Ricorso n.49 del 22 agosto 2016 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 agosto 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 42 del 2016-10-19)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12, contro la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 6 e 7 della legge Regionale Campania 13 giugno 2016, n. 20, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 28 luglio 2016.
Sul B.U.R. della Regione Campania n. 38 del 15 giugno 2016 e' stata pubblicata la L.R. 13 giugno 2016, n. 20, recante «Norme per l'applicazione pianificata del fuoco prescritto».
La legge ha il dichiarato scopo di favorire «l'applicazione pianificata del fuoco prescritto per la gestione e la conservazione di diversi ecosistemi e persegue le finalita' di protezione del proprio patrimonio ambientale» (art. 1, comma 1).
L'art. 6 disciplina la «Segnalazione certificata di inizio attivita'», prevedendo (al comma 1) che:
Fatto salvo quanto previsto all'art. 7, l'applicazione pianificata di fuoco prescritto e' soggetta a segnalazione certificata di inizio attivita' (Scia) ai sensi dell'art. 19, legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) secondo il modello e le modalita' di invio definite dalla competente struttura della Giunta regionale.
I successivi commi (da 2 a 8) cosi' dispongono:
2. La competente struttura della Giunta regionale si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta di assenso. Il silenzio dell'amministrazione equivale, nel rispetto dell'art. 20 della legge 241/1990, a provvedimento di accoglimento della domanda senza necessita' di ulteriori istanze o diffide.
3. Entro le quarantotto ore lavorative antecedenti l'effettiva realizzazione dell'intervento, il soggetto proponente comunica l'apertura del cantiere di fuoco prescritto. La comunicazione di apertura del cantiere di fuoco prescritto e' sottoscritta anche dal progettista e dal responsabile dell'intervento.
4. Entro le quarantotto ore successive l'effettiva conclusione dell'intervento, il soggetto proponente comunica la chiusura del cantiere di fuoco prescritto. La comunicazione di chiusura del cantiere di fuoco prescritto descrive gli esiti delle verifiche effettuate durante e dopo la realizzazione dell'intervento di fuoco prescritto ed e' sottoscritta anche dal progettista e dal responsabile dell'intervento.
5. La competente struttura della Giunta regionale, utilizzando i sistemi di coordinamento operativo in essere per l'antincendio boschivo, informa le autorita' territorialmente competenti ed il Comando stazione forestale competente, circa le applicazioni di fuoco prescritto in atto sul territorio regionale.
6. Nei confronti dei soggetti responsabili di dichiarazioni mendaci, di formazione o uso di atti falsi si applicano le sanzioni penali richiamate dall'art. 76 del decreto Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) oltre ad una sanzione pecuniaria da un minimo di euro 1.000,00 ad un massimo di euro 15.000,00 in relazione all'entita' dell'intervento, maggiorata degli eventuali danni derivanti. Nei confronti del progettista e del responsabile dell'intervento si procede alla segnalazione dell'illecito al Consiglio di disciplina dell'ordine o del collegio competente. L'autorita' procedente per l'applicazione della sanzione e' la competente struttura della Giunta regionale.
7. La sanzione di cui al comma 6 si applica anche nei confronti del soggetto proponente che realizza interventi di fuoco prescritto e ne omette la Scia o la comunicazione di apertura del cantiere o la comunicazione di chiusura del cantiere.
8. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la competente struttura della Giunta regionale definisce il modello e le modalita' di invio previsti ai commi 1, 3 e 4.
Cio' premesso, il Presidente del Consiglio ritiene che i commi 6 e 7 del citato art. 6 nonche' il successivo art. 7 si pongano in contrasto con l'art. 19 della legge n. 241/1990, nonche' con l'art. 117, comma 2, lettere l), m) e s) Cost. per i motivi di seguito indicati.
1) In particolare l'art. 6 della L.R. 20/2016 ai commi 6 e 7 viola l'art. 117, comma 2, lettera l) Cost. (che pone una competenza statale esclusiva in materia di ordinamento penale).
La disposizione infatti, con il richiamo all'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, viene ad introdurre un trattamento sanzionatorio penale meno grave di quello previsto a livello nazionale dell'art. 19 (recante «Segnalazione di inizio attivita' - Scia») della legge n. 241/1990 (pure richiamata nel citato art. 6, comma 1, L.R.), il cui comma 6 prevede espressamente che:
Ove il fatto non costituisca piu' grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attivita', dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.
La disposizione impugnata invece, per effetto del richiamo all'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, rende applicabili nella sola Regione Campania le meno gravi sanzioni previste dall'art. 483 del codice penale rispetto a quelle di cui al citato art. 19, comma 6.
Ed infatti, l'art. 76, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 prevede che:
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico e' punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
A sua volta l'art. 483 del codice penale prevede che:
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico fatti dei quali l'atto e' destinato a provare la verita', e' punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non puo' essere inferiore a tre mesi.
