Ricorso n. 49 del 20 luglio 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 luglio 2009 , n. 49
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 luglio 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 38 del 23-9-2009)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia; Contro la Regione Umbria in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale 13 maggio 2009, n. 11 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Umbria n. 23 del 20 maggio 2009 e recante «Norme per la gestione integrata dei rifiuti e la bonifica delle aree inquinate». La presentazione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 luglio 2009 (si depositeranno l'estratto del verbale e la relazione del ministro proponente). La legge della Regione Umbria n. 11 del 13 maggio 2009 nel disciplinare la materia afferente alla bonifica delle aree inquinate e alla gestione integrata dei rifiuti, presenta diversi aspetti in contrasto con la normativa nazionale vigente e con il dettato comunitario di settore, nella disciplina dei rifiuti e della valutazione impatto ambientale. Essa quindi si pone in contrasto con l'art. 117, primo comma, che impone alle regioni il rispetto degli obblighi comunitari, e con il secondo comma, lett. s), Cost., ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», secondo la costante giurisprudenza costituzionale che ha affermato che i rifiuti rientrano nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (sentenze n. 61/2009, n. 10/2009, n. 277/2008 e n. 62/2008) In particolare: 1) la disposizione contenuta nell'art. 7, lett. c) delle citata legge regionale n. 11/2009 prevede che il comune abbia il compito rilasciare, rinnovare e modificare «l'autorizzazione alla gestione dei Centri di raccolta». Al riguardo si osserva che la vigente disciplina nazionale di settore, costituita dal d.m. 8 aprile 2008, adottato ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera cc) del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede che il soggetto che gestisce il centro di raccolta debba solamente essere iscritto all'Albo nazionale dei gestori ambientali e che la sola realizzazione dei citati centri, e non gia' anche la gestione di essi, sia «approvata dal Comune territorialmente competente ai sensi della normativa vigente» (art. 2, commi 1 e 4). Pertanto subordinare la gestione di tali centri al preventivo rilascio dell'autorizzazione alla gestione da parte del comune, cosi' come disposto nella legge regionale in esame, si pone in contrasto con la citata normativa nazionale, espressione della competenza statale in materia di tutela dell'ambiente di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera s) Cost. 2) La norma contenuta nell'art. 44 esclude dal proprio campo di applicazione, tra l'altro, i sedimenti derivanti da attivita' connesse alla gestione dei corpi idrici superficiali, alla prevenzione di inondazioni, alla riduzione degli effetti di inondazioni o siccita', al ripristino dei suoli, qualora sia stato accertato che i materiali non risultino contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti. Con tale previsione, peraltro di non chiara lettura, la regione opera una illegittima esclusione dalla nozione di «rifiuto» di materiali che rientrano nel campo di applicazione della vigente normativa comunitaria e nazionale in materia di rifiuti. La definizione comunitaria recata dall'art. 1 della direttiva 2006/12/CE, recepito nell'ordinamento nazionale dall'articolo 183, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 152/2006, stabilisce che e' rifiuto qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o l'obbligo di disfarsi. Sulla base dei principi del diritto comunitario e della ormai consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia (Sentenza 18 aprile 2002, causa C-9/00), si puo' affermare che non e' possibile adottare esclusioni generalizzate o presunzioni assolute di esclusione dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti, ma e' necessario effettuare una valutazione, caso per caso, al fine di verificare se l'intenzione del detentore sia quella di disfarsi del bene o della sostanza stessi. Tale principio non puo' essere derogato dalla regione dato il vincolo del rispetto comunitario derivante dall'art. 117, primo comma, Cost. Inoltre, in relazione alla definizione di rifiuto, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali che escludevano da detta categoria taluni materiali (sent. 61/2009). Per tale motivo si ritiene che le disposizioni dell'articolo in esame, oltre che essere in contrasto con quanto disposto dal d.lgs. n. 152/2006, agli articoli 183, comma 1, lettera a) e 185, possano espone l'Italia ad una procedura d'infrazione per indebita restrizione del campo di applicazione della direttiva sui rifiuti. 3) l'articolo 46 esclude dalla verifica di assoggettabilita' alla valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 20 del d.lgs. n. 152/2006 i progetti relativi agli impianti mobili per il recupero di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di cui all'allegato C, lettera R5, della parte IV del d.lgs. n. 152/2006, anche se rientranti nella tipologia di cui al punto 7, lettera zb, dell'allegato IV alla parte IL del citato decreto, qualora trattino quantitativi medi giornalieri inferiori a 200 tonnellate e il tempo di permanenza degli stessi impianti sul sito predeterminato per lo svolgimento della campagna di attivita' non sia superiore a 60 giorni. Tale deroga risulta in palese contrasto con quanto disposto dal d.lgs. n. 152/2006 che, al punto 7, lettera zb, dell'allegato IV alla parte II, che prevede la verifica di assoggettabilita' per gli impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, con capacita' superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte IV dei d.lgs. n. 152/2006, senza specificare se si tratti di impianti mobili o meno. Si fa presente, inoltre, che la Commissione europea, circa l'applicazione della direttiva 85/337/CEE relativamente agli impianti mobili di trattamento rifiuti, ha ribadito, con nota del 17 novembre 2004, prot. Env.D.3/LT/cro D(2004) 532306, che «il carattere mobile e temporaneo di tali impianti non costituisce di per se' motivo di esclusione dalle liste dei progetti elencati negli allegati della direttiva o di considerazione particolare ai fini della qualificazione di un progetto ai sensi della stessa. Pertanto, posto che essi abbiano le caratteristiche per essere considerati come progetti di cui agli allegati I e II, gli impianti mobili di trattamento rifiuti sono assoggettati alle prescrizioni e alle procedure previste dalla direttiva». Pertanto la normativa regionale in oggetto, dettando disposizioni in contrasto con la normativa nazionale vigente e con il dettato comunitario di settore, nella disciplina dei rifiuti e della valutazione impatto ambientale, presenta profili di illegittimita' per violazione dell'art. 117, comma primo e secondo, lett. s), Cost., ai sensi del quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».
P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte, ai sensi dell'art. 127 Cost., voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 7, lett. c), 44 e 46 della legge regionale dell'Umbria n. 11 del 13 maggio 2009, confidandosi che - nelle more del giudizio - la Regione Umbria voglia far cessare le ragioni del contendere. Roma, addi' 8 luglio 2009 L'Avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo