Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 16 gennaio 2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 8 del 20.2.2013) 
 
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso  i  cui
Uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato; contro
la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore della Giunta
regionale; per la declaratoria della illegittimita' costituzionale in
parte qua della legge della Regione Umbria 12 novembre 2012,  n.  18,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale  Regione  Umbria  n.  50  del  15
novembre 2012 e recante il titolo «Ordinamento del servizio sanitario
regionale». 
    La  presentazione  del  presente  ricorso  e'  stata  decisa  dal
Consiglio dei Ministri nella riunione dell'11 gennaio 2013,  come  da
estratto del verbale che si deposita. 
    La legge della  Regione  Umbria  n.  18  del  12  novembre  2012,
titolata «Ordinamento del servizio  sanitario  regionale»,  presenta,
sotto  vari   aspetti,   i   seguenti   profili   di   illegittimita'
costituzionale, per violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  17,   comma   3,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in cui disciplina l'elenco regionale dei candidati idonei  alla
nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali. 
    L'art. 17, che disciplina l'elenco regionale dei candidati idonei
alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie  regionali,
prevede, al comma 3, che «la giunta regionale ai fini della selezione
dei candidati per l'inserimento nell'elenco degli idonei si avvale di
una commissione costituita  in  prevalenza  da  esperti  indicati  da
qualificate  istituzioni  scientifiche  indipendenti  dalla   Regione
medesima». Tale norma contrasta con l'art. 3-bis, comma 3, del d.lgs.
n. 502/1992, come modificato dal decreto-legge n.  158/2012,  secondo
cui  la  predetta  commissione  deve  essere  costituita  da  esperti
indicati da qualificate istituzioni  scientifiche  indipendenti,  «di
cui uno designato  dall'Agenzia  nazionale  per  i  servizi  sanitari
regionali». Nella parte in cui il comma 3 dell'art. 17 in  esame  non
prevede la partecipazione  alla  commissione  dell'esperto  designato
dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, si configura
un contrasto con la  citata  norma  statale,  da  considerarsi  quale
principio fondamentale in  materia  di  tutela  della  salute,  e  la
conseguente   violazione   dell'art.   117,   terzo   comma,    della
Costituzione. 
2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  19,   comma   3,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in cui, in caso di revoca del Direttore  Generale,  attribuisce
alla Giunta regionale la competenza alla attribuzione di  funzioni  o
alla nomina di un Commissario straordinario. 
    L'art. 19, comma 3, prevede che «la Giunta regionale in  caso  di
decadenza,  di  revoca  del   Direttore   generale   o   di   vacanza
dell'ufficio, in  via  temporanea  fino  alla  data  di  stipula  del
contratto del nuovo Direttore, e comunque  per  non  oltre  sei  mesi
dalla vacanza dell'ufficio,  attribuisce  le  funzioni  al  Direttore
amministrativo o al Direttore sanitario di cui  all'art.  25,  ovvero
procede alla nomina di un commissario straordinario in  possesso  dei
requisiti  previsti  dalla  legislazione  vigente  per  la  nomina  a
direttore generale». 
    Tale disposizione contrasta con l'art. 3, comma 6, del d.lgs.  n.
502/1992, secondo cui «in caso di vacanza dell'ufficio o nei casi  di
assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni
sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su
delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore
piu' anziano per eta'. Ove l'assenza  o  l'impedimento  si  protragga
oltre sei mesi si procede alla sostituzione». 
    La disposizione  regionale  pertanto,  stabilendo  una  procedura
difforme da  quella  statale  in  caso  di  vacanza  dell'ufficio  di
direttore generale,  contrasta  con  i  principi  fondamentali  della
legislazione statale  in  materia  di  tutela  della  salute  di  cui
all'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502/1992, in violazione  dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione. 
3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  20,   comma   2,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in  cui  esclude  le  aziende  ospedaliero-universitarie  dalla
applicazione delle  norme  di  nomina  e  valutazione  del  Direttore
generale Asl. 
    L'art. 20, dopo aver premesso, al comma 1, che  la  nomina  e  le
procedure  di  verifica  dei  risultati,  nonche'  la  conferma,   la
decadenza  e  la   revoca   del   Direttore   generale   dell'azienda
ospedaliero-universitaria «sono disciplinate conformemente  a  quanto
previsto dal d.lgs. n. 517/1999 e sono regolamentate  dal  protocollo
d'intesa tra la Regione e l'Universita' degli Studi di Perugia di cui
all'art. 11», specifica,  al  comma  2,  che  al  Direttore  generale
dell'azienda   ospedaliero-universitaria   non   si   applicano    le
disposizioni della medesima legge regionale (art. 17, commi 1 e 2,  e
art. 18, commi 1, 4 e 5) che disciplinano le modalita' di nomina e di
valutazione delle attivita'  del  Direttore  generale  delle  aziende
sanitarie regionali. 
