Ricorso n. 5 del 15 gennaio 2015 (Regione Puglia)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 gennaio 2015 (della Regione Puglia).
(GU n. 7 del 2015-02-18)
Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione
della Giunta regionale n. 3 dell'8 gennaio 2015, rappresentato e
difeso dall'avv. Alfonso Papa Malatesta (PEC:
a…) e dall'avv. Vittorio Triggiani
ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma,
Piazza Barberini n. 12, come da mandato a margine del presente atto,
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
Ministri pro-tempore,
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli
articoli 1, commi 2, 4, 10-bis e 11; 17, comma 1, lett. b); 17-bis;
37, comma 2, lettere a) e c-bis); 38, commi 1-bis, 4, 6, lett. b), e
10, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura
dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive), come risultanti dalla conversione in legge,
con modificazioni, tramite la legge n. 164 del 2014, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 262 dell'11 novembre 2014, per violazione degli
articoli 3, primo comma, 117, secondo, terzo e sesto comma, 118,
primo e secondo comma, 120, secondo comma, della Costituzione.
I. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 4, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione
dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto,
disponendo che all'approvazione dei progetti delle opere relativi
alla tratta ferroviaria Napoli-Bari provveda il Commissario
individuato ai sensi del precedente comma 1, senza prevedere che la
Regione specificamente interessata dalla singola opera sia in tutti i
casi parte necessaria del procedimento decisionale, lede le
competenze legislative della Regione in materia di «grandi reti di
trasporto e di navigazione» e di «governo del territorio», nonche' le
competenze amministrative che alla medesima spettano in base al
principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del
2003 della Corte costituzionale.
I.1. - L'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in
legge, detta, per quel che qui e' di piu' prossimo interesse,
«Disposizioni urgenti per sbloccare gli interventi sugli assi
ferroviari Napoli - Bari e Palermo-Catania-Messina». In particolare,
l'art. 1, comma 1, attribuisce all'Amministratore delegato di
Ferrovie dello Stato s.p.a. il ruolo di «Commissario per la
realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli -
Bari, di cui al Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla
legge 21 dicembre 2001, n. 443» per il periodo di due anni a
decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo d.l. n. 133.
Il comma 2 - che in questa sede specificamente si contesta, insieme
al successivo comma 4 - prevede inoltre che, «allo scopo di poter
celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione
delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, in modo da
poter avviare i lavori relativi a parte dell'intero tracciato entro e
non oltre il 31 ottobre 2015», il Commissario per la realizzazione
delle opere afferenti alla tratta ferroviaria Napoli-Bari provveda
«all'approvazione dei relativi progetti».
Il comma 4, dal canto suo, stabilisce che, entro 15 giorni
dall'approvazione di tali progetti, debba essere convocata la
conferenza di servizi per la realizzazione degli interventi
necessari, disponendo altresi' che, laddove venga manifestato un
dissenso da parte di una (o piu' d'una) delle amministrazioni
invitate tra quelle preposte «alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla
tutela della salute e della pubblica incolumita'», si applichino le
procedure di superamento del dissenso disciplinate dall'art.
14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 (modificato, da
ultimo, proprio dall'art. 25, comma 1, lett. b), dello stesso d.l. n.
133 del 2014), che prevedono il coinvolgimento delle predette
amministrazioni. In particolare, il citato comma 3 dell'art.
14-quater, dispone che, nei casi di dissenso sopra menzionati, la
questione, sia «rimessa dall'amministrazione procedente alla
deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di
alta amministrazione». La disposizione citata prevede inoltre quanto
segue: «Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni,
previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome
interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una
regionale o tra piu' amministrazioni regionali, ovvero previa intesa
con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra
un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra piu'
enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il
motivato dissenso. Se l'intesa non e' raggiunta entro trenta giorni,
la deliberazione del Consiglio dei Ministri puo' essere comunque
adottata. Se il motivato dissenso e' espresso da una regione o da una
provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, ai
fini del raggiungimento dell'intesa, entro trenta giorni dalla data
di rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei
Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri con la partecipazione della regione o della provincia
autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate,
attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo
competente, ad esprimere in modo vincolante la volonta'
dell'amministrazione sulle decisioni di competenza. In tale riunione
i partecipanti debbono formulare le specifiche indicazioni necessarie
alla individuazione di una soluzione condivisa, anche volta a
modificare il progetto originario, motivando un'eventuale decisione
in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non e' raggiunta
nel termine di ulteriori trenta giorni, e' indetta una seconda
riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con le medesime
modalita' della prima, per concordare interventi di mediazione,
valutando anche le soluzioni progettuali alternative a quella
originaria. Ove non sia comunque raggiunta l'intesa, in un ulteriore
termine di trenta giorni, le trattative, con le medesime modalita'
delle precedenti fasi, sono finalizzate a risolvere e comunque a
individuare i punti di dissenso. Se all'esito delle predette
trattative l'intesa non e' raggiunta, la deliberazione del Consiglio
dei Ministri puo' essere comunque adottata con la partecipazione dei
Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate».
L'art. 1, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, nel richiamare detta
normativa, prevede inoltre il dimezzamento dei termini sopra
menzionati.
I.2. - Come emerge chiaramente dalle disposizioni citate, in base
al combinato disposto dei commi 2 e 4 dell'art. 1 del d.l. n. 133 del
2014, come convertito in legge, l'amministrazione statale procedente
ha l'obbligo di ricercare il consenso delle Regioni specificamente
interessate dalle opere in questione e di coinvolgerle nelle
articolate procedure previste dall'art. 14-quater, comma 3, della
legge n. 241 del 1990 al fine del superamento dell'eventuale
dissenso, solo nei casi in cui tali Regioni siano titolari di
funzioni amministrative incidenti sulla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, sul patrimonio storico-artistico o sulla
tutela della salute e della pubblica incolumita'. In tutti gli altri
casi, invece, sull'amministrazione statale procedente non gravano
tali obblighi, potendo essa del tutto prescindere dalla ricerca del
consenso delle Regioni interessate.
Tale assetto normativo e' da ritenere incostituzionale, in quanto
contrastante con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma,
Cost., per le ragioni che di seguito si espongono.
I.3. - Risulta evidente che le materie sulle quali interviene la
disciplina rapidamente descritta siano ascrivibili alla competenza
legislativa concorrente regionale, disciplinata dall'art. 117, terzo
comma, Cost. In particolare, vengono in rilievo al riguardo le
materie delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e del
«governo del territorio». In base alla disposizione costituzionale
citata, dunque, lo Stato risulta legittimato a porre soltanto
principi fondamentali della materia, e non discipline dettagliate e
autoapplicative dell'azione amministrativa, non potendo, del resto,
neppure procedere direttamente all'allocazione delle relative
funzioni amministrative (cfr., ad es., sent. n. 336 del 2005, par.
7.1 del Considerato in diritto). Da una «prima lettura» delle
disposizioni costituzionali coinvolte, dunque, si ricava che la legge
statale non potrebbe in alcun modo avocare a se stessa funzioni
amministrative nelle materie di competenza concorrente, e
disciplinarne l'esercizio.
E' ormai ben noto, tuttavia, che la giurisprudenza
costituzionale, a partire dalle «celebri» sentenze nn. 303 del 2003 e
6 del 2004, ha ritenuto che, in tali circostanze, la legge statale
possa operare nel senso citato - e superare lo scrutinio di
legittimita' costituzionale - a patto pero' che in essa si prevedano
adeguati meccanismi collaborativi che coinvolgano le Regioni
specificamente interessate. Cio' in quanto l'«elemento di
flessibilita'» del riparto delle competenze amministrative contenuto
nell'art. 118, primo comma, Cost., ossia l'insieme dei principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, e' destinato a
ripercuotersi anche su quelle legislative, e richiede
necessariamente, per il suo operare, che ad esso sia connessa «una
valenza squisitamente procedimentale», tale per cui «la valutazione
dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni
regionali da parte dello Stato» sia non solo «proporzionata» e priva
di elementi di «irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio
stretto di costituzionalita'», ma anche «oggetto di un accordo
stipulato con la Regione interessata» (cosi' la sent. n. 303 del
2003, par. 2.2 del Considerato in diritto). Quanto a tale ultimo
aspetto, la sent. n. 6 del 2004 ha ulteriormente insistito sul punto,
precisando che, «nella perdurante assenza di una trasformazione delle
istituzioni parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti
legislativi -anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale
di questo tipo "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)»
(par. 7 del Considerato in diritto). Tale linea giurisprudenziale e'
stata successivamente confermata, approfondita e sviluppata, ad opera
di numerose decisioni di questa Corte, tra le quali meritano di
essere richiamate, ad es., le sentt. nn. 383 del 2005, 121 e 278 del
2010, 33 e 165 del 2011, nonche' 39, 62 e 239 del 2013.
