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RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 ottobre 2007, n. 46
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Ricorso per questioni di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 16 ottobre 2007 (dal Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 48 del 12-12-2007)
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Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura dello Stato, presso il cui
uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Contro Regione
Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale
attualmente in carica, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale degli articoli 5, 9, 11, 13, 16, 20, 21, 22, 24, 26,
30, 34, 35, 36,38, 39, 40, 41, 46, 51, 54, 57, 58, 59, 60 e
dell'Allegato I (punti 45.23, 45.24, e 45.25) della legge della
Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5, pubblicata nel BUR n. 26
dell'11 agosto 2007, recante: «Procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della
direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per
la disciplina delle fasi del ciclo dell'appalto».
Nell'esercizio della propria competenza legislativa, la Regione
Sardegna ha emanato la legge regionale n. 5/2007 per dettare una
disciplina organica in materia di contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture in dichiarata attuazione della nuova normativa
comunitaria.
Detta legge, che consta di ben 74 articoli e di alcuni allegati, si
dirige alla amministrazione regionale e ai suoi enti, economici e non
economici, alle aziende sanitarie pubbliche, agli enti locali, agli
organismi di diritto pubblico, ai concessionari di lavori pubblici,
ai concessionari di servizi pubblici, ai soggetti operanti nei
settori speciali, ed ai privati che realizzano lavori o forniture o
servizi finanziati per piu' della meta' con denaro regionale, e vuole
disciplinare tutti gli appalti pubblici di qualunque importo che si
eseguono sul territorio regionale.
Sono esclusi dall'osservanza della legge solo gli appalti affidati
dalle amministrazioni dello Stato e dagli enti statali.
Sennonche', alcune delle norme della legge regionale in questione non
appaiono in linea con i principi costituzionali che presiedono al
riparto delle competenze legislative nella materia.
Ora, e' noto che la questione del riparto di competenza legislativa
fra Stato e regioni in materia di affidamento ed esecuzione di
commesse pubbliche ha avuto di recente un notevole contributo
interpretativo ad opera delle sentenze n. 303 e 304 del 2003 e n. 345
del 2004 della Corte costituzionale, nonche' una precisa
regolamentazione ad opera del c.d. «codice degli appalti» di cui al
decreto legislativo n. 163/2006.
In base ai principi desumibili dalle pronunce e dalle norme ora
richiamate, e' possibile affermare che la materia degli appalti
pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 della
Costituzione - non appartiene per residualita' alla competenza
legislativa delle regioni.
Come affermato dalla Corte costituzionale a proposito dei lavori
pubblici, ma con espressioni e concettiidonei a ricomprendere tutti
gli appalti pubblici (e quindi anche servizi e forniture), «si tratta
di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria
materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale
afferiscono, e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a
potesta' legislative dello Stato, ovvero a potesta' legislative
concorrenti».
Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici
in tutti i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione,
del finanziamento, della scelta del contraente, della sua
qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie) si
ha che ciascuno di essi puo' essere ricondotto all'ambito di
legislazione cui appartiene la relativa materia, e di conseguenza
puo' essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta'
legislativa.
Per grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene
alla fase dell'affidamento dell'appalto - contenuto dei bandi di
gara, criteri di aggiudicazione, disciplina della gara,
qualificazione dei concorrenti -rientra nel generale concetto di
regolamentazione della concorrenza e di regolazione del mercato (ed
in questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria
in materia, nonche' la ragione della predominanzadi questa sulla
normativa interna), regolamentazione che, in quanto tale, appartiene
allo Stato in via esclusiva.
In tal senso e' espressamente l'orientamento della Corte
costituzionale, che ha affermato che l'acquisto di beni e servizi da
parte delle pubbliche amministrazioni secondo le procedure ad
evidenza pubbliche costituisce la concreta attuazione della pienezza
dei rapporti concorrenziali. «Le procedure ad evidenza pubblica,
anche alla luce delle direttive della Comunita' europea (cfr. da
utlimo, la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativa al
coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di lavori, di forniture e servizi), hanno assunto un rilievo
fondamentale per la tutela della concorrenza tra i vari operatori
economici interessati alla commesse pubbliche. Viene in rilievo, a
questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma,
della Costituzione, secondo la quale spetta allo Stato legiferare in
via esclusiva in tema di tutela della concorrenza» (Corte cost.
n. 345/2004).
Ed il ragionamento non muta per il fatto che la Regione Sardegna sia
regione a statuto speciale.
Nonostante che essa abbia, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge
costituzionale n. 3/1948 recante il suo statuto speciale, una
potesta' legislativa primaria in materia di lavori pubblici di
esclusivo interesse regionale (categoria, quella dell'interesse
regionale dei lavori, mai adeguatamente chiarita), la Corte
costituzionale ha piu' volte affermato il principio per cui qualora
una materia attribuita dallo statuto speciale alla competenza
primaria della regione interferisca, in tutto o in parte, con un
ambito spettante ai sensi dell'art. 117 della Costituzione alla
potesta' legislativa esclusiva statale, il legislatore nazionale puo'
incidere sulla materia in questione al fine di garantire standard
minimi ed uniformi e di introdurre limiti unificanti (v. Corte cost.
