N.   49  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 dicembre 2007.
 
  Ricorso  per questioni di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  17  dicembre  2007 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)

  
(GU n. 1 del 2-1-2008)

Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio pro tempore, rappresentato e
difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato, negli uffici della
quale  in  Roma,  via dei Portoghesi n. 12, domicilia; Contro Regione
Friuli-Venezia   Giulia,  in  persona  del  Presidente  della  Giunta
regionale   in   carica   per   la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 2 ottobre
2007,  n. 24  (in  B.U.R. 10 ottobre 2007 n. 41) per violazione degli
artt.   11   e  117,  primo,  secondo  comma,  lett.  r)  e  5  della
Costituzione,   nonche'  dell'art.  4,  commi  1  e  2,  della  legge
costituzionale n. l/1963.
1. - Con legge n. 24 del 2 ottobre 2007, il Consiglio regionale della
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ha  approvato  il seguente
articolo   unico:  «Ai  sensi  dell'art.  117,  quinto  comma,  della
Costituzione,  in  attuazione  dell'art.  24,  par.  6,  dell'Accordo
relativo   agli  aspetti  dei  diritti  di  proprieta'  intellettuale
attinenti  al  commercio  (Accordo  TRIPs),  ratificato in Italia con
legge  29  dicembre  1994, n. 747, la denominazione «Tocai Friulano»,
patrimonio  della  vitivinicoltura  regionale  ormai  da secoli, puo'
continuare  ad  essere  utilizzata  dai produttori vitivinicoli della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  anche  dopo  il  31 marzo 2007, per
designare   il   vino,  derivante  dall'omonimo  vitigno,  che  viene
commercializzato all'interno del territorio italiano».
Nei  regolamenti  n. 753/2002  e  n. 1429/20042, la Commissione aveva
ripreso  come  data  di  scadenza  per l'utilizzo della denominazione
«Tocai   friulano»   il   31   marzo   2007,   riproducendo  la  data
originariamente  prevista  in  un  accordo  del 1993 tra la Comunita'
europea e l'Ungheria.
La  Corte  di  giustizia  con  sentenza  del  12 maggio 2005 in causa
C-347/03   ha   confermato   la   validita'   di   tale   accordo   e
conseguentemente  la legittimita' della previsione transitoria, ma la
sentenza  ha  riguardo  al  periodo  in cui l'Ungheria era ancora uno
Stato terzo.
Tanto  ha  determinato  il Governo italiano a riproporre la questione
della  legittimita'  della  soppressione  della  denominazione «Tocai
Friulano» al giudice comunitario.
2.  -  La legge regionale in esame pone un problema di compatibilita'
con   il   diritto   comunitario   ed  un  problema  di  legittimita'
costituzionale.  Quanto  al diritto comunitario, occorre chiedersi se
la  materia  coperta dall'art. 24, par. 6 dell'accordo TRIPs, attuato
dalla legge regionale Friuli-Venezia Giulia, rientri nella competenza
comunitaria.  Se  cosi'  fosse,  l'applicazione  di tale disposizione
pattizia  sarebbe  dovuta  avvenire  in  linea  di principio mediante
l'adozione di norme comunitarie.
Quanto  al  diritto costituzionale nazionale, ci si deve domandare se
la  legge  in  esame  rispetti  la delimitazione delle competenze tra
Stato e regioni.
3.  -  Per  inquadrare  la  questione  di legittimita' costituzionale
sollevata  con  il  presente  ricorso  e'  necessario  richiamare gli
antecedenti di fatto.
La  questione  della  limitazione dell'uso del nome della varieta' di
vite «Tocai friulano» deriva dalle disposizioni previste dall'Accordo
tra  la  comunita'  europea  e  la Repubblica d'Ungheria sulla tutela
delle  denominazioni  di  origine  dei  vini (Decisione 93/724/CE del
Consiglio  del  23  novembre  1993). Tale Accordo prevedeva che l'uso
della  varieta' di vite «Tocai Friulano», nonche' del sinonimo «Tocai
italico»,  fosse  consentito  per  l'Italia,  esclusivamente  per  la
designazione e presentazione dei vini di qualita' prodotti in regioni
determinate  (v.q.p.r.d.)  delle  regioni  Veneto  e  Friuli,  per un
periodo  transitorio  fino al 31 marzo 2007, in quanto detto nome era
tale  da  generare confusione nei consumatori con la denominazione di
origine ungherese «Tokaj».
