Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 20 marzo 2013 (della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
 
 
(GU n. 17 del 24.4.2013)
 
    Ricorso  della  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   (cod.   fisc.
…; P. IVA …), in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale  pro-tempore  dott.  Renzo  Tondo,  autorizzato  con
deliberazione della Giunta regionale n. 414 del 14 marzo  2013  (doc.
I), rappresentata e difesa - come da procura a margine  del  presente
atto   -   dall'avv.   prof.   Giandomenico   Falcon   (cod.    fisc.
…) di Padova, con  domicilio  eletto  in  Roma  presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in  Piazza  Colonna,  355,
contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione
di illegittimita' costituzionale della legge  24  dicembre  2012,  n.
243,  recante  "Disposizioni  per  l'attuazione  del  principio   del
pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81,  sesto  comma,  della
Costituzione", pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  12  del  15
gennaio 2013, con riferimento: 
        all'articolo 9, commi 2 e 3, nella parte in  cui  richiamano,
rispettivamente, il comma 4 dell'articolo  10  e  l'articolo  10,  in
quanto riferiti anche alla Regione nonche'  agli  enti  locali  della
regione; 
        all'articolo 10; 
        all'articolo 12, 
    per violazione: 
        dello Statuto speciale adottato con legge cost. 1  del  1963,
con particolare riferimento agli articoli 48, 49, 52 e 54; 
        degli articoli 117 e 119 della Costituzione; 
        dell'art. 5, comma 2, lett. c) della legge costituzionale  20
aprile 2012 n. 1; 
        delle norme di attuazione di cui al d.lgs. 9/1997; 
        della l. 220/2010; 
        del principio  dell'accordo  in  materia  finanziaria  e  del
principio di leale collaborazione,  per  i  profili  e  nei  modi  di
seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    La legge 24  dicembre  2012,  n.  243,  detta  "Disposizioni  per
l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di  bilancio  ai   sensi
dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione". L'art. 81,  comma
6, della Costituzione - come modificato dall'art. 1 l. cost. 1/2012 -
stabilisce che "il  contenuto  della  legge  di  bilancio,  le  norme
fondamentali e i criteri volti  ad  assicurare  l'equilibrio  tra  le
entrate e le spese dei bilanci e la  sostenibilita'  del  debito  del
complesso delle pubbliche amministrazioni sono  stabiliti  con  legge
approvata a maggioranza assoluta dei componenti di  ciascuna  Camera,
nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale". 
    Tali principi sono stati stabiliti contestualmente  dalla  stessa
legge costituzionale 1/2012, con disposizioni che in base all'art.  6
"si  applicano  a  decorrere  dall'esercizio   finanziario   relativo
all'anno 2014". 
    Viene qui in considerazione il capo IV  della  l.  243/2012,  che
riguarda l'Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e
concorso dei medesimi enti alla sostenibilita' del  debito  pubblico.
In particolare: 
        L'art. 9 regola l'Equilibrio  dei  bilanci  delle  regioni  e
degli enti locali. 
        L'art. 10 disciplina il Ricorso  all'indebitamento  da  parte
delle regioni e degli enti locali. 
        L'art. 12 si occupa del Concorso delle regioni e  degli  enti
locali alla sostenibilita' del debito pubblico. 
    Ad  avviso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  le   predette
disposizioni risultano in tutto  o  in  parte  lesive  delle  proprie
prerogative costituzionali e  dunque  costituzionalmente  illegittime
per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale  dell'art.  10,  commi  3,  4  e  5,
nonche' dell'art. 9, commi 2 e 3,  nella  parte  in  cui  richiamano,
rispettivamente, il comma 4 dell'articolo 10 e l'articolo 10. 
    L'art. 10 regola il  Ricorso  all'indebitamento  da  parte  delle
regioni e degli enti locali. 