20 dicembre 2002, n. 536, giusto riguardante la Regione Sardegna).
In altri termini, il legislatore statale conserva il potere di
vincolare la potesta' legislativa primaria delle regioni a statuto
speciale attraverso l'emanazione di leggi di riforma economico
sociale, con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli
atti legislativi statali emanati in tali materie possono continuare
ad imporsi al rispetto delle regioni stesse (Corte costituzionale 21
febbraio 2006, n. 51, ancora nei riguardi della Regione Sardegna).
In questa prospettiva, la tutela della concorrenza e la disciplina
dell'ordinamento civile costituiscono proprio materie in cui la
competenza legislativa esclusiva dello Stato e' irrinunciabile, e
dette materie sono senza dubbio interferenti con la materia degli
appalti pubblici (sia lavori. che servizi e forniture), in modo da
non consentire regole contrastanti fra loro sul territorio nazionale,
e da imporre pertanto l'intervento unificatore della norma statale.
In altri termini, occorre evitare che il mercato e le sue regole non
soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili
discipline, articolate secondo le differenziazioni del territorio
regionale e ciascuna rispondente a finalita' politiche diverse, ed
abbiano viceversa una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il
territorio nazionale.
E certamente il caso delle procedure di affidamento di contratti,
pubblici. Ma analogamente va ritenuto con riguardo ad altri aspetti
della materia dei contratti pubblici, quali la sottoscrizione del
contratto e la sua esecuzione, il subappalto, la disciplina delle
controversie.
E infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene alla
disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del loro
adempimento, del loro inadempimento e delle relative conseguenze
giuridiche (non a caso il contratto di appalto trova compiuta
disciplina negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e'
tradizionalmente ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche'
speciale), e come tale rientra a pieno titolo nella potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, cui spetta, sempre a norma
dell'art. 117 della Costituzione, legiferare in tema di ordinamento
civile e penale.
Per quanto poi riguarda il subappalto, oltre alla gia' rilevata
considerazione del suo appartenere all'ambito del diritto civile
(art. 1656 c.c.). vi e' l'ulteriore e non meno rilevante aspetto
dell'assoggettamento dell'istituto in questione a normativa speciale
(la legge 19 marzo 1990, n. 55) di chiara ispirazione di ordine
pubblico, e cio' costituisce ulteriore elemento per ricondurre la
disciplina del subappalto nell'esclusiva signoria dello Stato,
competente a legiferare sempre ai sensi dell'art. 117 della
Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza.
Questo e' l'assetto delle competenze legislative nella materia degli
appalti pubblici di lavori, servizi e forniture quale risulta dalla
piu' corretta interpretazione dei principi costituzionali, e quale
attualmente accolta nella piu' recente normativa emanata dallo Stato
sul punto: l'articolo 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163.
Sulla base di questi concetti e considerazioni preliminari e
generali, la legge regionale n. 12/2006 che quisi impugna si presenta
per molti versi esuberante rispetto alle linee di demarcazione della
potesta' legislativatra Stato e regioni tracciata dalla Costituzione,
e sembra aver travalicato i limiti della competenza legislativa
regionale in materia.
Cio' e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente, in
relazione a molteplici norme, che di seguito si elencano e si
censurano.
Articolo 5, commi 1 e 6, in relazione all'art. 117, della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale (legge cost.
n. 3/1948).
La disposizione in parola prevede che, in sede di programmazione
degli appalti, le amministrazioni ed isoggetti pubblici siano tenuti
a redigere ed approvare un programma triennale per i lavori di
importo superiore ai 200.000,00 euro.
La legge statale invece (art. 128 del decreto legislativo
n. 163/2006) impone l'inserimento nella programmazione dei lavori di
importo superiore ai 100.000,00 euro.
La necessita' che la realizzazione di lavori pubblici avvenga
so!tanto in seguito ad un'attenta attivita' diprogrammazione, che la
programmazione vada di pari passo con la redazione dei progetti, e
che la programmazione stessa si ponga in stretta correlazione con la
previsione delle risorse in bilancio costituisce uno dei punti piu'
qualificanti di tutta la riforma dei lavori pubblici attuata con la
legge dello Stato n. 109/1994 (legge quadro in materia di lavori
pubblici), mirando a far cessare il malcostume amministrativo di
svincolare le opere pubbliche da un'attenta analisi dei bisogni della
collettivita' e da una responsabile pianificazione politico
finanziaria. Tanto che la realizzazione di lavori pubblici per i
quali e' obbligatoria la programmazione di regola non puo' avvenire
se un determinato lavoro non sia stato previamente inserito nei
programmi.
Innalzare il limite di valore dei lavori per i quali non e'
obbligatoria la preventiva programmazione, come fa la norma
regionale, equivale a sottrarre dalla programmazione una fascia di
lavori assai consistente, soprattutto avuto luogo alle ordinarie
capacita' delle piccole amministrazioni aggiudicatici, per le quali i
lavori di importo inferiore ai 200.000 euro costituiscono la parte
piu' cospicua di attivita' realizzativi.
