N. 49 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 aprile 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 aprile 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 24 del 23-6-2004)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato;

Nei confronti della Regione Umbria in persona del suo presidente
della giunta, avverso l'art. 46 e, per quanto connesso, l'art. 2
della legge regionale 18 febbraio 2004 n. 1 intitolata «Norme per
l'attivita' edilizia», pubblicata nel Boll. Uff. n. 8 del 25 febbraio
2004.
La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 2 aprile 2004
(si depositera' estratto del relativo verbale).
La Regione Umbria ha proposto una prima controversia sulla
legittimita' costituzionale (reg. ric. n. 87 del 2003) di
disposizioni contenute nell'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003
n. 269, ed una seconda similare controversia (reg. ric. n. 11 del
2004) nei riguardi delle disposizioni dell'art. 32 citato, come
risultato dalla conversione nella legge 24 novembre 2003 n. 326. Con
la legge ora in esame la regione ha disposto nell'art. 2 che «a
seguito dell'entrata in vigore della presente legge cessa nella
Regione Umbria la diretta operativita' delle norme statali di
dettaglio in materia edilizia, ivi comprese quelle che non trovano
una corrispondente disciplina nella normativa regionale, salvo ...»,
e nell'art. 46 commi 4 e 5 che, fino all'entrata in vigore di una
legge regionale solo preannunciata nel comma 2 dello stesso art. 46,
«i comuni sospendono ogni determinazione circa la conclusione dei
procedimenti relativi alla definizione degli illeciti edilizi in
conseguenza del condono edilizio ....», salva la facolta' degli
interessati di presentare le «domande di sanatoria» ai sensi
dell'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, come convertito in
legge, «a tutela e garanzia delle loro posizioni giuridiche».
Queste disposizioni, considerate ciascuna isolatamente e nel loro
insieme congiuntamente, appaiono oscure e produttive di incertezze
interpretative: nell'art. 2, la nozione di «norme statali di
dettaglio» e' indeterminata e la nozione di «in materia edilizia»
rimane generica; e nell'art. 46 commi 4 e 5 risulta incomprensibile
di quali «posizioni giuridiche» si assicurerebbe «tutela e garanzia»
nel contesto di una «sospensione» in attesa di norme regionali non
ancora prodotte e percio' dall'ignoto contenuto (che potrebbe essere,
in ipotesi, meno restrittivo delle norme recate dall'art. 32 citato),
e quali doveri d'ufficio gravino sui funzionari dei comuni nella
pendenza della ordinata «sospensione».
L'art. 46 ai commi 2, 4 e 5 riconosce che non e' ancora avvenuto
un completo adeguamento ai principi contenuti nel d.P.R. 6 giugno
2001 n. 380 ed implicitamente riconosce anche spettare al legislatore
statale la competenza a disporre un condono edilizio, e pero'
frappone ostacoli all'applicazione delle disposizioni statali in
argomento. Sicche', l'effettivita' del comma 5 citato rimarra'
verosimilmente ridotta: gli interessati si asterranno dallo
autodenunciare gli abusi non ancora «scoperti».
Premesso che le materie «ordinamento penale» e «tutela
dell'ambiente e dei beni culturali» sono di esclusiva competenza
statale, la sottrazione dal territorio nazionale di una o piu'
regioni introduce disuguaglianze (art. 3 Cost.) non legittimate dal
riconoscimento in Costituzione delle autonomie regionali. Queste non
possono condurre a discipline diversificate nell'ambito delle materie
riservate allo Stato. Cosi' in particolare, non pare accettabile che
fatti identici (ad esempio, edificazioni in assenza di permesso di
costruire) siano repressi penalmente ed in via amministrativa in una
regione, e non repressi perche' sanati «per condono» in altre
regioni. D'altro canto, in un provvedimento di condono edilizio e'
essenziale una disciplina unitaria sulle tipologie di illecito
sanabili, sulla data prima della quale gli illeciti sono commessi,
etc.
In questo quadro, la legge regionale in esame appare, oltre che
irriguardosa dell'art. 117, secondo comma lettera L ed S Cost. e
lesiva dell'art. 3 Cost., anche contrastante con l'art. 117, terzo
comma Cost., con gli artt. 81 e 119 Cost., e persino con gli
artt. 51, 127, secondo comma e 134 Cost.