4.  -  L'utilizzo transitorio, consentito in deroga alle disposizioni
del citato Accordo Comunita-Ungheria, e' stato inserito, senza alcuna
motivazione,   dalla   Commissione   nel  Regolamento  n. 753/2002/CE
(G.U.C.E.  n. L  118  del 4 maggio 2002), recante talune modalita' di
applicazione  del  regolamento  (CE)  n. 1493/1999  del Consiglio per
quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e
la  protezione  di taluni prodotti vitivinicoli, laddove all'allegato
II,  tra  le  varie  deroghe,  l'uso  del  «Tocai friulano» e del suo
sinonimo  «Tocai italico» e' stato consentito per l'Italia fino al 31
marzo 2007.
5. - Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con
l'art.  1  del  d.m.  26  settembre  2002 ha disposto: «Le condizioni
nazionali per l'utilizzo, in deroga al disposto dell'art. 19, par. 1,
lettera c), del regolamento (CE) n. 753/2002, dei nomi di varieta' di
vite  o  dei loro sinonimi comprendenti un'indicazione geografica che
possono  figurare  nell'etichettatura  dei  V.Q.P.R.D.  e dei vini ad
indicazione  geografica  tipica italiani sono riportate nell'allegato
1,  che  costituisce parte integrante del presente decreto, dove sono
elencati  i  nomi di varieta' di vite o sinonimi riguardanti l'Italia
che   figurano   nell'allegato   II   del   citato  regolamento  (CE)
n. 753/2002».
Nell'allegato  I  del  decreto  26 settembre 2002, alla rubrica «Nomi
delle  varieta' di vite o dei loro sinonimi», figura, in particolare,
la menzione «Tocai friulano o Tocai Italico», alla quale corrisponde,
alla  rubrica  «Ambito  della  deroga  (territorio amministrativo e/o
specifici  VQPRD e/o IGT)» la seguente frase: «Per alcuni VQPRD delle
regioni  Friuli-Venezia  Giulia  e Veneto per un periodo transitorio,
fino  al 31 marzo 2007, secondo l'accordo tra l'[Unione europea] e la
Repubblica d' Ungheria».
5.  -  La  Regione Friuli-Venezia Giulia e l'Agenzia regionale per lo
sviluppo  rurale  ha impugnato il d.m. ed il Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  ha  sottoposto  alla  Corte di giustizia delle
Comunita'  una  questione  pregiudiziale  vertente  sulla validita' e
sull'interpretazione  della decisione del Consiglio 23 novembre 1993,
93/724/CE,  concernente la conclusione di un accordo tra la Comunita'
europea  e  la  Repubblica  d'Ungheria  sulla  tutela  e il controllo
reciproci  delle  denominazioni  dei  vini  (G.U.  L 337, pag. 93; in
prosieguo:  l'«accordo CE-Ungheria sui vini»), e del regolamento (CE)
della  Commissione 29 aprile 2002, n. 753, che fissa talune modalita'
di  applicazione  del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per
quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e
la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (G.U. L 118, pag. 1).
La  Corte  di giustizia con sentenza 12 maggio 2005 (Causa C-347/03),
in  risposta ai quesiti posti dal giudice amministrativo italiano, ha
sinteticamente ritenuto:
     a)  L'art.  113 del Trattato costituisce il fondamento normativo
della   conclusione  dell'accordo  tra  la  Comunita'  europea  e  la
Repubblica  d'Ungheria  sulla  tutela  e il controllo reciproci delle
denominazioni  dei  vini.  Infatti,  tale  accordo rientra tra quelli
previsti    all'art.   63   del   regolamento   n. 822/87,   relativo
all'organizzazione  comune  nel mercato vitivinicolo, e ha come scopo
principale  quello  di promuovere gli scambi commerciali tra le parti
contraenti  favorendo  su  una  base  di reciprocita', da un lato, la
commercializzazione  di vini originari dell'Ungheria, in quanto viene
assicurata  a tali vini la stessa protezione di quella prevista per i
vini  di  qualita'  prodotti  in  una  regione determinata di origine
comunitaria, e, dall'altro, la commercializzazione in questo paese di
vini originari della Comunita'. (v. punti del dispositivo 1-2).