La norma regionale, dunque, snatura gran parte degli obblighi di
programmazione imposti dalla leggestatale, rendendo la programmazione
stessa non piu' obbligatoria per moltissimi lavori pubblici. Ma cosi'
facendo, incide su un principio - quello della necessaria stretta
relazione tra programmazione, progettazione, finanziamento e
realizzazione - che costituisce uno dei cardini della buona
amministrazione perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici.
Lo stesso dicasi riguardo alla previsione di cui al comma 6
dell'articolo che qui si censura, in virtu' del quale l'inserimento
di un lavoro nell'elenco annuale (l'altro documento di cui si giova
la programmazione delle pubbliche amministrazioni) richiede solo uno
studio di fattibilita' (sintetica relazione per gli interventi di
manutenzione) per i lavori di importo inferiore ai 2.000.000,00 di
euro, ed esige il progetto preliminare per i lavori di importo
superiore ai 2.000.000,00 di euro, laddove lo stesso limite di
discrimine e' individuato dalla legge statale in un milione di euro.
La norma regionale, quindi, esonera un gran numero di lavori pubblici
(quelli di importo compreso tra unoe due milioni di euro)
dall'obbligo di preventiva progettazione preliminare al fine del loro
inserimento inprogramma, statuendo la sufficienza del mero studio di
fattibilita'.
Anche qui va ricordato che la corrispondenza tra programmazione e
progettazione costituisce cardine della riforma dei lavori pubblici
attuata dallo Stato, in quanto tende ad impedire che siano messi in
programma e siano finanziati lavori per i quali non sussiste alcuna
elaborazione progettuale, e per i quali quindi manchi la necessaria
indicazione anche finanziaria (non e' infatti inopportuno ricordare
che la stima sommaria dei costi di un'opera e' documento appartenente
alla progettazione preliminare), ma cosi' facendo consente
indebitamente che siano inseriti in programma e siano finanziati
interventi la configurazione tecnico economica dei quali e'
pericolosamente indefinita.
Art. 9, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3
dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale disciplina la progettazione e le tipologie
progettuali in modo difforme da quanto praticato dallo Stato nelle
corrispondenti norme del decreto legislativo n. 163/2006; la
disciplina della progettazione e' invece competenza esclusiva dello
Stato, e - in quanto regola di esecuzione dell'opera pubblica,
nonche' documento fondamentale del contratto di appalto perche'
individuatore della prestazione dell'appaltatore - deve trovare
identica configurazione su tutto il territorio nazionale.
Art. 11, commi 12, 13, 14, 15 e 16, in relazione all'art. 117 della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La norma regionale regola l'affidamento degli incarichi di
progettazione e di direzione dei lavori, prevedendo (comma 12) che
per gli incarichi di valore superiore alla soglia di rilievo
comunitario operino le norme regionali della stessa legge n. 5/2007
relative ai servizi sopra soglia, mentre (comma 13) per gli incarichi
di valore inferiore al limite comunitario operino regole particolari
quali quelle di seguito brevemente descritte.
Gli incarichi di importo inferiore ai 20.000.00 euro sono affidati in
via diretta secondo le regole dei contratti in economia, senza gara
alcuna e con corrispettivo negoziato tra funzionario pubblico e
prestatore di servizi. Gli incarichi di valore compreso tra 20.000,00
euro e 100.000,00 euro sono affidati senza una particolare formalita'
concorrenziale, ma nel generico rispetto dei principi di trasparenza,
proporzionalita' e rotazione e all'interno di liste o elenchi, gli
incarichi di valore compreso tra i 100.000,00 euro e la soglia
comunitaria sono infine affidati con procedura ad evidenza pubblica.
La normativa statale (art. 91 del decreto legislativo n. 163/2006)
non conosce una tripartizione del genere, ma si limita a distinguere
tra incarichi di valore superiore ed inferiore ai 100.000,00 euro:
per i primi valgono le regole dell'affidamento riferite al
corrispondente valore (quelle comunitarie per gli incarichi sopra
soglia e quelle nazionali, ma comunque competitive, per gli incarichi
sotto soglia), mentre per i secondi valgono le regole della selezione
informale presieduta dai criteri di trasparenza e rotazione. Non e'
prevista l'area di discrezionalita' assoluta per gli incarichi sotto
i 20.000.00 euro.
Non sembra conforme ai principi di cui sopra tollerare sistemi
regionali di affidamento degli incarichi di progettazione e direzione
lavori diversi per limiti e contenuti rispetto a quelli dello Stato:
infatti, le regole dell'affidamento dei contratti sono regole di
attuazione della concorrenza, che e' materia di primaria competenza
legislativa statale, e le norme regionali che distinguono tra soglia
e soglia in modo difforme dalla disciplina statale altro effetto non
hanno che aprire o chiudere il mercato a consistenti fasce di
commesse pubbliche.
Art. 13, commi 3, 4 e 10, in relazione all'art. 117 della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La norma regionale si occupa della validazione del progetto
(particolare modalita' di verifica e controllo cui va sottoposto il
progetto prima della sua messa in gara per garantire la sua
conformita' a legge e alle regole della tecnica), prevedendo che la
validazione debba essere obbligatoriamente affidata ad organismi
accreditati secondo i parametri UNI CEI EN nel caso di progetti (di
interventi) di valore superiore ai 25.000.000, di euro.
