Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 15  marzo  2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri).

 (GU n. 23 del 2019-06-05)

 

    Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per   il

Presidente  del   Consiglio   dei   ministri   (codice   fiscale   n.

80188230587), in persona del Presidente  del  Consiglio  pro-tempore,

rappresentato e difeso in virtu' di  legge  dall'avvocatura  generale

dello Stato (Fax 06/96514000 PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it),

presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla  via  dei

Portoghesi n. 12 contro la Regione Toscana, in persona del Presidente

pro tempore  della  Giunta  regionale,  nella  sua  sede  in  Firenze

(50122), Palazzo Strozzi Sacrati, Piazza del  Duomo  n.  10,  per  la

declaratoria della illegittimita' costituzionale

      1) dell'art. 2, commi  1  e  2,  della  legge  regionale  della

Toscana 7 gennaio 2019, n. 3, per contrasto con l'art. 117, comma 1 e

comma 2, lettera e) della Costituzione;

      2) dell'art. 11 della legge regionale della Toscana  7  gennaio

2019,  n.  3,  per  contrasto  con  gli  articoli  97  e   98   della

Costituzione;

      3) dell'art. 18 della legge regionale della Toscana  7  gennaio

2019, n. 3 e, in via conseguenziale, dell'art. 8, commi 5 e 6,  della

legge regionale della Toscana 2 agosto 2013, n. 46, per contrasto con

gli articoli 118, comma 1, e 97 della Costituzione;

    giusta deliberazione del Consiglio dei Ministri in data  7  marzo

2019;

    Sul Bollettino ufficiale della Regione  Toscana  dell'11  gennaio

2019, n. 3, sezione I, e' stata pubblicata la legge  regionale  n.  3

del   7   gennaio   2019,   intitolata   «Legge    di    manutenzione

dell'ordinamento regionale 2018».

    Tale  legge  contiene,  per  la  piu'  parte,   disposizioni   di

adeguamento dell'ordinamento regionale  a  norme  sopravvenute  o  ad

impegni assunti dalla Regione con il Governo.

    Alcune  disposizioni  di  tale  legge   sono   costituzionalmente

illegittime.

    Segnatamente,   l'art.   2,   rubricato   «Disposioni   per    la

semplificazione  della  gestione   amministrativa   delle   procedure

negoziate  sotto  soglia.  Modifiche  all'art.  35-ter  della   legge

regionale n. 38/2007, contrastando con  l'art.  56,  comma  2,  della

Direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, viola l'art. 117, comma

1, Cost. a mente del quale la potesta' legislativa delle  Regioni  e'

esercitata  nel  rispetto,  tra  l'altro,   dei   vincoli   derivanti

dall'ordinamento comunitario;  e,  contrastando  pure  con  la  norma

interposta di cui all'art. 133, comma 8, del decreto  legislativo  18

aprile 2016, n. 50, viola anche l'art. 117, comma 2, lettera e) Cost.

che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia

di «tutela della concorrenza».

    L'art.  11  della  legge  regionale,  rubricato  «Mobilita'   dei

dirigenti. Modifiche all'art. 18 della  legge  regionale  n.  1/2009»

viola le norme di cui agli  articoli  97  e  98  della  Costituzione,

mentre l'art. 18 della stessa legge, rubricato «Interventi,  progetti

e opere oggetto di Dibattito pubblico.  Modifiche  all'art.  8  della

legge regionale 46/2013»,  viola  invece  i  parametri  di  cui  agli

articoli 118, comma 1, e 97 della Carta.

    Tali disposizioni, eccedendo le competenze regionali ed invadendo

quelle statali ovvero violando direttamente precetti  costituzionali,

vengono percio' impugnate con il presente ricorso ex art.  127  Cost.

affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne  sia

pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

                                 Motivi di diritto

I

L'art. 2 della legge regionale Toscana n. 3/2019

    L'art. 2 della legge in esame interviene nella legge regionale 13

luglio 2007, n. 38 - recante «Norme in materia di contratti  pubblici

e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarita' del  lavoro»  -

e, segnatamente, sull'art. 35-ter della stessa -  aggiunto  dall'art.

1, comma 1, della legge regionale 6 agosto 2018, n. 46  -  del  quale

modifica entrambi i commi nei quali la disposizione si articola.

