RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 marzo 2006 , n. 47
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  16  marzo  2006  (del  Presidente  del Consiglio dei
ministri)
 
(GU n. 17 del 26-4-2006) 
 
    Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi 12, domicilia;

        Contro  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  in  persona  del
presidente  della  giunta  regionale pro tempore, per la declaratoria
dell'illegittimita'  costituzionale  della legge regionale n. 1 del 9
gennaio  2006,  pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale regionale n. 2
dell'11  gennaio  2006  e recante: "Principi e norme fondamentali del
sistema regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia".
    La  presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio   dei   ministri  nella  riunione  del  2  marzo  2006  (si
depositeranno   estratto   del   verbale  e  relazione  del  Ministro
proponente).
    La  legge  detta  i  principi e le norme fondamentali del sistema
regione  -  autonomie  locali,  disciplinando  la distribuzione delle
funzioni  amministrative  tra  la  regione  e  gli  enti territoriali
minori.
    Ancorche'  la regione, in base al proprio statuto speciale, vanti
competenza  primaria  in  materia  di  ordinamento  degli enti locali
(art. 4,  comma  1,  n. 1-bis  dello  statuto speciale, approvato con
legge costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963), si evidenzia tuttavia
che  le  norme  della  legge regionale, riducendo le funzioni proprie
delle  province,  eccedono  dalle  competenze  statutarie  e  violano
diverse norme costituzionali, per i profili di seguito indicati.
    In particolare:
        1)  l'art. 8, comma 5, si limita a specificare che i comuni e
le  province  sono  titolari  delle  funzioni  fondamentali  ad  essi
riconosciute  e di quelle ulteriori conferite con legge, omettendo di
far   riferimento  alle  "funzioni  proprie"  di  tali  enti  locali,
espressamente  riconosciute,  al  contrario,  dall'art. 118, comma 2,
Cost.
    Il  mancato  riconoscimento  delle  funzioni  proprie  degli enti
locali,  in  particolare  alle  province,  e' confermato dall'art. 17
della legge in esame, il quale, nell'enucleare i settori nei quali le
province esercitano le funzioni amministrative stabilite dalla legge,
omette  di indicare una serie di compiti storicamente attribuiti alle
province  stesse,  quali enti esponenziali di collettivita' vaste, di
livello   intermedio   tra   quelle   comunali  e  quelle  regionali.
Contrariamente  a  quanto avviene per i comuni (argomenta a contrario
ex  art. 16  della  stessa legge regionale) le province della regione
FVG   radicano  le  loro  competenze  esclusivamente  sulla  base  di
specifiche  disposizioni  di legge regionale e restano private di una
sfera  di  competenza  direttamente e funzionalmente collegata ad una
sfera  d'interessi  autoreferenziali. Cio' comporta una grave lesione
della sfera di autonomia costituzionalmente garantita e del principio
di sussidiarieta' ed adeguatezza.
    La  norma in esame, pertanto, eccede dalla competenza statutaria,
ponendosi  in  contrasto  con  l'art. 4  dello  statuto  di autonomia
speciale.   Quest'ultimo,   infatti,   pur   attribuendo  la  materia
"ordinamento  degli enti locali e delle relative circoscrizioni" alla
potesta'  legislativa  primaria  della  regione,  specifica  che tale
potesta'  deve essere esercitata in "armonia con la Costituzione, con
i  principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con
le  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  e con gli
obblighi  internazionali  dello  Stato". L'esercizio della competenza
legislativa primaria, quindi, non e' immune dal rispetto di una serie
di   limiti,   individuati  dal  legislatore  costituzionale.  A  tal
riguardo,  e'  da ritenere che il principio autonomistico, consacrato
negli   articoli   5,  114  e  118  della  Costituzione,  costituisca
"principio  generale  dell'ordinamento  giuridico  della Repubblica",
come  tale  vincolante anche nei confronti delle regioni ad autonomia
speciale (sent. Corte cost. n. 48/2003). Una disciplina divergente e'
comunque  certamente "non in armonia con la Costituzione" dal momento
che  non  tiene conto delle funzioni proprie (art. 118, secondo comma
Cost.)  e  di quelle fondamentali (art. 117, secondo comma, lett. p),
Cost.)  degli  enti  locali  in  questione.  In  particolare, occorre
richiamare l'art. 114, comma 2 della Costituzione, il quale statuisce
che  "i  comuni,  le  provincie, le citta' metropolitane e le regioni
sono  enti  autonomi  con propri statuti, poteri e funzioni secondo i
principi  fissati  dalla  Costituzione",  nonche' l'art. 118, secondo
comma,  Cost.,  il quale  specifica  che  "i comuni, le province e le
citta' metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie
e  di  quelle  conferite  con  legge  statale o regionale, secondo le
rispettive competenze".