    In base al comma 1, che non forma oggetto  di  impugnazione,  "il
ricorso all'indebitamento da parte delle regioni, dei  comuni,  delle
province, delle citta' metropolitane e  delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano e' consentito esclusivamente per finanziare spese
di investimento con le modalita' e nei limiti previsti  dal  presente
articolo e dalla legge dello Stato". 
    Il comma  2  -  ugualmente  non  impugnato  -  dispone  che,  "in
attuazione  del  comma  1,  le  operazioni  di   indebitamento   sono
effettuate solo contestualmente all'adozione di piani di ammortamento
di durata non superiore alla vita utile dell'investimento, nei  quali
sono evidenziate l'incidenza delle obbligazioni assunte  sui  singoli
esercizi finanziari futuri nonche' le modalita'  di  copertura  degli
oneri corrispondenti". 
    Sono invece impugnati i commi 3, 4 e 5. 
    In base al comma 3, "le operazioni di  indebitamento  di  cui  al
comma 2 sono effettuate sulla base di  apposite  intese  concluse  in
ambito  regionale  che  garantiscano,  per  l'anno  di   riferimento,
l'equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli  enti
territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione,
come definito dall'articolo 9, comma 1,  lettera  a)".  A  tal  fine,
"ogni anno i comuni, le province e le citta' metropolitane comunicano
alla regione  di  appartenenza  ovvero  alla  provincia  autonoma  di
appartenenza,  secondo  modalita'  stabilite  con  il   decreto   del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 5 del  presente
articolo, il saldo di cassa di cui all'articolo 9, comma  1,  lettera
a), che l'ente locale prevede di conseguire, nonche' gli investimenti
che intende realizzare attraverso il ricorso all'indebitamento o  con
i risultati di amministrazione degli  esercizi  precedenti".  Ciascun
ente territoriale "puo' in ogni caso ricorrere all'indebitamento  nel
limite delle spese per rimborsi di prestiti  risultanti  dal  proprio
bilancio di previsione". 
    Il comma 4 stabilisce che, "qualora, in sede di  rendiconto,  non
sia rispettato l'equilibrio di cui al  comma  3,  primo  periodo,  il
saldo negativo concorre  alla  determinazione  dell'equilibrio  della
gestione di cassa finale dell'anno  successivo  del  complesso  degli
enti della regione interessata, compresa la medesima regione,  ed  e'
ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto". 
    Infine, in base al comma  5,  "con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  Ministri,  adottato  d'intesa   con   la   Conferenza
permanente  per  il  coordinamento  della  finanza   pubblica,   sono
disciplinati  criteri  e  modalita'  di   attuazione   del   presente
articolo". 
    Come si vede, i commi 3,  4  e  5  pongono  una  disciplina  gia'
dettagliata, che per giunta rinvia le ulteriori specificazioni ad  un
dPCm, escludendo del tutto  la  Regione  dalla  possibilita'  di  uno
svolgimento della normativa. 
    Cio' premesso, conviene ora illustrare il  fondamento  statutario
della presente impugnazione, sia in relazione  alla  Regione  che  in
relazione ai suoi enti locali. 
    La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'   dotata   di   autonomia
finanziaria  ai  sensi  degli  artt.  48  ss.   dello   Statuto.   In
particolare, l'art. 52 St. dispone che "la  Regione  ha  facolta'  di
emettere prestiti  interni  da  essa  garantiti,  per  provvedere  ad
investimenti in opere permanenti per un importo annuale non superiore
alle sue entrate ordinarie, salve le autorizzazioni di competenza del
Ministro per il  tesoro  e  del  Comitato  interministeriale  per  il
credito e il risparmio disposte dalle leggi vigenti". 
