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RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 marzo 2010, n. 47 |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 23 marzo 2010 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 16 del 21-04-2010)
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Ricorso del Presidente del Consiglio dei Minstri in carica,
rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato presso i
cui Uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Contro Regione Abruzzo, in persona del Presidente della giunta
regionale in carica, con sede in L'Aquila per la declaratoria di
incostituzionalita' e conseguente annullamento dell'art. 21, commi 1,
2, 3, 4, e dell'art. 22, comma 4, della legge della Regione Abruzzo
del 9 gennaio 2010, n. 1, pubblicata nel Bollettino ufficiale della
Regione n. 1 straordinario del giorno 15 gennaio 2010, recante
«Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2010
e pluriennale 2010-2012 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria
Regionale 2010)», per contrasto con gli articoli 3, 97, comma terzo,
e 117, comma 2, lettera o), della Costituzione e a cio' a seguito
della determinazione del Consiglio dei Ministri di impugnativa della
predetta legge regionale, assunta nella seduta del giorno 1° marzo
2010.
1. - Nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 1
straordinario del 15 gennaio 2010, risulta pubblicata la legge
regionale 9 gennaio 2010, n. l, recante «Disposizioni finanziarie per
la redazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010-2012 della
Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2010)».
L'art. 21, di tale legge regionale dispone testualmente:
«Modifiche alla l.r. 14 settembre 1999, n. 77, dopo l'art. 22 della
l.r. 14 settembre 1999, n. 77, e' aggiunto il seguente:
«Art. 22-bis - (Prosecuzione del rapporto di lavoro).
1. I direttori regionali che maturano l'eta' anagrafica o
contributiva utile per il collocamento a riposo nel corso della
legislatura, possono presentare richiesta di prosecuzione
dell'attivita' lavorativa sino al termine della legislatura stessa.
2. La richiesta di cui al comma 1 puo' essere presentata anche
dai direttori regionali che maturano nel corso della legislatura il
sessantesimo anno di eta' a seguito della permanenza in servizio per
l'ulteriore biennio previsto dalll'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre
1992, n. 503.
3. La prosecuzione dell'attivita' lavorativa dei direttori
regionali non puo' essere estesa oltre il compimento del settantesimo
anno di eta'.
4. Gli organi di direzione politica hanno facolta' di accogliere
la richiesta in relazione ad esigenze correlate alla continuita'
nell'esercizio della funzione direttiva del richiedente e della
particolare professionalita' acquisita dal richiedente nella funzione
esercitata».
I commi 1, 2, 3, e 4 dell'art. 1 della citata legge n. 1/2010
sono da ritenere costituzionalmente illegittimi.
Essi, invero, accordano ai direttori regionali il notevole
vantaggio di poter permanere in servizio oltre i normali limiti di
eta' anagrafica o contributiva.
L'impugnato art. 1, infatti, incide sulla materia del sistema
pensionistico e della previdenza sociale: materia questa riservata
alla competenza esclusiva del legislatore statale, al sensi dell'art.
117, comma 2, lettera o) della Costituzione.
Lo Stato, infatti, rivedendo i criteri di calcolo dei trattamenti
pensionistici attraverso la commisurazione dei trattamenti alla
contribuzione, le condizioni di accesso alle prestazioni con
affermazione del principio di flessibilita', l'armonizzazione degli
ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralita' degli
organismi assicurativi, la stabilizzazione della spesa pensionistica
nel rapporto con il prodotto interno lordo e lo sviluppo del sistema
previdenziale medesimo (legge n. 335/1995), ridefinisce il sistema
previdenziale al fine di dare attuazione alla tutela di cui
all'articolo 38 della Costituzione.
Alla stregua di quanto precede, risulta evidente che con commi 2,
3 e 4, il legislatore regionale ha derogato ai principi statali
vigenti in materia pensionistica. Analoga deroga risulta effettuata
anche dal comma 1, dal momento che autorizza la prosecuzione
dell'attivita' lavorativa oltre i limiti massimi previsti dalla
normativa statale vigente. Il legislatore regionale, pertanto, ha
ecceduto dalla propria competenza e, dettando norme in tema di
prosecuzione del rapporto di lavoro le quali riservano i limiti
stabiliti dal legislatore statale sia con la legge n. 335/1995 e
s.m.i. (in particolare d.l. n. 112/08, conv. in l. n. 133/08), sia
con il d.lgs. n. 503/92, risulta in contrasto tanto con la normativa
nazionale, quanto con l'art. 117, comma 2, lettera o) della
Costituzione, ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva
in materia di ordinamento civile e previdenziale sociale.