Gia' da questa prima - e inevitabilmente parziale - disamina,
emerge l'incostituzionalita' della normativa impugnata, la quale
prevede meccanismi collaborativi adeguati a beneficio delle Regioni
specificamente interessate solo nel caso in cui queste ultime siano
titolari di funzioni amministrative incidenti sulla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, sul patrimonio
storico-artistico o sulla tutela della salute e della pubblica
incolumita', e non in tutti gli altri casi. L'analisi piu'
approfondita proprio della «sentenza-capostipite» della
giurisprudenza costituzionale sulla c.d. «sussidiarieta'
legislativa», pero', e' in grado di fornire ulteriori spunti che
consentono di apprezzare piu' efficacemente l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni in questione.
I.4. - La sent. n. 303 del 2003, infatti, rappresenta per il caso
qui sottoposto all'attenzione di questa Corte un vero e proprio
precedente in termini, poiche' e' stata pronunciata in specifico
riferimento alla impugnazione, da parte regionale, di numerose
disposizioni della legge n. 443 del 2001 concernenti il Programma
Infrastrutture Strategiche, del quale le opere in relazione alle
quali intervengono le norme oggi contestate rappresentano specifica
attuazione.
Tale pronuncia, con particolare riferimento al procedimento di
individuazione e realizzazione delle infrastrutture e degli
insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse
nazionale predisposto dalla legge n. 443 del 2001, ha avuto modo di
precisare che la collaborazione della singola Regione interessata si
rende necessaria almeno in due importanti frangenti, in
corrispondenza di altrettante attivita' decisorie
dell'amministrazione statale.
A) Il primo momento nel quale e' assolutamente necessario che la
legge statale predisponga adeguati momenti collaborativi con la
singola Regione interessata e' quello della individuazione dei
singoli interventi e delle singole opere a mezzo dell'approvazione di
un Programma governativo predisposto dal Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, e approvato, in sede di prima
applicazione, dal CIPE entro il 31 dicembre 2001 (art. 1, comma 1,
della legge n. 443 del 2001). In relazione a tale momento
procedimentale, la sent. n. 303 del 2003 ha ritenuto assolutamente
imprescindibile la previsione di una intesa c.d. «forte», secondo
quanto piu' sopra evidenziato. La sent. n. 303 del 2003 ha quindi
ritenuto di dover respingere le specifiche censure che erano state
proposte da parte regionale sulle norme che regolavano tale fase
procedimentale, in quanto esse, nel testo introdotto dall'art. 13,
comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166, e ancora a tutt'oggi
vigente, prevedono - per l'appunto - che il suddetto Programma sia
adottato «d'intesa con i Ministri competenti e le Regioni o Province
autonome interessate».
B) Il secondo momento procedimentale nel quale, secondo la sent.
n. 303 del 2003, e' assolutamente imprescindibile che la legge
statale predisponga adeguati strumenti collaborativi a beneficio
della singola Regione specificamente interessata e' invece quello
della «fase di approvazione dei progetti definitivi delle opere
individuate nel programma governativo» (cfr. par. 8 del Considerato
in diritto). Al riguardo, questa Corte ha chiarito, al di la' di ogni
possibile dubbio, non solo che e' costituzionalmente necessaria la
partecipazione della Regione all'adozione dell'atto di approvazione
definitiva del singolo progetto, ma anche che tale partecipazione non
puo' essere ridotta al rango di mera fase preparatoria, di natura
consultiva, rispetto all'attivita' del soggetto effettivamente
decidente. Viceversa, la Regione interessata deve essere parte attiva
nel procedimento decisionale, che deve essere intestabile anche ad
essa. Tale principio di diritto emerge chiaramente dalla lettura del
par. 8 del Considerato in diritto della sent. n. 303 del 2003, che ha
accolto le censure regionali nei confronti dell'art. 1, comma 3-bis,
della legge n. 443 del 2001. Tale disposizione consentiva di
pervenire all'approvazione dei progetti non solo tramite la delibera
del CIPE integrato dai presidenti delle Regioni e delle Province
autonome interessate (art. 1, comma 2, della legge n. 443 del 2001),
ma anche tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
previa deliberazione del CIPE integrato nel modo accennato. La
incostituzionalita' di una simile previsione dipendeva «dalla
degradazione della posizione del CIPE da organo di amministrazione
attiva (nel procedimento ordinario) ad organo che svolge funzioni
preparatorie (nel procedimento "alternativo") [dalla quale] discende
che la partecipazione in esso delle Regioni interessate non
costituisce piu' una garanzia sufficiente». In sintesi: non e'
sufficiente una mera «partecipazione consultiva», poiche' l'attivita'
di decisione deve essere intentabile anche alla Regione.
I.5. - I commi 2 e 4 dell'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014
intervengono, evidentemente, in relazione alla fase procedimentale
indicata sub B), ossia quella concernente l'approvazione dei singoli
progetti degli interventi. Come si e' mostrato piu' sopra, tuttavia,
tali disposizioni non garantiscono affatto quel coinvolgimento della
Regione interessata nella fase decisionale che, come si e' visto, la
sent. n. 303 del 2003 ritiene invece imprescindibile perche' la
normativa statale superi il vaglio di legittimita' costituzionale. Un
momento partecipativo di «intensita'» soddisfacente e' infatti
previsto solo per il caso in cui la Regione risulti istituzionalmente
(ossia normativamente) portatrice degli interessi alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica
incolumita'. In tutti gli altri casi, invece, all'adozione del
provvedimento di approvazione del progetto potra' provvedere
senz'altro il Commissario individuato ai sensi del comma 1 senza che
alla Regione sia riconosciuta la dovuta partecipazione.
In sintesi, e' dunque necessario concludere che il combinato
disposto dei commi 2 e 4 dell'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, nella parte in cui non garantisce che le Regioni
interessate siano coinvolte sempre e comunque nell'adozione della
decisione concernente la realizzazione degli interventi relative alla
tratta ferroviaria Napoli-Bari, in modo tale che tale decisione sia
intestatile anche ad esse, si pone in contrasto con l'art. 117, terzo
comma, e l'art. 118, primo comma, Cost.; infatti, non solo non e'
esplicitamente prevista la necessaria acquisizione del consenso delle
Regioni interessate in relazione allo svolgimento di tali attivita'
ma, nell'ipotesi di manifestazione di dissenso da parte
dell'amministrazione regionale nell'ambito della conferenza di
servizi, l'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 - al
quale il comma 4 dell'art. 1 del d.l. n. 133 del 2014 rimanda -
prevede che la Regione sia coinvolta nell'articolata fase di
superamento del dissenso da essa espresso soltanto ed esclusivamente
ove si tratti di «un'amministrazione preposta alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla
tutela della salute e della pubblica incolumita'».
II. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 10-bis,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione
dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto,
attribuendo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il
compito di redigere il Piano di ammodernamento dell'infrastruttura
ferroviaria, con il quale sono individuate «le linee ferroviarie da
ammodernare» senza prevedere la necessaria acquisizione dell'intesa
con ciascuna Regione interessata, lede le competenze legislative
della Regione in materia di «grandi reti di trasporto e di
navigazione» e di «governo del territorio», nonche' le competenze
amministrative che alla medesima spettano in base al principio di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost., ponendosi in
contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del 2003 della
Corte costituzionale.
II.1. - L'art. 1, comma 10-bis, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, cosi' dispone: «Al fine di rendere cantierabili
nel breve termine opere di interesse pubblico nazionale o europeo nel
settore ferroviario, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti redige il Piano di ammodernamento
dell'infrastruttura ferroviaria, con il quale individua, secondo
criteri di convenienza economica per il sistema-Paese, le linee
ferroviarie da ammodernare, anche tramite l'impiego dei fondi della
Connecting Europe Facility, sia per il settore delle merci sia per il
trasporto dei passeggeri. Il Piano e' redatto in collaborazione con
le associazioni di categoria del settore ed e' tempestivamente reso
pubblico nel rispetto delle disposizioni del codice
dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82».
Come si vede, la disposizione che qui si contesta affida al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la redazione del Piano
di ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria, nell'ambito del
quale sono individuate le linee ferroviarie da ammodernare sia per il
settore delle merci sia per il trasporto dei passeggeri. Cio' che
emerge anche ad una lettura superficiale - e che determina una grave
violazione delle competenze regionali garantite dai parametri
costituzionali richiamati in epigrafe - e' che tale individuazione e'
destinata ad avvenire, nella previsione normativa sopra citata, senza
alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni. La disposizione in
esame e' dunque costituzionalmente illegittima per le ragioni di
seguito precisate.