La previsione statale e' diversa quanto alla individuazione del
limite. fissato dall'art. 112 del decreto legislativo n. 163/2006 in
20.000.000,00 di euro.
L' innalzamento del valore attuato dalla legge regionale incide sulla
concorrenza in quanto si riflette sul mercato dei prestatori di
servizi di validazione, ampliando l'area accessibile ai validatori
non qualificati dall'accreditamento e restringendo, di converso,
l'area riservata ai validatori accreditati, con valutazione che -
indipendentemente da ogni giudizio di merito - e' difforme da quella
presupposta dalla norma statale.
Come in altra circostanza, anche qui si perpetra una diversa
disciplina delle modalita' di affidamento di un contratto di servizi,
e quindi una diversa regolamentazione del mercato in funzione della
concorrenza; ma anche in questo caso, deve rivendicarsi la competenza
legislativa esclusiva dello Stato e la necessita' della regione di
adeguarsi ai principi dallo Stato dettati.
Art. 16, comma 12, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale in contestazione disciplina la particolare forma
di affidamento di lavori pubblici in cui il corrispettivo e' pagato
in tutto o in parte mediante cessione di beni immobili. Il
particolare procedimento innovativo, introdotto a suo tempo dalla
legge n. 109/1994 e ribadito dall'attuale codice dei contratti,
prevede una gara combinata nella quale l'amministrazione ottiene il
minor prezzo del lavoro e il maggior prezzo del bene messo in
vendita.
Sennonche', nella procedura disciplinata dalla legge regionale e'
possibile aggiudicare la gara sia alla migliore offerta congiunta,
sia alle due migliori offerte separate quando dalla loro combinazione
emerga un risultato finale piu' conveniente per l'amministrazione
aggiudicatrice.
Il meccanismo previsto dalla legge statale, invece, prevede solo
l'aggiudicazione in favore della migliore offerta congiunta, senza
contemplare l'alternativa tra questa e le due offerte relative sia al
bene che al lavoro.
Ugualmente si ha differenza tra la norma regionale e la norma statale
relativamente all'ipotesi in cui la gara deve intendersi andata
deserta; per la legge regionale cio' avviene solo qualora non siano
state presentate offerte aventi ad oggetto l'acquisto del bene,
mentre per la legge statale cio' avviene - beninteso, se previsto dal
bando - se l'amministrazione non abbia stanziato risorse diverse da
quelle corrispondenti al presso del bene e siano state presentate
solo offerte per l'esecuzione di lavori.
Sotto l'uno e l'altro aspetto, la diversita' tra la legge regionale e
la legge statale e' in contrasto con i principi desumibili dalla
Costituzione e dallo statuto speciale della regione Sardegna, perche'
le modalita' di aggiudicazione dei contratti attengono alla
regolamentazione del mercato e alla disciplina della concorrenza,
materie devolute alla competenza esclusiva dello Stato rispetto alla
quale la potesta' regionale non puo' partorire previsioni difformi.
Art. 20, comma 5, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
Mentre la norma statale di riferimento (l'art. 86 del decreto
legislativo n. 163/2006) disciplina la verifica dell'anomalia
dell'offerta prevedendo un meccanismo in cui tutti gli offerenti sono
tenuti, sin dal momento della presentazione dell'offerta, a
presentare le giustificazioni circa le voci piu' significative
dell'offerta stessa, demandando ad una fase successiva il
contraddittorio a chiarimento solo con gli offerenti sospettati di
anomalia, la norma regionale prevede che le giustificazioni a corredo
dell'offerta siano richieste solo ai concorrenti le cui offerte siano
risultate anormalmente basse.
Anche questa differenza di regolamentazione non e' ammissibile.
Ora, e' noto ed acquisito nell'ordinamento che la disciplina
dell'anomalia dell'offerta e la procedura per la relativa verifica di
merito appartengono alla materia della concorrenza, sin da quando la
giurisprudenza comunitaria ebbe a censurare le norme nazionali che
quella procedura limitavano o rendevano inadeguata (a partire da
Corte di giustizia CEE 27 giugno 1989 in causa n. 143/1994 tra il
comune di Milano e l'impresa Costanzo). E poiche' a norma dell'art.
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione spetta allo Stato
la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della
concorrenza (Corte cost. n. 345/2004 citata), la regione non puo'
dettare norme in tale ambito, o comunque non ne puo' dettare di
portata e contenuto difforme da quelle fissate dalla normativa
statale.
Art. 21, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale in esame consente l'affidamento secondo una
procedura di gara semplificata per i lavori pubblici di importo
compreso tra i 200.000,00 e i 1.500.000,00 euro.
La corrispondente norma statale invece (art. 123, comma 1, del
decreto legislativo n. 163/2006) permette tale forma agevolata solo
fino ai 750.000,00 euro di importo lavori.
Anche in questo caso la norma regionale incide su materia - la
regolazione del mercato e la disciplina della concorrenza - che e' di
esclusiva competenza legislativa statale. La procedura semplificata,
infatti, prevede numerose deroghe alla procedura ordinaria,
soprattutto relativamente alla pubblicita' e alla fissazione del
numero di invitati alla gara nonche' al regime delle garanzie,
introducendo per altro verso limitazioni alla possibilita' di essere
invitati alla gara. E evidente dunque come in questo modo si incida
sulla concorrenza e sull'accesso alle gare della singola
amministrazione aggiudicatrice.
