Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 marzo 2013 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
 
 
(GU n. 17 del 24.4.2013)
 
    Ricorso  della  Provincia  autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
…), in persona  del  Presidente  della  Giunta  provinciale
pro-tempore, previa deliberazione della Giunta  provinciale  8  marzo
2013, n. 425 (doc.  1),  rappresentata  e  difesa,  come  da  procura
speciale n. rep. 27858 dell'11 marzo 2013 (doc. 2), rogata dal  dott.
Tommaso Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della  provincia,  dall'avv.
prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc.  …)  di  Padova,
dall'avv.   Nicolo'   Pedrazzoli   (cod.   fisc.    …)
dell'Avvocatura della Provincia di Trento  e  dall'avv.  Luigi  Manzi
(cod. fisc. …) di Roma, con  domicilio  eletto  presso
l'avv. Manzi in via Confalonieri n. 5, Roma; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione  di  illeaittimita'  costituzionale  della   legge   24
dicembre 2012, n. 243, recante  «Disposizioni  per  l'attuazione  del
principio del pareggio di  bilancio  ai  sensi  dell'art.  81,  sesto
comma, della Costituzione», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12
del 15 gennaio 2013, con riferimento: 
    all'art.  9,  commi  2  e  3,  nella  parte  in  cui  richiamano,
rispettivamente, il comma 4 dell'art.  10  e  l'art.  11,  in  quanto
riferiti anche alle province autonome nonche' agli enti locali  delle
province autonome; 
    all'art. 10, commi 3, 4 e 5; 
    all'art. 11; 
    all'art. 12, 
per violazione: 
    degli articoli 54, n. 5); 74; 79; 80;  81;  103,  104,  107,  del
d.P.R 31 agosto 1972, n. 670; 
    del titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; 
    dell'art. 117, comma sesto, della Costituzione; 
    delle  norme  di  attuazione  statutaria  di   cui   al   decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare degli articoli 2, 3
e 4; al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, ed in  particolare
degli articoli 17 e 18; al decreto del Presidente della Repubblica 28
marzo 1975, n. 473, in particolare dell'art. 2; 
    del principio di leale collaborazione, 
nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                              F a t t o 
 
    La legge 24  dicembre  2012,  n.  243,  detta  «Disposizioni  per
l'attuazione  del  principio  del  pareggio  di  bilancio  ai   sensi
dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione». 
    L'art.  81,  comma  6,  della  Costituzione  -  come   modificato
dall'art. 1 legge costituzionale  n.  l/2012  -  stabilisce  che  «il
contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i  criteri
volti ad assicurare l'equilibrio  tra  le  entrate  e  le  spese  dei
bilanci e la sostenibilita' del debito del complesso delle  pubbliche
amministrazioni sono stabiliti  con  legge  approvata  a  maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi
definiti con legge costituzionale». 
    Tali principi sono stati stabiliti contestualmente  dalla  stessa
legge costituzionale n. 1/2012, con disposizioni che in base all'art.
6 «si  applicano  a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  relativo
all'anno 2014». 
    Viene qui in considerazione il Capo IV della legge  n.  243/2012,
che riguarda l'Equilibrio dei bilanci  delle  regioni  e  degli  enti
locali e concorso dei medesimi enti alla  sostenibilita'  del  debito
pubblico. In particolare: 
    l'art. 9 regola l'Equilibrio dei bilanci delle  regioni  e  degli
enti locali; 
    l'art. 10 disciplina il Ricorso all'indebitamento da parte  delle
regioni e degli enti locali; 
    l'art. 11 contempla il Concorso dello Stato al finanziamento  dei
livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle  fasi  avverse
del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali; 
    l'art. 12 si occupa del  Concorso  delle  regioni  e  degli  enti
locali alla sostenibilita' del debito pubblico. 
    Ad  avviso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  le  predette
disposizioni risultano in tutto  o  in  parte  lesive  delle  proprie
prerogative costituzionali e  dunque  costituzionalmente  illegittime
per le seguenti ragioni; 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 3, 4 e  5,
nonche' dell'art. 9, commi 2 e 3,  nella  parte  in  cui  richiamano,
rispettivamente, il comma 4 dell'art. 10 e l'art. 11. 
    L'art. 10 regola il  Ricorso  all'indebitamento  da  parte  delle
regioni e degli enti locali. In  base  al  comma  1,  che  non  forma
oggetto di impugnazione, «il ricorso all'indebitamento da parte delle
regioni, dei comuni, delle province,  delle  citta'  metropolitane  e
delle  province  autonome  di  Trento  e  di  Balzano  e'  consentito
esclusivamente per finanziare spese di investimento con le  modalita'
e nei limiti previsti dal  presente  articolo  e  dalla  legge  dello
Stato». 