     b)  Il  regime  delle  denominazioni  omonime di cui all'art. 4,
n. 5,  dell'accordo  tra  la  Comunita'  europea  e  la Repubblica di
Ungheria  sulla  tutela  e il controllo reciproci delle denominazioni
dei  vini  (accordo  CE-Ungheria  sui  vini)  riguarda le indicazioni
geografiche  protette  in forza dello stesso accordo. Orbene, poiche'
le  menzioni  «Tocai  friulano» e «Tocai italico», a differenza delle
denominazioni  «Tokaj»  e  «Tokaji»  di  vini ungheresi, non figurano
nella  parte  A  dell'allegato  dell'accordo  CE-Ungheria  sui vini e
costituiscono  il  nome  di  un  vitigno  o  di  una varieta' di vite
riconosciuta  in Italia come idonea alla produzione di taluni vini di
qualita' prodotti in una regione determinata, esse non possono essere
qualificate  come indicazioni geografiche ai sensi del detto accordo.
Ne  deriva  che  il divieto di utilizzare la denominazione «Tocai» in
Italia dopo la scadenza del periodo transitorio previsto dall'accordo
CE  -  Ungheria  sui  vini,  quale  risulta  dallo scambio di lettere
concernente  l'art.  4  del detto accordo, non e' in contrasto con la
disciplina  delle  denominazioni  omonime prevista dall'art. 4. n. 5,
dello  stesso  accordo.  Ne deriva anche che la dichiarazione comune,
concernente  l'art.  4,  n. 5,  dell'accordo CE-Ungheria sui vini, in
quanto  enuncia,  nel primo comma, che, per quanto riguarda l'art. 4,
n. 5.  lett.  a),  dello  stesso  accordo,  le parti contraenti hanno
rilevato che, al momento dei negoziati, esse non erano al corrente di
casi specifici ai quali le disposizioni in questione potessero essere
applicabili,  non costituisce una rappresentazione sicuramente errata
della realta'. (v. punti del dispositivo 3-4).
     c)  Gli  artt.  22-24  dell'accordo sugli aspetti dei diritti di
proprieta'  intellettuale  attinenti al commercio (TRIPs), che figura
all'allegato 1C dell'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale
del  commercio,  devono essere interpretati nel senso che, per quanto
concerne   un   caso   relativo  ad  un'omonimia  tra  un'indicazione
geografica di un paese terzo e una denominazione che riprende il nome
di  un  vitigno  utilizzato per la designazione e la presentazione di
determinati vini comunitari che ne derivano, tali disposizioni, anche
se  non  vietano l'uso continuo e similare di una tale denominazione,
non esigono nemmeno che tale denominazione possa continuare ad essere
utilizzata  in  futuro  nonostante la doppia circostanza che essa sia
stata utilizzata in passato dai rispettivi produttori o in buona fede
o  per  almeno  dieci  anni  prima  del  15 aprile 1994 e che indichi
chiaramente  il  paese,  la  regione  o  la  zona di origine del vino
protetto  in  modo  da non indurre in errore i consumatori. (v. punti
del dispositivo 5).
     d)  Il  diritto  di  proprieta' non osta al divieto imposto agli
operatori  interessati di una regione autonoma italiana di utilizzare
il  termine «Tocai» nella menzione «Tocai friulano» o «Tocai italico»
per  la  designazione  e  la presentazione di taluni vini italiani di
qualita'  prodotti in una regione determinata alla fine di un periodo
transitorio  di  tredici  anni quale risulta dallo scambio di lettere
concernente   l'utilizzo   del   termine  «Tocai»,  che  e'  allegato
all'accordo  tra  la  Comunita'  europea  e la Repubblica di Ungheria
sulla  tutela  e il controllo reciproci delle denominazioni dei vini,
ma non figura nell'accordo stesso. Infatti, tale divieto, dal momento
che non esclude qualsiasi modalita' ragionevole di commercializzare i
vini  italiani  interessati,  non  costituisce  una  privazione della
proprieta'   ai  sensi  dell'art.  1,  primo  comma,  del  protocollo
addizionale  n. 1  alla  Convenzione  europea  dei diritti dell'uomo.