    La competenza  regionale  in  tale  materia  e'  collegata  anche
all'autonomia  organizzativa  della  Regione:  infatti,  la   materia
"ordinamento degli uffici" (art. 4, n. 1, St. o art. 117, comma 4, se
ritenuto piu' favorevole) comprende  la  contabilita'  regionale  (v.
sentenza n. 107 del 1970 della Corte costituzionale), e la Regione ha
esercitato tale competenza con la l.r. 21/2007, Norme in  materia  di
programmazione finanziaria e di  contabilita'  regionale.  L'art.  24
della l.r. 21/2007 regola il Ricorso al  mercato  finanziario  ed  il
comma 2 dispone che "l'importo  complessivo  annuale  delle  rate  di
ammortamento per  capitale  e  interessi  derivante  dal  ricorso  al
mercato finanziario non puo' superare il 10 per cento  dell'ammontare
complessivo  delle  entrate  derivanti  da  tributi  propri  e  dalle
compartecipazioni nette di  tributi  erariali  previsto  in  ciascuno
degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale". 
    Poste tali premesse, i commi 3, 4 e 5  dell'art.  10  violano  le
norme  costituzionali  succitate  perche'  dettano   una   disciplina
analitica delle operazioni di indebitamento effettuate dalla Regione,
e  costituiscono  dunque  disciplina  di  dettaglio  in  materia   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    Inoltre, esse hanno lo scopo  di  garantire  "l'equilibrio  della
gestione di cassa finale del complesso degli enti territoriali  della
regione interessata, compresa la medesima regione",  e  dunque  hanno
scopo di stabilizzazione finanziaria. 
    Ma il  coordinamento  finanziario  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia e degli enti locali in essa situati e' stato regolato in  modo
esaustivo dalla l. 220/2010, che ha recepito l'Accordo di Roma del 29
ottobre 2010 e ha definito i modi in cui  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica (sul  contenuto
della l. 220/2010 v. amplius il punto 2). 
    La determinazione concordata della l. 220/2010 da' attuazione  al
principio dell'accordo, che, come  piu'  volte  dalla  giurisprudenza
costituzionale (v. le sentt.  82/2007,  353/2004,  39/1984,  98/2000,
133/2010), domina tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e
Regioni speciali. 
    E' da ricordare che, in base alla sent. 118/2012,  "l'accordo  e'
lo strumento, ormai consolidato (in quanto gia' presente nella  legge
27  dicembre  1997,  n.  449,  ...  e  poi  confermato  da  tutte  le
disposizioni che si sono occupate successivamente della materia)  per
conciliare e regolare in modo negoziato il  doveroso  concorso  delle
Regioni a statuto speciale alla manovra  di  finanza  pubblica  e  la
tutela   della   loro   autonomia   finanziaria,   costituzionalmente
rafforzata (ex plurimis sentenza n.  353  del  2004)".  La  Corte  ha
sottolineato che "nel solco di questo indirizzo normativa  l'art.  1,
comma 132, della legge n. 220 del 2010,  ha  stabilito  che  per  gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni a statuto speciale, escluse la
Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze  le
concrete modalita' attuative del patto di stabilita' e  del  concorso
alla manovra di finanza pubblica". 
    Dalla sent. 193/2012 risulta poi che l'art. 27 l. 42/09 "possiede
una portata generale ed esclude - ove non sia espressamente  disposto
in senso contrario per casi specifici da una norma successiva  -  che
le  previsioni  finalizzate  al  contenimento  della  spesa  pubblica
possano essere ritenute applicabili alle Regioni a  statuto  speciale
al di fuori  delle  particolari  procedure  previste  dai  rispettivi
statuti". 
    Inoltre, la sent. 3/2013 (punto 7.3 del Diritto) ha annullato una
norma legislativa di questa Regione, per violazione del principio  di
leale collaborazione, in quanto contrastava con una  norma  della  l.
220/2010, adottata in recezione del  Protocollo  d'intesa  firmato  a
Roma il 29.10.2010. 
    Dunque, appare  chiara  l'illegittimita'  dei  commi  3,  4  e  5
dell'art.  10:  le  prime   due   disposizioni   dettano   norme   di
coordinamento della finanza pubblica e hanno scopi di stabilizzazione
finanziaria, mentre la terza rinvia ad  un  dPCm  per  la  disciplina
attuativa:  ma   il   legislatore   ordinario   non   puo'   alterare
unilateralmente  l'assetto  dei  rapporti  Stato-Regione  in  materia
finanziaria,  assimilando  la  posizione  delle  Regioni  speciali  -
regolate da disciplina speciale - a quella delle Regioni ordinarie. 