    Al riguardo e' opportuno premettere che l'art. 4,  comma  2,  del
d.lgs. n. 517/1999 (recante la «Disciplina dei rapporti fra  Servizio
sanitario nazionale ed universita', a norma dell'art. 6 della  L.  30
novembre 1998, n. 419»), per la  disciplina  dei  requisiti  e  delle
procedure di  nomina  e  valutazione  dei  direttori  generali  delle
aziende ospedaliero-universitarie, rinvia alle disposizioni contenute
negli articoli 3 e seguenti del d.lgs. n.  502/1992,  riguardanti  in
generale la nomina e la  valutazione  dei  direttori  generali  delle
aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale. 
    Pertanto il comma 2 dell'art. 20 della legge in  esame,  che,  in
deroga  a  quanto  previsto  dal  comma  1  dell'art.   20,   esclude
l'applicabilita'    al    direttore    generale     delle     aziende
ospedaliero-universitarie delle disposizioni regionali riguardanti il
direttore generale delle aziende sanitarie regionali, che sono  state
emanate in linea con la disciplina statale di  cui  agli  artt.  3  e
seguenti del d.lgs. n. 502/1992, si pone in contrasto con i  principi
fondamentali  contenuti  in  tali  ultimi  articoli,  in   violazione
dell'art. 117 della Costituzione. 
    Esso contrasta, in particolare, con l'art. 3-bis di  quest'ultimo
decreto legislativo, come modificato dall'art. 4 del d.l. n. 158/2012
(convertito con modificazioni nella legge n. 189/2012), che  prevede,
per quanto concerne la nomina dei direttori generali delle aziende  e
degli enti del  Servizio  sanitario  regionale  (quindi  anche  delle
aziende   ospedaliero-universitarie),   che   la   Regione   provveda
«attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei,  ovvero
agli analoghi elenchi delle altre regioni, costituiti  previo  avviso
pubblico  e  selezione  effettuata,  secondo  modalita'   e   criteri
individuati dalla regione, da parte  di  una  commissione  costituita
dalla  regione  medesima  in  prevalenza  tra  esperti  indicati   da
qualificate  istituzioni  scientifiche  indipendenti,  di   cui   uno
designato dall'Agenzia nazionale per i  servizi  sanitari  regionali,
senza nuovi o maggiori oneri a carico  della  finanza  pubblica.  Gli
elenchi sono aggiornati almeno ogni due anni». 
    Il comma 2 dell'art. 20 contrasta altresi', con riferimento  alla
valutazione delle attivita' del Direttore generale, col comma  5  del
medesimo art. 3-bis del d.lgs n. 502 del 1992, secondo il  quale  «al
fine di assicurare  una  omogeneita'  nella  valutazione  stessa,  le
regioni concordano, in sede  di  Conferenza  delle  regioni  e  delle
province autonome, criteri e sistemi per valutare e  verificare  tale
attivita', sulla base di obiettivi di salute e di  funzionamento  dei
servizi definiti  nel  quadro  della  programmazione  regionale,  con
particolare   riferimento   all'efficienza,    all'efficacia,    alla
sicurezza, all'ottimizzazione dei  servizi  sanitari  e  al  rispetto
degli equilibri economico-finanziari di bilancio». 
    Per questo motivo l'art. 20, comma 2, della legge in  esame,  che
esclude  l'applicabilita'  al  direttore   generale   delle   aziende
ospedaliero-universitarie delle disposizioni statali  riguardanti  la
nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio
sanitario  regionale,  viola   l'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, per contrasto con l'art. 4,  comma  2,  del  d.lgs.  n.
517/1999 e con l'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, recante  principi
fondamentali in materia di tutela della salute. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art.  22,  commi  2  e  3,  per
violazione  dell'art.   117,   terzo   comma,   della   Costituzione,
relativamente  alla  disciplina  della  composizione   del   collegio
sindacale    rispettivamente    delle    Asl    e    delle    aziende
ospedaliero-universitarie. 
    L'art. 22, commi 2 e 3, disciplina la composizione  del  collegio
sindacale, rispettivamente, delle aziende sanitarie  locali  e  delle
aziende  ospedaliero-universitarie,  fissando  in   tre   membri   la
composizione del collegio stesso. Tale previsione  contrasta  con  la
normativa statale di riferimento. Infatti, l'art. 3-ter del d.lgs. n.