Inoltre,  anche  supponendo  che la detta restrizione costituisca una
limitazione  del  diritto  fondamentale  di  proprieta',  questa puo'
essere   giustificata   in  quanto,  vietando  l'utilizzo  di  questa
denominazione  che e' omonima dell'indicazione geografica «Tokaj» dei
vini  ungheresi,  persegue  un fine di interesse generale consistente
nella  promozione  degli  scambi  commerciali tra le parti contraenti
favorendo  su una base di reciprocita' la commercializzazione di vini
designati  o presentati grazie a un'indicazione geografica. (v. punti
122, 127, 134, dispositivo).
7.  -  A  seguito  dell'adesione dell'Ungheria all'Unione europea, la
Commissione  ha  emanato  il reg. n. 1429/2004 di modifica del citato
reg.  n. 753/2002  e  all'allegato  II  dello  stesso  regolamento ha
confermato  il predetto termine del 31 marzo 2007 per l'uso in deroga
del  vitigno  «Tocai  friulano»  e  del  sinonimo «Tocai italico» per
l'Italia.
La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  l'Ente regionale di Sviluppo di
tale  Regione  e  il  Governo  italiano  hanno presentato ricorsi per
l'annullamento  del  citato  reg. 1429/2004 nella parte limitativa in
questione (rispettivamente Cause T-417/04, T-418/04, T-431/04).
A  sostegno della impugnazione e' stato dedotto: a) la violazione del
divieto di discriminazione tra i produttori della Comunita' (art. 34,
par.  2 TCE); b) violazione dei diritti di proprieta' garantiti dalla
Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).
La Corte di Giustizia ancora non si e' pronunciata.
8. - Con decreto 28 luglio 2006 il Ministero, in vista della scadenza
della  deroga  di  cui  trattasi (31 marzo 2007) per l'uso del «Tocai
friulano»,  su  richiesta  dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha
iscritto  nel  registro delle varieta' di viti il sinonimo «Friulano»
per la citata varieta' di vite.
Alcuni  produttori  friulani  hanno  presentato  ricorso avverso tale
decreto al Tribunale amministrativo regionale Lazio - Sezione II-ter.
Con ordinanze n. 6622/2006 e 6624/2006 del 4 dicembre 2006, lo stesso
tribunale  amministrativo, in accoglimento delle relative istanze, ha
dichiarato sospesa l'efficacia del richiamato decreto 28 luglio 2006,
ed  ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle
Comunita'  europee  in  ordine  alle istanze di giudizio in questione
(Cause riunite C-23/07 e C-24/07).
La  Corte  di  giustizia  ancora  si  deve pronunciare su tale rinvio
pregiudiziale.
9. - Il Ministero in data 18 dicembre 2006 ha presentato istanza alla
Commissione  U.E.,  intesa  ad ottenere la proroga del citato termine
del  31  marzo  2007, previsto dal Reg. CE n. 753/2002 - Allegato II,
come  da  ultimo  modificato  con  Reg.  CE  n. 1512/2005, al fine da
consentire  ai produttori dei V.Q.P.R.D. della Regione Friuli-Venezia
Giulia  l'utilizzo  del  nome della varieta' di vite «Tocai friulano»
per  la  designazione  e  presentazione  degli stessi vini, fino alla
sentenza   della   Corte  di  giustizia  U.E.  sulla  citata  istanza
pregiudiziale  avanzata  dal  Tribunale  amministrativo regionale del
Lazio (Cause riunite C-23/07 e C-24/07), nonche' sulle predette cause
n. T-417/04, T-418/04, T-431/04 concernenti la medesima questione.
Nel  frattempo  la  Commissione  UE  ha  presentato  la  relazione al
Consiglio  relativa  al  «Tokaj» datata 19 dicembre 2006, nell'ambito
del  Comitato  speciale  agricoltura  del  22  gennaio 2007. Con tale
relazione  la  Commissione,  pur  tenendo  conto  delle  citate cause
pendenti  presso la Corte di giustizia U.E., ha concluso manifestando
l'intenzione  di  assicurare la protezione esclusiva alla indicazione
geografica ungherese «Tokaj» e, conseguentemente, di vietare oltre il
termine  ultimo  del  31  marzo  2007,  di  cui alle deroghe previste
dall'allegato  II  del  regolamento n. 753/2002, l'uso dei nomi delle
varieta'  «Tocai  friulano»  e  del  sinonimo  «Tocai italico» per la
designazione   dei   relativi  V.Q.P.R.D.  italiani,  in  conformita'
all'acquis comunitario ed all'esito della citata sentenza della Corte
di giustizia U.E. del 12 maggio 2005 nella causa C-347/03.