    Il comma  2  -  ugualmente  non  impugnato  -  dispone  che,  «in
attuazione  del  comma  1,  le  operazioni  di   indebitamento   sono
effettuate solo contestualmente all'adozione di piani di ammortamento
di durata non superiore alla vita utile dell'investimento, nei  quali
sono evidenziate l'incidenza delle obbligazioni assunte  sui  singoli
esercizi finanziari futuri nonche' le modalita'  di  copertura  degli
oneri corrispondenti». 
    Sono invece impugnati i commi 3, 4 e 5. 
    In base al comma 3, «le operazioni di  indebitamento  di  cui  al
comma 2 sono effettuate sulla base di  apposite  intese  concluse  in
ambito  regionale  che  garantiscano,  per  l'anno  di   riferimento,
l'equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli  enti
territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione,
come definito dall'art. 9, comma 1, lettera a)». A  tal  fine,  «ogni
anno i comuni, le province e le citta' metropolitane comunicano  alla
regione  di  appartenenza   ovvero   alla   provincia   autonoma   di
appartenenza,  secondo  modalita'  stabilite  con  il   decreto   del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5 del  presente
articolo, il saldo di cassa di cui all'art. 9, comma 1,  lettera  a),
che l'ente locale prevede di conseguire, nonche' gli investimenti che
intende realizzare attraverso il ricorso all'indebitamento  o  con  i
risultati di amministrazione degli esercizi precedenti». Ciascun ente
territoriale «puo'  in  ogni  caso  ricorrere  all'indebitamento  nel
limite delle spese per rimborsi di prestiti  risultanti  dal  proprio
bilancio di previsione». 
    Il comma 4 stabilisce che, «qualora, in sede di  rendiconto,  non
sia rispettato l'equilibrio di cui al  comma  3,  primo  periodo,  il
saldo negativo concorre  alla  determinazione  dell'equilibrio  della
gestione di cassa finale dell'anno  successivo  del  complesso  degli
enti della regione interessata, compresa la medesima regione,  ed  e'
ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto». 
    Infine, in base al comma  5,  «con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  adottato  d'intesa   con   la   Conferenza
permanente  per  il  coordinamento  della  finanza   pubblica,   sono
disciplinati  criteri  e  modalita'  di   attuazione   del   presente
articolo». 
    Come si vede, i commi 3,  4  e  5  pongono  una  disciplina  gia'
dettagliata, che per giunta rinvia le ulteriori specificazioni ad  un
d.P.C.M., escludendo del tutto la provincia dalla possibilita' di uno
svolgimento della normativa. 
    Cio' premesso, conviene ora illustrare il  fondamento  statutario
della presente impugnazione, sia in relazione alla provincia  che  in
relazione ai suoi enti locali. 
    La Provincia di Trento e'  dotata  di  autonomia  finanziaria  ai
sensi degli artt. 69 ss. dello Statuto. In particolare, l'art. 74 St.
dispone  che  «la   regione   e   le   province   possono   ricorrere
all'indebitamento solo per il finanziamento di spese di investimento,
per una cifra non superiore alle entrate correnti» (enfasi aggiunta).
L'art. 16 d.lgs. n. 268/1992 statuisce che  «spetta  alla  regione  e
alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti,  di
amministrazione del patrimonio e di contratti della regione  e  delle
province medesime e degli enti da esse dipendenti». 
    Tale  competenza,  disposta  dallo  statuto  e  dalle  norme   di
attuazione, e' stata esercitata con  la  l.p.  n.  7/1979,  Norme  in
materia di  bilancio  e  di  contabilita'  generale  della  Provincia
autonoma di Trento, il cui art. 31 disciplina  l'indebitamento  della
provincia (v. soprattutto il comma 3),  degli  enti  locali  e  degli
altri enti pubblici del  sistema  provinciale  (v.  i  commi  11-bis,
11-ter e 11-quater). 
    La materia e' poi ulteriormente regolata dagli artt. 29, 29-bis e
30 del d. Pres. Prov. 29 settembre 2005, n. 18-48/Leg (Regolamento di
contabilita' di  cui  all'art.  78-ter  della  legge  provinciale  14
settembre 1979, n. 7). 