    Piu' precisamente, il comma 1 dell'art. 2 della  legge  regionale

n. 3/2019 stabilisce che:   -  «1.  Il  secondo  periodo  del  commal

dell'art. 35-ter della legge regionale 13 luglio 2007, n.  38  (Norme

in materia  di  contratti  pubblici  e  relative  disposizioni  sulla

sicurezza e regolarita'  del  lavoro)  e'  sostituito  dal  seguente:

«Nell'avviso di manifestazione di  interesse  e'  indicato  che  sono

invitati  tutti  gli  operatori  economici  che   hanno   manifestato

interesse, l'intenzione di avvalersi della facolta' di cui  al  primo

capoverso e le modalita' di verifica, anche a campione,  dell'assenza

dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione.».

    Il comma 2 dell'art. 2 della legge regionale  n.  3/2019  dispone

invece che «Al comma 2 dell'art.  35-ter  della  legge  regionale  n.

38/2007 le  parole:  «nel  bando»  sono  sostituite  dalle  seguenti:

«nell'avviso.».

    Giova a questo punto ricordare che l'art. 1, comma 1, della legge

regionale n. 46/2018 -che, come s'e' detto, ha  aggiunto  alla  legge

regionale n. 38/2007 la norma (l'art.  35-ter)  sulla  quale  e'  ora

intervenuto l'art. 2 della legge regionale n.  3/2019  -  ha  formato

oggetto di ricorso ex art. 127 Cost. notificato  in  data  8  ottobre

2018 - r.ric. n. 73/2018  -  perche'  la  disposizione,  contrastando

(anch'essa) con l'art. 56, comma 2, della  Direttiva  2014/24/UE,  e'

stata ritenuta violativa dell'art. 117, comma 1,  Cost.;  e  perche',

contrastando pure con la norma di cui  all'art.  133,  comma  8,  del

decreto legislativo n. 50/2016, e' stata considerata altresi'  lesiva

dell'art. 117, comma 2, lettera e) Cost..

    L'art. 35-ter  della  legge  regionale  n.  38/2007  era  infatti

originariamente  cosi'  formulato:  «1.  Nelle  procedure  negoziate,

quando il criterio di aggiudicazione e' quello del minor  prezzo,  le

stazioni  appaltanti  possono  decidere  di  esaminare   le   offerte

economiche  prima  di  verificare  la  documentazione  amministrativa

attestante l'assenza dei motivi di  esclusione  ed  il  rispetto  dei

criteri di selezione ai sensi del  decreto  legislativo  n.  50/2016.

Nell'avviso di manifestazione di interesse sono indicate l'intenzione

di avvalersi di tale possibilita' e le modalita' di venfica, anche  a

campione, dell'assenza dei motivi di esclusione e  del  rispetto  dei

criteri di selezione.

    2. La verifica di cui al comma 1 e' effettuata nel  rispetto  dei

principi di imparzialita' e trasparenza, in modo che  nessun  appalto

sia aggiudicato ad un offerente che debba  essere  escluso  ai  sensi

dell'art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 o che non soddisfi  i

criteri di selezione stabiliti nel bando. Nel  caso  di  applicazione

dell'esclusione automatica delle offerte di cui all'art. 97, comma 8,

del  decreto  legislativo  n.  50/2016,  la  soglia  di  anomalia  e'

ricalcolata sulla base dell'esito della verifica».

    Con l'atto di impugnazione si e' eccepito che la norma  regionale

in questione, prevedendo che nelle  procedure  negoziate,  quando  il

criterio di aggiudicazione e' quello del minor  prezzo,  le  stazioni

appaltanti possono decidere di esaminare le offerte economiche  prima

di verificare la documentazione amministrativa  attestante  l'assenza

di motivi di esclusione ed il rispetto dei criteri  di  selezione  ai

sensi del  decreto  legislativo  n.  50/2016,  contrasta  con  quanto

disposto dall'art.  56,  comma  2,  della  Direttiva  2014/24/UE  del

Parlamento europeo e del Consiglio  il  quale  consente  l'inversione

dell'apertura  delle  buste  -  e,  quindi,  l'esame  delle   offerte

economiche prima della verifica dell'assenza di motivi di  esclusione

e del rispetto dei criteri di  selezione  -  solo  ed  esclusivamente

nelle procedure aperte e non anche in quelle negoziate: principio poi

recepito e ribadito - a livello nazionale - dall'art. 133,  comma  8,

del decreto legislativo n. 50/2016,  come  modificato  dall'art.  83,

comma 1, del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56.

    E si e' percio' concluso che la norma regionale impugnata si pone

in contrasto, come s'e' detto, sia  con  l'art.  56  della  Direttiva

2014/24/UE sia con l'art. 133, comma 8, del  decreto  legislativo  n.

50/2016 quale norma interposta,  violando  cosi'  tanto  l'art.  117,

comma 1, Cost. quanto l'art. 117, comma 2, lettera e) Cost..

