Ricorso n. 46 del 17 maggio 2011 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 maggio 2011 (del Presidente del Consiglio dei Ministri).
(GU n. 29 del 6.7.2011)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato:
Nei confronti della regione Calabria in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2 della legge regionale 7 marzo 2011, n. 3,
recante: «Interventi regionali di sostegno alle imprese vittime di reati di 'drangheta e disposizioni in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore dell'imprenditoria» (B.U.R. n. 4 del 15 marzo 2011).
Con legge n. 3 del 7 marzo 2011 la regione Calabria ha introdotto, all'art. 1, delle misure di sostegno in favore delle «imprese vittime di reati di 'drangheta» e, all'art. 2, le disposizioni volte a contrastare le «infiltrazioni mafiose nel settore dell'imprenditoria».
In particolare quest'ultima norma dispone, al comma 1, che «Nei contratti conclusi dalla regione Calabria e dagli enti, aziende e societa' regionali, e' sempre inserita una clausola espressa per inadempimento del contraente privato, ai sensi dell'art. 1456 cod. civ., operante laddove sia accertata, con la richiesta di rinvio a giudizio secondo quanto previsto dall'art. 38, lettera m-ter), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la mancata denuncia all'autorita' giudiziaria di reati di 'ndrangheta, di criminalita', di estorsione, di usura, ovvero contro la pubblica amministrazione o contro la liberta' degli incanti, dei quali il contraente, od altri soggetti facenti parte della sua organizzazione imprenditoriale, siano venuti a conoscenza con riferimento alla conclusione od all'esecuzione del contratto con l'ente pubblico. Tale clausola e' inserita anche nei contratti di subappalto ed opera nei confronti di ogni impresa con la quale i soggetti aggiudicatari possono avere rapporti derivati».
Il successivo comma 2 stabilisce che «il mancato inserimento della clausola o la sua mancata attivazione determinano la nullita' del contratto e costituiscono causa di responsabilita' amministrativa e/o disciplinare».
Senonche' quest'ultima previsione viola l'art. 117 comma 2, lett. 1) della Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile».
La norma che si censura, infatti, disponendo che al mancato inserimento nei contratti pubblici della clausola risolutiva espressa prevista al comma 1 della medesima disposizione, o alla mancata attivazione della medesima clausola conseguano la nullita' del contratto e costituiscano causa di responsabilita' amministrativa e/o disciplinare, riguarda la fase di esecuzione del rapporto contrattuale, nell'ambito del quale l'amministrazione non agisce come autorita', ma nell'esercizio della sua autonomia negoziale, in posizione di tendenziale parita' con la controparte.
In questi termini e', infatti, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale la quale ha piu' volte chiarito che, nel settore degli appalti pubblici, la fase che ha inizio con la stipulazione del contratto e prosegue con l'attuazione del rapporto negoziale e' disciplinata da norme che devono essere ascritte nell'ambito materiale dell'ordinamento civile. «Cio' in quanto, in tale fase, l'amministrazione si pone in una posizione di tendenziale parita' con la controparte e agisce non nell'esercizio di poteri amministrativi, bensi' nell'esercizio della propria autonomia negoziale» (Corte cost. 18 febbraio 2011, n. 53; id. 401/2007).
Peraltro la disposizione regionale all'esame si discosta dalla disciplina dettata dallo Stato con il codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
L'art. 38, lett. m-ter) del citato decreto delegato, infatti, norma richiamata dal legislatore regionale al comma 1 dell'art. 2 della citata legge n. 3 del 2011, stabilisce (solo) che non possano concludere i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture «i soggetti che pur essendo state vittime dei reati previsti e punti dagli artt. 317 e 629 c.p. non risultino avere denunciati i fatti all'autorita' giudiziaria».
Ne consegue che la previsione che dal mancato inserimento della «clausola risolutiva espressa per inadempimento del contraente privato» o della sua mancata attivazione consegua la nullita' del contratto viene a incidere sulle conseguenze sanzionatorie del comportamento contrattuale delle parti, non previste dalla normativa statale, cio' che conferma la violazione, ad opera della normativa impugnata, della sfera di competenza statale esclusiva prevista dall'art. 117, comma 2 lettera l) Cost.
P. Q. M.
Si conclude perche' l'art. 2, comma 2 della legge regionale 7 marzo 2011, n. 3 sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.
Si producono:
estratto della delibera del Consiglio dei Ministri del 5 maggio 2001;
relazione, allegata alla medesima delibera, del Ministro per i rapporti con le regioni;
legge regionale n. 3 del 7 marzo 2011.
Roma, addi' 11 maggio 2011
L'Avvocato dello Stato: D'Avanzo