Considerato che gli introiti attesi dalle oblazioni sono stati
inseriti nella finanziaria 2004 dello Stato (legge 24 dicembre 2003
n. 350), impedire di fatto l'applicazione nel territorio di una
regione delle disposizioni statali in tema di condono edilizio
concreta una ingerenza nella formazione del bilancio annuale dello
Stato e quindi una lesione di quella «autonomia finanziaria» che,
anche, ed anzitutto, allo Stato deve essere garantita, una
comprensione della competenza legislativa per il «coordinamento della
finanza pubblica e dei sistemi tributari», una sottrazione di risorse
destinate alla copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche approvate
dal Parlamento, e - da ultimo - una rottura del vincolo dato dal
patto di stabilita' concordato a livello di Unione europea.
L'art. 119 Cost. e' anche qui evocato perche' essenziale dovere
costituzionale dello Stato e' assicurare a se stesso ed agli enti «a
finanza derivata» le risorse occorrenti: tale dovere e' talmente
prioritario e fondamentale da aver reso superflua l'esplicita
indicazione in Costituzione dei modi e dei mezzi consentiti per farvi
fronte; significativa e' l'assenza nell'art. 119 Cost. di una
esplicita garanzia di risorse proprie anche per lo Stato.
La regione la quale ostacoli mediante propria legge una manovra
di finanza pubblica statale dovrebbe farsi carico di assicurare
altrimenti l'invarianza del «livello massimo del saldo netto da
finanziare» (art. 1, comma 1, della legge finanziaria citata), ad
esempio rinunciando ad apporti di finanza derivata dallo Stato.
D'altro canto, la legge in esame contrasta con l'art. 117, terzo
comma Cost. che riconosce allo Stato la competenza alla
«determinazione dei principi» (si noti «determinazione», e non
ottativa indicazione) in materia di «governo del territorio». Codesta
Corte ha insegnato che spetta tuttora allo Stato - anche per le
evidenti e plurime connessioni con la materia «ordinamento civile»
(art. 117 comma secondo lettera L Cost.) - produrre la disciplina
normativa in tema di titoli abilitativi edilizi. In questo ambito
deve collocarsi pure la previsione di titoli abilitativi non
ordinari, quali quelli per sanatoria non «a regime», specie se tale
previsione si salda con (ed e' integrata da) la prefigurazione di
programmi di riqualificazione urbanistico-edilizia.
Da ultimo, occorre rilevare - e trattasi di argomento assorbente
- che ai legislatori regionali non puo' essere consentito di produrre
norme demolitorie e «di reazione», le quali statuiscano la
sospensione dell'applicazione o addirittura la non applicazione nel
territorio regionale di disposizioni poc'anzi prodotte dallo Stato.
Iniziative siffatte possono pregiudicare l'unita' della Repubblica
(art. 5 Cost.) e comunque concretano una sorta di anomala
«autodichia». L'ordinamento costituzionale (ora art. 127, secondo
comma Cost.) riconosce ad ogni regione la facolta' di sottoporre a
codesta Corte le disposizioni statali che reputa affette da
illegittimita' costituzionale, e cosi' esclude che il potere
legislativo regionale possa - grazie alla agevolmente realizzabile
rapidita' della produzione legislativa ad opera dei consigli
regionali ed alla soppressione dell'istituto del rinvio governativo,
e facendo leva sulla successione delle leggi nel tempo - essere
utilizzato per contrastare l'applicazione di dette disposizioni
statali (non rileva se in assenza o in pendenza del ricorso della
regione).
Quest'ultima considerazione appare di particolare importanza per
il sereno ed equilibrato esplicarsi dei poteri legislativi dello
Stato e delle autonomie. Si confida in un insegnamento di codesta
Corte, il quale tenga conto anche dell'esigenza di salvaguardare
appieno l'autorita' del Parlamento nazionale.
Anche la lettera a) del comma 3 del citato art. 46 appare non
compatibile con la Costituzione ed in particolare con l'art. 117,
secondo comma lettera S Cost.: spetta solo al Parlamento nazionale
stabilire in quali casi la «tutela» debba essere «assoluta».


P. Q. M.
Si chiede pertanto che sia dichiarata la illegittimita'
costituzionale delle disposizioni indicate nel ricorso e sottoposte a
giudizio, con ogni consequenziale pronuncia.
Roma, addi' 16 aprile 2004
Il Vice Avvocato generale: Franco Favara

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