    Detto giudizio di costituzionalita' e' tuttora pendente.

    In questo contesto, l'art. 2 della legge regionale oggetto  della

presente impugnazione apporta all'art. 35-ter della  legge  regionale

n. 38/2007 modifiche del tutto marginali, inserendo, in aggiunta,  la

previsione  che  nell'avviso  di  manifestazione  di  interesse   «e'

indicato che sono invitati tutti gli operatori  economici  che  hanno

manifestato interesse» (comma 1), sostituendo le parole  «nel  bando»

con quelle «nell'avviso» (comma 2) e lasciando per il resto  immutato

il testo previgente.

    In tal modo la  norma  oggetto  del  precedente  ricorso  subisce

modifiche di mero dettaglio, prive di carattere sostanziale, che  non

eliminano il vizio che ne determina  l'illegittimita'  costituzionale

costituito dal fatto che,  contrariamente  a  quanto  previsto  dalla

disciplina comunitaria e nazionale di settore, quando il criterio  di

aggiudicazione e' quello del minor  prezzo,  le  stazioni  appaltanti

hanno la possibilita' di anticipare l'esame delle offerte rispetto al

controllo del possesso dei requisiti di  partecipazione  anche  nelle

procedure negoziate.

    Ed infatti, come s'e' detto nella precedente impugnazione, l'art.

56, comma 2, della Direttiva 2014/24/UE ha previsto  la  possibilita'

di  invertire  l'ordine  di  apertura  delle  buste  soltanto   nelle

procedure di gara aperte e non anche in quelle  negoziate,  principio

poi recepito nell'ordinamento interno dall'art.  133,  comma  8,  del

codice dei contratti pubblici.

    Se il legislatore nazionale ha dunque previsto la possibilita' di

anticipare l'esame delle offerte rispetto al controllo  del  possesso

dei requisiti di partecipazione soltanto nelle  procedure  aperte  di

importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria - analogamente

a quanto previsto dal legislatore sovranazionale per le procedure  di

importo superiore a quelle soglie -, implicitamente escludendo quella

possibilita' per le procedure negoziate, deve logicamente concludersi

che anche il legislatore regionale, doppiamente vincolato  sul  punto

dai limiti rivenienti dalle previsioni di cui al primo e  al  secondo

comma, lettera e) dell'art. 117 della Carta costituzionale, non  puo'

prevedere  quella  possibilita'  con   riferimento   alle   procedure

negoziate senza impingere nella contestuale violazione di entrambi  i

parametri costituzionali sopra indicati.

    Conclusione, questa, che trova conferma nella  giurisprudenza  di

codesta Ecc.ma  Corte  la  quale  ha  in  piu'  occasioni  dichiarato

l'incostituzionalita' di una norma che, nel modificare una precedente

norma impugnata, si sia limitata alla sostituzione di alcune  parole,

senza mutarne la  sostanza:  si  veda,  ex  multis,  la  sentenza  n.

179/2012 la quale, a fronte di una modifica semplicemente formale del

testo di una norma gia' impugnata, ha affermato che la «... modifica,

in conseguenza  del  suo  carattere  sostanzialmente  marginale,  non

incide in alcun modo sul  contenuto  precettivo  delle  di  posizioni

impugnate. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale - in

forza del principio di effettivita'  della  tutela  costituzionale  -

deve essere trasferita sulla norma nel testo risultante dalla  ultima

modifica» (nel medesimo senso v. la sentenza n. 159/2012).

    Principio, questo, che vale, a piu' forte  ragione,  nell'ipotesi

in cui - come nella fattispecie - la nuova norma non incide,  neppure

marginalmente,   sul   profilo   da   cui   deriva   l'illegittimita'

costituzionale della norma precedente.

    La  differente  formulazione,  inoltre,  secondo  codesto  Ecc.mo

Collegio, impone, nonostante il  trasferimento  della  questione,  la

dichiarazione di illegittimita'  della  norma  in  entrambi  i  testi

scrutinati, e, quindi,  anche  in  quello  modificato  rispetto  alla

originaria formulazione della norma.