Per tale motivo, la materia deve essere riservata alla uniforme
disciplina dettata dalla legge dello Stato de non puo' tollerare le
differenziazioni imposte dalle varie regole regionali.
Art. 22, commi 2, 14, 17 e 18, in relazione all'art. 117 della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La norma regionale si occupa della pubblicita', e ne disciplina le
forme in modo difforme dalla corrispondente norma dello Stato
(articoli 66 e 122 del decreto legislativo n. 163/2006).
In particolare, il comma 2 della norma regionale impone la
pubblicazione dei bandi di gara relativi agli appalti di valore
superiore alla soglia comunitaria nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunita' europee, sul Bollettino ufficiale della regione, e sui siti
internet della regione Sardegna e della singola stazione appaltante.
Non e' prevista la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana, diversamente da quanto invece disposto dalla
norma nazionale (art. 66, comma 7, del codice dei contratti). Il che
significa che un operatore collocato al di fuori del territorio
isolano che non abbia accesso alla GUCE non e' posto in condizione di
conoscere l'indizione della gara, e che dunque e' posto in posizione
deteriore e svantaggiata rispetto all'operatore sardo, quanto meno
sotto il profilo dell'effettiva fruizione dei termini.
I commi 14 e 15 della norma regionale riproducono questa
inammissibile differenza tra le forme di pubblicita' per i contratti
di importo inferiore alla soglia comunitaria, laddove la norma
statale (art. 124, comma 5, del codice dei contratti) prevede la
pubblicazione dei bandi anche nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Il comma 17 della norma in contestazione prevede una forma specifica
di pubblicita' per i bandi relativi ai lavori di importo inferiore a
1.500.000.00 euro che non siano affidati con procedura semplificata,
forma speciale che non e' in alcun modo prevista dalla corrispondente
norma statale e che si traduce in una pubblicita' piu' attenuata.
Anche il comma 18 della norma regionale detta una disciplina difforme
dalla norma statale per la pubblicita' dei bandi riferiti agli
appalti di valore inferiore ai 500.000,00 euro, che possono essere
pubblicati solo sull'albo della stazione appaltante o sul suo sito
internet. mentre l'art. 122 del decreto legislativo n. 163/2006
impone la pubblicazione anche nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
In tutti questi casi si ha una inammissibile lesione delle
prerogative della norma statale. La pubblicita' infatti e' la regola
prima della concorrenza, perche' e' l'elemento di apertura
condizionante l'accesso al mercato. La legge regionale non puo'
incidere sulla materia in modo difforme - e, in questo caso,
palesemente discriminatorio - da quello disciplinato dal legislatore
statale.
Art. 24 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3
dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale si occupa della qualificazione degli esecutori di
lavori pubblici, prevedendo l'equivalenza della qualificazione
regionale con quella statale. In sostanza, per la norma in esame, le
amministrazioni aggiudicatrici possono ammettere alle gare imprese
tanto se iscritte nell'albo regionale quanto se in possesso della
qualificazione conforme alla legge nazionale.
Poiche' la qualificazione di matrice regionale non ha gli stessi
contenuti di quella prevista dalla legge statale, e poiche'
evidentemente non e' ammissibile in materia di qualificazione - che
ugualmente si traduce nella regola di accesso al mercato - un doppio
binario, la materia e' illegittimamente regolata dalla norma in
questione.
La legge regionale tratta la qualificazione ottenuta secondo i
requisiti fissati dalle norme statali come la qualificazione
stabilita da un ordinamento estero, suscettibile soltanto di
«riconoscimento» e, semmai, di equiparazione.
La qualificazione e' materia di competenza legislativa esclusiva
dello Stato, e la regione - ancorche' a statuto speciale - non puo'
dettare una disciplina che si discosti dai principi dettati dalla
legge statale.
Art. 26, comma 2, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale si occupa delle cause di esclusione dalle gare e
regola la fattispecie in modo diverso dalla norma statale.
In particolare, tra le cause di esclusione e' singolarmente e
stravagantemente prevista la mancata effettuazione del sopralluogo
secondo le modalita' fissate dalla stazione appaltante.
Ora, una situazione che rientra indubbiamente tra le libere scelte
dell'impresa che partecipa alla gara non potrebbe costituire causa di
esclusione da una procedura di gara neppure se prevista soltanto nel
bando, ossia come regola del caso di specie. Immaginarsi se lo puo'
essere a livello legislativo.
Oltretutto, si tratta di tutta evidenza di un'ulteriore e strisciante
condizione discriminatoria (con effetti di alterazione della
concorrenza) ove si osservi il vantaggio che ne deriva alle imprese
locali, gia' presenti sul territorio, e lo svantaggio in termini di
disincentivo che ne deriva alle imprese «del continente», per non
dire alle imprese degli altri Paesi europei.
