N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 maggio 2003. Ricorso
per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria
il 21 maggio 2003 (della Provincia autonomia di Trento)
(GU n. 29 del 23-7-2003)

Ricorso della Provincia atonoma di Trento, in persona del
Presidente della giunta provinciale pro tempore, autorizzato con
deliberazione della giunta provinciale n. 1078 del 9 maggio 2003
(all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 9
maggio 2003, n. di rep. 25853, rogata dal dott. Tommaso Sussarellu in
qualita' di Ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) -
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv.
Manzi, via Confalonieri n. 5, contro il Presidente del Consiglio dei
ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dell'articolo 1, comma 2, lett. b) e c), della legge 7 marzo 2003,
n. 38, Disposizioni in in materia di agricoltura, pubblicata nella
G.U. Serie generale, n. 61 del 14 marzo 2003, per violazione
dell'art. 8, n. 15 e 22, e dell'art. 16 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 670/1972; dell'art. 117, comma 3 e 4, Cost.;
degli artt, 8 e 10 legge cost. n. 3/2001; del d.P.R. n. 305/1988; del
principio di ragionevolezza e dell'art. 5 Cost., per i profili e nei
modi di seguito illustrati.


Fatto

La legge n. 38 del 2003 delega il Governo «ad adottare, nel
rispetto delle competenze costituzionali delle regioni..., su
proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, ...
tenendo altresi' conto degli orientamenti dell'Unione europea in
materia di politica agricola comune, uno o piu' decreti legislativi
per completare il processo di modernizzazione del settori agricolo,
della pesca, dell'acquacoltura, agroalimentare, dell'alimentazione e
delle foreste» (art. 1, comma 1).
Gia' questa norma suscita perplessita', dato che al richiamo al
rispetto delle competenze costituzionali delle regioni fa poi seguito
una delega ampia (neppure espressamente limitata alla fissazione di
principi fondamentali) relativa a materie per lo piu' rientranti
nell'art. 117, comma 4, Cost., cioe' nella competenza residuale delle
regioni. Questo e', infatti, il caso di tutti i «settori» menzionati
dalla norma, esclusa l'«alimentazione», materia di competenza
concorrente. Un intervento statale potrebbe giustificarsi, a termini
di Costituzione, se effettivamente le norme delegate avessero un
contenuto di normazione di principio sul «sostegno all'innovazione
per i settori produttivi», materia indicata come concorrente
dall'art. 117, comma 3.
La Provincia autonoma di Trento ha, inoltre, potesta' primaria in
materia di «caccia e pesca» (art. 8, n. 15, dello Statuto) e di
«agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico ed
ittico» (art. 8, n. 21): potesta' ormai soggetta solo ai limiti di
cui all'art. 117, comma 1, Cost., ed a quelli derivanti dai titoli di
intervento «trasversali» di cui all'art. 117, comma 2 (ed
eventualmente comma 3) in quanto essi siano piu' ridotti di quelli
statutariamente previsti per la potesta' primaria.
Dunque, la delega riguarda materie nelle quali lo Stato puo'
intervenire solo fondandosi sugli specifici titoli di cui
all'art. 117, comma 2, cioe', ad esempio, incidendo sull'ordinamento
civile o fissando livelli minimi di protezione dell'ambiente.
In relazione a tali aspetti, la valutazione della eventuale
lesivita' puo' in ogni modo essere rinviata all'esame del decreto
legislativo una volta che questo sara' stato emanato.