    Si insiste pertanto acche' l'art. 2 della legge regionale Toscana

n. 3/2019 sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

 

II

L'art. 11 della legge regionale Toscana n. 3/2019

    L'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 interviene invece sulla

legge regionale 8 gennaio 2009, n. 1 - recante  il  «Testo  unico  in

materia  di  organizzazione  e  ordinamento  del  personale»   -   e,

segnatamente, sull'art. 18 della stessa legge del quale modifica  nel

modo  che  segue  il  secondo   comma:   «Nel   corso   dell'incarico

dirigenziale il direttore generale  e  i  direttori,  per  specifiche

esigenze organizzative, possono:

      a)  sentiti  i  dirigenti  interessati,  disporre  la  modifica

dell'incarico ai dirigenti della struttura di cui sono responsabili;

      b)  sentiti  i  dirigenti  interessati,  assegnarli  ad   altro

incarico di livello corrispondente;

      e) assegnare un incarico di differente livello,  esclusivamente

previo consenso del dirigente interessato».

    Anche  tale  disposizione   e'   costituzionalmente   illegittima

violando, come si vedra', i principi di cui agli  articoli  97  e  98

della Costituzione.

    E' dunque d'uopo rammentare che l'art. 19 del decreto legislativo

30 marzo 2001, n. 165 -recante le  «Norme  generali  sull'ordinamento

del  lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche»   -

prevede, per quanto qui interessa:

      1) al comma  1,  che  «Ai  fini  del  conferimento  di  ciascun

incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in  relazione  alla

natura e alle caratteristiche  degli  obiettivi  prefissati  ed  alla

complessita' della struttura interessata, delle  attitudini  e  delle

capacita'  professionali  del  singolo   dirigente,   dei   risultati

conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della

relativa  valutazione,  delle  specifiche  competenze   organizzative

possedute,  nonche'  delle  esperienze  di  direzione   eventualmente

maturate  all'estero,  presso  il  settore  privato  o  presso  altre

amministrazioni  pubbliche,   purche'   attinenti   al   conferimento

dell'incarico. Al conferimento degli  incarichi  e  al  passaggio  ad

incarichi diversi non si applica l'art. 2103 del codice civile»;

      2) al comma 1- ter,  che  «Gli  incarichi  dingenziali  possono

essere revocati esclusivamente nei casi e con  le  modalita'  di  cui

all'art. 21, comma 1, secondo periodo»;

      3) al comma 2, che «Tutti gli incarichi di funzione dingenziale

nelle amministrazioni dello Stato,  anche  ad  ordinamento  autonomo,

sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con  il

provvedimento di  conferimento  dell'incarico,  ovvero  con  separato

provvedimento  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  o  del

Ministro competente per  gli  incarichi  di  cui  al  comma  3,  sono

individuati l'oggetto dell'incarico e gli  obiettivi  da  conseguire,

con riferimento alle priorita', ai  piani  e  ai  programmi  definiti

dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle  eventuali

modifiche degli stessi  che  intervengano  nel  corso  del  rapporto,

nonche' la durata  dell'incarico,  che  deve  essere  correlata  agli

obiettivi prefissati e che, comunque, non puo' essere inferiore a tre

anni ne' eccedere il termine di cinque anni. La durata  dell'incarico

puo' essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del

limite di eta' per il collocamento  a  riposo  dell'interessato.  Gli

incarichi  sono  rinnovabili.  Al   provvedimento   di   conferimento

dell'incarico accede un contratto individuale con cui e' definito  il

corrispondente  trattamento  economico,  nel  rispetto  dei  principi

definiti dall'art. 24. E' sempre ammessa la  risoluzione  consensuale

del rapporto».

    Inoltre, l'art. 27, comma 1,  del  medesimo  decreto  legislativo

stabilisce che «Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio  della

propria potesta' statutaria, legislativa e regolamentare, e le  altre

pubbliche  amministrazioni,  nell'esercizio  della  propria  potesta'

statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'art.  4  e  del

presente capo i propri  ordinamenti,  tenendo  conto  delle  relative

peculiarita'. Gli enti pubblici non economici nazionali si  adeguano,

anche  in  deroga  alle  speciali  disposizioni  di  legge   che   li

disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione».

    Come chiarito, anche  recentemente,  dalla  giurisprudenza  della

Suprema Corte di Cassazione, "[...] Nel lavoro pubblico privatizzato,

alla  qualifica  dirigenziale   corrisponde   soltanto   l'attitudine

professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali  di  qualunque

tipo,   e   non   e'   pertanto   applicabile   -   come,   peraltro,

e.spressamenteprevisto dal decreto legislativo n. 165 del 2001,  art.

19 - l'art. 2103 del codice civile, risultando la regola del rispetto

di determinate specifiche professionalita' acquisite non  compatibile

con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la  sola  eccezione

della dirigenza tecnica, la quale va tuttavia interpretata  in  senso

stretto, ossia nel senso che il dirigente tecnico, il cui incarico e'

soggetto ai principi della  temporaneita'  e  della  rotazione,  deve

comunque svolgere mansioni tecniche (Cass., n. 3451 del 2010).