La  stessa  Commissione  con  nota  n. 4568  del 16 febbraio 2007, in
riscontro  alla  citata  richiesta  del  Ministero datata 18 dicembre
2006,  nel  confermare  le  conclusioni  della  predetta relazione al
Consiglio,  ha  respinto  la  richiesta di proroga, vietando di fatto
l'uso del nome del vitigno «Tocai friulano» per i V.Q.P.R.D. italiani
dopo il termine 31 marzo 2007.
In   vista   di   detta  scadenza  la  Commissione,  con  regolamento
n. 382/2007  del  4 aprile 2007 (G.U.C.E. n. L 95 del 5 aprile 2007),
applicabile  dal  1  aprile 2007, recante la modifica del citato reg.
n. 753/2002, ha soppresso le deroghe per l'uso del «Tocai friulano» e
del  sinonimo  «Tocai  italico»  ed  ha  inserito  l'uso del sinonimo
«Friulano»  per  l'Italia,  come  richiesto a suo tempo dal Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali e come concordato con
la Regione Friuli-Venezia Giulia in apposito protocollo d'intesa.
10.  -  Il  Ministero  delle politiche agricole e forestali, in vista
della  vendemmia  2007,  ha  emanato  decreto il d.m. 31 luglio 2007,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 182 del 7 agosto 2007 (All.
5),  per adeguarsi alla citata normativa comunitaria, autorizzando in
via  transitoria,  fino al pronunciamento della Corte di giustizia UE
sulle  cause  pendenti,  l'uso  del sinonimo «Friulano» ai fini della
designazione  e  presentazione  dei  vini  a denominazione di origine
della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Anche  tale  decreto e' stato impugnato da alcuni produttori friulani
innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio con richiesta
di  sospensiva e con richiesta di rinvio pregiudiziale interpretativo
alla Corte di giustizia delle Comunita' europee.
11.  -  Il Consiglio dei ministri con delibera assunta nella riunione
del 23 novembre 2007 ha deciso, sulla base della relazione di sintesi
presentata  dal  Ministro  per  gli  affari  regionali e le autonomie
locali,  di  impugnare  la  legge  regionale  Friuli-Venezia Giulia 2
ottobre 2007, n. 41 (all. 1)
12. - Violazione degli artt. 11, 117, primo comma della Costituzione.
Indipendentemente  dalla risoluzione del problema della sussistenza o
meno  della  competenza della regione a dare esecuzione ad un accordo
internazionale, e' pregiudiziale la questione se rientri o meno nella
competenza  della  Comunita'  l'attuazione  dell'art. 24, par. 6, del
TRIP's  e se la Comunita' vi abbia o meno dato esecuzione. Entrambi i
quesiti  se  risolti positivamente determinerebbero la illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  de  qua per violazione degli
artt. 11 e 117, primo e quinto comma, Cost.
Ai  sensi  dell'art.  24,  par.  6  del TRIPs, seconda frase, «[..l]a
presente sezione non obbliga in alcun modo un membro ad applicarne le
disposizioni  in  relazione ad un'indicazione geografica di qualsiasi
altro  membro  per  vini  per  i  quali la pertinente indicazione sia
identica  alla  denominazione  comune di una varieta' d'uva esistente
nel  territorio  di  detto  membro  alla  data  di  entrata in vigore
dell'accordo  OMC».  In  altri  termini,  una  Parte  contraente puo'
mantenere  il nome di un vino se e' uguale al nome del vitigno da cui
il vino deriva.
La  Corte di giustizia ha ritenuto nel parere n. 1/9412 che l'accordo
TRIPs  e'  un  accordo  misto,  nel  senso che esso rientra sia nella
competenza  a  stipulare  della Comunita' europea che in quella degli
Stati  membri. Inoltre, i diritti di proprieta' intellettuale oggetto
delle  norme  del TRIPs possono essere anche, inevitabilmente, quelli
previsti  dagli  ordinamenti  nazionali  degli Stati membri. Tra tali
diritti  di proprieta' intellettuale rientrano anche le denominazioni
che  gli  Stati  membri possono adottare per i prodotti vitivinicoli,
come  previsto dal regolamento comunitario n. 1493 del 1999, relativo
all'organizzazione  comune  del mercato vitivinicolo. In particolare,
ai  sensi  dell'art.  52,  par. 1 di tale regolamento, solo gli Stati
membri  possono  abbinare  il  nome di una varieta' di vite alla zona
geografica di produzione.