II.2. - Dopo i percorsi giurisprudenziali che si e' avuto modo di
richiamare nel precedente motivo di ricorso, non e' necessario
spendere molte parole per illustrare la presente censura di
illegittimita' costituzionale. Al riguardo, e' necessario prendere le
mosse dalla considerazione secondo la quale le materie sulle quali
interviene la disciplina in questione sono quelle, affidate alla
potesta' legislativa concorrente di Stato e Regioni dall'art. 117,
terzo comma, Cost., delle «grandi reti di trasporto e di
navigazione», e del «governo del territorio».
In tali ambiti materiali, come si e' avuto modo di ricordare piu'
sopra, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per giudicare se
una legge statale che avochi al livello centrale una funzione
amministrativa occupando lo spazio legislativo di competenza
regionale (anche concorrente) sia invasiva delle attribuzioni
regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di
sussidiarieta' e adeguatezza «diviene elemento valutativo essenziale
la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate,
alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina» (sent. n.
303 del 2003, par. 4.1 del Considerato in diritto). La necessaria
previsione di ma intesa «forte», non superabile unilateralmente dallo
Stato, quale condizione per la legittimita' costituzionale della
legge statale che avochi al centro una funzione amministrativa in
materie diverse da quelle di cui all'art. 117, secondo comma, Cost.,
disciplinandone al contempo l'esercizio, e' stata ribadita dalla
giurisprudenza costituzionale numerose volte. Si tratta di
circostanze ormai ben note, che non occorre ripercorrere
analiticamente in questa sede. Tra le decisioni piu' importanti al
riguardo, meritano ad ogni modo di essere richiamate le gia' citate
sentenze nn. 6 del 2004, 383 del 2005, 121 e 278 del 2010, 33 e 165
del 2011, nonche' nn. 39, 62 e 239 del 2013.
La disciplina che qui si contesta affida al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti il compito di «redigere» il Piano di
ammodernamento dell'infrastruttura ferroviaria, con il quale vengono
«individuate» «le linee ferroviarie da ammodernare». Essa, dunque,
alloca in capo ad un'amministrazione statale una funzione
amministrativa in grado di giungere sino alla specifica
individuazione degli interventi da realizzare, senza pero' che le
singole Regioni interessate da ciascuno degli interventi siano in
alcun modo coinvolte tramite procedure collaborative. Da qui
l'evidente incostituzionalita' della normativa in esame.
II.3. - In sintesi, e' necessario concludere che l'art. 1, comma
10-bis, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, e' da
ritenere costituzionalmente illegittimo in quanto, pur venendo in
rilievo le materie delle «grandi reti di trasporto e di navigazione»,
e del «governo del territorio», affidate alla potesta' legislativa
regionale nel rispetto del limite dei principi fondamentali stabiliti
dallo Stato, opera la «chiamata in sussidiarieta'» di funzioni
legislative e amministrative in difformita' rispetto al modulo
procedimentale richiesto dalla giurisprudenza costituzionale in
simili ipotesi, mancando, in particolare, la previsione della
necessaria acquisizione dell'intesa con le singole Regioni
interessate dagli interventi individuati dal Piano di ammodernamento
dell'infrastruttura ferroviaria. Per queste ragioni, l'art. 1, comma
10-bis, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella
parte in cui non prevede l'acquisizione dell'intesa con ciascuna
Regione interessata, in quanto arreca una illegittima compressione
alla competenza legislativa regionale nelle materie delle «grandi
reti di trasporto e di navigazione», e del «governo del territorio»,
(art. 117, terzo comma, Cost.), nonche' alle competenze
amministrative che alla Regione spettano sulla base del principio di
sussidiarieta' (art. 118, primo comma, Cost.).
III. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 11, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione
dell'art. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto,
prevedendo l'approvazione, con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, dei «contratti di programma
sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di
interesse nazionale» senza prevedere che la Regione specificamente
interessata dal singolo intervento sia parte necessaria del
procedimento decisionale, lede le competenze legislative della
Regione in materia di «porti e aeroporti civili» e di «governo del
territorio», nonche' le competenze amministrative che alla medesima
spettano in base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo
comma, Cost., ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent.
n. 303 del 2003 della Corte costituzionale.
III.1. - L'art. 1, comma 11, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, prevede quanto segue: «Per consentire l'avvio
degli investimenti previsti nei contratti di programma degli
aeroporti di interesse nazionale di cui all'articolo 698 del codice
della navigazione sono approvati, con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni
dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
che deve esprimersi improrogabilmente entro trenta giorni, i
contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli
scali aeroportuali di interesse nazionale. Per gli stessi aeroporti
il parere favorevole espresso dalle Regioni e dagli enti locali
interessati sui piani regolatori aeroportuali in base alle
disposizioni del regolamento recante disciplina dei procedimenti di
localizzazione delle opere di interesse statale di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, e successive
modificazioni, comprende ed assorbe, a tutti gli effetti, la verifica
di conformita' urbanistica delle singole opere inserite negli stessi
piani regolatori».
A sua volta, l'art. 698 del R.D. 20 marzo 1942, n. 327
(Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione),
dispone che «con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e sentita l'Agenzia del demanio,
(siano) individuati, previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di
assegnazione, gli aeroporti e i sistemi aeroportuali di interesse
nazionale, quali nodi essenziali per l'esercizio delle competenze
esclusive dello Stato, tenendo conto delle dimensioni e della
tipologia del traffico, dell'ubicazione territoriale e del ruolo
strategico dei medesimi, nonche' di quanto previsto nei progetti
europei TEN».
L'art. 1, comma 11-bis, del d.l. n. 133 del 2014, e'
incostituzionale per le ragioni di seguito precisate.
III.2. - Per illustrare l'illegittimita' costituzionale dell'art.
1, comma 11, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, e'
necessario prendere le mosse dalla circostanza secondo la quale esso
interviene, allocando allo Stato una funzione amministrativa, e
dettandone la relativa disciplina, in ambiti materiali che, senza
dubbio alcuno, devono essere ascritti alla competenza legislativa
concorrente regionale da esercitarsi nei limiti dei principi
fondamentali della legge dello Stato, ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, Cost., ed in particolare alle materie «porti e aeroporti
civili» e «governo del territorio».
Come e' noto - e come si e' gia' avuto modo di ricordare piu'
volte nei paragrafi che precedono - in tali ambiti materiali, secondo
la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, la legge statale
puo' avocare una funzione amministrativa, e regolarne al contempo
l'esercizio, solo se - oltre a sussistere le esigenze di esercizio
unitario in base all'art. 118, primo comma, Cost. - sia previsto che
tale funzione venga esercitata dall'amministrazione statale sulla
base di adeguati moduli collaborativi. La normativa qui presa in
considerazione, come si e' visto, dispone in effetti che l'atto di
individuazione di specifici aeroporti e sistemi aeroportuali quali di
«interesse nazionale», sia adottato sulla base di un'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 698 del Codice della
navigazione). Tale atto rappresenta il presupposto della funzione
amministrativa disciplinata dall'impugnato art. 1, comma 11-bis,
consistente nella approvazione dei contratti di programma
sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali. Tuttavia, cio' non
vale ad evitare l'incostituzionalita' della disposizione da ultimo
citata. Cio' in quanto, per questa specifica funzione amministrativa,
non e' previsto alcun intervento collaborativo di parte regionale.
Per approfondire il punto e' necessario tener presente che la
scansione procedimentale stabilita dal combinato disposto dell'art.
1, comma 11-bis, che qui si impugna, e dell'art. 698 del Codice della
navigazione, e' del tutto sovrapponibile, per quel che qui interessa,
a quella concernente la redazione del Programma Infrastrutture
Strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001, cui segue la
realizzazione dei singoli interventi in esso previsto. Su tale
scansione procedimentale questa Corte si e' pronunciata con la
sentenza n. 303 del 2003, nella quale e' stato evidenziato che -
vertendosi in materie di competenza legislativa concorrente - perche'
potessero essere ritenute costituzionalmente legittime le
disposizioni concernenti le funzioni amministrative avocate dallo
Stato in sussidiarieta', si rendeva necessaria non solo la previsione
di una collaborazione «forte», da realizzarsi tramite intesa con le
Regioni interessate, nella fase di approvazione del piano di
individuazione di opere di interesse nazionale (parr. 2.2 e 4.1 del
Considerato in diritto), ma anche un coinvolgimento delle medesime
Regioni come parti necessarie dell'attivita' decisioria nella
successiva fase di sviluppo e di attuazione dell'atto di
pianificazione generale (par. 8 del Considerato in diritto).