    Si noti che la Regione non intende certo con  cio'  sottrarsi  al
principio   della   sostenibilita'   del   debito   delle   pubbliche
amministrazioni (art. 81, comma 6, e art. 97, comma  1,  Cost.,  come
modificati dalla l.  cost.  1/2012)  ed  al  principio  del  rispetto
dell'equilibrio di bilancio del complesso degli  enti  della  regione
(art. 119, comma 6, Cost., come modificato dalla l. cost. 1/2012), ma
ritiene che la definizione delle modalita' attuative di tali principi
debba avvenire  con  le  procedure  previste  dallo  Statuto  per  la
disciplina della finanza della Regione (artt. 63 e  65  St.).  La  l.
cost. 1/2012 non  ha  lo  scopo  di  scardinare  lo  speciale  regime
predisposto dallo Statuto, anche considerando  che  la  modifica  del
regime finanziario della Regione richiederebbe il  coinvolgimento  di
essa, anche qualora avvenisse  con  legge  costituzionale  (art.  63,
comma 3, St.). 
    E' poi specificamente illegittimo l'ultimo periodo dell'art.  10,
comma  3,  l.  243/2012,  che  stabilisce  un   limite   quantitativo
all'indebitamento diverso da quello fissato nello  Statuto:  "ciascun
ente territoriale puo' in ogni caso ricorrere  all'indebitamento  nel
limite delle spese per rimborsi di prestiti  risultanti  dal  proprio
bilancio di previsione". Il riferimento alle spese  per  rimborsi  di
prestiti risulta evidentemente restrittivo rispetto  alla  previsione
statutaria (v. il succitato  art.  52)  secondo  cui  per  il  limite
quantitativo  dell'indebitamento  si  fa  riferimento  alle   entrate
ordinarie; e da tale contrasto deriva con chiarezza  l'illegittimita'
costituzionale della norma legislativa. 
    I commi 3, 4 e 5 sono lesivi ed illegittimi anche nella parte  in
cui si applicano ai comuni della regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Infatti,  lo  Statuto   attribuisce   alla   Regione   competenza
legislativa in materia di finanza locale, ai sensi  dell'art.  4,  n.
1-bis (che  da'  competenza  primaria  alla  Regione  in  materia  di
"ordinamento degli enti locali"), e  dell'art.  54  St.  (secondo  il
quale "allo scopo di adeguare le finanze delle Province e dei  Comuni
al raggiungimento delle finalita'  ed  all'esercizio  delle  funzioni
stabilite dalle leggi, il Consiglio regionale puo' assegnare ad  essi
annualmente una quota delle entrate della  Regione")  e  dell'art.  9
d.lgs. 9/1997 (secondo il quale "spetta alla regione disciplinare  la
finanza    locale,    l'ordinamento    finanziario    e    contabile,
l'amministrazione del patrimonio e i contratti degli  enti  locali").
Tale competenza e' stata esercitata con gli artt. 42 ss, l.r. 1/2006. 
    Le norme impugnate violano tali  parametri  perche'  regolano  in
modo dettagliato l'indebitamento  dei  comuni,  senza  lasciare  alla
Regione alcun margine di integrazione. Inoltre, dato che  esse  hanno
scopi di coordinamento della finanza pubblica, sono violati  -  oltre
alle norme appena citate - i commi 134, 154  e  155  dell'art.  1  l.
220/2010. 