Ora, e' noto che la materia delle cause di esclusione dalle gare
attiene all'accesso al mercato, sia che la si voglia considerare
sotto l'aspetto meramente fiduciario (cioe' attinente a tutte le
situazioni capaci di incidere, attenuandolo, sul rapporto tra
amministrazione e contraente privato), sia invece che la si voglia
ritenere di piu' marcata natura sanzionatoria; in entrambi i casi
essa appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
anche in attuazione delle direttive comunitarie, perche' costituisce
regola di tutela della corretta concorrenza.
E ad analoga conclusione deve pervenirsi considerando la questione
come pertinente alla capacita' contrattuale, perche' - sotto diverso
aspetto - si tratterebbe comunque di materia spettante alla
legislazione statale.
La legge regionale non puo' interferire in questo ambito, sia che
sostituisca le norme dello Stato con proprie norme, sia che ritenga
di voler integrare le norme dello Stato. In altri termini non possono
essere consentite regole regionali diverse o ulteriori rispetto a
quelle valide su tutto il territorio nazionale per effetto della
fonte legislativa dello Stato, ne' si possono consentire leggi
regionali che incidono sulla materia discostandosi dai principi
desumibili dalla legge dello Stato.
Art. 34, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
In materia di contratto di concessione di lavori pubblici, la norma
regionale fissa un limite all'importo che il soggetto pubblico
concedente puo' corrispondere al concessionario insieme ai proventi
tratti dalla gestione.
La legge statale invece (art. 143 del decreto legislativo
n. 163/2006) non fissa alcun limite.
Si tratta di una materia, la definizione delle prestazioni delle
parti all'interno di una dinamica puramente contrattuale, che attiene
evidentemente ai rapporti di diritto civile, materia che e' di
esclusiva competenza legislativa dello Stato e che pertanto non e'
suscettibile di difforme disciplina regionale.
Art. 35, comma 2, e art. 36 in relazione all'art. 117 della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
Entrambe le norme della legge regionale, nel disciplinare l'istituto
del promotore (ossia della finanza di progetto nel settore dei lavori
pubblici), prevedono l'attribuzione al promotore di un diritto di
prelazione che gli consente di essere preferito, a parita' di
condizioni, sul vincente della gara svoltasi per affidare una
concessione.
Detta previsione, che era contenuta anche nella legge statale, e'
stata da questa espunta (art. 153 del decreto legislativo n. 163/2006
come modificato dal decreto legislativo n. 113/2007) per la
constatata, e ormai conclamata, sua incompatibilita' con
l'ordinamento comunitario.
Il mantenimento di tale retaggio nella legge regionale e'
illegittimo, da un lato perche' in se' - creando una condizione di
favore che altera la par condicio tra i concorrenti - nuoce alla
concorrenza, dall'altro lato perche' e' incompatibile con il diritto
comunitario.
Nell'uno e nell'altro caso, comunque, si tratta di un aspetto legato
alla tutela della concorrenza, che e' di stretta ed esclusiva
pertinenza del legislatore statale, e come tale non e' suscettibile
di essere inciso in modo difforme dalla legge regionale.
Art. 38, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma della legge regionale prevede due ipotesi in cui e'
possibile ricorrere alla trattativa privata con pubblicazione di
bando ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma statale, come
risultante dalla modifica apportata dal secondo decreto correttivo
(decreto legislativo n. 113/2007).
Secondo la norma regionale, infatti, si puo' affidare un contratto
con procedura negoziata - ancorche' preceduta da bando - qualora si
tratti di appalto la cui particolare natura o i cui imprevisti,
oggettivamente non imputabili alla stazione appaltante, non
consentano la fissazione preliminare e globale dei prezzi, oppure -
limitatamente a determinati servizi - qualora la natura della
prestazione renda impossibile stabilire le specifiche del contratto
con la necessaria precisione.
Ora, e' noto che la procedura negoziata, in quanto derogatrice
rispetto alla regola generale della gara, porta in se' una
consistente attenuazione della concorrenza, che invece si realizza
pienamente con la concorsualita'. L'ampliamento o la restrizione dei
casi in cui si puo' ricorrere alla procedura negoziata, dunque, si
riflettono sulla concorrenza dilatandone o comprimendone gli spazi.
Stabilire le ipotesi in cui e' possibile evitare la procedura di gara
e svolgere una procedura negoziata e' quindi incidere sul mercato e
sulla concorrenza; e pertanto tale potere non puo' che appartenere
allo Stato in via esclusiva senza che sia consentito alle regioni di
normare la materia in modo difforme dai principi desumibili dalla
legge statale.
Art. 39, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma della legge regionale in discussione disciplina
l'affidamento a trattativa privata senza pubblicazione preventiva di
un bando.
Essa annovera un'ipotesi di procedura negoziata ulteriore rispetto a
quelle previste dalla corrispondente norma statale (art. 57 del
decreto legislativo n. 163/2006), e cioe' quando si siano verificate
alluvioni, frane o altre calamita' o siano necessari lavori di pronto
soccorso, di riparazione o di ripristino.
Inoltre fissa in modo difforme dalla legge statale il limite di
valore sotto il quale si puo' procedere indiscriminatamente - ossia,
senza giustificazione - all'affidamento a trattativa privata senza
bando, prevedendo tale facolta' per i lavori di importo inferiore ai
300.000,00 euro laddove la norma statale fissa il limite a 100.000,00
euro.