In sintesi, come gia' evidenziato nel precedente par. I.4, dalla
sent. n. 303 del 2003 emerge chiaramente il seguente principio di
diritto: ove la funzione amministrativa avocata in sussidiarieta' sia
destinata ad essere esercitata attraverso molteplici passaggi
decisionali, nei quali la adozione di atti di natura
programmatoria-pianificatoria, di carattere generale, sia seguita da
atti decisori a carattere piu' specifico, che attuino o sviluppino i
primi, gli atti di natura pianificatoria generale debbono
necessariamente essere adottati sulla base di una intesa «forte»,
mentre gli atti volti a sviluppare o attuare i primi, pur non
necessitando di una analoga previsione di «intesa», devono comunque
essere adottati a mezzo di modalita' che garantiscano il pieno
coinvolgimento della Regione interessata nella fase decisionale.
III.3. - Alla luce di tali considerazioni, e' possibile
concludere che l'art. 1, comma 11, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, avrebbe dovuto prevedere la partecipazione delle
Regioni nella fase attuativa del piano di individuazione degli
aeroporti di interesse nazionale, scegliendo un modulo collaborativo
- organico o procedimentale - che le ponesse nella condizione di
poter incidere nell'ambito di tale procedimento. Al contrario,
nessuna forma di coinvolgimento o partecipazione e' rinvenibile nel
comma 11 dell'art. 1; di conseguenza, la disposizione e'
incostituzionale per violazione dell'art. 117, terzo comma, e 118,
primo comma, Cost., nella parte in cui non prevede alcuna forma di
coinvolgimento decisorio da parte delle Regioni interessate in
relazione all'esercizio di funzioni amministrative attratte in
sussidiarieta' dallo Stato nelle materie «porti e aeroporti civili» e
«governo del territorio».
IV. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1, lett.
b), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, il quale
dispone che, nelle more dell'adozione dello strumento urbanistico che
individui «gli edifici esistenti non piu' compatibili con gli
indirizzi della pianificazione», resti salva «la facolta' del
proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad
eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non
giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico
od igienico sanitario», in quanto: a) ove si interpreti tale
previsione nel senso di costituire un autonomo titolo abilitativo ex
lege per gli interventi ivi previsti, sottrae, con una disposizione
di dettaglio nella materia del «governo del territorio», le relative
valutazioni ai Comuni, in violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118, primo e secondo comma, Cost.; b) ove invece la si interpreti nel
senso di consentire solo i suddetti interventi conservativi, in base
all'ordinario regime giuridico dei rispettivi titoli abilitativi,
essa vieta rigidamente e irragionevolmente, su tutto il territorio
nazionale e prescindendo dalle diversita' locali, le altre tipologie
di intervento, con una disposizione di dettaglio nella materia del
«governo del territorio», e sottraendo le relative valutazioni ai
Comuni, in violazione degli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e
118, primo e secondo comma, Cost.
IV.1. - L'art. 17, comma 1, lett. b), del d.l. n. 133 del 2014,
nel testo risultante dalla conversione in legge, prevede che all'art.
3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) faccia seguito un
nuovo art. 3-bis dal seguente tenore: «Lo strumento urbanistico
individua gli edifici esistenti non piu' compatibili con gli
indirizzi della pianificazione. (...) Nelle more dell'attuazione del
piano, resta salva la facolta' del proprietario di eseguire tutti gli
interventi conservativi, ad eccezione della demolizione e successiva
ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni
di ordine statico od igienico sanitario». Tale disposizione e'
suscettibile di due differenti interpretazioni, ambedue passibili di
censure di incostituzionalita'.
IV.2. - La prima possibile interpretazione della disposizione.
Secondo la prima interpretazione, tutti gli interventi
conservativi sugli immobili in questione, consentiti dalla disciplina
in esame sino alla adozione del Piano, sarebbero dotati
automaticamente ex lege di un titolo abilitativo. Risulterebbero
esclusi da questo regime, invece, gli interventi di demolizione e
successiva ricostruzione.
Ove inteso in tal modo, l'art. 17, comma 1, lett. b), del d.l. n.
133 del 2014, sarebbe incostituzionale per violazione degli artt.
117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., per le ragioni
di seguito illustrate.
IV.2.1. - La norma desunta in questa prima ipotesi dalla
disposizione che qui si impugna contrasta, innanzi tutto, con l'art.
117, terzo comma, Cost., il quale affida alla competenza concorrente
di Stato e Regioni la materia del «governo del territorio». Non e'
dubbio, infatti, che si versi in tale materia. Come da tempo ha
evidenziato la giurisprudenza di questa Corte, infatti, l'edilizia e
l'urbanistica, una volta contemplate nel catalogo dell'art. 117
Cost., devono oggi ritenersi ricomprese nel piu' ampio settore del
«governo del territorio» (per tutte, cfr. la sent. n. 303 del 2003,
par. 11.1 del Considerato in diritto).
L'odierna ricorrente non contesta che lo Stato possa, tramite una
disciplina di principio, dettare norme concernenti i titoli
abilitativi agli interventi edilizi muovendosi nell'ambito di tale
materia. Nel far cio', tuttavia, la legge statale deve mantenersi nei
limiti dei principi fondamentali: cio' che non accade invece nel caso
di specie, posto che il citato art. 3-bis - interpretato nel senso
appena illustrato - non lascia evidentemente alcuno spazio
all'intervento normativo delle Regioni, impedendo a queste ultime
qualunque modulazione della concessione dei titoli abilitativi in
questione in ragione delle peculiarita' di ciascuna realta', e
ponendo una disciplina del tutto autoapplicativa ed autosufficiente.
I principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente
devono comunque lasciare uno spazio di manovra al legislatore
regionale.
IV.2.2. - In secondo luogo, deve essere evidenziato come i
precetti posti dalla disposizione in contestazione, intesa in questo
primo senso, violano anche l'art. 118, commi primo e secondo, Cost.
La concessione ex lege dei titoli abilitativi agli interventi
conservativi, infatti, priva i Comuni delle relative funzioni
amministrative, la cui titolarita' e' invece garantita ai Comuni dai
principi di sussidiarieta' e adeguatezza di cui all'art. 118, primo e
secondo comma, Cost. In base a tali principi costituzionali, infatti,
non e' costituzionalmente consentito sottrarre ad un ente
territoriale lo svolgimento di funzioni amministrative che il
medesimo sia pienamente adeguato a svolgere: cio' che invece accade
chiaramente nel caso di specie. Non c'e' infatti alcuna plausibile
ragione per ritenere il Comune inadeguato allo svolgimento delle
funzioni amministrative connesse alla regolare formazione dei titoli
abilitativi agli interventi edilizi in questione.
L'art. 118, secondo comma, Cost., e' violato peraltro anche da un
secondo punto di vista. Come e' noto, infatti, questa disposizione
costituzionale riconosce ai Comuni la spettanza di «funzioni
proprie», oltre che di funzioni «conferite con legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze». Senza volere in questa
sede impegnarsi in una esaustiva e generale definizione della
categoria delle «funzioni proprie», non pare possibile dubitare che
un vero e proprio «caso paradigmatico» delle medesime sia
rappresentato proprio dalle funzioni concernenti il rilascio dei
titoli abilitativi edilizi qui in discussione. Cio', a tacer d'altro,
e' dimostrato proprio dalla giurisprudenza di questa Corte.
Gia' sotto la vigenza del «vecchio» Titolo V, infatti, tale
giurisprudenza ha riconosciuto spettare indefettibilmente ai Comuni
le funzioni amministrative afferenti a tale sfera. Rileva qui, ad
esempio, la sent. n. 83 del 1997, secondo la quale «il potere dei
comuni di autodeterminarsi in ordine all'assetto e alla utilizzazione
del proprio territorio» rappresenta un vero e proprio contenuto
essenziale dell'autonomia locale che la Costituzione garantiva gia'
allora anche «nei confronti dello Stato», e che oggi puo' dunque,
senza difficolta', essere ascritto alle «funzioni proprie» di cui al
citato art. 118, secondo comma, Cost.
L'art. 118 Cost. risulta dunque violato per due distinte ma
concorrenti ragioni. In primo luogo, perche' la legge statale sottrae
ai Comuni funzioni che, in virtu' dei principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza, dovrebbero senz'altro spettare a questi ultimi; in
secondo luogo, perche', nel caso di specie, le funzioni oggetto di
tale «sottrazione» appartengono a quel nucleo di intangibile
pertinenza dell'autogoverno della comunita' locale individuato dalla
giurisprudenza di questa Corte, e pertanto afferente alla categoria
delle «funzioni proprie» dei Comuni.