    9. Tuttavia, con riguardo all'istituto  della  revoca  anticipata

(di cui all'art. 22  del  CCNL  dirigenza  enti  locali  del  1996  e

all'art. 13 del CCNL dirigenza enti locali del 1999), ai  fini  della

salvaguardia  dei  principi  costituzionali  di  buon  andamento   ed

imparzialita' dell'amministrazione, la revoca  deve  essere  adottata

con un atto formale e deve essere motivata in  modo  esplicito  e  le

ragioni organizzative,  per  costituire  legittimo  fondamento  della

revoca anticipata  dell'incarico  dirigenziale,  devono  attenere  al

settore cui e' preposto il dirigente»  (cosi'  Cass.,  sez.  lav.,  3

febbraio 2017, n. 2972).

    Da tanto deriva che:

      a) qualunque modifica dell'incarico dirigenziale conferito  non

puo' avvenire che su base consensuale;

      b)  la  revoca  dell'incarico  dirigenziale  puo'  aver   luogo

esclusivamente nei casi in cui, ai sensi  dell'art.  21  del  decreto

legislativo n. 165/2001, sia ravvisabile una responsabilita' di  tipo

dirigenziale.

    Tali  principi  generali  in  materia  di  dirigenza  pubblica  -

rivenienti dalle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo II del

decreto legislativo n.  165/2001  -  vincolano  anche  le  regioni  a

statuto  ordinario  le  quali,  a  mente  di  quanto  stabilito   dal

richiamato art. 27 dello stesso decreto legislativo, sono  tenute  ad

adeguarsi,  nell'esercizio   della   propria   potesta'   statutaria,

legislativa e regolamentare, ai principi ivi fissati.

    L'art. 11 della legge regionale Toscana n. 3/2019 non si conforma

invece a quei principi.

    Ed infatti, quantomeno nelle ipotesi di cui alle lettera a) e  b)

del comma 2 dell'art. 18 della legge regionale n. 1/2009 -  come  ora

novellato dall'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 -, la modifica

dell'incarico dirigenziale avviene in modo unilaterale, su iniziativa

del direttore generale o dei  direttori,  e  senza  il  consenso  del

dirigente interessato;

    Inoltre, la revoca dell'incarico conferito e l'assegnazione di un

incarico differente, pur essendo, nel caso di cui alla lettera c) del

comma 2 dell'art. 18 della legge regionale n. 1/2009 - anch'esso come

novellato dall'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 - condizionata

al consenso del dirigente, prescinde completamente  dalla  ricorrenza

di  un'ipotesi  di  responsabilita'  dirigenziale,   potendo   essere

disposta sulla sola base di non meglio individuate esigenze  di  tipo

organizzativo.

    Per questi profili, la disciplina recata dall'art. 11 della legge

regionale in questione confligge, come s'e' detto, con i principi  di

buon andamento e di imparzialita' della pubblica  amministrazione  di

cui agli articoli 97 e 98 della Costituzione.

 

III

L'art. 18 della legge regionale Toscana n. 3/2019

    L'art.  18  della  legge  regionale   n.   3/2019   -   rubricato

«Interventi,  progetti  e  opere  oggetto  di   Dibattito   Pubblico.

Modifiche all'art. 8 della LR 46 / 2013» - modifica invece  l'art.  8

della legge regionale 2 agosto 2013,  n.  46,  intitolata  «Dibattito

pubblico   regionale   e   promozione   della   partecipazione   alla

elaborazione delle politiche regionali e locali».

    L'art.  8  della  legge  regionale  n.  46/2013   individua   gli

interventi, i progetti e  le  opere  oggetto  di  dibattito  pubblico

stabilendo sia i casi nei quali si deve fare o  puo'  farsi  luogo  a

dibattito pubblico (commi 1, 2 e 3) sia quelli nei quali  non  si  fa

luogo a dibattito pubblico (comma 4).

    Il comma 5 dell'art. 8 stabilisce poi che «Il Dibattito  Pubblico

si svolge sulle seguenti tipologie di opere nazionali per le quali la

Regione e' chiamata ad esprimersi:

      a) infrastrutture stradali e ferroviarie;

      b) elettrodotti;

      c) impianti per il trasporto o lo stoccaggio di combustibili,

      d) porti e aeroporti;

      e) bacini idroelettrici e dighe;

      f) reti di radiocomunicazione»; mentre il  successivo  comma  6

disciplina le modalita' di svolgimento del dibattito pubblico per  le

opere indicate dal comma precedente.