L'invasione delle competenze statali in materia penale e' evidente, in quanto la sanzione prevista per le dichiarazioni mendaci nella disposizione impugnata, per effetto del richiamo all'art. 483 del codice penale e' della reclusione fino a due anni, mentre l'art. 19, comma 6 della legge n. 241/1990 prevede la piu' grave sanzione della reclusione da uno a tre anni.
Il vizio di costituzionalita' riguarda anche il successivo comma 7 del medesimo art. 6, il quale estende l'applicabilita' della sanzione di cui al comma 6 «anche nei confronti del soggetto proponente che realizza interventi di fuoco prescritto e ne omette la Scia o la comunicazione di apertura del cantiere o la comunicazione di chiusura del cantiere».
La irrazionalita' delle norme impugnate appare ancora piu' evidente se si considera che la stessa L.R. introduce una Scia in forma estremamente semplificata, con la conseguente necessita' di sanzioni penali adeguate che possono costituire un idoneo deterrente rispetto a possibili abusi.
2) Gli articoli 6 e 7 violano l'art. 117, comma 2, lettera s), in tema di tutela dell'ambiente e dei beni culturali.
Cio' in quanto le citate disposizioni non riproducono le esclusioni contenute nell'art. 19, comma 1 della legge n. 241/1990, in forza del quale:
Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attivita' imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e' sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonche' di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria.
Ne consegue che le forme semplificate di Scia previste dalla L.R. sono indistintamente applicabili anche a zone sottoposte a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
Sotto tale profilo non puo' ritenersi adeguato il mero controllo ex post, successivo all'inizio dell'attivita' (che e' contestuale alla formazione del silenzio-assenso al 30° giorno dalla richiesta), in quanto possono nel frattempo verificarsi pregiudizi irreparabili dei beni ambientali e culturali, tutelati sia dalla Costituzione che dalla normativa nazionale citata (art. 19, comma 1, legge 241/1990).
Da cio' la illegittimita' delle citate disposizioni per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), che attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
3) Da ultimo gli articoli 6 e 7 citati violano l'art. 117, comma 2, lettera n) Cost., laddove introducono un modello semplificato di Scia in contrasto con quello previsto dall'art. 19 della legge n. 241/1990.
Il riferimento e' in particolare al comma 3 del citato art. 19, il quale prevede che:
L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa.
Orbene, le disposizioni regionali impugnate non prevedono siffatta possibilita' di un intervento dell'Amministrazione diretto ad impedire l'esercizio di attivita' in assenza dei presupposti di legge (attivita' che di fatto puo' iniziare sulla base della sola autocertificazione).
E' opportuno ricordare al riguardo che nella sentenza n. 203/2012, la Corte ha chiarito che la normativa nazionale in tema di Scia «costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m)» della Costituzione, come correttamente affermato nell'art. 49, comma 4-ter del decreto-legge n. 78/2010.
Si precisa poi nella sentenza che:
L'affidamento in via esclusiva alla competenza legislativa statale della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e' prevista in relazione ai «diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Esso, dunque, si collega al fondamentale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. La suddetta determinazione e' strumento indispensabile per realizzare quella garanzia.
In questo quadro, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di cui alla citata disposizione costituzionale si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalita', a tutti gli aventi diritto» (sentenze n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del 2008; n. 387 del 2007).
Questo titolo di legittimazione dell'intervento statale e' invocabile «in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione» (sentenza n. 322 del 2009, citata; e sentenze n. 328 del 2006; n. 285 e n. 120 del 2005), e con esso e' stato attribuito «al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (sentenze n. 10 del 2010 e n. 134 del 2006).
Si tratta, quindi, come questa Corte ha precisato, non tanto di una «materia» in senso stretto, quanto di una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, in relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare in modo generalizzato sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (sentenze n. 322 del 2009 e n. 282 del 2002). Nella fattispecie invece la L.R. impugnata ha sia ridotto le sanzioni penali previste dall'art. 19 della legge n. 241/1990, sia derogato il medesimo art. 19 sotto il duplice profilo sopra esposto, e precisamente:
laddove non pone limitazioni territoriali all'applicabilita' della nuova autorizzazione, cosi' ricomprendendovi anche aree sottoposte a maggiori tutele da norme costituzionali o comunitarie (quali appunto quelle indicate nella seconda parte del citato art. 19, comma 1);
laddove non prevede interventi in via di autotutela analoghi a quelli previsti nella legge nazionale (si richiama al riguardo la recente sentenza n. 49/2016 nella quale la Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale di una disposizione della L.R. Toscana n. 1/2005, ha evidenziato come l'istituto dell'autotutela in materia di Scia «costituisce espressione di un principio fondamentale della materia "governo del territorio"».
P. Q. M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli articoli 6 e 7 della legge regionale Campania 13 giugno 2016, n. 20, per i motivi illustrati nel presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016.
Roma, 12 agosto 2016
Avvocato dello Stato: De Bellis