IV.3. - La seconda possibile interpretazione della disposizione.
Come si accennava piu' sopra, tuttavia, e' possibile fornire
della disposizione qui contestata una seconda interpretazione. In
base a tale seconda lettura, il nuovo art. 3-bis del d.P.R. n. 380
del 2001 non determinerebbe un'autonoma ed automatica concessione ex
lege di titoli abilitativi agli interventi conservativi. Viceversa,
si limiterebbe a renderli semplicemente possibili, in base al loro
proprio regime giuridico, fino alla adozione del Piano contemplato
dalla stessa disposizione in esame. Da tale regime, pero', sarebbero
esclusi, in generale gli interventi non conservativi e quelli di
«demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive
ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario».
Tali interventi non sarebbero in alcun modo possibili, in
applicazione della norma in questione. Il portato normativo della
disciplina in esame, in questa seconda lettura, sarebbe dunque non
gia' quello di consentire ex lege un determinato tipo di interventi
(quelli conservativi), bensi' quello di vietare, sempre ex lege,
un'altra categoria di interventi (non conservativi, di demolizione e
successiva ricostruzione).
Evidentemente, ove si accogliesse tale interpretazione, i sopra
richiamati profili di incostituzionalita' verrebbero meno. La norma
in esame, tuttavia, continuerebbe a presentare elementi di
illegittimita' costituzionale, contrastando anche in questo caso con
gli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, Cost. Risulterebbe
violato, per di piu', anche l'art. 3, primo comma, Cost., per le
ragioni che di seguito si espongono.
IV.3.1. - Come accennato, la norma qui presa in considerazione ha
l'effetto di escludere ex lege, in via automatica e per tutto il
territorio nazionale, gli indicati interventi edilizi sopra indicati.
Cio' determina, innanzi tutto, la violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost. Tale disciplina, sebbene afferente alla disciplina dei
titoli abilitativi, ha carattere evidentemente dettagliato, poiche'
opera in modo automatico e senza consentire alcun possibile «spazio
di manovra» alla potesta' legislativa della Regione. Da qui la
violazione della competenza che l'art. 117, terzo comma, Cost.,
riconosce a quest'ultima in tema di «governo del territorio».
IV.3.2. - Ad essere violato dalla disposizione in esame, ove
interpretata nel modo accennato, sarebbe inoltre anche l'art. 118,
primo e secondo comma, Cost., per ragioni analoghe a quelle
illustrate nel precedente par. IV.2.2., sulle quali non e' dunque
necessario spendere molte parole. Nel vietare ex lege determinati
interventi edilizi, infatti, essa «esproprierebbe», in modo
costituzionalmente illegittimo, i Comuni delle relative funzioni
amministrative, in violazione dei principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza, della necessaria attribuzione di «funzioni proprie» ai
Comuni, nonche' del «nucleo intangibile» che, come si e' visto piu'
sopra, in tema di autodeterminazione «in ordine all'assetto ed alla
utilizzazione del proprio territorio» questa Corte ha riconosciuto a
tali enti gia' nella citata sent. n. 83 del 1997.
IV.3.3. - Infine, a risultare violato dalla seconda delle due
possibili interpretazioni della disposizione impugnata sarebbe anche
l'art. 3, primo comma, Cost., ed il principio di
eguaglianza-ragionevolezza in esso incorporato. La norma de qua,
infatti, e' in grado di determinare un trattamento uniforme di
diverse e variegate realta' regionali e locali, in spregio alla
necessita' costituzionale di adeguare il trattamento normativo delle
attivita' urbanistiche alle diverse condizioni dei vari territori:
esigenza, questa, che proprio l'articolazione delle competenze
normative e amministrative in materia tra molteplici livelli di
governo e' volta a salvaguardare.
V. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 17-bis del d.l. n.
133 del 2014, come convertito in legge, per violazione dell'art. 117,
secondo, terzo e sesto comma, Cost., in quanto, prevedendo che gli
accordi conclusi tra Governo, Regioni e autonomie locali in sede di
Conferenza unificata ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. n. 281 del 1997
per l'adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo
costituiscano «livello essenziale delle prestazioni, concernenti la
tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale», nonche' che «il
regolamento edilizio-tipo», indicante «i requisiti prestazionali
degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio
energetico», sia «adottato dai Comuni nei termini fissati dai
suddetti accordi, comunque entro i termini previsti dall'articolo 2
della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni»: a)
attribuisce la qualifica di «livello essenziale delle prestazioni» ad
un intervento normativo che non puo' in alcun modo essere ricompreso
in tale categoria; b) autorizza l'intervento tramite fonte
regolamentare in un ambito di competenza concorrente tra Stato e
Regioni quale e' quello del «governo del territorio».
V.1. - L'art. 17-bis del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in
legge, introduce il comma 1-sexies nell'art. 4 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, a norma
del quale «il Governo, le regioni e le autonomie locali, in
attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in sede
di Conferenza unificata accordi ai sensi dell'articolo 9 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'art. 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'adozione di uno schema di
regolamento edilizio-tipo». Tali accordi, prosegue la disposizione,
«costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti la
tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il regolamento
edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici,
con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, e'
adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi,
comunque entro i termini previsti dall'articolo 2 della legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni». Tali previsioni
normative devono ritenersi incostituzionali, a causa della violazione
dell'art. 117, secondo, terzo e sesto comma, Cost., per le seguenti
ragioni.
V.2. - Innanzi tutto, risulta del tutto evidente la estraneita'
della disciplina de qua rispetto alla materia della «determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali» e della «tutela della concorrenza». Come e' stato piu'
volte evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte, infatti, il
titolo di competenza legislativa statale di cui all'art. 117, secondo
comma, lett. m), Cost., del quale qui si tratta, «non puo' essere
invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la
normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione
(sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei
relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi
diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il
soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla
Costituzione stessa» (cosi' la sent. n. 232 del 2011, par. 5.2 del
Considerato in diritto). Come e' stato evidenziato anche dalla
dottrina, dunque, «il titolo di legittimazione dell'intervento
statale puo' essere invocato soltanto per prestazioni (...), aventi
come contenuto un dare o un facere, delle quali sia anche individuato
un "livello minimo"» (cosi' S. Pajno, Le «zone a burocrazia zero» tra
principio di sussidiarieta', motivazione della legge e livelli
essenziali delle prestazioni. Traendo spunto dalla sent. n. 232 del
2011, in www.federalismi.it, n. 23/2011, pag. 19).
Non e' necessario spendere molte parole per evidenziare come il
caso de quo non rientri in alcun modo nella fattispecie appena
descritta. Risulta lampante, infatti, che la norma che qui si
contesta non individua affatto una «prestazione», avente quale
oggetto un «dare» o un «facere», della quale si individuano un
livello e delle caratteristiche «qualitative» minime di cui debba
beneficiare il cittadino. L'art. 17-bis in questione, infatti,
disciplina «semplicemente» le modalita' di adozione e i contenuti del
regolamento edilizio-tipo.
Si noti, peraltro, che neppure si potrebbe ritenere tale norma
ascrivibile alla materia dei «livelli essenziali delle prestazioni»
sulla base delle decisioni di questa Corte che, come e' noto, hanno
imputato a tale titolo di legittimazione dell'intervento statale le
norme concernenti il procedimento amministrativo, come quelle che
prevedono e disciplinano l'istituto della SCIA (sentenze nn. 164 e
203 del 2012, nonche' n. 121 del 2014), poiche' in tali circostanze
il legislatore statale ha, nell'esercizio della propria competenza,
fissato le modalita' dello svolgimento di «prestazioni
amministrative» di cui devono beneficiare i singoli cittadini che
entrano in contatto con la pubblica amministrazione. Viceversa, nel
caso in esame, la norma impugnata non riguarda l'attivita'
amministrativa, regolando invece un procedimento normativo, e non
disciplina affatto «prestazioni amministrative» esigibili dai singoli
individui. Gia' da questi primi rilievi risulta evidente che la
materia dei «livelli essenziali delle prestazioni», ancorche'
asseritamente riferibile alla «tutela della concorrenza», viene
evocata del tutto a sproposito dalla disposizione impugnata, la quale
dunque viola, innanzi tutto, l'art. 117, secondo comma, lett. m),
Cost.
V.3. - Alla luce di quanto sopra esposto e' invece agevole
concludere che si verte pacificamente nella materia del «governo del
territorio» di competenza legislativa concorrente, ossia in una
materia in relazione alla quale, secondo la giurisprudenza
costituzionale, i principi fondamentali statali devono essere
stabiliti con legge e non ricorrendo alla fonte regolamentare. Da
tale considerazione emerge dunque, con evidenza, anche la violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., che impone, appunto, la forma
legislativa all'esercizio della funzione normativa statale con la
quale si intenda porre principi fondamentali.