Il comma 2 dell'art. 1, tuttavia, nell'enunciare i principi e
criteri direttivi dispone che il decreto legislativo dovra', «nel
rispetto dell'articolo 117 della Costituzione e in coerenza con la
normativa comunitaria»:
a) prevedere l'istituzione di un sistema di concertazione
permanente fra Stato, regioni e province autonome riguardante la
preparazione dell'attivita' dei ministri partecipanti ai Consigli
dell'Unione europea concernenti le materie di competenza concorrente
con le regioni e, per quanto occorra, le materie di competenza
esclusiva delle regioni medesime. La concertazione avverra' fra il
ministro competente per materia in occasione di ogni specifico
Consiglio dell'Unione europea e i presidenti di giunta regionale o
componenti di giunta regionale allo scopo delegati;
b) stabilire che la concertazione di cui alla lettera a)
abbia per oggetto anche l'esame di progetti regionali rilevanti ai
fini della tutela della concorrenza, prevedendo a tale fine un
apposito provedimento di notifica al ministero competente. Il
Governo, qualora ritenga conforme alle norme nazionali in wateria di
concorrenza il progetto notificato, libera le regioni da ogni
ulteriore onere, ne cura la presentazione e segue il procedimento di
approvazione presso gli organismi comunitari;
c) stabilire che la concertazione di cui alla lettera a) si
applichi anche in relazione a progetti rilevanti ai fini
dell'esercizio di competenze esclusive dello Stato e delle regioni o
concorrenti, con previsione di uno specifico procedimento per la
prevenzione di controversie».
In relazione ai disposti del comma 2 va in primo luogo rilevato
che essi, nel loro tenore letterale, sembrano perdere il contatto con
la specifica materia dell'agricoltura: vi si parla infatti di
«attivita' dei ministri partecipanti ai Consigli dell'Unione europea
concernenti le materie di competenza concorrente con le regioni e,
per quanto occorra, le materie di competenza esclusiva delle regioni
medesime» (lett. a), e si aggiunge che la concertazione si svolgera',
genericamente, con il «ministro competente» (lett. a) o che la
notifica si fara', di nuovo, al ministero competente» (lett. b) o
ancor piu' genericamente si parla di «competenze esclusive dello
Stato e delle regioni o concorrenti» (lett. c). Solo il riferimento
dei principi alla delega di cui al comma 1 consente o impone di
mantenere un collegamento con la specifica materia oggetto della
delega: rendendo tuttavia incongrue le espressioni sopra segnalate.
In ogni modo, la presente impugnazione non riguarda la
concertazione di cui alla lett. a) in quanto tale, trattandosi di
disposizione che introduce una procedura partecipativa di per se'
favorevole alle regioni e province autonome. Essa riguarda invece,
per le ragioni che si esporranno, le previsioni di cui alle lett. b)
e c): tali disposizioni sono riferibili alla ricorrente provincia
(dato che il meccanismo di concertazione e' riferito espressamente
anche alle province autonome), benche' l'art.1, comma 7, della legge
qui impugnata contenga una clausola generale di salvaguardia, facendo
«in ogni caso... salve le competenze riconosciute alle regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano ai
sensi degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione».
Prima di esaminare piu' in profondita' le norme impugnate, e'
opportuno ricordare il quadro normativo relativo ai rapporti fra le
regioni e le provincie autonome e la comunita' europea.
Tali rapporti sono attualmente regolati dal d.P.R. 31 marzo 1994,
Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita' all'estero
delle regioni e delle province autonome, il cui art. 4 (Rapporti
delle regioni con la comunita' europea) stabilisce, fra l'altro, che,
«sulla base della disposizione dell'art. 60 della legge 22 febbraio
1994, n. 146, le regioni e le province autonome possono tenere
rapporti con gli uffici, organismi e istituzioni comunitarie, ivi
compreso il comitato consultivo di cui all'art. 198A del trattato
sulla comunita' europea ratificato con legge 3 novembre 1992, n. 454,
senza gli adempimenti di cui agli articoli 1 e 2, in relazione a
questioni che direttamente le riguardino e con attivita'
preparatorie, di informazione e documentazione, in attuazione della
politica comunitaria determinata dallo Stato»; e che «le regioni
possono, altresi', svolgere attivita' istruttorie, di informazione e
di documentazione dei provvedimenti legislativi sottoposti all'esame
della Commissione CE ai fini dell'osservanza dell'art. 93 del
trattato sulla comunita' europea fermo restando l'obbligo di
sottoporre al controllo governativo i provvedimenti medesimi ai sensi
dell'art. 127 della Costituzione», aggiungendosi che «i rapporti in
questione sono svolti in collegamento con la rappresentanza
permanente dell'Italia».
L'art. 60 della legge n. 146/1994, richiamato dalla disposizione
appena citata, prevede che «il secondo comma dell'articolo 4 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, non
si applica, per quanto riguarda l'intesa governativa, ai rapporti tra
le regioni, le province autonome e gli organismi comunitari, anche se
tenuti in sede diversa da quella delle istituzioni della comunita'
europea» (l'art. 4. comma 2, d.P.R. n. 616/1977, come noto,
richiedeva l'intesa governativa per attivita' promozionali
all'estero; esso e' stato poi abrogato dall'art. 8, comma 5, legge
n. 59/1997).
E' dunque pacifico da tempo che le regioni possono entrare
direttamente in rapporto con gli organi comunitari. Questo principio
ha ora anche un fondamento costituzionale, dato che l'art. 117 della
Costituzione, come modificato dalla legge cost. n. 3/2001,
attribuisce alle regioni la potesta' legislativa nella materia
«rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni», salvi
i principi fondamentali, riservati alla legislazione statale. Dunque,
la Costituzione sancisce che le regioni intrattengono rapporti
diretti con l'Unione europea, attribuendo allo Stato solo la potesta'
di dettare principi fondamentali in relazione a tali rapporti.
Cio' premesso, le norme impugnate risultano lesive delle
prerogative statutarie e costituzionali della provincia per le
seguenti ragioni di

D i r i t t o

1. - Illegittimita' dell'art. 1, comma 2, lett. b), legge
n. 38/2003.
Come sopra esposto, l'art. 1, comma 2, lett. b) dispone che la
concertazione fra il ministro competente per materia e presidente
della giunta (o assessore delegato), di cui alla lettera a) del
medesimo comma, «abbia per oggetto anche l'esame di progetti
regionali rilevanti ai fini della tutela della concorrenza», che si
preveda «a tale fine un apposito procedimento di notifica al
ministero competente», e che «il Governo, qualora ritenga conforme
alle norme nazionali in materia di concorrenza il progetto
notificato, libera le regioni da ogni ulteriore onere, ne cura la
presentazione e segue il procedimento di approvazione presso gli
organismi comunitari».
Mentre, dunque, la lett. a) prevede una concertazione fra Stato e
regioni in relazione all'attivita' dei ministri in seno al Consiglio
dell'Unione europea, la lett. b) prevede la notifica al ministro
competente e la concertazione fra ministro e organo regionale in
relazione a «progetti regionali rilevanti ai fini della tutela della
concorrenza», che debbano essere approvati dagli «organismi
comunitari».
La disposizione non specifica quali siano questi organismi
comunitari ne' quali siano le norme europee che richiedano
l'approvazione. Dal contesto, tuttavia, si puo' ipotizzare che
nell'ambito di applicazione della lett. b) rientrino i progetti
regionali e provinciali volti a istituire aiuti, sottoposti al
controllo della Commissione U.E. ex art. 88 (ex 93) Trattato C.E. e
che possano rientrarvi anche i progetti volti a dettare le
disposizioni di cui all'art. 95, par. 5, Tr. C.E.
La procedura di notifica al Governo ai fini della concertazione
potrebbe dunque riferirsi a qualsiasi progetto provinciale (anche di
legge) che rientri nelle materie di cui all'art. 1, comma 1, che
rilevi al fine della tutela della concorrenza e che debba essere
approvato dalla U.E. La disposizione impugnata, inoltre, prevede la
sostituzione del Governo alla provincia nel rapporto con l'U.E.
Il principio direttivo non chiarisce se il procedimento di
notifica cosi' previsto abbia carattere addizionale (ed eventualmente
facoltativo) rispetto alla autonoma attivita' della provincia o se
costituisca la via obbligatoria ed esclusiva.
Nel primo caso, si tratterebbe di un meccanismo di collaborazione
tra Stato e regioni e, province autonome, semplicemente alternativo o
aggiuntivo rispetto al diretto contatto tra la regione interessata e
gli organismi comunitari. Nel secondo, invece, si tratterebbe di un
meccanismo limitativo della capacita' della provincia di verificare
direttamente la conformita' dei propri atti alle regole europee. in
contrasto on i principi statutari e costituzionali.