    L'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 aggiunge, alle  ipotesi

nelle quali non si effettua il dibattito  pubblico,  un  altro  caso,

prevedendo che a questo non si fa luogo anche «per le opere nazionali

di cui al comma 5, quando il  regolamento  emanato  con  decreto  del

Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  10  maggio  2018,  n.   76

(Regolamento recante modalita' di  svolgimento,  tipologie  e  soglie

dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico) prevede  lo

svolgimento del  dibattito  pubblico  ivi  disciplinato.»  (cosi'  la

lettera b-bis,  aggiunta,  dall'art.  18  della  legge  regionale  n.

3/2019, al comma 4 dell'art. 8 della legge regionale n. 46/2013).

    La disposizione di cui all'art. 8, comma 4, della legge regionale

n. 46/2013 - come modificata dall'art. 18 della  legge  regionale  n.

3/2019 -, letta in combinato disposto con i successivi commi  5  e  6

dello stesso art.  8,  determina  un'indebita  sovrapposizione  della

normativa regionale  con  la  regolamentazione  statale  dettata  dal

decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 10 maggio

2018 («Regolamento recante  modalita'  di  svolgimento,  tipologie  e

soglie dimensionali delle opere sottoposte  a  dibattito  pubblico»),

provocando  incertezza  in  ordine  alla   disciplina   in   concreto

applicabile nelle diverse ipotesi.

    Occorre infatti rammentare che l'art. 22 del decreto  legislativo

18 aprile 2016, n. 50 ha previsto che con decreto del Presidente  del

Consiglio dei ministri siano fissati i criteri  per  l'individuazione

delle «grandi opere infrastrutturali e di  architettura  di  rilevana

sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle  citta'  e  sull'assetto

del territorio», distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le

quali  e'  obbligatorio  il  ricorso  alla  procedura  di   dibattito

pubblico; e siano altresi' definiti le modalita' di svolgimento e  il

termine di conclusione della medesima procedura.

    In attuazione di tale disposizione e' stato pertanto  emanato  il

decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018 il quale

ha stabilito che  "sono  soggette  a  dibattito  pubblico,  ai  sensi

dell'art. 22, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo n. 50

del 2016, le opere rientranti nelle tipologie di cui all'allegato  1»

al medesimo decreto presidenziale (art. 3, comma 1): in tale allegato

sono percio' elencate tali opere  distinte  per  tipologie  e  soglie

dimensionali.

    Lo stesso art. 3 del decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri n. 76/2018 prevede anche i casi nei  quali  si  fa  luogo  a

riduzione dei parametri  di  riferimento  delle  soglie  dimensionali

(comma 2) nonche' le modalita' di svolgimento del dibattito  pubblico

per le opere di cui all'allegato 1 di importo compreso tra la  soglia

ivi indicata e due  terzi  della  medesima  (comma  3):  sono  infine

indicate le fattispecie nelle quali  il  dibattito  pubblico  non  si

effettua (comma 5).

    Le  tipologie  di  opere  genericamente  indicate  dal  comma   5

dell'art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013  comprendono  quindi

anche opere che, in base alla disciplina apprestata dal  decreto  del

Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, non sono soggette a

dibattito pubblico.

    Accade infatti che opere nazionali di interesse regionale  -  pur

rientrando, in astratto, tra quelle elencate dal comma 5 dell'art.  8

della legge regionale  n.  46  del  2013  -  non  siano  in  concreto

assoggettate al dibattito pubblico previsto dalla  normativa  statale

perche' non raggiungono le soglie dimensionali o  di  valore  fissate

dall'Allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.

76/2018; ovvero perche' diverse dalle ulteriori fattispecie  indicate

dall'art.  3  del  decreto  presidenziale;  ovvero   ancora   perche'

rientrano tra quelle per le quali lo stesso art. 3  del  decreto  del

Presidente del Consiglio dei ministri citato esclude  che  si  faccia

luogo a dibattito pubblico.

    Le opere nazionali di interesse regionale le quali,  pur  essendo

escluse, per le ragioni di cui sopra, dal dibattito pubblico previsto

dalla normativa statale, rientrano  tra  le  tipologie  elencate  dal

comma 5 dell'art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013, per effetto

del combinato disposto dei commi 4 -  come  modificato  ed  integrato

dall'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 -, 5  e  6  della  legge

regionale n. 46/2013, sono quindi sottoposte  al  dibattito  pubblico

regionale previsto dalla stessa legge regionale n. 46/2013.