    Posta la competenza in materia  di  finanza  e  contabilita',  lo
stesso Statuto all'art. 79  regola  in  modo  preciso,  esaustivo  ed
esclusivo i modi in  cui  le  province  assolvono  gli  «obblighi  di
carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario,  dal  patto
di stabilita' interno e dalle altre  misure  di  coordinamento  della
finanza pubblica stabilite dalla  normativa  statale»,  espressamente
disponendo che «le misure di cui al comma 1 possono essere modificate
esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104  e  fino  alla
loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi
di finanza pubblica di cui al comma l». 
    Inoltre, nel comma 3  l'art.  79  stabilisce  le  regole  per  la
definizione del patto  di  stabilita'  («Al  fine  di  assicurare  il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di
bilancio da conseguire in ciascun periodo») e  prevede  espressamente
che «non si applicano le misure adottate per le  regioni  e  per  gli
altri enti nel restante territorio nazionale»; il comma  4  ribadisce
che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli  obiettivi
di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi
derivanti dal patto di stabilita' interno, non  trovano  applicazione
con riferimento alla regione e alle province  e  sono  in  ogni  caso
sostituite da quanto previsto dal presente articolo». 
    Sulla base di tali premesse appare  chiara  l'illegittimita'  dei
commi 3, 4 e 5 dell'art. 10, in relazione alle norme statutarie e  di
attuazione succitate e all'art. 79 dello Statuto di autonomia. 
    In particolare, le prime due disposizioni dettano norme  (per  di
piu' dettagliate) di coordinamento della  finanza  pubblica  e  hanno
scopi di stabilizzazione finanziaria, mentre la terza  rinvia  ad  un
d.P.C.M. per la disciplina attuativa: ma la Provincia  di  Trento  e'
soggetta al regime speciale di cui  all'art.  79  St.,  con  espressa
esclusione dell'applicabilita' delle norme valevoli  per  le  regioni
ordinarie. 
    Come  piu'   volte   confermato   dalla   stessa   giurisprudenza
costituzionale,  il   legislatore   ordinario   non   puo'   alterare
unilateralmente  l'assetto  dei  rapporti  in   materia   finanziaria
disegnato dallo Statuto,  assimilando  la  posizione  delle  province
autonome - regolate da disciplina speciale - a quella  delle  regioni
ordinarie. 
    Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari  fra  Stato  e
regioni speciali e' dominato dal principio  dell'accordo,  pienamente
riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale:  v.  le  sentt.  n.
82/2007, n. 353/2004, n. 39/1984, n. 98/2000, n. 133/2010. 
    Conviene precisare che la provincia non intende  certo  con  cio'
sottrarsi  al  principio  della  sostenibilita'  del   debito   delle
pubbliche amministrazioni (art. 81, comma 6,  e  art.  97,  comma  1,
Cost., come modificati dalla legge costituzionale n.  1/2012)  ed  al
principio del rispetto  dell'equilibrio  di  bilancio  del  complesso
degli enti della provincia (art. 119, comma 6, Cost., come modificato
dalla legge costituzionale n. 1/2012);  essa  ritiene  pero'  che  la
definizione delle modalita' attuative di tali principi debba avvenire
con le procedure previste  dallo  Statuto  per  la  disciplina  della
finanza delle province autonome (artt. 103, 104 e 107 St.). La  legge
costituzionale n. 1/2012 non ha lo scopo di  scardinare  lo  speciale
regime predisposto dallo Statuto, anche considerando che la  modifica
del   regime   finanziario   della   provincia    richiederebbe    il
coinvolgimento  di  essa,   anche   qualora   avvenisse   con   legge
costituzionale (art. 103 St.). 
    E' poi specificamente illegittimo l'ultimo periodo dell'art.  10,
comma 3, legge n. 243/2012, che  stabilisce  un  limite  quantitativo
all'indebitamento diverso da quello fissato nello  Statuto:  «ciascun
ente territoriale puo' in ogni caso ricorrere  all'indebitamento  nel
limite delle spese per rimborsi di prestiti  risultanti  dal  proprio
bilancio di previsione». Il riferimento alle spese  per  rimborsi  di
prestiti risulta evidentemente restrittivo rispetto  alla  previsione
statutaria (v. il succitato  art.  74)  secondo  cui  per  il  limite
quantitativo  dell'indebitamento  si  fa  riferimento  alle   entrate
correnti; e da tale contrasto deriva con  chiarezza  l'illegittimita'
costituzionale della norma legislativa. 
