Ricorso n. 48 del 14 luglio 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 luglio 2009 , n. 48
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 14 luglio 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 37 del 16-9-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio dornicilio in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione Calabria in persona del presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4, dell'art. 4, dell'art. 6, comma 1, lettera c) e 8, comma 5 della legge regionale 30 aprile 2009, n. 15 della Regione Calabria, recante «Norme per l'esercizio delle attivita' di pesca turismo e ittiturismo», pubblicata nel B.U.R. n. 5 del 9 maggio 2009, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 26 giugno 2009. Con la legge regionale n. 15 del 30 aprile 2009, che consta di nove articoli, la Regione Calabria ha emanato norme in materia di attivita' di attivita' di pesca turismo e ittiturismo. L'art. 2, comma 1, della legge definisce la pescaturismo come l'attivita' «connessa a quella di pesca, intrapresa da pescatori professionisti, da imprenditori ittici, singoli o associati, consistente nell'imbarco di persone non appartenenti all'equipaggio sulle navi da pesca per iniziative a scopo turistico-ricreative.». L'art. 2, comma 4, identifica l'ittiturismo con l'attivita' connessa a quella principale di pesca, svolta attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di strutture di cui l'imprenditore ittico abbia la disponibilita' (ospitalita', ristorazione, erogazione di servizi, a carattere ricreativo o culturale, finalizzati alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca ed alla valorizzazione culturale del mondo dei pescatori acquatici, vendita dei prodotti della pesca, allestimento di piccoli musei della pesca gestiti direttamente dai pescatori o loro cooperative). L'art. 3 contiene la disciplina del procedimento autorizzatorio dell'esercizio dell'attivita' di pescaturismo e di ittiturismo, la cui applicabilita' e' estesa alle imprese di acquacoltura (art. 3, comma 4). L'art. 4 subordina l'iscrizione nell'elenco regionale delle imprese interessate all'attivita' di ittiturismo al conseguimento di un'attestazione di frequenza con esito positivo ad un corso di formazione di almeno 30 ore (delle quale 20 ore teoriche e 10 ore di stages), organizzato e curato dalla regione, in collaborazione con le associazioni delle imprese ittiche piu' rappresentative. L'art. 6, comma 1, nell'attribuire alla giunta regionale il potere di adottare, previo parere vincolante della competente Commissione permanente, un regolamento di attuazione della legge regionale in questione, indica, tra le materie da disciplinare mediante tale regolamento, alla lettera c), quella delle procedure per l'iscrizione degli elenchi regionali di cui al successivo art. 8, della loro tenuta ed aggiornamento, nonche' della verifica della persistenza dei requisiti per l'iscrizione. L'art. 8, comma 1, prevede l'istituzione da parte della Regione di elenchi separati degli operatori che svolgono attivita' di pescaturismo, ittiturismo o di entrambe, distinti per territorio provinciale; l'art. 8, comma 5 stabilisce che l'iscrizione in tali elenchi e' condizione necessaria per l'esercizio dell'attivita' di pesca turismo ed ittiturismo. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Calabria abbia ecceduto i limiti dalla propria competenza legislativa in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti M o t i v i 1) Violazione dell'articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione con riferimento all'art. 3, comma 4 della legge n. 15/2009 della Regione Calabria. La norma contenuta nell'art. 3, comma 4, della legge regionale in questione estende l'applicabilita' della disciplina di semplificazione dei procedimenti autorizzativi per l'esercizio dell'attivita' di pescaturismo e di ittiturismo di cui al medesimo articolo 3 alle imprese di acquacoltura. Pur non contenendo la legge regionale in questione una definizione della nozione di acquacoltura, si puo' affermare che ad essa e' certamente riconducibile l'attivita' di piscicoltura per la quale la normativa nazionale vigente (cfr. il combinato disposto dell'art. 7, comma 4 e dell'art. 1, lettera e) dell'allegato IV del d.lgs. n. 152/2006) prevede procedure di valutazione di impatto ambientale limitatamente ai progetti che abbiano una superficie complessiva eccedente i 5 ettari. L'art. 3, comma 4 della legge in questione, assoggettando gli impianti di acquacoltura alle disposizioni dettate per le attivita' di pesca turismo e di ittiturismo, senza prevedere norme di salvaguardia in materia di valutazione di impatto ambientale, introduce una deroga non consentita alla legislazione statale vigente in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Ne consegue l'incostituzionalita' della norma de qua per lesione della competenza legislativa esclusiva spettante allo Stato in subiecta materia, ex art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. 2) Violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, con riferimento agli articoli 4, 6, comma 1, lettera c) e 8 comma 5 della legge n. 15/2009 della Regione Calabria. Si premette che, nonostante la spettanza alle regioni di una competenza legislativa residuale in materia di «turismo», cosi' come stabilito dall'art. 117, quarto comma, Cost. e confermato da una consolidata giurisprudenza costituzionale (per tutte la sentenza n.197/2003), il settore delle professioni turistiche ricade nella materia «professioni», nella quale Stato e regioni esercitano una competenza legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. In presenza, infatti, della materia concorrente delle professioni e in base alla configurazione ampia che ne scaturisce dalle pronunce della Corte costituzionale, e' inevitabile l'attrazione in siffatta materia anche del settore delle professioni turistiche che, pertanto, deve ritenersi anch'esso sottratto alla materia residuale del turismo. Tale assunto e' stato confermato anche dal Consiglio di Stato che, nel parere n. 3165/2003, reso nell'Adunanza del 3 dicembre 2003, chiamato a pronunciarsi su alcune disposizioni del d.P.C.m. 13 settembre 2002, concernente il recepimento dell'Accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, in attuazione della legge n. 135/2001, ha affermato che rientrano nella competenza esclusiva statale, per l'esigenza di garantire l'uniformita' sul territorio nazionale e in applicazione del principio del c.d. «parallelismo invertito», espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303/2003, la disciplina e l'accertamento dei requisiti per l'esercizio delle professioni turistiche tradizionali ed emergenti, la loro qualificazione professionale, nonche' i criteri uniformi per l'espletamento degli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni turistiche. Sulla base ditale parere e' intervenuto il d.P.R. 27 aprile 2004, con il quale e' stato disposto il parziale annullamento del d.P.C.m. del 2002 citato, adeguandolo a quanto statuito dal Consiglio di Stato. Cio' premesso, si ritiene che siano censurabili l'art. 4, l'art. 6, comma 1, lettera c) e 8, comma 5 della legge in questione, in quanto subordinano l'esercizio delle attivita' di pescaturismo e di ittiturismo alla iscrizione in appositi elenchi regionali, iscrizione che e' possibile solo in presenza di un attestato di frequenza con esito positivo di corsi formativi organizzati dalla regione. Tali norme contrastano palesemente con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, che attribuisce competenza legislativa concorrente allo Stato ed alle regioni in materia di professioni, violando il principio fondamentale per cui spetta allo Stato l'individuazione dei titoli necessari per l'esercizio delle attivita' professionali e l'istituzione di albi ed elenchi. Le norme regionali in esame, istituendo elenchi professionali ed individuando i requisiti minimi necessari per ottenere l'iscrizione a tali elenchi, eccedono la sfera della potesta' legislativa regionale in materia di professioni, alla stregua dell'orientamento ormai consolidato di codesta Corte (sentenza n. 353/2003; sentenza n. 57/2007; sentenza n. 179/2008; sentenza n. 222/2008). Costituisce ormai ius receptum l'affermazione della necessita' che nell'esercizio della potesta' legislativa concorrente le regioni devono osservare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti e' riservata, per il suo carattere necessariamente unitario allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale. La violazione ditale principio comporta l'incostituzionalita' delle norme regionali calendate, alla stregua dell'art. 117, terzo comma della Costituzione. 3) Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, con riferimento all'art. 4, all'art. 6, comma 1, lettera c) ed all'art. 8, comma 5 della legge n. 15/2009 della Regione Calabria. La disciplina dettata dall'art. 4, l'art. 6, comma 1, lettera c) e 8, comma 5 della legge in questione e' censurabile dal punto di vista costituzionale, anche sotto un altro profilo. Le limitazioni introdotte dagli articoli censurati al libero svolgimento dell'attivita' di pescaturismo e di ittiturismo si risolvono anche in una lesione del principio della libera prestazione dei servizi nonche' della libera concorrenza la cui tutela. La tutela del mercato e della libera concorrenza rientrando nella competenza esclusiva statale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost., risulta evidente l'incostituzionalita', anche sotto tale profilo delle norme regionali denunciate.
P. Q. M. Per i suesposti motivi si conclude perche' gli articoli 3, commi 4, 6, comma 1, lettera c), 8, comma 5 della legge regionale 30 aprile 2009, n. 15 della Regione Calabria, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 26 giugno 2009. Roma, addi' 6 luglio 2009 L'Avvocato dello Stato: Massimo Giannuzzi