Ad essere violato, infine, e' anche l'art. 117, sesto comma,
Cost., il quale limita l'esercizio della funzione regolamentare
statale alle materie di cui al secondo comma del medesimo articolo,
attribuendola, negli altri campi materiali, alla Regione.
V.4. - La Regione ricorrente non intende negare che i contenuti
di un «Regolamento edilizio-tipo» possano essere imposti dallo Stato
su tutto il territorio nazionale nell'esercizio della propria
competenza in materia di «principi fondamentali del governo del
territorio». Ne' che a tale obiettivo non si possa giungere tramite
il procedimento «partecipato» predisposto dalla normativa in esame,
la quale anzi, da questo punto di vista, non puo' che risultare
apprezzabile. Da quanto rilevato piu' sopra discende pero', per
tabulas, che gli accordi o le intese sul regolamento edilizio-tipo,
che dovrebbero costituire principi fondamentali in materia di
«governo del territorio», per poter dispiegare il proprio pieno
valore normativo su tutto il territorio nazionale, vincolando in modo
costituzionalmente legittimo sia i legislatori regionali che la
potesta' regolamentare locale, dovrebbero essere recepiti con legge.
In sintesi, l'art. 17-bis del d.l. n. 133 del 2004, come
convertito in legge, nella parte in cui autorizza l'intervento
tramite fonte regolamentare in un ambito di competenza concorrente
tra Stato e Regioni anziche' rinviare ad una successiva legge statale
da attuarsi successivamente con fonte regionale, e' incostituzionale
per violazione dell'art. 117, secondo, terzo e sesto comma, Cost.
VI. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 2,
lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in
legge, per violazione degli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost., in quanto, disponendo una modifica
dell'articolo 52-quinquies, del d.P.R. n. 327 del 2001, tale per cui
risulta necessario procedere all'acquisizione dell'intesa con la
singola Regione interessata solo per l'autorizzazione alla
costruzione e all'esercizio delle «infrastrutture lineari
energetiche» di cui al comma 2 del citato art. 52-quinquies, e non
anche per «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero», per
le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti» e
per le relative «opere connesse», come aggiunti al suddetto comma 2
dalla censurata lett. a), lede le competenze legislative della
Regione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia» e di «governo del territorio», le competenze
amministrative che alla medesima spettano in base al principio di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost., ponendosi in
contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del 2003 della
Corte costituzionale, nonche' il principio di eguaglianza, a causa
del diverso trattamento riservato a fattispecie del tutto
sovrapponibili.
VI.1. - L'art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in
legge, al comma 2, introduce una serie di modifiche all'art.
52-quinquies, del d.P.R. n. 327 del 2001. In particolare, la lettera
a) del citato comma 2 modifica il primo periodo del comma 2 dell'art.
52-quinquies, aggiungendo, dopo le parole «appartenenti alla rete
nazionale dei gasdotti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo
23 maggio 2000, n. 164,», le parole «per i gasdotti di
approvvigionamento di gas dall'estero incluse le operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse,», nonche', in fine allo stesso primo periodo, le
parole «e dei piani di gestione e tutela del territorio comunque
denominati».
L'art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, dunque, prevede
oggi che «per le infrastrutture lineari energetiche, individuate
dall'Autorita' competente come appartenenti alla rete nazionale dei
gasdotti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio
2000, n. 164, per i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall'estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti e le relative opere connesse e per gli
oleodotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto,
l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio delle stesse,
rilasciata dalla stessa amministrazione, comprende la dichiarazione
di pubblica utilita' dell'opera, la valutazione di impatto
ambientale, ove prevista dalla normativa vigente, ovvero la
valutazione di incidenza naturalistico-ambientale di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357,
l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa
compresi e la variazione degli strumenti urbanistici e dei piani di
gestione e tutela del territorio comunque denominati».
La lettera c-bis) della medesima disposizione del d.l. n. 133 del
2014, invece, modifica il comma 5 dell'art. 52-quinquies,
aggiungendovi, in fine, le seguenti parole: «, previa acquisizione
del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da
rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il
parere si intende acquisito».
Nella versione attuale la disposizione in questione dispone
dunque che «per le infrastrutture lineari energetiche di cui al comma
2, l'atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 e' adottato
d'intesa con le Regioni interessate, previa acquisizione del parere
degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro
trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende
acquisito».
Alla luce di quanto illustrato, risulta dunque evidente che,
mentre il comma 2 dell'art. 52-quinquies e' stato aggiornato,
includendo tra le infrastrutture energetiche soggette
all'autorizzazione disciplinata dalla medesima disposizione «i
gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero, incluse le
operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le
relative opere connesse», il comma 5 del medesimo art. 52-quinquies
continua a prevedere l'intesa con le Regioni interessate solo ed
esclusivamente per l'autorizzazione relativa alle «infrastrutture
energetiche lineari». Di conseguenza, in ordine «[a]i gasdotti di
approvvigionamento di gas dall'estero, incluse le operazioni
preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative
opere connesse», aggiunti dalla contestata lett. a), non si prevede
la necessaria acquisizione dell'intesa con la singola Regione
interessata.
Tale assetto normativo e' incostituzionale, a causa della
violazione degli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost., per le seguenti ragioni.
VI.2. - Risulta evidente che le materie sulle quali interviene la
disciplina che in questa sede si contesta sono quelle della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e del
«governo del territorio», affidate dall'art. 117, terzo comma, Cost.,
alla competenza legislativa concorrente regionale nei limiti dei
principi fondamentali posti dalla legge dello Stato.
Come e' noto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte, gia' evocata piu' sopra in particolare ai parr. I.3 e I.4,
perche' in tali ambiti materiali la legge dello Stato possa avocare
al centro una funzione amministrativa e al contempo regolarne
l'esercizio, rispettando altresi' i principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza, e' necessario che tale legge preveda che detta funzione
venga esercitata dall'amministrazione statale sulla base di un
accordo con la singola Regione interessata (sent. n. 303 del 3003,
parr. 2.2 e par. 4.1 del Considerato in diritto). Tale arrêt e' stato
successivamente ribadito dalla sent. n. 6 del 2004, secondo la quale
«nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni
parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi -
anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo
tipo «puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta'» (sentenza n. 303 del
2003)». (par. 7 del Considerato in diritto; nello stesso senso,
successivamente, si vedano le gia' richiamate sentenze nn. 383 del
2005, 121 e 278 del 2010, 33 e 165 del 2011, nonche' 39, 62 e 239 del
2013).
VI.3. - Ebbene, non vi e' chi non veda come la disciplina
impugnata, in relazione ai «gasdotti di approvvigionamento di gas
dall'estero», nonche' alle «operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti» e alle «relative opere connesse», non
rispetti il requisito richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte
ai fini di una legittima avocazione in sussidiarieta', da parte dello
Stato, di funzioni legislative e amministrative ricadenti in materie
di competenza concorrente, giacche' non prevede la necessita' di
acquisire l'intesa con le Regioni interessate. Da qui il sicuro
contrasto del combinato disposto delle lettere a) e c-bis) dell'art.
37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, con
l'art. 117, terzo comma, Cost. (dal momento che si verte in materia
di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e
di «governo del territorio»), e con l'art. 118, primo comma, Cost.,
cosi' come interpretati dalla questa Corte nelle decisioni piu' sopra
menzionate.
VI.4. - Al profilo di illegittimita' costituzionale appena
esposto se ne affianca un altro, derivante dal contrasto dell'art.
37, comma 2, lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, con l'art. 3, primo comma, Cost., per violazione
del principio di eguaglianza. Cio' in quanto l'assetto normativo
sopra descritto e derivante dall'entrata in vigore di tali
disposizioni finisce col prevedere un trattamento sensibilmente e
gravemente diverso per fattispecie del tutto sovrapponibili.
In relazione alle infrastrutture lineari energetiche, infatti, la
legge statale prevede correttamente la necessaria acquisizione
dell'intesa con la Regione interessata, mentre, come si e' visto,
cio' non accade per i gasdotti di approvvigionamento di gas
dall'estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla
redazione dei progetti e le relative opere connesse. Da qui, anche da
questo ulteriore punto di vista, l'illegittimita' costituzionale
della norma impugnata nella parte in cui non prevede la necessaria
acquisizione dell'intesa anche in tali circostanze.