Si ipotizzi, innanzi tutto, che i «progetti» di cui alla lett. b)
siano disegni di legge provinciale, la legge statale prevederebbe, in
sostanza, che al controllo previsto dalle norme comunitarie si
aggiunga la necessaria previa approvazione da parte del Governo della
legge provinciale. Infatti, il progetto regionale potrebbe
ulteriormente procedere (tramite il Governo) solo se il Governo lo
ritenesse «conforme alle norme nazionali in materia di concorrenza».
Ove dunque si ritenesse che l'approvazione governativa sia
necessaria, e che la sua mancanza blocchi il procedimento, la norma
in questione introdurrobbe, per la materia oggetto della delega, una
forma di controllo preventivo sulle leggi regionali e provinciali.
Tale controllo sarebbe inoltre insindacabile.
Ove cosi' dovesse essere intesa la normativa posta dal principio
di delega, ne sarebbe chiara la enormita' costituzionale. E' chiaro
infatti che il regime della legge provinciale puo' trovare la propria
disciplina solo nello statuto (o nelle norme costituzionali che lo
integrano, come quella della cost. n. 3/2001 che ha soppresso il
controllo preventivo sulle leggi regionali). Una legge ordinaria non
puo' introdurre un controllo statale sulla legge provinciale, a pena
di violare lo statuto, menomando gravemente la potesta' legislativa
provinciale. Ne', ovviamente, il controllo si potrebbe giustificare
per il fatto che il progetto provinciale rileva «ai fini della tutela
della concorrenza», cioe' incide su una materia presidiata da norme
statali, La legge provinciale non puo' violare le norme nazionali
sulla concorrenza come non puo' violare molte altre norme statali, ma
non per questo la legge puo' istituire un controllo preventivo su di
essa, essendo appunto il regime della legge fissato a livello
costituzionale, ed avendo le norme costituzionali scelto un controllo
successivo di costituzionalita'.
Ne' la norma potrebbe dirsi legittima in relazione ad ipotetici
progetti provinciali non aventi carattere legislativa. Anche
prescindendo dall'abrogazione deIl'art. 125 Cost, e dalla previsione
dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001. il sistema dei controlli sugli
atti amministrativi provinciali e' definito dallo statuto e dalle
norme di attuazione (v. in particolare il d.P.R. n. 305/1988), e su
di esso non puo' incidere una legge ordinaria.
Quanto, poi, alla sostituzione del Governo alla provincia nei
rapporti con l'U.E., le censure qui avanzate - ove tale sostituzione
dovesse intendersi come un obbligo, e non come una facolta' - valgono
sia che si tratti di progetti di legge sia che si tratti di
iniziative provinciali di altro tipo.
Innanzi tutto, tale necessaria sostituzione apparirebbe del tutto
irragionevole, dato che essa non si fonda su nessun apprezzabile
interesse statale. Anzi, essa interviene proprio quando si e'
appurato che il progetto provinciale rispetta le norme sulla
concorrenza: a questo punto, non si comprende perche' la provincia
non possa gestire autonomamente i rapporti con l'U.E. ma debba
subentrare il Governo.
Puo' essere utile ricordare che, come visto, attualmente e gia'
prima della legge cost. n. 3/2001 le regioni e le province autonome
gestiscono autonomamente i rapporti con l'U.E. cio' e' previsto
dall'art. 4 d.P.R., 31 marzo 1994, che, fra l'altro, richiama
espressamente la procedura di controllo comunitario degli aiuti,
stabilendo che «le regioni possono, altresi', svolgere attivita'
istruttorie, di informazione e di documentazione dei provvedimenti
legislativi sottoposti all'esame della Commissione C.E. ai fini
dell'osservanza dell'art. 93 del trattato sulla comunita' europea
fermo restando l'obbligo di sottoporre al controllo governativo i
provvedimenti medesimi ai sensi dell'art. 127 della Costituzione», e
aggiungendo che «i rapporti in questione sono svolti in collegamento
con la rappresentanza permanente dell'Italia».
La norma impugnata, dunque, introdurrebbe un elemento di
centralizzazione senza alcun apprezzabile interesse che giustifichi
cio', violando, dunque, oltre al principio di ragionevolezza, anche
l'art. 5, che prescrive al legislatore di «promuovere» le autonomie
locali.