    Sotto questo profilo, l'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 -

e, quindi, il comma 4 della legge regionale n. 46/2013, come da  essa

modificato ed integrato -, nonche', in via conseguenziale, i commi  5

e 6 della stessa legge regionale n. 46/2013, sono  costituzionalmente

illegittimi contrastando sia con l'art. 118, comma 1, Cost.  sia  con

l'art. 97 Cost..

    Ed  infatti,  per  le  «grandi  opere   infrastrutturali   e   di

architettura di  rilevanza  sociale,  aventi  impatto  sull'ambiente,

sulle citta' e sull'assetto del territorio» indicate dall'art. 22 del

decreto  legislativo  n.  50/2016  e  dettagliate  dal  decreto   del

Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, solo lo Stato ha il

potere di individuare quelle  -  nazionali  -  oggetto  di  dibattito

pubblico.

    Le Regioni, di conseguenza, non hanno il potere di assoggettare i

progetti relativi alle opere anzidette, ancorche' di loro  interesse,

perche' in relazione ad esse  chiamate  ad  esprimersi,  a  dibattito

pubblico regionale, come invece previsto,  per  la  Regione  Toscana,

dalla legge regionale n. 46/2013.

    Per le opere nazionali - anche se di interesse regionale - per le

quali lo Stato esclude il dibattito pubblico - statale - (altrimenti)

previsto dall'art. 22  del  decreto  legislativo  n.  50/2016  e  dal

decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  n.  76/2018,  e'

altresi' escluso anche il dibattito pubblico regionale.

    E la ragione di cio' si rinviene, da un lato,  nella  circostanza

che la  realizzazione  delle  «grandi  opere  infrastrutturali  e  di

architettura di  rilevanza  sociale,  aventi  impatto  sull'ambiente,

sulle citta' e sull'assetto del territorio» di cui  all'art.  22  del

decreto legislativo  n.  50/2016  rientra  nell'esclusiva  competenza

dello Stato; e, per un altro, nel fatto che l'assoggettamento di tali

opere al dibattito pubblico regionale pure nelle ipotesi  in  cui  la

normativa statale esclude il dibattito «nazionale» si traduce  in  un

evidente    appesantimento     ed     aggravamento     dell'attivita'

amministrativa, nonche' in un inevitabile allungamento dei  tempi  di

realizzazione dei progetti: con  conseguente  interferenza  regionale

nell'esercizio di funzioni amministrative  riservate  allo  Stato  al

fine di assicurarne l'esercizio unitario e correlato pregiudizio  del

principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica.

    Tale conclusione appare del resto coerente con l'insegnamento  di

codesta Ecc.ma Corte  che,  proprio  di  recente,  ha  delineato  con

estrema  chiarezza  la  fisionomia,  la   finalita'   ed   i   limiti

dell'istituto del dibattito pubblico.

    Nella sentenza n. 235 del 2018 codesto Ecc.mo Collegio ha infatti

precisato, in relazione al decreto del Presidente del  Consiglio  dei

ministri n. 76/2018, quanto segue: «4. - Si tratta,  dunque,  di  una

disciplina esaustiva dell'istituto alla cui stregua, da una parte, e'

da escludere che soggetti  diversi  da  quelli  individuati,  possano

prendere l'iniziativa; dall'altra, vi  e'  la  garanzia  che  vengano

adeguatamente in rilievo le  esigenze  e  i  problemi  dei  territori

incisi dall'opera,  atteso  che  le  posizioni  emergenti  a  livello

locale, facenti capo a soggetti pubblici e privati, possono e debbono

trovare spazio nel dibattito pubblico statale,  il  quale,  per  come

strutturato, e' fisiologicamente teso a consentire di convogliare  in

tale  sede  contributi,  confronti   e   conflitti   con   cittadini,

associazioni ed istituzioni di ogni livello.

    5. L'intervento  del  legislatore   regionale   comporta   dunque

l'intederenza  lamentata  dal  ricorrente  e  quindi  la   violazione

dell'art. 118, primo comma, Cost..

    6. Tale intervento appare  peraltro  ingiustificato  anche  sotto

altro e sostanziale profilo.

    6.1. L'assetto dato a questa fondamentale fase  del  procedimento

deve, infatti, ritenersi un ragionevole punto di  equilibrio  fra  le

esigenze della partecipazione e quelle dell'efficienza.

    Non vi e' dubbio che, come evidenzia anche il Consiglio di  Stato

nel proprio parere n. 855 del 1° aprile 2016 sullo schema di  decreto

legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di

concessione», il dibattito pubblico sia «uno strumento essenziale  di

coinvolgimento   delle   collettivita'   locali   nelle   scelte   di

localizzazione e  realizzazione  di  grandi  opere  aventi  rilevante

impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto».