Sulla  base  di  questa considerazione, poiche' l'art. 24, par. 6 del
TRIPs  non  si  riferisce  solo  alla Comunita' europea ma anche agli
Stati  membri  per  le  materie rientranti nella loro competenza, uno
Stato  membro potrebbe applicare il disposto dell'art. 24, par. 6 del
TRIPs   in   relazione   alle   proprie   denominazioni  di  prodotti
vitivinicoli.  Conseguentemente,  in  tale  particolare  settore, non
sembrerebbe   sussistere  una  competenza  comunitaria  in  grado  di
precludere  ad uno Stato membro l'attuazione dell'art. 24, par. 6 del
TRIPs.
La  Corte di giustizia da ultimo con la sentenza 11 settembre 2007 in
causa  n. C431/05  Merck,  ha  affermato  che  nei  casi  in  cui una
disposizione  del  TRIPs  debba applicarsi a materie rientranti nella
competenza  degli  Stati  membri, e cio' perche' la Comunita' europea
non  ha  ancora  legiferato  o  non  ha legiferato a tal punto da far
ritenere   che   la  materia  rientri  in  ambito  comunitario,  tale
disposizione  puo'  essere  applicata  nell'ordinamento nazionale non
solo   mediante   l'intervento   del   giudice  nazionale,  che  puo'
attribuirle efficacia diretta, ma anche, a fortiori ratione, mediante
l'intervento del legislatore o dell'amministrazione nazionale.
Nella materia oggetto della legge regionale Friuli-Venezia Giulia, la
Comunita'  ha gia' esercitato le proprie competenze con la emanazione
del   regolamento   n. 753/2002/CE,   da  ultimo  modificato  con  il
regolamento  n. 382/2007  che proprio in seguito della adesione della
Ungheria  alla  Comunita'  europea  ha soppresso la norma transitoria
relativa alla utilizzazione della denominazione «Tocai Friulano».
Con  il  regolamento  n. 382/2007 del 4 aprile 2007 (G.U.C.E. n. L 95
del  5  aprile  2007),  recante  la modifica del reg. n. 753/2002, la
Commissione  U.E.  ha  soppresso  le  deroghe  per  l'uso  del «Tocai
friulano» e del sinonimo «Tocai italico» ed ha inserito la deroga per
l'uso  del  sinonimo  «Friulano»  per  l'Italia, come richiesto a suo
tempo   dal   Ministero,   previo  parere  favorevole  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia.
Pertanto  l'Unione  europea  dal  10 aprile 2007 non consente piu' la
coesistenza  della utilizzazione della denominazione «Tocai friulano»
(nome  della  varieta'  di  vite  «Tocai  friulano» e sinonimo «Tocai
italico»)  per  i  vini  di produzione italiana e della denominazione
geografica «Tokaj» per i vini di produzione ungherese.
Regolamentando  in  tal  senso,  l'Unione europea si e' avvalsa della
facolta'  di  non  consentire  la predetta coesistenza, tenendo conto
dell'esigenza prioritaria di assicurare una protezione maggiore delle
I.G. rispetto ai nomi delle varieta' di viti.
Tanto  e'  stato  implicitamente  anticipato  dalla Commissione nella
relazione  al  Consiglio relativa al «Tokaj» datata 19 dicembre 2006,
nell'ambito  del  Comitato  speciale agricoltura del 22 gennaio 2007.
Con  tale  relazione  la  Commissione, pur tenendo conto delle citate
cause  pendenti  presso  la  Corte  di  giustizia  U.E.,  ha concluso
manifestando  l'intenzione di assicurare la protezione esclusiva alla
indicazione  geografica  ungherese  «Tokaj»  e,  conseguentemente, di
vietare  oltre  il  termine  ultimo  del  31  marzo 2007, di cui alle
deroghe  previste dall'allegato II del regolamento n. 753/2002, l'uso
dei  nomi  delle  varieta'  «Tocai  friulano»  e  del sinonimo «Tocai
italico»   per  la  designazione  dei  relativi  VQPRD  italiani,  in
conformita' all'acquis comunitario ed all'esito della citata sentenza
della Corte di giustizia UE. del 12 maggio 2005 nella causa C-347/03.