    Dal  complesso di tali disposizioni si desume che gli enti locali
(comprese  le  province)  sono  titolari,  oltre  che  delle funzioni
conferite,  anche  di  funzioni  "proprie" intendendo per tali quelle
storicamente   attribuitegli   e  non  comprimibili  dal  legislatore
(nazionale  o regionale), in quanto da sempre ritenute necessarie per
l'esistenza   e  il  corretto  sviluppo  delle  rispettive  comunita'
territoriali e degli interessi di cui sono esponenziali.
    In  tal  senso,  si deve rilevare - come d'altronde gia' messo in
evidenza  in  connesso  ricorso proposto dal Governo della Repubblica
contro  la  coeva  legge  regionale  n. 30 del 2006 - che le funzioni
escluse  dal  citato  articolo 17 della legge regionale n. 1 del 2006
fanno  riferimento  ad  interessi  ed interventi di area vasta e sono
sempre   state   considerate   di  competenza  delle  province,  come
originariamente  disposto dagli artt. 14 e 15 della legge n. 142/1990
ed  ora  dagli  artt. 19  e  20  del  d.lgs.  n. 267/2000.  Pertanto,
l'articolo  si  configura  illegittimo  nella  parte in cui omette di
riconoscere  in  capo  a  tali  enti territoriali ulteriori funzioni,
previste invece dagli articoli 19 e 20 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL),
da considerarsi il quadro normativo di riferimento per l'attuazione e
l'interpretazione  degli articoli 117, secondo comma, lett. p) e 118,
comma  2  della  Costituzione,  e come tale vincolante, per i profili
richiamati, anche nei confronti delle regioni ad autonomia speciale.
        2)   Le   argomentazioni  sviluppate  riguardo  alla  censura
precedente valgono anche per le disposizioni contenute negli articoli
9,  25  e  correlato  art. 26 della legge in esame, che attribuiscono
determinate  funzioni,  tradizionalmente  spettanti alle province, ad
altri  enti  territoriali  o  a  loro  associazioni.  In particolare,
l'art. 9 attribuisce la funzione di pianificazione di area vasta alle
citta'  metropolitane;  l'art. 25,  invece,  attribuisce  ulteriori e
peculiari  funzioni  di area vasta agli ASTER (Ambiti per lo sviluppo
territoriale),  costituiti  da associazioni intercomunali e unioni di
comuni  formate  da  comuni non montani dotati dei requisiti indicati
dalla  legge  stessa. A tali organismi e' attribuita, tra l'altro, la
"programmazione  di  interventi  territoriali integrati relativamente
alle   seguenti   finalita':   realizzazione   di   opere  pubbliche;
programmazione  territoriale  e  reti  infrastrutturali  dei  servizi
pubblici;  tutela  e  valorizzazione  del  territorio e delle risorse
naturali;  coordinamento  dell'organizzazione  dei  servizi  pubblici
locali;   coordinamento   dello   sviluppo   economico   e   sociale;
coordinamento di altre iniziative relative al territorio dell'ambito,
da attuare da parte di soggetti pubblici e privati".
    Piu'   specificamente,   l'illegittimita'  di  tale  disposizione
risiede  nel  fatto che essa, nel disciplinare funzioni esercitate in
forma  associata  dai comuni, fa pero' riferimento a funzioni che non
spettano  solamente ai comuni, bensi' anche alle province, cosi' come
disposto  espressamente  dalla  legge  stessa o come desumibile dalla
legislazione  statale  in  materia.  E'  il caso, in particolare, dei
compiti  di programmazione relativi alla "tutela e valorizzazione del
territorio  e  delle  risorse  naturali",  che attengono alla materia
"difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente", attribuita
alle  province  dall'art. 17  della legge regionale in esame. Analoga
considerazione  vale  per la funzione di coordinamento dello sviluppo
economico  e  sociale,  che  e'  attribuita  alle  province  dal TUEL
(art. 20).
