Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 agosto 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 41 del 2016-10-12)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge.

Contro la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente in carica, con sede a Trieste, Piazza Unita' d'Italia, 1 per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 28 luglio 2016, dell'art. 1, comma 3, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 1° giugno 2016, n. 9 - nella parte in cui aggiunge il comma 10-ter all'art. 36 della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6 - pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 23 dell'8 giugno 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 28 luglio 2016.

Premesse di fatto

In data 8 giugno 2016, sul n. 23 del Bollettino ufficiale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' stata pubblicata la legge regionale 1° giugno 2016, n. 9, intitolata «Modifiche all'art. 36 della legge regionale 6/2006, in materia di operatori del sistema integrato di interventi e servizi sociali».

La legge consta di un solo articolo che interviene sull'art. 36 della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6, intitolata «Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di cittadinanza sociale», del quale sostituisce ed integra in varia guisa il contenuto.

In particolare, e per quanto qui interessa, il comma 3 dell'art. 1 della legge n. 9/2016 aggiunge alcuni commi - e, tra questi, il comma 10-ter, che con il presente atto si impugna - all'art. 36 della l.r. n. 6/2006, disposizione facente parte del Capo VII della legge, intitolato «Risorse umane», e rubricata «Operatori del sistema integrato».

Tra i commi aggiunti, il comma 10-ter eccede le competenze legislative regionali, invade quelle statali ed e' percio' violativo di previsioni costituzionali: esso viene pertanto impugnato con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti.

Motivi di diritto

Come s'e' detto in premessa, l'art. 1 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 9/2016 - d'ora in avanti, per brevita', la legge - interviene sull'art. 36 della legge regionale n. 6/2006.

In particolare, il comma 3 aggiunge, tra gli altri, il comma 10-ter il quale stabilisce quanto segue: «Nelle more della predisposizione di un piano di riqualificazione professionale, da adottarsi ai sensi del comma 7 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge regionale 9/2016, sono inclusi tra gli operatori che possono svolgere le funzioni previste dal decreto del Ministro della sanita' 8 ottobre 1998, n. 520 e le attivita' di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca 16 marzo 2007 per la classe di laurea in scienze dell'educazione e della formazione, gli operatori in possesso di diploma di laurea anche a indirizzo non educativo che, alla data del 31 dicembre 2015, abbiano maturato almeno due anni di esperienza lavorativa nello svolgimento di tali funzioni e attivita' nell'ambito del sistema integrato e nei servizi di cui ai commi 1 e 1-bis» (enfasi aggiunta).

La disposizione regionale in esame, cosi' come formulata, estende dunque la possibilita' di svolgere le funzioni di cui al decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 - «Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale, ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - anche agli operatori in possesso del diploma di laurea ad indirizzo «non educativo» e che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2015, almeno due anni di esperienza lavorativa nello svolgimento di quelle funzioni nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Ma, cosi' disponendo, la norma regionale in esame viola le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e, nel contempo, contrasta con principio fondamentale della legislazione statale in materia di formazione del personale sanitario stabilito dal decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 in attuazione di quanto al riguardo previsto dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ledendo, sotto questo riguardo, il precetto di cui all'art. 117, comma 3, Cost..

Com'e' noto, l'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 delegava il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi al fine, tra l'altro, di prevedere nuove modalita' di rapporto tra Servizio sanitario nazionale ed universita' sulla base di principi che, nel rispetto delle attribuzioni proprie dell'universita', regolassero l'apporto all'attivita' assistenziale delle facolta' di medicina, secondo le modalita' stabilite dalla programmazione regionale in analogia con quanto previsto, anche in termini di finanziamento, per le strutture ospedaliere (lett. o): nell'ambito di tali modalita', avrebbe dovuto essere altresi' «regolamentato il rapporto tra Servizio sanitario nazionale ed universita' per la formazione in ambito ospedaliero del personale sanitario e per le specializzazioni post-laurea».

In attuazione di tale disposizione l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo delegato n. 502/1992, dopo aver stabilito che «la

formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate», demandava ad un decreto del Ministro della sanita' l'individuazione delle figure professionali da formare ed i relativi profili e a un decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanarsi di concerto con il Ministro della sanita', la definizione del relativo ordinamento didattico: per tali finalita' e per l'espletamento dei relativi corsi le regioni e le universita' avrebbero dovuto attivare appositi protocolli di intesa.