Si   puo',  quindi,  concludere  sul  punto  che,  allo  stato  della
legislazione  comunitaria  - peraltro ancora sub iudice - non solo la
Regione,  ma  neppure  lo Stato possono esercitare la facolta' di cui
all'art. 24, par. 6 del TRIP's.
Ne   consegue   che   deve   essere   dichiarata   la  illegittimita'
costituzionale  della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 2 ottobre
2007 n. 24.
13.  -  Violazione  dell'art.  117,  comma 2, lett. r) Cost., nonche'
dell'art.  4,  primo  e  quarto  comma, della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1.
13.1. - La competenza all'esercizio della facolta' prevista dall'art.
24,   par.  6  del  TRIP's  spetta  allo  Stato.  La  formula  «opere
dell'ingegno»,  contenuta  nel  testo  dell'art.  117, secondo comma,
della Costituzione, alla lettera r), e' da ritenere omologa a quella,
«proprieta'   intellettuale»,   spesso   utilizzata   in  alternativa
all'espressione   «proprieta'   industriale»  e  indicativa  di  beni
astratti  o  immateriali  i  quali,  si concretino o meno in prodotti
tangibili, possiedono, come evidenziato dalla dottrina, «un'autonomia
esistenziale propria, a prescindere dal prodotto stesso».
Sarebbe   del   resto  irragionevole,  e  lesivo  dell'art.  3  della
Costituzione,  restringere  la  formula  «opere dell'ingegno» al solo
diritto  d'autore,  laddove essa appare, invece, idonea a comprendere
tutti  i  beni immateriali che, in considerazione anche del principio
di  territorialita',  devono  avere  eguale  «efficacia»  e  identica
disciplina sull'intero territorio nazionale.
L'inquadrabilita'  delle  denominazioni  protette  nell'ambito  della
materia   «proprieta'  intellettuale  (o  industriale)»  -  per  vero
condivisa  anche dalla dottrina e dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia  delle  Comunita'  europee,  e  confermata dal fatto che la
relativa regolamentazione tende ad intersecarsi con quella dei marchi
(in  particolare  dei marchi geografici e dei marchi collettivi) - e'
supportata  da  vari  indici  normativi  e segnatamente: dall'Accordo
Trips, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e ratificato dall'Italia
con  legge  29  dicembre 1994, n. 747, che, nel Capo II, contiene una
Sezione, la 3ª (artt. 22, 23 e 24), dedicata proprio alle indicazioni
geografiche;   dal   decreto   legislativo   19  marzo  1996,  n. 198
(Adeguamento  della  legislazione  interna  in  materia di proprieta'
industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli
aspetti  dei  diritti  di  proprieta'  intellettuale  concernenti  il
commercio  - Uruguay Round), il cui capo VI e' intitolato «Disciplina
delle  indicazioni  geografiche»; dall'art. 1 del decreto legislativo
10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprieta' industriale, a norma
dell'art.  15  della  legge  12  dicembre 2002, n. 273), nel quale si
precisa  che  l'espressione proprieta' industriale comprende anche le
indicazioni geografiche e le denominazioni di origine.
A  cio'  si aggiunga che le denominazioni protette si atteggiano come
istituti  di  diritto  industriale  - segnatamente inquadrabili nella
categoria  dei  diritti  di  monopolio  -  idonei  ad  attribuire una
posizione  di  esclusiva  a coloro che si trovano nelle condizioni di
poterne fare legittimamente uso.
Del  resto,  proprio  aderendo  a  tale prospettiva, le violazioni in
materia   di   D.O.P.   e   di   I.G.P.   vengono  qualificate  dalla
giurisprudenza   come   fattispecie   di   concorrenza   sleale,  per
appropriazione di pregi (rilevante ex art. 2598, numero 2, del codice
civile)   ovvero  per  contrarieta'  ai  principi  della  correttezza
professionale (rilevante ex art. 2598, numero 3, cod. civ).