    I commi 3, 4 e 5 sono lesivi ed illegittimi anche nella parte  in
cui si applicano ai comuni della  Provincia  di  Trento.  Lo  Statuto
attribuisce alla  provincia  competenza  legislativa  concorrente  in
materia di finanza locale, ai sensi dell'art. 80 e dell'art. 81  St.,
il cui comma 2 dispone che «allo scopo di  adeguare  le  finanze  dei
comuni  al  raggiungimento  delle  finalita'  e  all'esercizio  delle
funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento  e  di  Bolzano
corrispondono  ai  consumi  stessi  idonei   mezzi   finanziari,   da
concordare  fra  il  Presidente  della  relativa  provincia  ed   una
rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni». 
    Lo Statuto e' stato integrato,  su  questo  punto,  dall'art.  17
d.lgs. n. 268/1992,  il  cui  comma  3  statuisce  che  «le  province
disciplinano con  legge  i  criteri  per  assicurare  un  equilibrato
sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione
di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento,  nonche'  le
procedure per l'attivita' contrattuale». Dunque, la provincia ha  una
specifica competenza in materia di  indebitamento  dei  comuni.  Tale
competenza e' stata esercitata con il gia' citato  art.  31  l.p.  n.
7/1979 (v. i commi 11-bis e 11-ter) e con l'art. 25 l.p. n. 3/2006. 
    Le norme impugnate violano tali  parametri  perche'  regolano  in
modo dettagliato l'indebitamento dei comuni trentini, senza  lasciare
alla provincia alcun margine di integrazione. Inoltre, dato che  esse
hanno scopi di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  e'  violato
l'art. 79, comma 3, St., in  base  al  quale  «spetta  alle  province
stabilire gli obblighi relativi al  patto  di  stabilita'  interno  e
provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento  agli  enti
locali», mentre «non si applicano le misure adottate per le regioni e
per gli altri enti nel  restante  territorio  nazionale».  Lo  stesso
articolo dispone che «le province vigilano sul  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al  presente
comma ed  esercitano  sugli  stessi  il  controllo  successivo  sulla
gestione». E' anche da ricordare che, in base all'art. 54, n. 5, St.,
alla Giunta provinciale  spetta  «la  vigilanza  e  la  tutela  sulle
amministrazioni comunali», e l'art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975,  n.  473,
Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto  Adige
in materia di finanza locale, precisa che «nella vigilanza  e  tutela
di  cui  all'art.  54,  n.  5),  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670,  si  intendono  compresi  tutti  i
provvedimenti di controllo in materia di finanza locale». 
    Le norme impugnate, dunque, interferiscono  illegittimamente  con
il potere  di  coordinamento  della  finanza  locale  spettante  alla
ricorrente provincia. 
    L'ultimo  periodo  dell'art.  10,  comma  3,  e'   specificamente
illegittimo anche  la  dove  si  riferisce  agli  enti  locali  della
Provincia di Trento, dato che l'art. 17, comma 3, d.lgs. n.  268/1992
attribuisce espressamente alla provincia la potesta' di regolare  con
legge l'indebitamento degli enti locali, compresi i limiti di esso. 
    E' poi ulteriormente illegittimo il comma 5 dell'art. 10, in base
al quale «con decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
adottato d'intesa con la Conferenza permanente per  il  coordinamento
della finanza pubblica, sono  disciplinati  criteri  e  modalita'  di
attuazione del presente articolo». 
    Pare evidente che il comma 5 contempla  un  atto  sostanzialmente
normativo (e' generale, astratto ed innovativo),  per  cui  la  norma
impugnata prevede una fonte secondaria statale in materie provinciali
(coordinamento della finanza pubblica e finanza locale), in contrasto
con il principio di esclusione dei regolamenti statali nelle  materie
regionali,  risultante  -  oltre  che  da  risalente   giurisprudenza
costituzionale - dall'art. 117,  comma  6,  Cost.  e,  per  quel  che
riguarda le province autonome, dall'art. 2 d.lgs.  n.  266/1992,  che
menziona solo gli «atti legislativi dello Stato» come fonti idonee  a
vincolare le leggi provinciali. 
    L'art. 10,  comma  5,  viola  anche  l'art.  5,  comma  2,  legge
costituzionale  n.  1/2012,  che  rinvia  alla  legge  la  disciplina
dell'indebitamento, in modo tale  che  sembra  precluso  l'intervento
della fonte secondaria. Questa provincia e' legittimata a far  valere
la violazione della riserva di legge, perche' la  legge  n.  243/2012
incide  direttamente  sull'autonomia  finanziaria  provinciale  e  su
materie  di  competenza  provinciale  (coordinamento  della   finanza
pubblica e finanza locale):  v.,  ad  es.,  sentt.  n.  328/2006,  n.