Infine, prevede l'esclusione automatica obbligatoria negli appalti
sotto la soglia comunitaria per le offerte risultate anormalmente
basse, senza alcuna facolta' di verifica laddove la norma statale
lascia alla discrezionalita' della singola stazione appaltante la
scelta tra la verifica e l'esclusione automatica.
Anche a questo proposito non puo' non rilevarsi come l'individuazione
dei casi in cui e' possibile derogare alla regola della gara
appartiene alla tutela della concorrenza e del mercato, analogamente
a quanto va affermato per quanto riguarda il trattamento
dell'anomalia dell'offerta. Nell'uno e nell'altro caso sussiste
competenza legislativa esclusiva dello Stato e la regione non puo'
dettare regole difformi dalla legge dello Stato o dai principi da
questa desumibili.
Art. 40 e art. 41 in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
Le due norme regionali in esame introducono, l'una per i lavori
l'altra per i servizi e le forniture, un'ipotesi di possibile ricorso
alle spese in economia ulteriore rispetto a quelle fissate dalla
norma statale (art. 125 del decreto legislativo n. 163/2006); e cio'
che e' piu' grave, neppure si tratta di un'ipotesi predeterminata a
livello normativo, ma di situazione lasciata alla libera
discrezionalita' delle stazioni appaltanti da individuare in
successivo e specifico regolamento «in relazione alle loro esigenze».
Inoltre, le norme regionali innalzano (da 40.000,00 euro a 50.000,00
euro per i lavori e da 20.000.00 euro a 30.000.00 euro per servizi e
forniture) il limite di importo fissato dalla legge statale per il
ricorso all'affidamento diretto in parola.
A prescindere dalla legittimita' di tale rinvio in bianco, vi e' da
rilevare che l'affidamento di contratti in economia si traduce ne'
piu' ne' meno che in un affidamento a trattativa privata. E quindi si
richiamano anche a questi fini le considerazioni sopra svolte in
funzione della tutela della concorrenza, ristretta in tutti i casi in
cui non vi e' gara, che esigono che sulla materia si pronunci in via
esclusiva e unificatrice solo il legislatore statale, e che esclude
che le regioni posano dettare norme diverse o discoste dai principi
desumibili dalle leggi dello Stato.
Art. 46, commi 4 e 7, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma regionale disciplina i concorsi di idee e i concorsi di
progettazione, ma rimanda al regolamento regionale la
regolamentazione delle modalita' di espletamento delle gare, del
contenuto dei bandi, dei criteri di valutazione delle proposte, della
composizione delle commissioni giudicatrici.
In sostanza, tutta la disciplina dell'affidamento dei servizi in
parola viene demandata alla fonte secondaria.
Si tratta di materia invece di stretta competenza esclusiva dello
Stato, in quanto relativa alla regolazione della concorrenza nel
settore dei servizi di ingegneria ed architettura, e quindi non puo'
essere oggetto di normazione regionale o comunque non puo' essere
oggetto di norma regionale - primaria o secondaria - difforme dai
principi desumibili dalla legge statale.
Art. 51, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La norma in questione esclude per le opere da eseguirsi con
finanziamento regionale l'applicazione dell'art. 133 del decreto
legislativo n. 163/2006, garantendo comunque l'aggiornamento annuale
dei prezziari regionali.
Per i lavori da eseguirsi con finanziamento non regionale la norma
indica a parametro di variazione dei prezzi i prezziari regionali o i
prezziari delle singole stazioni appaltanti, da aggiornarsi
annualmente.
La previsione e' illegittima. La legge dello Stato fissa con pretesa
di uniformita' su tutto il territorio nazionale il criterio di
adeguamento dei prezzi degli appalti di lavori pubblici in caso di
variazioni dei prezzi stessi oltre certi limiti; si tratta in
sostanza di una sorta di meccanismo revisionale limitato e puntuale
che mira a mantenere e garantire il sinallagma in presenza di
notevoli fattori di perturbazione del mercato.
La Corte costituzionale ha recentemente affermato che la disciplina
statale in materia di lavori pubblici (prima, art. 26 della legge
n. 109/1994 ed ora art. 133 del decreto legislativo n. 163/2006)
presenta i caratteri della riforma economico-sociale in quanto
risponde ad un interesse unitario che implica valutazioni politiche e
riflessi finanziari, e come tale non tollera una disciplina
differenziata nel territorio. Ne consegue - sempre secondo la Corte -
che al legislatore statale deve riconoscersi nella regolamentazione
del settore il potere di vincolare la potesta' legislativa anche
primaria delle regioni a statuto speciale (Corte costituzionale 28
dicembre 2006, n. 447).
Art. 54, commi 1, 2, 8, 9 10 e 11, in relazione all'art. 117 della
Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La norma regionale disciplina la materia delle garanzie e delle
assicurazioni in maniera difforme da quanto previsto nella legge
statale corrispondente (art. 75, 113 e 129 del decreto legislativo
n. 163/2006).
Innanzitutto. la norma regionale al comma 1 prevede che la cauzione
provvisoria sia pari all'1 dell'importo dell'appalto, laddove la
legge dello stato fissa tale valore nel 2, ed esclude dall'obbligo
di prestare la cauzione provvisoria per servizi e forniture di valore
inferiore ai 211.000,00 euro, laddove la legge statale non contiene
alcun esonero in tal senso.