A tanto si e' provveduto, per quanto rileva nella presente sede, con il decreto ministeriale n. 520/1998 il quale ha individuato la figura e il profilo professionale dell'educatore professionale determinandone i compiti - consistenti nell'attuazione di specifici progetti educativi e riabilitativi, nell'ambito di un progetto terapeutico elaborato da un'equipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalita' con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana e nella cura del positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficolta' (art. 1, comma 1, decreto ministeriale citato) - e stabilendo che «La formazione dell'educatore professionale avviene presso le strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale e le strutture di Assistenza socio-sanitaria degli enti pubblici individuate nei protocolli d'intesa fra le regioni e le universita'. Le universita' provvedono alla formazione attraverso la facolta' di medicina e chirurgia in collegamento con le facolta' di psicologia, sociologia e scienza dell'educazione» (art. 3).

A seguito delle modifiche al regolamento sull'autonomia didattica degli atenei - decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 - apportate dal decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 sono stati percio' attivati, presso le facolta' di medicina e chirurgia, i corsi di laurea in educatore professionale - classe L/SNT2.

Per effetto delle riportate disposizioni la qualifica di educatore professionale sanitario spetta dunque unicamente all'operatore che abbia conseguito un diploma di laurea triennale in educatore professionale abilitante all'esercizio dell'attivita' sanitaria-classe L/SNT2 - classe delle lauree in professioni sanitarie - presso la facolta' di medicina e chirurgia in collegamento con le facolta' di psicologia, sociologia e scienze dell'educazione.

Piu' precisamente, il titolo di educatore professionale spetta a coloro che siano in possesso di diploma di laurea triennale o di I livello in educatore professionale sanitario, afferente alla classe n. 2 delle lauree universitarie delle professioni sanitarie - professioni sanitarie della riabilitazione -, ovvero, ma qui non interessa, di diploma di laurea triennale o di I livello in educatore professionale, afferente alle classe delle lauree di scienze dell'educazione e della formazione - Educatore professionale sociale, educatore nido, formatore continuo.

Per quanto qui rileva, con il conseguimento della laurea triennale, che, come s'e' detto, e' abilitante all'esercizio della relativa professione, l'educatore professionale diventa a tutti gli effetti un professionista sanitario la cui competenza e il cui ambito di intervento e' delineato e fissato dal citato decreto ministeriale n. 520/1998.

Si tratta, com'e' evidente, di disposizioni di principio dirette a garantire, in via immediata, un'adeguata formazione e competenza professionale degli educatori professionali sanitari e, in via mediata, la tutela della salute.

L'art. 1, comma 3, della legge regionale 1° giugno 2016, n. 9 - nella parte qui censurata - consente invece di svolgere le funzioni di educatore professionale sanitario anche ad operatori in possesso di diploma di laurea ad indirizzo «non educativo» e che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2015, almeno due anni di esperienza lavorativa negli ambiti di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 36 della l.r. n. 6/2006.

Senonche', la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia non dispone di competenza legislativa esclusiva in materia - v. l'art. 4 dello Statuto speciale approvato con l. cost. 31 gennaio 1963, n. 1 - e la competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanita' ed assistenza sanitaria ed ospedaliera deve svolgersi «in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie» - v. art. 5 dello Statuto.

Da tanto consegue che la norma regionale che qui si censura, estendendo la possibilita' di svolgere le funzioni di educatore professionale sanitario di cui al decreto ministeriale n. 520/1998 anche ad altre figure professionali che non possiedono i requisiti e i titoli di studio richiesti dal menzionato decreto ministeriale per lo svolgimento di tali funzioni sanitarie, viola, per un verso, le richiamate disposizioni statutarie che fissano e delimitano le competenze legislative regionali; e, per un altro, contrastando con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute contenuti nella normativa statale sopra richiamata (art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e decreto ministeriale n. 520 del 1998), lede il precetto di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione.

P.Q.M.

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, l'art. 1, comma 3, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 1° giugno 2016, n. 9 - nella parte in cui aggiunge il comma 10-ter all'art. 36 della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6 - pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 23 dell'8 giugno 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 28 luglio 2016.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:

1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 28 luglio 2016, della determinazione di impugnare la legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 1° giugno 2016, n. 9 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 23 dell'8 giugno 2016 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

 

Roma, 4 agosto 2016

Vice Avvocato generale dello Stato: Mariani 

 

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