    In base al comma  134,  "le  regioni  a  statuto  speciale  e  le
province autonome di Trento  e  di  Bolzano  che  esercitano  in  via
esclusiva le funzioni in materia di finanza  locale  provvedono,  per
gli enti locali dei rispettivi territori, alle finalita' correlate al
patto di stabilita' interno, esercitando le  competenze  alle  stesse
attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme
di  attuazione,  definendo  gli  obiettivi   complessivi   di   saldo
finanziario,  con  riferimento  agli  enti  locali  della  regione  o
provincia autonoma". Il comma 154 dispone che  "la  regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali del territorio, i suoi enti  e
organismi strumentali, le  aziende  sanitarie  e  gli  altri  enti  e
organismi il cui funzionamento e' finanziato dalla  regione  medesima
in via ordinaria e prevalente costituiscono  nel  loro  complesso  il
«sistema regionale integrato»", e "gli obiettivi sui saldi di finanza
pubblica complessivamente concordati tra lo Stato e la  regione  sono
realizzati attraverso il sistema regionale integrato". 
    Infine, in base al comma 155, "spetta alla  regione  individuare,
con riferimento agli enti locali  costituenti  il  sistema  regionale
integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le  modalita'  necessarie
al raggiungimento degli  obiettivi  complessivi  di  volta  in  volta
concordati con lo Stato per il periodo di  riferimento,  compreso  il
sistema sanzionatorio", e "le disposizioni statali relative al  patto
di stabilita' interno non trovano applicazione con  riferimento  agli
enti locali costituenti il sistema regionale integrato". Inoltre, "la
regione trasmette  al  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,  relativamente  a
ciascun  ente  locale,  gli  elementi  informativi   riguardanti   le
risultanze, espresse in termini di competenza mista,  occorrenti  per
la verifica del mantenimento dell'equilibrio  dei  saldi  di  finanza
pubblica". 
    Tali norme, come visto, hanno  carattere  concordato  e  sono  da
considerare  attuative  del  principio  dell'accordo  che  domina   i
rapporti finanziari tra  Stato  e  Regioni  speciali.  Con  specifico
riferimento  agli  enti  locali,  esse  sono  anche  attuative  della
competenza regionale in materia di finanza locale. 
    Le norme impugnate (e in particolare l'ultimo  periodo  dell'art.
10, comma 3), dunque, si sovrappongono alle norme  appena  citate  ed
interferiscono illegittimamente con il potere di coordinamento  della
finanza locale spettante alla ricorrente Regione. 
    E' poi ulteriormente illegittimo il comma 5 dell'art. 10, in base
al quale "con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
adottato d'intesa con la Conferenza permanente per  il  coordinamento
della finanza pubblica, sono  disciplinati  criteri  e  modalita'  di
attuazione del presente articolo". 
    Pare evidente che il comma 5 contempla  un  atto  sostanzialmente
normativo (e' generale, astratto ed innovativo),  per  cui  la  norma
impugnata prevede una fonte secondaria statale in  materia  regionale
(coordinamento della finanza pubblica e finanza locale), in contrasto
con il principio di esclusione dei regolamenti statali nelle  materie
regionali,  risultante  -  oltre  che  da  risalente   giurisprudenza
costituzionale - dall'art. 117, comma 6, Cost. 
    L'art. 10, comma 5, viola anche  l'art.  5,  comma  2,  l.  cost.
1/2012, che rinvia alla legge la  disciplina  dell'indebitamento,  in
modo tale che sembra precluso l'intervento  della  fonte  secondaria.
Questa Regione e'  legittimata  a  far  valere  la  violazione  della
riserva  di  legge,  perche'  la  l.  243/2012  incide   direttamente
sull'autonomia finanziaria  regionale  e  su  materie  di  competenza
regionale (coordinamento della finanza pubblica  e  finanza  locale):
v., ad es., sentt. 328/2006, 266/2001, 425/1999, punto 5.3.2. 
    Per le stesse ragioni, e'  illegittimo  il  secondo  periodo  del
comma 3 dell'art. 10, la' dove rinvia al dPCm di cui al comma  5  per
la definizione delle modalita' della comunicazione dei comuni. 
    Infine, il comma 5 e' illegittimo in quanto prevede che  il  dPCm
sia  adottato  "d'intesa  con  la  Conferenza   permanente   per   il
coordinamento della finanza pubblica",  anziche'  con  la  Conferenza
unificata: infatti, mentre della Conferenza  unificata  fa  parte  il
Presidente  della  Regione,   la   Conferenza   permanente   per   il
coordinamento  della  finanza  pubblica  rappresenta   le   autonomie
territoriali coinvolte solo in modo parziale (v. l'art. 5 l.  42/2009
e l'art. 34 d.lgs. 68/2011).  Cio'  rappresenta  una  violazione  del
principio di leale collaborazione, dato che la chiara  incidenza  del
dPCm sull'autonomia finanziaria della  Regione  rende  necessario  il
coinvolgimento di essa nella procedura di adozione del dPCm. 
    L'illegittimita' dell'art. 10, commi 3-5, rende illegittimo anche
l'art.  9,  commi  2  e   3,   nella   parte   in   cui   richiamano,
rispettivamente, il comma 4  dell'articolo  10,  tenendone  ferma  la
disciplina, e "le modalita' previste dall'articolo 10"  in  relazione
alla destinazione dei saldi attivi al finanziamento  delle  spese  di
investimento. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12. 
    L'articolo 12, Concorso delle regioni e degli  enti  locali  alla
sostenibilita' del  debito  pubblico,  dispone  che  "le  regioni,  i
comuni, le province, le citta' metropolitane e le  province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del
debito del complesso delle amministrazioni  pubbliche  ai  sensi  del
presente articolo, nonche',  secondo  modalita'  definite  con  legge
dello Stato, nel  rispetto  dei  principi  stabiliti  dalla  presente
legge". 
    Il comma 2 stabilisce  che,  "nelle  fasi  favorevoli  del  ciclo
economico, i documenti di programmazione finanziaria e  di  bilancio,
tenendo conto della quota di entrate proprie degli  enti  di  cui  al
comma 1 influenzata dall'andamento del ciclo  economico,  determinano
la misura del contributo del complesso dei medesimi enti al Fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato". 
    In base al comma 3, "il contributo di cui al comma 2 e' ripartito
tra gli enti di cui  al  comma  1  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica, tenendo conto  della  quota  di
entrate proprie di ciascun ente influenzata dall'andamento del  ciclo
economico". Lo schema del  decreto  "e'  trasmesso  alle  Camere  per
l'espressione del parere da parte delle Commissioni competenti per  i
profili di carattere finanziario".  I  pareri  "sono  espressi  entro
trenta giorni dalla trasmissione, decorsi i  quali  il  decreto  puo'
essere comunque adottato". 
    L'art. 12, dunque, prevede che questa Regione e gli  enti  locali
contribuiscano al Fondo  per  l'ammortamento  dei  titoli  di  Stato,
"nelle fasi favorevoli del ciclo economico", in  una  misura  che  e'
definita da un dPCm,  sulla  base  del  documento  di  programmazione
finanziaria, che  determina  il  contributo  complessivo  degli  enti
territoriali. 
    Tali norme violano l'autonomia finanziaria della Regione  (Titolo
IV dello Statuto) e, in particolare, gli artt. 48 e 49 St. L'art.  49
e' violato perche' una parte delle risorse che esso  garantisce  alla
Regione vengono sottratte alla Regione stessa, tramite  l'imposizione
del dovere di contribuire al Fondo in questione. La  Regione  subisce
gli effetti sfavorevoli del ciclo  economico  sui  tributi  ai  quali
partecipa  in  base  all'art.  49  e  deve  poter  beneficiare  degli
eventuali  effetti  favorevoli.  Il  legislatore  statale  non   puo'
unilateralmente  disporre  delle  risorse  generali  della   Regione,
perche' cio' equivarrebbe  a  vanificare  la  garanzia  rappresentata
dall'art. 49 St. 
    Inoltre,  e'  violata  la  l.   220/2010   (sul   cui   carattere
"rinforzato" v. quanto argomentato supra) perche' essa  definisce  in
modo esaustivo i modi in cui la Regione  concorre  al  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica. 