502/1992  stabilisce  espressamente  che  il  collegio  sindacale  e'
composto «da cinque membri, di cui due designati dalla  regione,  uno
designato  dal  Ministro   del   tesoro,   del   bilancio   e   della
programmazione economica, uno dal Ministro della sanita' e uno  dalla
Conferenza dei  sindaci;  per  le  aziende  ospedaliere  quest'ultimo
componente e' designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni».
Analogamente,      per      quanto      concerne      le      aziende
ospedaliero-universitarie, l'art. 4, comma 3 del d.lgs. n.  517/1999,
dopo aver precisato che al collegio sindacale delle stesse si applica
l'art. 3-ter del d.lgs. n. 502/1992, prevede che esso e' composto  da
«cinque membri designati uno dalla  regione,  uno  dal  Ministro  del
tesoro, del  bilancio  e  della  programmazione  economica,  uno  dal
Ministro della sanita', uno dal  Ministro  dell'universita'  e  della
ricerca   scientifica   e   tecnologica   e   uno    dall'universita'
interessata». 
    Pertanto, le disposizioni di cui all'art. 22, commi 2 e  3  della
legge regionale in esame, che riducono sensibilmente  il  numero  dei
componenti statali nei collegi  sindacali  delle  aziende  sanitarie,
violano l'art. 117, terzo comma, della  Costituzione,  per  contrasto
con il richiamato art. 3-ter del d.lgs. n. 502/1992 e con  l'art.  4,
comma  3  del  d.lgs.  n.  517/1999,  da  intendersi  quali  principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  tutela  della
salute e di coordinamento della finanza pubblica. 
    Inoltre i commi 2 e 3 dell'art. 22, prevedendo che  uno  dei  tre
componenti di tali Collegi sindacali  sia  «designato  dallo  Stato»,
senza  specificare  tuttavia  che  detto  componente  statale   debba
partecipare in rappresentanza del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, contrastano con il principio fondamentale  di  coordinamento
della finanza pubblica rappresentato dall'art. 16 della legge n.  196
del 2009, che ha, appunto, individuato come necessaria, negli  organi
collegiali di revisione contabile delle amministrazioni pubbliche, la
presenza di un rappresentante del Ministero dell'economia, al fine di
dare  attuazione  alle  prioritarie  esigenze  di  controllo   e   di
monitoraggio degli andamenti della finanza  pubblica.  Tale  articolo
stabilisce che: «Al fine di dare attuazione alle prioritarie esigenze
di controllo e di monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica
di cui all'art. 14,  funzionali  alla  tutela  dell'unita'  economica
della Repubblica, ove non gia' prevista dalla normativa  vigente,  e'
assicurata  la  presenza   di   un   rappresentante   del   Ministero
dell'economia e delle finanze nei collegi di  revisione  o  sindacali
delle  amministrazioni  pubbliche,  con  esclusione  degli   enti   e
organismi  pubblici  territoriali  e,  fatto  salvo  quanto  previsto
dall'art. 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30  dicembre  1992,
n. 502, degli enti ed organismi  da  questi  ultimi  vigilati,  fermo
restando il numero dei revisori e dei componenti del collegio». 
    Secondo quanto affermato da codesta Ecc.ma  Corte  costituzionale
con la sentenza n. 122 del 2011, infatti,  la  piena  attuazione  del
principio di coordinamento della  finanza  pubblica  fa  si'  che  la
competenza statale  non  si  esaurisce  con  l'esercizio  del  potere
legislativo, ma  implica  anche  «l'esercizio  di  poteri  di  ordine
amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati  e  di
controllo» (cfr anche la decisione n. 376 del 2003).  E,  del  resto,
codesta medesima Corte aveva gia'  messo  in  rilievo  «il  carattere
"finalistico" dell'azione di coordinamento» e, quindi, l'esigenza che
«a livello centrale» si potessero collocare anche «i poteri  puntuali
eventualmente  necessari  perche'  la  finalita'  di   coordinamento»
venisse «concretamente realizzata». 
    Inoltre nella sentenza n. 370 del 2010 si rileva che  l'attivita'
svolta dai servizi ispettivi di finanza pubblica spetta  allo  Stato,
in quanto  essa  e'  propedeutica  all'esercizio  della  funzione  di
coordinamento della finanza pubblica: infatti  l'art.  28,  comma  1,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato),  esplicitamente
attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze il compito  di
acquisire ogni  utile  informazione  «allo  scopo  di  assicurare  il
perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica». 
    In questa prospettiva, il gia' ricordato art. 16 della  legge  n.
196 del 2009 si pone come vera e  propria  norma  di  principio,  che
stabilisce  una  specifica  modalita'   di   concretizzazione   della
finalita' di coordinamento della finanza pubblica. 