266/2001, n. 425/1999, punto 5.3.2. 
    Qualora si ritenesse che il d.m. in questione  sia  un  atto  non
normativo, l'art. 10, comma 5, si porrebbe comunque in contrasto  con
l'art. 4 d.lgs. n. 266/1992,  che  esclude  l'esercizio  di  funzioni
amministrative statali in materie di competenza provinciale.  E  come
atto di indirizzo sarebbe ugualmente illegittimo  per  difetto  della
previsione del parere  provinciale,  per  mancanza  della  previsione
della  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  e  per  il  contenuto
compiutamente regolativo dell'atto,  che  invece  dovrebbe  vincolare
«solo al conseguimento degli obiettivi o risultati» in esso stabiliti
(v. su tutti questi punti l'art. 3 d.lgs. n. 266/1992). 
    Del resto, anche sul piano generale  del  Titolo  V  della  Parte
seconda della Costituzione l'intesa con la «Conferenza permanente per
il coordinamento della finanza pubblica»  non  realizza  affatto  gli
standard della leale  collaborazione  tra  lo  Stato  e  le  regioni,
trattandosi di un organismo atipico, nel quale non tutte  le  regioni
sono rappresentate (cfr. art. 5 legge n. 42/2009 e art. 34 d.lgs.  n.
68/2011). 
    Per le stesse ragioni, e'  illegittimo  il  secondo  periodo  del
comma 3 dell'art. 10, la dove rinvia al d.P.C.M. di cui  al  comma  5
per la definizione delle modalita' della comunicazione dei comuni. 
    Infine, il comma 5  e'  illegittimo  in  quanto  prevede  che  il
d.P.C.M. sia adottato «d'intesa con la Conferenza permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica»,  anziche'  con  la  Conferenza
unificata: infatti, mentre della Conferenza  unificata  fa  parte  il
Presidente  della  provincia,  la  Conferenza   permanente   per   il
coordinamento  della  finanza  pubblica  rappresenta   le   autonomie
territoriali coinvolte solo in modo parziale (v. l'art.  5  legge  n.
42/2009  e  l'art.  34  d.lgs.  n.  68/2011).  Cio'  rappresenta  una
violazione del principio di leale collaborazione, dato che la  chiara
incidenza del d.P.C.M.  sull'autonomia  finanziaria  della  provincia
rende  necessario  il  coinvolgimento  di  essa  nella  procedura  di
adozione del d.P.C.M. 
    L'illegittimita' dell'art. 10, commi 3-5, rende illegittimo anche
l'art.  9,  commi  2  e   3,   nella   parte   in   cui   richiamano,
rispettivamente,  il  comma  4  dell'art.  10,  tenendone  ferma   la
disciplina, e «le modalita' previste dall'art. 10» in relazione  alla
destinazione  dei  saldi  attivi  al  finanziamento  delle  spese  di
investimento. 
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12. 
    L'art. 12, Concorso  delle  regioni  e  degli  enti  locali  alla
sostenibilita' del  debito  pubblico,  dispone  che  «le  regioni,  i
comuni, le province, le citta' metropolitane e le  province  autonome
di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del
debito del complesso delle amministrazioni  pubbliche  ai  sensi  del
presente articolo, nonche',  secondo  modalita'  definite  con  legge
dello Stato, nel  rispetto  dei  principi  stabiliti  dalla  presente
legge». 
    Il comma 2 stabilisce  che,  «nelle  fasi  favorevoli  del  ciclo
economico, i documenti di programmazione finanziaria e  di  bilancio,
tenendo conto della quota di entrate proprie degli  enti  di  cui  al
comma 1 influenzata dall'andamento del ciclo  economico,  determinano
la misura del contributo del complesso dei medesimi enti al Fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato». 
    In base al comma 3, «il contributo di cui al comma 2 e' ripartito
tra gli enti di cui  al  comma  1  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica, tenendo conto  della  quota  di
entrate proprie di ciascun ente influenzata dall'andamento del  ciclo
economico». Lo schema del  decreto  «e'  trasmesso  alle  Camere  per
l'espressione del parere da parte delle Commissioni competenti per  i
profili di carattere finanziario».  I  pareri  «sono  espressi  entro
trenta giorni dalla trasmissione, decorsi i  quali  il  decreto  puo'
essere comunque adottato». 