    L'art. 1, comma 132, l.  220/2010  ha  stabilito  che,  "per  gli
esercizi 2011, 2012  e  2013,  le  regioni  a  statuto  speciale  ...
concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze il livello  complessivo  delle
spese correnti e in conto capitale, nonche' dei  relativi  pagamenti,
in considerazione del rispettivo concorso alla  manovra,  determinato
ai sensi del comma 131". 
    Il comma 136 dispone che "le regioni  a  statuto  speciale  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano concorrono  al  riequilibrio
della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai  commi  132,
133 e 134, anche con misure finalizzate a produrre un  risparmio  per
il bilancio dello  Stato,  mediante  l'assunzione  dell'esercizio  di
funzioni statali, attraverso l'emanazione, con le modalita' stabilite
dai  rispettivi  statuti,   di   specifiche   norme   di   attuazione
statutaria". 
    In base al comma 152, "nel rispetto dei principi  indicati  nella
legge 5 maggio 2009, n. 42, a decorrere dall'anno  2011,  la  regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  contribuisce   all'attuazione   del
federalismo fiscale, nella misura di 370 milioni di euro mediante: a)
il pagamento di una  somma  in  favore  dello  Stato;  b)  ovvero  la
rinuncia alle assegnazioni statali derivanti dalle leggi di  settore,
individuate nell'ambito del tavolo di confronto di  cui  all'articolo
27,  comma  7,  della  citata  legge  n.  42  del  2009;  c)   ovvero
l'attribuzione  di  funzioni  amministrative  attualmente  esercitate
dallo Stato,  individuate  mediante  accordo  tra  il  Governo  e  la
regione, con oneri a carico della regione". 
    Il comma 156 stabilisce che "la regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia  garantisce  un  effetto  positivo  sull'indebitamento  netto,
ulteriore rispetto a quello previsto dalla legislazione vigente", ...
di 150 milioni di euro nel 2011, di 200 milioni di euro nel 2012,  di
250 milioni di euro nel 2013, di 300 milioni di euro nel 2014, di 350
milioni di euro nel 2015, di 340 milioni di euro  nel  2016,  di  350
milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e di 370 milioni di euro annui
a decorrere dal 2031". 
    E' chiaro che nel "riequilibrio della finanza  pubblica"  di  cui
all'art. 1, comma 136, l.  220/2010,  si  intende  inclusa  anche  la
partecipazione agli oneri passivi del bilancio statale. 
    Inoltre,  l'art.  12,  prevedendo  che  gli   enti   locali   del
Friuli-Venezia  Giulia  concorrano  al  risanamento   della   finanza
statale, viola la potesta' regionale in materia di finanza locale (v.
i gia' citati artt. 4, n. 1-bis, e 54 dello Statuto e l'art. 9 d.lgs.
9/1997) e i gia' citati commi 134, 154 e 155 dell'art. 1 l. 220/2010,
che rimettono alla Regione il potere di coordinamento finanziario  in
relazione agli enti locali. 
    Dunque, la l. 220/2010 ha individuato le  modalita'  con  cui  la
Regione Friuli-Venezia Giulia  concorre  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica e ha stabilito chiaramente che lo  Stato  non  puo'  dettare
norme di coordinamento finanziario in relazione agli enti locali  del
Friuli-Venezia Giulia (i cui costi, del resto, sono  a  carico  della
Regione). 
    La l. 220/2010 si e' basata su  un  accordo  e  non  puo'  essere
unilateralmente derogata dal legislatore statale, pena la  violazione
del principio dell'accordo che domina i rapporti finanziari tra Stato
e Regioni speciali. 
