonomia finanziaria regionale e delle
attribuzioni delle regioni in materia di agricoltura.

P. Q. M.
Chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, secondo comma lettere b), i), l), m), n),
r), s), v), z), aa), bb), cc), dd), nonche' del quinto e sesto comma
dello stesso art. 1 e dell'art. 3 della legge 7 marzo 2003, n. 38,
recante disposizioni in materia di agricoltura, per i motivi indicati
in ricorso.
Si deposita la delibera di autorizzazione a promuovere il
presente giudizio.
Firenze - Roma, addi' 9 maggio 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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