    L'art.  12,  dunque,  prevede  che   la   Provincia   di   Trento
contribuisca al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato,  «nelle
fasi favorevoli del ciclo economico», in una misura che  e'  definita
da  un  d.P.C.M.,  sulla  base  del   documento   di   programmazione
finanziaria, che  determina  il  contributo  complessivo  degli  enti
territoriali. 
    Tali  norme  violano  l'autonomia  finanziaria  della   provincia
(Titolo VI dello Statuto) e, in particolare, l'art. 75  e  l'art.  79
St. L'art. 75 e' violato perche' una parte  delle  risorse  che  esso
garantisce alla provincia vengono sottratte  alla  provincia  stessa,
tramite  l'imposizione  del  dovere  di  contribuire  al   Fondo   in
questione. La provincia subisce gli  effetti  sfavorevoli  del  ciclo
economico sui tributi ai quali partecipa in base all'art. 75  e  deve
poter beneficiare degli eventuali effetti favorevoli. Il  legislatore
statale non puo'  unilateralmente  disporre  delle  risorse  generali
della provincia, perche' cio' equivarrebbe a vanificare  la  garanzia
rappresentata  dall'art.  75  St.,   che   all'evidenza   attribuisce
determinate risorse alla regione ed alle province autonome  affinche'
esse possano disporne per gli scopi istituzionali. 
    Inoltre,  e'  violato  l'art.  79  St.,  che  definisce  in  modo
esaustivo i modi in cui  «le  province  concorrono  al  conseguimento
degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei
diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche'  all'assolvimento
degli  obblighi  di  carattere  finanziario  posti   dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa
statale» (comma 1), e precisa che  «le  misure  di  cui  al  comma  1
possono essere modificate esclusivamente con  la  procedura  prevista
dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione  costituiscono
il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma l». 
    E' chiaro che il concorso al raggiungimento  degli  obiettivi  di
finanza  pubblica  comprende  anche  il  risanamento  della   finanza
pubblica, e dunque nelle «misure» di cui all'art.  79,  comma  1,  si
intende inclusa  anche  la  partecipazione  agli  oneri  passivi  del
bilancio statale. 
    L'adozione della disciplina di cui all'art.  12,  dunque,  poteva
avvenire solo con la speciale procedura  di  cui  all'art.  104  St.,
cioe' previa intesa con le province autonome, o, in alternativa,  con
la speciale procedura  delle  norme  di  attuazione,  alle  quali  e'
rimessa la regolazione dei rapporti finanziari tra Stato  e  province
autonome (v. d.lgs. n. 268/1992). 
    Dunque, l'art. 12 viola gli artt. 75, 79, 104 e 107 dello Statuto
speciale ed il principio dell'accordo, che domina tutto il regime dei
rapporti finanziari fra Stato e regioni speciali  (v.  le  sentt.  n.
82/2007, n. 353/2004, n. 39/1984, n. 98/2000, n. 133/2010). 
    E' da ricordare che, in base alla sent. n.  118/2012,  «l'accordo
e' lo strumento, ormai consolidato (in  quanto  gia'  presente  nella
legge 27 dicembre 1997, n. 449, ... e  poi  confermato  da  tutte  le
disposizioni che si sono occupate successivamente della materia)  per
conciliare e regolare in modo negoziato il  doveroso  concorso  delle
regioni a statuto speciale alla manovra  di  finanza  pubblica  e  la
tutela   della   loro   autonomia   finanziaria,   costituzionalmente
rafforzata (ex plurimis sentenza n. 353 del 2004)». 
    Dalla sent. n. 193/2012  risulta  poi  che  l'art.  27  legge  n.
42/2009 «possiede una portata generale  ed  esclude  -  ove  non  sia
espressamente disposto in senso contrario per casi specifici  da  una
norma successiva - che  le  previsioni  finalizzate  al  contenimento
della spesa pubblica possano essere ritenute applicabili alle regioni
a statuto speciale al di fuori delle particolari  procedure  previste
dai rispettivi statuti». 
    In  definitiva,  il  legislatore  ordinario  non  puo'   alterare
unilateralmente  l'assetto  dei  rapporti  Stato-regione  in  materia
finanziaria,  assimilando  la  posizione  delle  regioni  speciali  -
regolate da disciplina speciale - a quella delle regioni ordinarie. 