L'articolo 1, per le ragioni dianzi illustrate, viola, inoltre,
gli articoli 3 e 97, comma terzo, della Costituzione, non rispettando
i principi di uguaglianza e ragionevolezza nonche' di imparzialita' e
buon andamento della pubblica amministrazione, fissati.
2. - Con riferimento all'impugnato articolo 22, comma 4, della
legge regionale n. 1/2010, se ne riporta il testo per completezza
espositiva:
«Art. 4. all'art. 2 della l.r. n. 1712001 e' inserito il seguente
comma 4-bis:
4-bis, l'espletamento dell'incarico di cui al comma 3, in una
delle forme ivi previste, e' utile ai fini del trattamento di
quiescenza, di previdenza e di anzianita' di servizio e costituisce
titolo di carriera da far valere nelle forme di legge previste ed e'
equiparato ad ogni effetto di legge, a quello del personale con
qualifica dirigenziale di cui al CC.N.L. dell'area della dirigenza
della Regioni e delle Autonomie locali».
A sua volta, l'articolo 2 della legge regionale n. 17/2001
prevede disposizioni per l'«Ufficio di diretta collaborazione del
Presidente» e con l'articolo 3 stabilisce che: «le unita'
organizzative e le dotazioni organiche attualmente assegnate alla
Struttura Speciale di Supporto "Gabinetto della Presidenza" ed alla
"Segreteria del Presidente" concorrono, in via transitoria, a
determinare e formare le articolazioni organizzative e la dotazione
organica dell'Ufficio di cui al comma 1 del presente articolo», delle
quali si avvale in conformita' all'art. 14, comma 2, del d.l.gs. 30
marzo 2001, n. 165 (comma 1 dell'art. 2).
In forza dell'impugnata disposizione, ne deriva che l'espetamento
dell'incarico nelle Strutture Speciali di Supporto «Gabinetto della
Presidenza» e «Segreteria del Presidente», e' equiparato ad ogni
effetto di legge, a quello del personale con qualifica dirigenziale
di cui al C.C.N.L. dell'area della dirigenza delle Regioni e delle
Autonomie locali.
Tale disposizione, In particolare, prevede che per
l'equiparazione al ruolo dirigenziale di cui al C.C.N.L. dell'area
della dirigenza delle Regioni e delle Autonomie locali, basti aver
svolto un incarico presso gli Uffici di diretta collaborazione del
Presidente per il cui accesso e' sufficiente il mero rapporto
fiduciario, senza la necessita' di alcun particolare titolo di studio
(ad esempio, diploma di laurea), ne' di alcuna procedura concorsuale.
Cosi' disponendo, tuttavia, la norma regionale si pone in
evidente contrasto con i principi fondamentali che disciplinano
l'organizzazione degli uffici e il rapporto di impiego alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, come disciplinati dal
d.lgs. n. 165/2001: principi ai quali tutte le Amministrazioni devono
attenersi. Pertanto, la censurata norma regionale contrasta con i
principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' della
pubblica amministrazione, previsti dagli artt. 3, primo comma, e 97,
primo e terzo comma, della Costituzione: in particolar modo, il
principio costituzionale del pubblico concorso, che offre le migliori
garanzie di selezione dei piu' capaci, in funzione dell'efficienza
della stessa amministrazione, anche per l'accesso dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni a funzioni piu' elevate, come piu'
volte ribadito dalla costante giurisprudenza di codesta Corte
costituzionale (sentenza n. 159/2005 n. 205/2004, n. 3912004, n.
194/200, n. 1/1999).
P. Q. M.
Chiede che codesta Corte costituzionale voglia dichiarare
illegittimo e quindi annullare l'articolo 21, commi 1, 2, 3 e 4, e
dell'articolo 22, comma 4, della legge della Regione Abruzzo n. 1 del
9 gennaio 2010.
Si depositeranno con l'originale notificato del presente ricorso:
1) estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri
del 1° marzo 2010 e della relazione allegata al verbale;
2) copia della impugnata legge regionale n. 1/2010.
Roma, addi' 12 marzo 2010.
L'Avvocato dello Stato: Enrico Arena
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