VII. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1-bis,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto,
attribuendo al Ministro dello sviluppo economico il compito di
predisporre un «piano delle aree in cui sono consentite le attivita'
di cui al comma 1», ossia le «attivita' di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale», senza prevedere la necessaria acquisizione dell'intesa con
ciascuna Regione territorialmente interessata, lede le competenze
legislative regionali in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia» e di «governo del territorio»,
nonche' le competenze amministrative che alla medesima spettano in
base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent. n. 303 del
2003 della Corte costituzionale.
VII.1. - L'art. 38, dopo aver previsto al comma 1 che «al fine di
valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza
degli approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio
sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse
strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili» e
che «i relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la
dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza
dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei
beni in essa compresi», al successivo comma 1-bis attribuisce al
Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto e sentito il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la
predisposizione «di un piano delle aree in cui sono consentite le
attivita' di cui al comma 1», senza prevedere alcun modulo
collaborativo che coinvolga le Regioni interessate nell'ambito di
tale attivita' di pianificazione.
Tale testo e' stato sostituito, successivamente all'entrata in
vigore della legge di conversione, ma prima della introduzione del
presente giudizio, ad opera dell'art. 1, comma 554, della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2015),
entrato in vigore il 1° gennaio 2015. L'odierna ricorrente, dunque,
si riserva le opportune valutazioni al fine di eventualmente
presentare le proprie doglianze anche nei confronti del nuovo testo
dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, secondo le
modalita' e nei tempi previsti dall'ordinamento vigente. Nella
presente sede, tuttavia, ritiene comunque necessario denunciare i
profili di illegittimita' costituzionale che minano la validita' del
testo esitato dalla legge di conversione del d.l. n. 133 del 2014,
dal momento che - sia pure per poco piu' di un mese e mezzo - tale
testo normativo e' rimasto in vigore nell'ordinamento e, per le note
ragioni inerenti la successione delle leggi nel tempo, esso ha
regolato e continua a regolare i rapporti sorti durante il periodo
della sua vigenza in termini che, come subito si vedra', risultano
lesivi delle competenze legislative e amministrative regionali.
L'incostituzionalita' dell'art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133
del 2014, nel testo esitato dalla legge di conversione, per
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.,
e' di solare evidenza ove si considerino le ragioni che di seguito si
espongono.
VII.2. - Le materie nell'ambito delle quali interviene la
disposizione impugnata sono, evidentemente, quelle della «produzione,
[del] trasporto e [della] distribuzione nazionale dell'energia»,
nonche' del «governo del territorio», affidate, come e' noto, alla
competenza legislativa concorrente regionale entro i limiti dei
principi fondamentali della legge dello Stato in base all'art. 117,
terzo comma, Cost.
La gia' piu' volte citata sent. n. 303 del 2003 - seguita dalla
sent. n. 6 del 2004, anch'essa piu' volte evocata nel presente atto -
ha chiarito, al di la' di ogni possibile dubbio, quali sono le
condizioni che la legge statale che intervenga ad avocare al centro
funzioni amministrative in materie di competenza concorrente,
provvedendo anche a regolarne l'esercizio, deve rigorosamente
rispettare per poter superare il vaglio di legittimita'
costituzionale: pena la violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost.
In particolare, per quel che qui piu' specificamente interessa,
la sent. n. 303 del 2003 ha individuato come condizione assolutamente
imprescindibile perche' le norme legislative statali di questo tipo
possano aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale
quella della necessarieta' della previsione dell'intesa con la
singola Regione interessata dal singolo intervento. La successiva
sent. n. 6 del 2004 - confermata dalla giurisprudenza successiva, del
tutto uniforme al riguardo - ha ulteriormente precisato che «nella
perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni
parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi -
anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo
tipo "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)»
(par. 7 del Considerato in diritto). Nella disposizione contestata in
questa sede, invece, la predisposizione del Piano delle aree in cui
sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione
di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, e'
attribuita al Ministro dello sviluppo economico, senza che sia
prevista alcuna forma di partecipazione regionale.
VII.3. - Da tutto cio' consegue, dunque, che l'art. 38, comma
1-bis, non rispetta la condizione richiesta da questa Corte nella
sent. n. 303 del 2003 e nelle numerose pronunce che, nel corso del
tempo, hanno confermato, approfondito e precisato questa linea
giurisprudenziale, ai fini di una legittima avocazione in
sussidiarieta', da parte dello Stato, di funzioni legislative e
amministrative ricadenti in materie di competenza legislativa
concorrente (quali la «produzione, [il] trasporto e [la]
distribuzione nazionale dell'energia» e il «governo del territorio»
che vengono in rilievo nel caso di specie).
La disposizione citata, quindi, si pone in contrasto con l'art.
117, terzo comma, e con l'art. 118, primo comma, Cost., nella parte
in cui non prevede l'acquisizione dell'intesa con ciascuna, delle
Regioni specificamente interessate dalle «attivita' di prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio
sotterraneo di gas naturale».
VIII. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 4, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, per violazione
dell'art. 120, secondo comma, Cost., in quanto, prevedendo che -
decorso inutilmente il termine nel medesimo indicato per la
conclusione, da parte della Regione, dei procedimenti di valutazione
di impatto ambientale - quest'ultima trasmetta «la relativa
documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone
notizia al Ministero dello sviluppo economico», predispone nella
sostanza un meccanismo sostitutivo straordinario dello Stato nei
confronti della Regione: a) che non rispetta le garanzie di
collaborazione previste dalla citata disposizione costituzionale e
dall'art. 8 della legge n. 131 del 2003; b) che e' destinato a
concludersi senza un atto imputabile al Governo nel suo complesso,
unico organo ad essere costituzionalmente legittimato a procedere
alla sostituzione straordinaria.
VIII.1. - L'art. 38, comma 4, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, prevede quanto segue: «Per i procedimenti di
valutazione di impatto ambientale in corso presso le regioni alla
data di entrata in vigore del presente decreto, relativi alla
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la regione presso
la quale e' stato avviato il procedimento conclude lo stesso entro il
31 marzo 2015. Decorso inutilmente tale termine, la regione trasmette
la relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza,
dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico. I conseguenti
oneri di spesa istruttori rimangono a carico delle societa'
proponenti e sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per
essere successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare».
Tale normativa e' incostituzionale, a causa della violazione
dell'art. 120, secondo comma, Cost., per le ragioni di seguito
precisate.
VIII.2. - L'incostituzionalita' della disposizione impugnata
risulta palese solo che si consideri come essa disciplini, nella
sostanza, un'ipotesi «piu' o meno mascherata» di attivazione dei
poteri sostitutivi straordinari statali, analoghi a quelli previsti
dall'art. 120, secondo comma, Cost., senza pero' rispettare le
condizioni di legittimita' dell'esercizio di tali poteri imposte da
tale norma costituzionale.
L'art. 120, secondo comma, Cost., infatti, per quel che e' qui di
piu' specifico interesse, impone due condizioni per il legittimo
esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo, pur
ancorato alla sussistenza dei presupposti individuati dalla medesima
disposizione.
A) Innanzi tutto, l'esercizio di tale potere deve essere
imputabile al «Governo»: con cio' riferendosi esclusivamente
all'organo nel suo complesso e non ai singoli organi di cui esso si
compone.
B) L'art. 120, secondo comma, Cost., inoltre, quale condizione
per l'esercizio in concreto del potere sostitutivo straordinario del
Governo, prevede il «rispetto del principio di sussidiarieta' e del
principio di leale collaborazione» secondo le procedure previste
dalla legge.
Come e' noto, ambedue le condizioni per il legittimo esercizio
del potere sostitutivo straordinario sono state attuate e sviluppate
coerentemente dall'art. 8 della legge n. 131 del 2003, il cui comma 1
prevede che «nei casi e per le finalita' previsti dall'articolo 120,
secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su
iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente
interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o
necessari»; che «decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei
ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro
competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i
provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito
commissario»; infine, che «alla riunione del Consiglio dei ministri
partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione
interessata al provvedimento». Come si vede, la corretta attuazione
della disposizione costituzionale concernente i poteri sostitutivi
straordinari alloca la decisione fondamentale circa l'intervento
sostitutivo al Consiglio dei ministri, e predispone un modulo
collaborativo - che evidentemente potrebbe avere in astratto anche
caratteristiche differenti da quello appena richiamato, ma dovrebbe
comunque mantenerne intatti i principi ispiratori in grado di
coinvolgere adeguatamente la Regione interessata dall'attivazione del
potere sostitutivo del Governo.
VIII.3. - Alla luce delle predette considerazioni, e' necessario
concludere per l'illegittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 4,
del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, in quanto tale
norma si pone in evidente contrasto con il secondo comma dell'art.