        3)   Analogamente,   l'art. 20  della  legge  in  esame,  nel
disciplinare  le  forme collaborative tra gli enti locali, esclude la
possibilita'  che  l'ente provincia possa aderirvi, in quanto tra gli
strumenti  di  collaborazione  vengono  individuati esclusivamente le
convenzioni,  le associazioni intercomunali e le unioni di comuni. In
ogni  caso,  la  disposizione  in  esame  esclude  che  la  provincia
costituisca  l'ente  di riferimento dei relativi ambiti territoriali,
in  quanto  omette  di attribuirgli le funzioni di coordinamento e di
sostituzione  nei  confronti  dei  comuni  inadempienti.  Valgono  al
riguardo,  pertanto,  le stesse motivazioni di censura espresse per i
punti precedenti.
    A   tali   motivazioni,   concernenti   specificamente   l'omessa
considerazione,  da  parte  della  legge  in  esame,  delle  funzioni
"proprie"   delle  province,  e'  opportuno  aggiungere  che  non  e'
possibile  ritenere che la potesta' primaria della regione in materia
di   enti   locali   consenta   una   distribuzione   delle  funzioni
amministrative   completamente   libera  e  svincolata  dai  principi
costituzionali.  In particolare, assumono fondamentale rilievo, sotto
questo  profilo,  i  principi  di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza,  sanciti  dall'art. 118, primo comma della Costituzione,
secondo  cui  le  funzioni amministrative devono essere attribuite ai
livelli  di  governo idonei, per la propria struttura organizzativa e
per   le   proprie   dimensioni,  ad  esercitarle  con  efficacia  ed
efficienza.  Tali  principi  non  sono  rispettati dalle citate norme
regionali,  le  quali  attribuiscono esclusivamente ai comuni (o alle
associazioni   di   comuni)  tutte  le  funzioni  attinenti  ad  aree
sovracomunali,  che invece, proprio per l'entita' degli interessi cui
fanno  riferimento - interessi che trascendono la dimensione comunale
-  dovrebbero essere conferite alle province, quali enti territoriali
"intermedi" tra comuni e regioni.
    Ne'  puo' sostenersi che i richiamati principi di sussidiarieta',
proporzionalita' ed adeguatezza siano rispettati in ragione del fatto
che  la  stessa  regione ha attribuito le citate funzioni alle citta'
metropolitane  o  alle associazioni di comuni. Per quanto riguarda le
prime,  infatti,  occorre  rilevare  che  la loro istituzione e' solo
eventuale  e non obbligatoria (la legge dispone, all'art. 9, comma 1,
che  "con  legge regionale possono istituirsi citta' metropolitane" e
che,  inoltre, il loro territorio non coincide con quello dell'intera
provincia di riferimento. Anche con riferimento alle seconde, vale la
considerazione  che  esse  sono istituite su eventuale iniziativa dei
comuni  e pertanto non si qualificano come "enti necessari", potendo,
in  realta',  anche  non  essere istituite. Ipotesi, quest'ultima, al
verificarsi  della quale accadrebbe che le funzioni necessarie per la
cura  di  interessi  relativi  ad  aree  sovracomunali  non sarebbero
attribuite  ad alcun ente, con grave pregiudizio per le collettivita'
di  riferimento. Solo le province possono invece garantire, in quanto
"enti  necessari"  di livello intermedio, l'espletamento di tali tipi
di  funzioni,  le quali, pertanto, sono da considerarsi come funzioni
loro   proprie,   quindi  non  derogabili  neppure  dalla  competenza
legislativa primaria vantata dalla regione in materia.