    L'art. 12,  comma  3,  viola,  inoltre,  il  principio  di  leale
collaborazione, la dove prevede che il  d.P.C.M.  che  ripartisce  il
contributo sia adottato «sentita  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento  della  finanza  pubblica»,  anziche'   previa   intesa
nell'ambito  della  Conferenza  Unificata:  infatti,   mentre   della
Conferenza unificata fa  parte  il  Presidente  della  provincia,  la
Conferenza permanente per il  coordinamento  della  finanza  pubblica
rappresenta le autonomie territoriali coinvolte solo in modo parziale
(v. l'art. 5 legge n. 42/2009 e l'art. 34 d.lgs.  n.  68/2011).  Cio'
rappresenta una violazione del  principio  di  leale  collaborazione,
dato che la chiara incidenza del d.P.C.M. sull'autonomia  finanziaria
della provincia rende necessario  il  coinvolgimento  di  essa  nella
procedura di adozione del d.P.C.M. 
    3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11. 
    L'art. 11 legge n. 243/2012 e' intitolato Concorso dello Stato al
finanziamento dei livelli essenziali e  delle  funzioni  fondamentali
nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali. 
    Il comma l istituisce «nello stato di  previsione  del  Ministero
dell'economia e delle finanze il Fondo straordinario per il  concorso
dello Stato, nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di  eventi
eccezionali,  al   finanziamento   dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti  civili
e sociali, alimentato da quota  parte  delle  risorse  derivanti  dal
ricorso all'indebitamento consentito dalla correzione per gli effetti
del ciclo economico del saldo del conto consolidato». 
    L'ammontare  della  dotazione  del  Fondo  «e'  determinato   nei
documenti di programmazione finanziaria e  di  bilancio,  sulla  base
della stima degli effetti dell'andamento del ciclo economico, tenendo
conto della quota di entrate proprie degli enti di cui  all'art.  10,
comma 1, influenzata dall'andamento del ciclo economico». 
    Il  comma  2  stabilisce  che,  «qualora  le  Camere  autorizzino
scostamenti temporanei del saldo strutturale  rispetto  all'obiettivo
programmatico ai sensi dell'art. 6, l'ammontare del Fondo di  cui  al
comma 1 del presente articolo  e'  determinato  anche  tenendo  conto
delle conseguenze degli eventi  di  cui  al  medesimo  art.  6  sulla
finanza degli enti di cui all'art. 10, comma 1». 
    In base al comma 3, «il Fondo di cui al comma 1 e' ripartito  tra
gli enti di cui all'art. 10, comma 1, con decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri,  sentita  la  Conferenza  permanente  per  il
coordinamento della finanza pubblica, tenendo conto  della  quota  di
entrate proprie di ciascun ente influenzata dall'andamento del  ciclo
economico e degli effetti degli eventi di cui al comma 2 del presente
articolo sulla finanza dei singoli enti». Lo schema  di  decreto  «e'
trasmesso alle Camere per l'espressione del  parere  da  parte  delle
Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario», e  «i
pareri sono espressi entro trenta giorni dalla trasmissione,  decorsi
i quali il decreto puo' essere comunque adottato». 
    L'art. 11 e', dunque, isolatamente considerato, favorevole per la
provincia, in quanto prevede, in attuazione  dell'art.  5,  comma  1,
lett. g) legge costituzionale n.  1/2012,  un  fondo  che,  a  quanto
risulta, e' alimentato con l'indebitamento  statale  (cioe',  con  le
«risorse derivanti dal  ricorso  all'indebitamento  consentito  dalla
correzione per gli effetti del ciclo economico del  saldo  del  conto
consolidato», previsto dal nuovo art.  81,  comma  1,  Cost.)  ed  e'
destinato ad essere ripartito tra tutti gli enti territoriali. 
    La provincia impugna ugualmente l'art. 11 per  coerenza  rispetto
all'impugnazione dell'art. 12, in quanto esso e' parte  dello  stesso
meccanismo giuridico complessivo, e dunque solo a condizione che  sia
previamente accolta la questione relativa all'art. 12. 
    Le due disposizioni, infatti, risultano collegate, nel senso  che
l'art.  11  prevede  un  contributo  statale  a  favore  degli   enti
territoriali «nelle fasi avverse del ciclo» economico, mentre  l'art.
12 prevede  un  contributo  degli  enti  territoriali  al  Fondo  per
l'ammortamento dei titoli di Stato «nelle fasi favorevoli  del  ciclo
economico». 
    La provincia ritiene che il sistema statutario preveda  per  essa
un regime speciale di «neutralita'», nel  senso  che  essa  non  deve
concorrere al risanamento della finanza  pubblica  se  non  nei  modi
previsti dallo Statuto  o  sulla  base  di  esso  (art.  79  St.)  e,
corrispondentemente, essa ha rinunciato  a  determinate  assegnazioni
statali. 