120 Cost., prevedendo un meccanismo sostitutivo che e' destinato a
concludersi senza un atto del Governo nel suo complesso e che non
rispetta in alcun modo le garanzie di collaborazione richieste dalla
richiamata disposizione costituzionale.
IX. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 6, lett.
b), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, nella parte
in cui prevede che per il rilascio del titolo concessorio unico per
le attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi di cui al precedente comma 5 sia necessario acquisire
l'intesa della Regione interessata solo ove dette attivita' siano
destinate a svolgersi nella terraferma e non anche nel mare
continentale, per violazione degli artt. 3, primo comma, 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto lede le competenze
legislative della Regione in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia» e di «governo del territorio»,
le competenze amministrative che alla medesima spettano in base al
principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto con la sent. n. 303 del 2003 della Corte
costituzionale, nonche' il principio di eguaglianza, in ragione del
diverso trattamento riservato a fattispecie del tutto sovrapponibili.
IX.1. - L'art. 38, comma 5, prevede che «le attivita' di ricerca
e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi di cui alla legge 9
gennaio 1991, n. 9, sono svolte a seguito del rilascio di un titolo
concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori
articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni,
prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia
necessario completare le opere di ricerca, a cui seguono, in caso di
rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente
coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico, la
fase di coltivazione della durata di trenta anni, prorogabile per una
o piu' volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti
gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento
risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale». Tale
titolo concessorio unico, a norma del successivo comma 6, lett. b),
e' accordato «con decreto del Ministro dello sviluppo economico,
previa intesa con la regione o la provincia autonoma di Trento o di
Bolzano territorialmente interessata, per le attivita' da svolgere in
terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse
minerarie e le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale minerario
idrocarburi e georisorse».
In base a tale disciplina, dunque, nessun coinvolgimento delle
Regioni specificamente interessate e' previsto laddove le predette
attivita' debbano essere svolte nel mare continentale. Si tratta di
una previsione costituzionalmente illegittima, a causa della
violazione degli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo
comma, Cost., per le seguenti ragioni.
IX.2. - Risulta evidente che l'art. 38, comma 6, lett. b), del
d.l. n. 133 del 2014, pone norme ricadenti nelle materie della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e del
«governo del territorio», affidate dall'art. 117, terzo comma, Cost.,
alla competenza legislativa concorrente regionale entro il limite dei
principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato. Secondo quanto
stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalle
sentenze nn. 303 del 2003 e 6 del 2004, piu' volte richiamate nel
presente atto, in tali ambiti materiali la legge statale puo' avocare
al centro una funzione amministrativa e dettarne la relativa
disciplina - prescindendo dunque dal riparto «principi-dettaglio» -
solo ove, per quel che qui e' di piu' prossimo interesse, predisponga
per l'esercizio di detta funzione da parte dell'amministrazione
statale «una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il
dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento
orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base
al principio di lealta'» (cosi' la sent. n. 303 del 2003, par. 2.2 e
par. 4.1 del Considerato in diritto). Cio' in quanto, secondo la
pronuncia appena citata, al meccanismo di flessibilizzazione delle
competenze legislative di cui all'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost., ossia al principio di sussidiarieta', va ascritto un valore
eminentemente procedimentale.
La norma impugnata, dunque, con riguardo alle attivita' di
ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi da svolgersi
nel mare continentale, e' in contrasto sia con l'art. 117, terzo
comma, che con l'art. 118, primo comma, Cost., in quanto non rispetta
la condizione richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte ai fini
di una legittima avocazione in sussidiarieta', da parte dello Stato,
di funzioni legislative e amministrative ricadenti in materie di
competenza concorrente (quali la «produzione, [il] trasporto e [la]
distribuzione nazionale dell'energia» e il «governo del territorio»
che vengono in rilievo nel caso di specie), ovvero la previsione
della necessita' di acquisire l'intesa con la singola Regione
interessata.
IX.3. - L'art. 38, comma 6, lett. b), del d.l. n. 133 del 2014,
nella parte in cui non prevede la necessaria acquisizione dell'intesa
per le attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi da svolgersi nel mare continentale, viola anche il principio
di uguaglianza sancito all'art. 3, primo comma, Cost., in quanto
prevede un trattamento diverso per fattispecie del tutto
sovrapponibili.
Come messo in evidenza piu' sopra, infatti, la necessarieta'
dell'intesa della singola Regione o Provincia autonoma interessata e'
prevista dalla norma che qui si censura ove le suddette attivita'
debbano svolgersi in terraferma.
Le due ipotesi - attivita' di ricerca e coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi nel mare continentale, da un lato, ed
in terraferma dall'altro - sono, per quel che qui interessa, prive di
qualunque rilevante elemento di differenziazione, con conseguente
violazione del divieto costituzionale di stabilire trattamenti
irragionevolmente diversi di situazioni in tutto e per tutto
assimilabili.
X. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 10, del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito in legge, nella parte in cui
prevede che, al fine di «tutelare le risorse nazionali di idrocarburi
in mare localizzate nel mare continentale», il Ministero dello
sviluppo economico possa autorizzare «per un periodo non superiore a
cinque anni, progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti»,
previa acquisizione di un mero parere della Regione interessata
anziche' dell'intesa con la medesima, per violazione degli artt. 117,
terzo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto lede le competenze
legislative della Regione in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia» e in materia di «governo del
territorio», nonche' le competenze amministrative che alla medesima
spettano in base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo
comma, Cost., ponendosi in contrasto con la sent. n. 303 del 2003
della Corte costituzionale.
X.1. - L'art. 38, comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, come
convertito in legge, introduce i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater
nell'art. 8 del d.l. n. 112 del 2008. In particolare, il comma 1-bis,
«al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare
localizzate nel mare continentale e in ambiti posti in prossimita'
delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attivita' di ricerca
e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il relativo gettito
fiscale allo Stato e al fine di valorizzare e provare in campo
l'utilizzo delle migliori tecnologie nello svolgimento dell'attivita'
mineraria», prevede che «il Ministero dello sviluppo economico, di
concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, sentite le Regioni interessate, puo' autorizzare, previo
espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale che
dimostri l'assenza di effetti di subsidenza dell'attivita' sulla
costa, sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti
antropici, per un periodo non superiore a cinque anni, progetti
sperimentali di coltivazione di giacimenti».
L'autorizzazione di progetti sperimentali di coltivazione di
giacimenti di idrocarburi in mare, dunque, e' rilasciata dal
Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa
acquisizione di un mero parere delle Regioni interessate. Tale
disciplina e' incostituzionale, a causa della violazione degli artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., per i motivi di seguito
precisati.
X.2. - La disposizione che qui si contesta, evidentemente,
interviene nelle materie della «produzione, [del] trasporto e [della]
distribuzione nazionale dell'energia», e del «governo del
territorio», di competenza legislativa concorrente in base all'art.
117, terzo comma, Cost.
Come gia' piu' volte sottolineato nell'ambito del presente atto,
secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, in tali ambiti
materiali la legge statale puo' avocare al centro una funzione
amministrativa e dettarne la relativa disciplina - prescindendo
dunque dal riparto «principi-dettaglio» - solo ove, per quel che qui
e' di piu' prossimo interesse, predisponga per l'esercizio di detta
funzione da parte dell'amministrazione statale «una disciplina che
prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che
devono essere condotte in base al principio di lealta'» (cfr.,
ancora, sent. n. 303 del 2003, par. 2.2 e par. 4.1 del Considerato in
diritto).
L'art. 38, comma 10, pertanto, si pone in contrasto sia con
l'art. 117, terzo comma, Cost., sia con l'art. 118, primo comma,
Cost., in quanto non rispetta la condizione richiesta dalla
giurisprudenza di questa Corte ai fini di una legittima avocazione in
sussidiarieta', da parte dello Stato, di funzioni legislative e
amministrative ricadenti in materie di competenza concorrente,
prevedendo la mera acquisizione di un parere da parte della Regione
interessata, anziche' di una intesa con la medesima.
P. Q. M.
La Regione Puglia, come sopra rappresentata e difesa, chiede che
questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1,
commi 2, 4, 10-bis e 11; 17, comma 1, lett. b); 17-bis; 37, comma 2,
lettere a) e c-bis); 38, commi 1-bis, 4, 6, lett. b), e 10, del d.l.
12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione
del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive), come
risultanti dalla conversione in legge, con modificazioni, tramite la
legge n. 164 del 2014, nei limiti e nei termini sopra esposti.
Con ossequio.
Bari-Roma, 9 gennaio 2015
Avv. Vittorio Triggiani - Avv. Alfonso Papa malatesta