    Pertanto, il mancato uniformarsi delle disposizioni regionali  in
esame al dettato dell'art. 16  della  legge  n.  196  del  2009,  con
l'omessa individuazione quale componente del Collegio  dei  revisori,
in rappresentanza dello Stato, del Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, comporta l'incostituzionalita' delle  medesime  disposizioni
regionali per violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  con
riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica  da
parte dello Stato. 
5)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  28,   comma   1,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in cui disciplina l'incarico di Direttore di distretto. 
    L'art.  28,  comma  1,  disciplina  l'incarico  di  Direttore  di
distretto, prevedendo che esso possa essere conferito  dal  Direttore
generale  «a  un  dirigente  dell'azienda  che  abbia  maturato   una
specifica  esperienza  nei   servizi   territoriali   e   un'adeguata
formazione nella loro organizzazione».  Tale  disposizione  contrasta
con l'art. 3-sexies del piu' volte richiamato d.lgs. n. 502/1992,  ai
sensi del quale  l'incarico  in  questione  puo'  essere  attribuito,
altresi', ad «un medico convenzionato, ai sensi dell'art. 8, comma 1,
da  almeno  dieci  anni,   con   contestuale   congelamento   di   un
corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria». 
    La norma regionale in questione, quindi, restringendo  il  novero
dei dirigenti medici ai quali puo'  essere  conferito  l'incarico  di
Direttore di distretto, viola l'art. 117, comma 3 della Costituzione,
per contrasto col richiamato principio della legislazione statale  in
materia di tutela della salute, di cui all'art. 3-sexies  del  d.lgs.
n. 502/1992. 
6)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  30,   comma   3,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in cui stabilisce che al presidio ospedaliero sono preposti  un
dirigente medico e un dirigente amministrativo. 
    L'art. 30, comma 1, prevede che «Gli ospedali non  costituiti  in
aziende ospedaliere, dislocati in una unica unita' sanitaria  locale,
sono  accorpati  in  un  unico  presidio».  Il  successivo  comma   3
stabilisce che «al presidio ospedaliero sono  preposti  un  dirigente
medico ed un dirigente amministrativo come previsto all'art. 4, comma
9, del  d.lgs.  n.  502/1992,  tra  i  quali  il  Direttore  generale
dell'azienda della unita' sanitaria locale individua il Direttore del
presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva».  Detto
comma 3 dell'art. 30 contrasta con l'art. 3, comma 7  del  d.lgs.  n.
502/1992 (inserito dall'art. 15, comma 13, lett. F-bis) del  d.l.  n.
95/2012, ai sensi del quale «nelle aziende ospedaliere, nelle aziende
ospedaliero-universitarie di cui all'art. 2 del  decreto  legislativo
21 dicembre 1999, n. 517, e negli  istituti  di  ricovero  e  cura  a
carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico  presidio,  le
funzioni e i compiti del direttore sanitario [...]  e  del  dirigente
medico di cui all'art. 4, comma  9,  del  presidio  ospedaliero  sono
svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge». 
    La disposizione  regionale  in  esame  pertanto,  attribuendo  al
presidio ospedaliero due  dirigenti  in  luogo  dell'unico  dirigente
previsto dal richiamato art. 3, comma  7,  del  d.lgs.  n.  502/1992,
viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione, per  contrasto  con  i
principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela
della salute e di coordinamento della finanza pubblica. 
7)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  32,   comma   3,   per
violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  nella
parte in cui disciplina la figura del Direttore del  dipartimento  di
prevenzione. 
    L'art. 32, comma  1,  disciplina  la  figura  del  Direttore  del
dipartimento di prevenzione, prevedendo  che  esso  e'  nominato  dal
Direttore generale tra  «i  dirigenti»  con  almeno  cinque  anni  di
anzianita'  di  funzione.  Tale  disposizione  contrasta  con  l'art.
7-quater, comma 1, del d.lgs. n. 502/1992, come modificato  dal  d.l.
n. 158/2012, secondo cui tale incarico puo' essere conferito non gia'
ai meri dirigenti, bensi' ai «direttori di  struttura  complessa  del
dipartimento». 
    Si ravvisa quindi la violazione  dell'art.  117,  comma  3  della
Costituzione,  per  contrasto  con  i  principi  fondamentali   della
legislazione statale in materia di tutela della salute. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si chiede  che  sia  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
degli articoli 17, comma 3, 19, comma 3, 20, comma 2, 22, commi  2  e
3, 28, comma 1, 30, comma 3, 32, comma 3, della legge  della  Regione
Umbria n. 18 del 12 novembre 2012, titolata «Ordinamento del servizio
sanitario regionale». 
    Con ogni consequenziale statuizione. 
      Roma, 11 gennaio 2013 
 
                  L'Avvocato dello Stato: Tamiozzo 

 

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