    Per questi stessi motivi, le censurate norme regionali si pongono
in diretto contrasto anche con l'art. 59 dello Statuto speciale della
regione,  secondo  cui  "le  province  sono  enti  autonomi  ed hanno
funzioni  stabilite dalle leggi dello Stato e delle regioni", nonche'
con l'art. 2 del d.lgs. n. 9/1997 (recante "Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di
ordinamento  degli  enti locali e delle relative circoscrizioni"), il
quale   sancisce   che   la   regione,   nel   fissare   i   principi
dell'ordinamento   locale   e  nel  determinarne  le  funzioni,  deve
perseguire   l'obiettivo   di   favorire   la   piena   realizzazione
dell'autonomia  degli  enti  locali, nel rispetto degli artt. 5 e 128
della Costituzione (quest'ultimo poi abrogato dalla riforma del 2001,
ma  il  cui  riferimento  all'autonomia  di comuni e province risulta
assorbito  e  potenziato  dagli artt. 114 e 118 Cost.), oltre che dei
limiti stabiliti dall'art. 4 dello statuto di autonomia.
    A  tal  proposito,  si  sottolinea  che  la  distribuzione  delle
funzioni  amministrative  tra  i  vari  enti territoriali, cosi' come
definita  dalle  citate  leggi  statali,  risponde  a quei criteri di
sussidiarieta',   proporzionalita'   e  adeguatezza,  ora  assurti  a
parametri  costituzionali. Si tratta, dunque, di una distribuzione di
competenze  che  certamente  puo'  subire, rispetto alla legislazione
statale  vigente  e  sulla  base  della potesta' legislativa primaria
vantata  dalla regione in materia, talune variazioni, ma che non puo'
essere  stravolta  al  punto  tale  da  violare  i  citati  parametri
costituzionali.
        4)  Infine,  risultano  censurabili  anche le norme contenute
negli  articoli  31, 32, 33, 34, 35, 36 e 37, le quali istituiscono e
disciplinano  il Consiglio delle autonomie locali. Tali previsioni si
configurano  costituzionalmente  illegittime, alla luce delle riforme
costituzionali  intervenute,  in  quanto l'ultimo comma dell'articolo
123   della   Costituzione,  introdotto  dalla  legge  costituzionale
n. 3/2001,  prevede  che  in ogni regione lo statuto (non, quindi, la
legge  regionale  ordinaria)  disciplini il Consiglio delle autonomie
locali, quale organo di consultazione fra regione ed enti locali.
    E'  pur  vero  che l'articolo 123 della Costituzione si riferisce
alle  regioni  a statuto ordinario e che l'art. 116 Cost. attribuisce
invece alle regioni a statuto speciale forme e condizioni particolari
di  autonomia,  secondo  i  rispettivi  statuti  adottati  con  legge
costituzionale;   tuttavia   l'articolo   10   della   citata   legge
costituzionale    n. 3/2001,    prevede   espressamente   che,   sino
all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti  si  applichino  anche alle
regioni  a  statuto  speciale  le  disposizioni  della medesima legge
costituzionale "per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'
ampie  rispetto a quelle gia' attribuite". Tali condizioni di maggior
autonomia si ritiene debbano essere riferite anche agli enti locali.
    Di    conseguenza,   la   norma   contenuta   nell'ultimo   comma
dell'art. 123 Cost., facendo riferimento al Consiglio delle autonomie
locali,   che   costituisce   espressione   di  maggior  autonomia  e
partecipazione degli enti locali, deve ritenersi vincolante anche per
le  regioni  a  statuto  speciale,  le  quali  sono  dunque  tenute a
disciplinare  l'organo  in  questione  con fonte statutaria e non con
fonte legislativa ordinaria.

        
      
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  dichiari
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 8, comma 5, 9, 17, 20,
25 e 26 della legge regionale n. 1 del 9 gennaio 2006, per violazione
degli  artt. 4,  comma  1  e  59  dello statuto di autonomia speciale
(legge  costituzionale  n. 1/1963),  oltre  che del d.lgs. n. 9/1997,
nonche'  degli  artt. 5,  114, e 118, commi 1 e 2 e art. 117, secondo
comma,  lett. p), della Costituzione e degli articoli 31, 32, 33, 34,
35,  36  e  37  della  legge  in esame, per violazione dell'art. 123,
ultimo comma della Costituzione.
        Roma, addi' 6 marzo 2006
               L'avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo

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