Quanto   poi   all'estensione   della   nozione   di   «tutela  della
concorrenza», e' appena il caso di rilevare come la Corte ne abbia in
piu'  occasioni  affermato  il  carattere trasversale, posto che essa
inevitabilmente  si  intreccia  con  altre  materie, rientranti nella
competenza concorrente o residuale delle regioni, tutte implicate nei
processi  di  sviluppo  economico-produttivo  del  Paese: di modo che
criterio   valutativo   della   legittimita'   degli  interventi  del
legislatore  statale  in  parte  qua  finisce per essere quello della
proporzionalita-adeguatezza.
In   tale   ottica,   e   avuto   riguardo  agli  indici  ermeneutici
estrapolabili  dal  diritto  comunitario,  il  quale  privilegia  una
nozione   dinamica  della  tutela  della  concorrenza,  la  Corte  ha
affermato,  nella  sentenza  n. 14 del 2004, che la politica agricola
rientra  nella  competenza  esclusiva  dello Stato, attraverso la sua
riconducibilita'  alla  materia della concorrenza, cosi' rigettando i
ricorsi  proposti da alcune regioni contro l'art. 52, comma 83, della
legge   28   dicembre  2001,  n. 448  recante  «Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2002)», norma che attribuisce al Ministro delle politiche
agricole  e  forestali  il  potere  di  disciplinare  con  decreto le
modalita' operative e gestionali del fondo di cui all'art. 127, comma
2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Nella  stessa  prospettiva  la Corte, nella sentenza n. 272 del 2004,
non ha ritenuto lesivo delle competenze regionali l'art. 14, comma 1,
del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 24 settembre
2003,   n. 326,   contenente   una   regolamentazione  dettagliata  e
autoapplicativa  dei  servizi  pubblici  locali, in quanto disciplina
volta  a  garantire, in forme adeguate e proporzionate, la piu' ampia
liberta' di concorrenza.
13.2.  -  Non  si  puo'  ritenere  che la materia oggetto della legge
regionale,   in  quanto  relativa  alle  indicazioni  geografiche  di
prodotti  agricoli,  rientri nel settore dell'agricoltura e quindi in
una  competenza  non  attribuita  allo  Stato  dall'art. 117, secondo
comma,  della  Costituzione, ma alla Regione Friuli-Venezia Giulia in
base  all'art.  4,  punto  2  del  suo Statuto, contenuto nella legge
costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963, e successive modificazioni e
integrazioni.
E  cio',  seppure e' vero che la Corte di giustizia nella sentenza 12
maggio  2005  in  causa C-347/03 Regione Friuli-Venezia Giulia e ERSA
ricorda  che  l'ambito  normativo  nel  quale  era  stato adottato il
divieto  di  utilizzare  la denominazione «Tocai friulano» dopo il 31
marzo  2007  sancito  dall'Accordo  CE-Ungheria sui vini del 1993 era
quello della organizzazione comune di mercato vitivinicolo, in vigore
al  momento  dell'accordo,  in  quanto  non esiste coincidenza tra le
competenze costituzionali nazionali e quelle comunitarie.
Ne'  argomento  potrebbe  trarsi, per le medesime ragioni, dalle basi
giuridiche  comunitarie  richiamate  nelle  premesse  dei regolamenti
comunitari n. 1493/1999 e n. 1429/2004.
13.3.  -  Ne  consegue che ove dovesse ritenersi che la Comunita' non
abbia  esercitato  la  facolta'  di scelta riconosciuta dall'art. 24,
par.  6, dell'Accordo TRIP's, la competenza spetterebbe allo Stato e,
conseguentemente,  la legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 24 del
2  ottobre  2007  dovrebbe  essere dichiarata incostituzionale per la
violazione delle norme in epigrafe.
                              P. Q. M.
Si  chiede  che  la  Corte  dichiari la illegittimita' costituzionale
della   legge   Friuli-Venezia  Giulia  2  ottobre  2007,  n. 24  per
violazione degli artt. 11 e 117, comma 1, della Costituzione; ovvero,
per  violazione  degli  artt.  117,  secondo comma lett. r) e 5 della
Costituzione  e  dell'art. 4, commi 1 e 2, della legge costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1.
     Roma, addi 5 dicembre 2007
              L'Avvocato dello Stato: Maurizio Fiorilli

 
 
 
 

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