    Esso  configura,  analogamente  alPinchiesta  pubblica   prevista

dall'art. 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme

in materia ambientale,), una fondamentale  tappa  nel  cammino  della

cultura  della  partecipazione,  rappresentata  da  un   modello   di

procedimento  amministrativo  che  abbia,   tra   i   suoi   passaggi

ineliminabili,  il  confronto   tra   la   pubblica   amministrazione

proponente  l'opera  e  i  soggetti,  pubblici  e  privati,  ad  essa

interessati e coinvolti dai  suoi  effetti,  alimentandosi  cosi'  un

dialogo che, da un lato, faccia emergere eventuali piu' soddisfacenti

soluzioni  progettuali,  e,  dall'altra,  disinneschi  il   conflitto

potenzialmente implicito in qualsiasi intervento  che  abbia  impatto

significativo sul territorio.

    Ma proprio perche' si e' in presenza  di  un  prezioso  strumento

della  democrazia  partecipativa,  se  ne  devono  evitare  abusi   e

arbitrarie ripetizioni, in particolare  con  riferimento  ai  diversi

piani (statale e regionale) su cui lo stesso deve svolgersi, pena  un

ingiustificato appesantimento dell'intera procedura.

    6.2. Cio' e' appunto quanto si verifica nel caso in questione, in

cui  il  dibattito  pubblico  previsto  dal   legislatore   regionale

costituisce una  duplicazione  di  quello  previsto  dalla  normativa

statale  e  quindi  comporta  prolungamenti   dei   tempi   delPnione

amministrativa e un aggravamento degli oneri procedimentali senta che

ne sussista alcuna giustificazione.

    7. Risulta dunque fondata anche la censura dedotta dal ricorrente

di violazione dell'art.  97,  primo  comma,  Cost.  per  lesione  del

principio di buon andamento dell'amministrazione...».

    Alla luce  di  tale  autorevole  insegnamento  si  deve  pertanto

concludere che il dibattito pubblico regionale sulle opere  nazionali

di rilevante impatto ambientale, economico e sociale e'  escluso  non

soltanto quando, come nel caso deciso, esso costituirebbe  un'inutile

duplicazione del dibattito pubblico  gia'  previsto  dalla  normativa

statale, ma anche nell'ipotesi, che qui ricorre, in cui questa stessa

normativa escluda, tout  court,  che  si  faccia  luogo  a  dibattito

pubblico.

    Per il complesso delle considerazioni  che  precedono  l'art.  18

della legge regionale n. 3/2019,  contrastando  con  il  decreto  del

Presidente del Consiglio dei  ministri  n.  76  del  2018,  attuativo

dell'art. 22 del decreto legislativo n. 50/2016, viola quindi, per le

ragioni esposte, sia l'art. 118, comma 1, Cost. sia l'art.  97  della

Carta  fondamentale;  e,  per  la  connessione  che  li   lega   alla

disposizione - il comma  4  dell'art.  8  della  legge  regionale  n.

46/2013 - modificata dall'art. 18 della legge  regionale  n.  3/2019,

parimenti incostituzionali - e per i medesimi motivi - debbono in via

conseguenziale ritenersi anche i commi 5 e  6  dello  stesso  art.  8

della legge regionale n. 46 del 2013; ai quali pertanto espressamente

si  chiede  che  si  estenda  -  ai  sensi  dell'art.   27,   secondo

periodo, legge dell'11  marzo  1953,  n.  87  -  la  declaratoria  di

incostituzionalita'.

 

                                   P.Q.M.

    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta

Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente

illegittimi,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra

rispettivamente indicati ed illustrati, gli articoli 2, commi 1 e  2,

11 e 18 della legge della Regione  Toscana  7  gennaio  2019,  n.  3;

nonche', in  via  conseguenziale,  ai  sensi  dell'art.  27,  secondo

periodo, legge 11 marzo 1953, n. 87, l'art. 8, commi  5  e  6,  della

legge della Regione Toscana 2 agosto 2013, n. 46.

    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:

      1.  attestazione  relativa  alla  approvazione,  da  parte  del

Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 7 marzo 2019,  della

determinazione di impugnare la legge della Regione Toscana 7  gennaio

2019, n. 3 secondo i  termini  e  per  le  motivazioni  di  cui  alla

allegata relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  e  le

autonomie;

      2.  copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata   nel

Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 3 dell'11 gennaio 2019.

    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di

ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

 

 Roma, 10 marzo 2019

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Mariani

 

 

                   L'Avvocato dello Stato: D'Elia

 

 

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