Ne' la norma in questione potrebbe fondarsi sull'art. 117, comma
3, che include la materia dei «rapporti internazionali e con l'unione
europea delle regioni» tra quelle di competenza concorrente. In
relazione ai rapporti regioni-U.E. lo Stato puo' dettare principi
fondamentali: ma, a parte i dubbi sul carattere di principio di una
disposizione rivolta a prevedere la disciplina delle varie fasi di
una procedura di controllo e «sostituzione» statale in casi e materie
specifici, va osservato che lo Stato e' abilitato dall'art. 117,
comma 3, a stabilire i principi fondamentali dei rapporti
Regioni-U.E., non a sopprimere tali rapporti, sostituendo il Governo
alle regioni per quanto riguarda il controllo comunitario di
determinati progetti regionali. Anche tale disposizione risulterebbe
dunque violata.
Naturalmente, ogni censura verrebbe meno se si dovesse intendere,
al contrario, che la procedura di concertazione, come pure la
sostituzione dello Stato alla regione o provincia autonoma nei
rapporti con l'Unione europea, hanno carattere facoltativo o
addizionale, costituiscono cioe' un aumento e non una limitazione
della capacita' di azione delle regioni o province autonome, che
potrebbero ottenere, volontariamente, il supporto dell'azione
statale.
2. - Illeggittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera
c), legge n, 38/2003.
L'art. 1, comma 2, lettera c) prescrive al Governo di «stabilire
che la concertazione di cui alla lettera a) si applichi anche in
relazione a progetti rilevanti ai fini dell'esercizio di competenze
esclusive dello Stato e delle regioni o concorrenti, con previsione
di uno specitico procedimento per la prevenzione di controversie».
Tale norma, nella sua genericita', sembra estendere la procedura
di concertazione in pratica a tutti i progetti, dato che non si vede
quale progetto possa non essere rilevante ai fini di competenze
concorrenti o esclusive.
Essa dunque espone qualunque progetto provinciaIe (rientrante
nelle materie oggetto della delega legislativa di cui all'art. 1,
comma 1, legge n. 38/2003) all'obbligo di seguire la procedura di
concertazione, con dovere di trasmissione al ministro competente ed,
eventualmente, di seguire «uno specifico procedimento per la
prevenzione di controversie».
Dunque, qualsiasi progetto - in ipotesi persino un progetto di
legge - rientrante nelle materie oggetto della delega dovrebbe
sottoporsi a questo verifica preventiva. Rispetto al controllo di cui
alla lett. b) non vi sarebbe qui quel potere di blocco del progetto
da parte del Governo; tuttavia, la disposizione verrebbe a prevedere
la necessaria sottoposizione dei progetti (anche di legge) alla
concertazione con il ministro e, quindi, in sostanza, la necessita'
di una trattativa fra, provincia e ministro sul contenuto della legge
e degli altri atti adottati dalla provincia nelle materie oggetto
della legge di delega.
Nella misura in cui incide sul procedimento legislativo,
istituendo una concertazione obbligatoria, cioe' una forma di
controllo preventivo, la lett. c) risulta illegittima per le ragioni
gia' esposte a proposito della lett. b) cioe' per l'inidoneita' della
legge ordinaria ad alterare il regime della legge provinciale fissato
nello statuto.
Nella misura in cui obbliga la provincia autonoma di Trento ad
una concertazione obbligatoria-controllo preventivo sugli atti di
altro tipo, la norma risulta ugualmente illegittima: infatti, anche
se non e' attribuito un potere di blocco, comunque la norma limita in
modo rilevante l'autonomia organizzativa e amministrativa
provinciale, minandone in modo anche grave la tempestivita', al di
fuori delle previsioni dello statuto, unica fonte competente (come
attuato dalle apposite norme) a regolare i rapporti di
controllo-coordinamento fra Stato e Provincia autonoma di Trento.

P. Q. M.
Chiede voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare
l'illeggittimita' costituzionale, dell'art. 1, comma 2, lettere b) e
c), legge n. 38 del 2003, per i motivi e profili illustrati nel
presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 10 maggio 2003.
Avv. prof. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi

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