Inoltre, la stessa norma regionale al comma 2 fissa nel 5 del valore
dell'appalto la cauzione definitiva per servizi e forniture, laddove
la legge statale prevede che tale garanzia sia del 10.
Ancora, la norma stessa al comma 9 fissa nel limite di 5.000.000,00
euro l'importo dei valori entro ed oltre il quale e' dovuta la
garanzia del progettista, laddove la corrispondente norma statale
fissa il medesimo limite in euro 5.278.000,00.
In piu' la norma regionale al comma 10 stabilisce come semplicemente
facoltativa - e non obbligatoria, come previsto dall'art. 129, comma
3, del codice dei contratti - la prestazione di garanzia globale di
esecuzione per gli appalti di progettazione ed esecuzione di valore
superiore ai 75.000.000,00 euro.
Infine, il comma 11 della norma in esame estende anche a servizi e
forniture il beneficio della riduzione della garanzia in favore delle
imprese certificate, che la legge statale prevede solo per i lavori.
Tutte queste differenze sono non legittime.
Mentre la norma sulla cauzione definitiva riguarda l'aspetto
dell'adempimento delle obbligazioni, e quindi attiene alla materia
contrattuale, la norma sulla cauzione provvisoria riguarda le regole
della gara, e quindi e' di competenza esclusiva dello Stato perche'
funzionale alla tutela della concorrenza, che deve essere assicurata
con i medesimi contenuti su tutto il territorio nazionale; non si
puo' in altri termini consentire che vi siano aree in cui la
posizione degli offerenti e' economicamente ed amministrativamente
piu' leggera, ed aree nelle quali invece la partecipazione alla gara
e' piu' onerosa, che vi siano qui concorrenti non gravati da
responsabilita' (la cauzione provvisoria funziona infatti da
deterrente rispetto alle violazioni dei precetti di gara o
dell'obbligo di sottoscrivere il contratto), e la' concorrenti che
rispondono matrimonialmente del proprio comportamento in gara.
Tutta la materia delle garanzie deve in altri termini essere lasciata
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Articoli 57, 58, 59 e 60 in relazione all'art. 117 della Costituzione
e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost.
n. 3/1948.
Le norme ora indicate disciplinano aspetti puramente contrattuali del
settore dei contratti. In particolare, l'art. 57 si occupa della
consegna dei lavori e dell'inizio delle prestazioni del fornitore o
del prestatore di servizi, nonche' delle sospensioni dell'esecuzione;
l'art. 58 vuole disciplinare i subappalti; l'art. 59 definisce il
collaudo e la regolare esecuzione delle commesse: l'art. 60 regola il
collaudo di lavori pubblici.
Tutti questi aspetti attengono alla materia rigorosamente
contrattuale, all'adempimento delle obbligazioni, ai poteri del
committente nel controllo della prestazione dell'appaltatore.
La norma relativa al subappalto detta una disciplina diversa per
lavori, servizi e forniture, laddove la disciplina dello Stato e'
unitaria. E noto invece che - al di la' degli aspetti di ordine
pubblico che connotano l'istituto del subappalto - la materia del
subappalto attiene all'ambito dei rapporti di diritto civile, come
tale di stretta competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione dal
momento che la regola dei contratti non puo' essere diversa a seconda
della regione in cui e' nata o deve essere eseguita l'obbligazione;
in tale ambito la regione non puo' dettare norme proprie di contenuto
e di portata diversa da quelle di diritto statale.
L'allegato I nei punti 45,23 - 45,24 - 45,25 in relazione all'art.
117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui
alla legge cost. n. 3/1948.
Le previsioni dell'allegato I alla legge regionale sono difformi dai
contenuti degli allegati al decreto legislativo n. 163/2006, che
recepiscono, copiandoli, i contenuti degli allegati alla direttiva
comunitaria.
Tali disposizioni della norma regionale, in quanto si pongono in
contrasto con la norma comunitaria di riferimento, violano l'obbligo
del rispetto del vincolo comunitario di cui all'art. 3, comma 1,
dello Statuto sardo, e sono pertanto censurabili sotto il profilo
della incostituzionalita'.
P. Q. M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e
difeso, impugna le norme in epigrafe indicate e conclude affinche'
gli articoli 5, 9, 11, 13, 16, 20, 21, 22, 24, 26, 30, 34, 35, 36,
38, 39, 40, 41, 46, 51, 54, 57, 58, 59, 60 e dell'Allegato I (punti
45.23, 45.24, e 45.25) della legge della regione Sardegna 7 agosto
2007, n. 5, pubblicata nel BUR n. 26 dell' 11 agosto 2007, recante
«Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria
2004/18/CE del 31 marzo 2004, e disposizioni per la disciplina delle
fasi del ciclo dell'appalto» siano dichiarati costituzionalmente
illegittimi per contrasto con l'art. 117 della Costituzione e con
l'art. 3 dello statuto speciale della regione Sardegna di cui alla
legge costituzionale n. 3/1948.
Roma, addi' 13 settembre 2007
L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini
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