    Infatti, tra le forme di concorso delle  province  autonome  agli
obiettivi di finanza pubblica vi  sono  la  «soppressione  ...  delle
assegnazioni a valere su leggi statali di settore» (art. 79, comma 1,
lett. a) Statuto) e la  correlativa  abrogazione  dell'art.  5  della
legge 30 novembre 1989, n. 386 (art. 2, comma  109,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, approvato ai sensi  dell'art.  104  St.,  come
risulta  dall'art.  2,  comma  106,  legge   n.   191/2009).   Questa
disposizione stabiliva che «le  province  autonome  partecipano  alla
ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi
di prestazioni in modo uniforme su  tutto  il  territorio  nazionale,
secondo i criteri e le modalita' per gli stessi previsti» (comma  1).
Il comma 2 aggiungeva che «i finanziamenti recati da qualunque  altra
disposizione di legge statale, in  cui  sia  previsto  il  riparto  o
l'utilizzo a favore  delle  regioni,  sono  assegnati  alle  province
autonome  ed  affluiscono  al  bilancio  delle  stesse   per   essere
utilizzati,   secondo   normative   provinciali,   nell'ambito    del
corrispondente settore, con  riscontro  nei  conti  consuntivi  delle
rispettive  province».  Infine  il  comma  3   precisava   che   «per
l'assegnazione e l'erogazione dei finanziamenti di cui al comma 2, si
prescinde da qualunque adempimento previsto  dalle  stesse  leggi  ad
eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle
quote di riparto». 
    Il Fondo di cui all'art.  11,  comma  1,  legge  n.  243/2012  e'
accostabile ai «fondi speciali» di cui all'art. 5, comma 1, legge  n.
386/1989, in quanto - benche' in una forma non precisamente collegata
all'andamento del ciclo economico - anche  essi  rappresentavano  uno
speciale investimento statale a sostegno delle autonomie regionali. 
    Dunque, l'art. 11, la dove prevede il riparto del Fondo  anche  a
favore della Provincia di Trento, viola l'art. 2, commi  106  e  109,
legge n. 191/2009 (approvata ai sensi dell'art. 104 St.) e l'art.  79
St., che hanno  escluso  la  provincia  da  determinate  assegnazioni
statali in correlazione con l'esclusione della provincia dalle  norme
di coordinamento della  finanza  pubblica  valevoli  per  le  regioni
ordinarie, tra le quali l'art. 12 legge n.  243/2012:  si  ribadisce,
dunque,  che  l'art.  11   e'   impugnato   per   coerenza   rispetto
all'impugnazione dell'art. 12 e solo  in  subordine  all'accoglimento
della questione relativa all'art. 12. 
    Per il solo caso di non accoglimento della censura relativa  agli
articoli 12 e 11, la ricorrente provincia fa valere  che  l'art.  11,
comma 3, viola il principio di leale collaborazione, la dove  prevede
che il d.P.C.M. che ripartisce il  Fondo  sia  adottato  «sentita  la
Conferenza permanente per il coordinamento della  finanza  pubblica»,
anziche' previa intesa nell'ambito della Conferenza Unificata: da una
parte,  infatti,  mentre  della  Conferenza  unificata  fa  parte  il
Presidente  della  provincia,  la  Conferenza   permanente   per   il
coordinamento  della  finanza  pubblica  rappresenta   le   autonomie
territoriali coinvolte solo in modo parziale (v. l'art.  5  legge  n.
42/2009 e l'art. 34 d.lgs. n. 68/2011); dall'altra,  considerato  che
il riparto coinvolge soprattutto, per non dire soltanto, i  reciproci
interessi  delle  entita'  locali,  sembra  evidente  che  la   leale
collaborazione deve esprimersi mediante il meccanismo dell'intesa,  e
non del semplice parere. L'avere  diversamente  disposto  rappresenta
una violazione del principio di leale  collaborazione,  dato  che  la
chiara  incidenza  del  d.P.C.M.  sull'autonomia  finanziaria   della
provincia rende necessario il coinvolgimento di essa nella  procedura
di adozione del d.P.C.M. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia   codesta   ecc.ma   Corte    costituzionale    dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, commi 2 e  3;  dell'art.
10, commi 3, 4 e 5; dell'art. 11;  dell'art.  12,  nelle  parti,  nei
termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. 
 
      Padova-Trento-Roma, 14 marzo 2013 
 
          Prof. avv. Falcon - avv. Pedrazzoli - avv. Manzi 

 

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