    Puo' essere  anche  utile  ricordare  che  codesta  stessa  Corte
costituzionale  ha  pronunciato  sentenze  recenti  nelle  quali   ha
stabilito che altre Regioni ad autonomia speciale non  sono  soggette
ai vincoli finanziari posti da atti legislativi statali,  sulla  base
di norme ed argomenti che ben si adattano anche alla situazione della
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
    Cosi' le sentenze 215/2012, 151/2012 e 173/2012, hanno  stabilito
che i vincoli di cui al d.l. 78/2010 non si  applicano  alla  Regione
Valle d'Aosta dopo la gia' citata l. 220/2010, dato che essa concorre
all'assolvimento degli obblighi finanziari nei  modi  previsti  dalla
stessa l. 220/2010. Nella decisione ha  assunto  particolare  rilievo
l'art. 1, comma 132, l. 220/2010 (secondo cui "per gli esercizi 2011,
2012 e 2013, le  regioni  a  statuto  speciale,  escluse  la  regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze il livello  complessivo  delle
spese correnti e in conto capitale, nonche' dei  relativi  pagamenti,
in considerazione del rispettivo concorso alla  manovra,  determinato
ai sensi del comma 131"), che vale sia per la Valle d'Aosta  sia  per
il Friuli-Venezia Giulia. 
    L'adozione della disciplina di cui all'art.  12,  dunque,  poteva
avvenire solo con la speciale procedura di cui all'art. 63, comma  5,
St., o, in alternativa, con la  speciale  procedura  delle  norme  di
attuazione,  alle  quali  e'  rimessa  la  regolazione  dei  rapporti
finanziari tra Stato e Regione (v. dPR 114/1965). 
    Nei termini sopra esposti, dunque, l'art. 12 viola gli artt.  48,
49, 63 e 65 dello Statuto speciale. 
    L'art. 12 viola anche l'art.  5,  comma  2,  lett.  c)  l.  cost.
1/2012, secondo il quale "la legge  di  cui  al  comma  1  disciplina
altresi': ... c) le  modalita'  attraverso  le  quali  i  Comuni,  le
Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito  del
complesso delle pubbliche amministrazioni". 
    Tale norma va intesa, in relazione  alle  Regioni  speciali,  nel
senso che la legge statale deve definire,  appunto,  le  "modalita'",
fermo  restando  che  l'an  ed  il  quantum  del   contributo   vanno
determinati con le  consuete  forme  consensuali,  nel  rispetto  del
principio  dell'accordo  di  cui  sopra.  L'art.  12  va   oltre   la
definizione delle  modalita'  e,  percio',  contrasta  con  la  norma
costituzionale. 
    Inoltre, l'art. 12 prevede il contributo degli enti  territoriali
al Fondo per l'ammortamento dei titoli di  Stato,  mentre  l'art.  5,
comma 2, lett. c) contempla  un  concorso  "alla  sostenibilita'  del
debito del complesso delle pubbliche  amministrazioni":  anche  sotto
questo profilo, dunque, l'art. 12 viola la legge costituzionale. 
    L'art.  12,  comma  3,  viola,  infine,  il  principio  di  leale
collaborazione, la' dove  prevede  che  il  dPCm  che  ripartisce  il
contributo sia adottato "sentita  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento  della  finanza  pubblica",  anziche'   previa   intesa
nell'ambito  della  Conferenza  Unificata:  infatti,   mentre   della
Conferenza  unificata  fa  parte  il  Presidente  della  Regione,  la
Conferenza permanente per il  coordinamento  della  finanza  pubblica
rappresenta le autonomie territoriali coinvolte solo in modo parziale
(v. l'art. 5 l. 42/2009 e l'art. 34 d.lgs. 68/2011). Cio' rappresenta
una violazione del principio di leale  collaborazione,  dato  che  la
chiara incidenza del dPCm sull'autonomia  finanziaria  della  Regione
rende  necessario  il  coinvolgimento  di  essa  nella  procedura  di
adozione del dPCm. 
 
                               P.Q.M. 
 
        Voglia  codesta  ecc.ma   Corte   costituzionale   dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  9,  commi  2  e   3;
dell'articolo 10; dell'articolo 12, nelle parti, nei termini e  sotto
i profili esposti nel presente ricorso. 
 
          Padova, 15 marzo 2013 
 
                   L'avvocato dello Stato: Falcon 

 

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