Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 febbraio 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri) .

(GU n. 10 del 2016-03-09)

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. …), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. …), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (fax … - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente;

Contro la Regione Liguria in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica, resistente;

Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 6, comma 3, 7 comma 6, e 8 comma 4, della legge regionale Liguria 22 dicembre 2015, n. 22, recante «Modifiche alla legge regionale 3 novembre 2009, n. 49 (Misure urgenti per il rilancio dell'attivita' edilizia e per la riqualificazione del patrimonio urbanistico edilizio»), pubblicata sul BUR n. 22 del 23 dicembre 2015.

La Regione Liguria ha approvato ed emanato la legge n. 22/2015 con cui in dodici articoli ha introdotto modifiche alla precedente legge regionale n. 49/2009 in materia edilizia e urbanistica.

Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, alcune di queste nuove norme sono in contrasto con la Costituzione in quanto invadono indebitamente la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di pianificazione paesaggistica, competenza che come noto lo Stato ha esercitato con il decreto legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Altre norme, invece, pur appartenendo alla competenza legislativa regionale, non rispettano i principi fondamentali dettati dallo Stato nella specifica materia, e dunque si pongono ugualmente in contrasto con i criteri di riparto previsti dalla Costituzione.

Con il presente atto, pertanto, la Presidenza del Consiglio dei ministri deve impugnare la legge regionale in questione, limitatamente alle norme in epigrafe indicate, per il seguenti

Motivi

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3 della legge regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

L'art. 6, comma 3, che modifica l'art. 5, comma 3, della precedente legge regionale n. 49/2009, dispone che «per gli edifici ricadenti nel territorio dei parchi si applica la disciplina relativa agli interventi di ampliamento e di mutamento di destinazione d'uso stabilita nei relativi piani, salva la facolta' di ogni Ente Parco di individuare con apposita deliberazione comportante variante al vigente piano del Parco le aree in cui sono applicabili le disposizioni degli articoli 3, 3-bis e 4, fermo restando il rilascio del prescritto nulla-osta da parte dell'Ente Parco per ogni singolo intervento, nonche' le esclusioni di cui ai corrimi 1 e 2».

La disposizione attribuisce all'Ente Parco la facolta' di individuare, attraverso una apposita deliberazione, le aree del territorio del parco in cui e' possibile effettuare interventi di ampliamento e di mutamento di destinazione d'uso. Detta deliberazione costituisce automaticamente «variante al piano del Parco».

La norma si presenta incostituzionale sotto diversi profili.

In primo luogo, contrasta con l'art. 12, commi 3 e 6, della legge n. 394/1991 («Legge quadro sulle aree protette») che, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese. La tutela dei valori naturali ed ambientali nonche' storici, culturali, antropologici tradizionali nel territorio del Parco e' affidata all'Ente parco ed e' perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, il quale suddivide il territorio sulla base del grado di protezione.

La formulazione della disposizione censurata, nel prevedere che tale disciplina si applichi in modo generico ai «parchi», includendo, quindi, anche i parchi nazionali (Parco nazionale delle Cinque Terre) opera in carenza di competenza, disciplinando la materia delle aree protette nazionali afferenti alla materia dell'ambiente, che l'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. riserva alla competenza esclusiva statale.

La disciplina regionale introdotta con le norme censurate contrasta con alcune norme che la legge statale, emanata nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia, ha posto a presidio della tutela ambientale.

Ai sensi dell'art. 12, comma 3, della legge n. 394 del 1991: «Il piano e' predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi (...). La Comunita' del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, e' adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco».

Il successivo comma 4, prevede, altresi', che il piano adottato e' depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunita' montane e delle regioni interessate e chiunque puo' prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni e' possibile presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere, la regione si pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco, per quanto concerne le riserve integrali, riserve generali orientate e aree di protezione, e d'intesa, oltre che con l'Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di promozione economica e sociale, emana il provvedimento d'approvazione.

Ai sensi del comma 6 del medesimo articolo: «Il piano e' modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed e' aggiornato con identica modalita' almeno ogni dieci anni.».

La disposizione regionale censurata, nel prevedere che la deliberazione dell'Ente Parco comporti automaticamente una variante al piano del parco, deroga illegittimamente alla procedura prevista dalla normativa nazionale, la quale richiede che venga applicata, nel caso di modifiche al piano, la medesima procedura necessaria alla sua approvazione.

Nella parte in cui la medesima disposizione regionale si applica ai parchi regionali, si pone in contrasto, altresi' con la disciplina dei parchi naturali regionali contenuta all'art. 25, comma 2, legge n. 394/1991.

Il piano per il parco rappresenta lo strumento di attuazione delle finalita' anche dei parchi naturali regionali. Ai sensi dell'art. 22, comma 1, lettera b), della legge n. 394/1991, costituiscono principi fondamentali «la pubblicita' degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25».

L'art. 25, al comma 2, dispone che «il piano per il parco e' adottato dall'organismo di gestione del parco ed e' approvato dalla regione. (...)».

Pertanto, la regione non puo' prevedere modalita' procedimentali che si discostino in peius dalle norme fondamentali della legislazione statale.

Alla luce del quadro normativo nazionale, dunque, anche il piano per il parco regionale deve essere adottato dall'Ente parco e approvato dalla regione. Nel caso di varianti, in considerazione di quanto previsto dall'art. 22, trovera' applicazione il citato art. 12, comma 6 che richiede che venga applicata, nel caso di modifiche al piano, la medesima procedura necessaria alla sua approvazione.

Dal combinato disposto degli articoli sopra citati, deriva che la disposizione regionale censurata deroga illegittimamente alla procedura nazionale, violando l'art. 117, comma 2, lettera s) Cost., in riferimento agli articoli 12, comma 6, 22, comma 1, lettera b), 25, comma 2 della legge n. 394/1991.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 1171, comma 1 della Costituzione.

La medesima disposizione regionale sopra censurata e' costituzionalmente illegittima per altro verso, anche in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione ambientale strategica, nonche' in riferimento all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., per violazione degli art. 5, comma 1, lettera l), e 6, decreto legislativo n. 152/2006.

Secondo la direttiva 2001/42/CE, concernente «la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente», sono sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani ed i programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente (art. 3, par. 1).

La valutazione ambientale strategica e' volta ad integrare considerazioni di natura ambientale nell'ambito della elaborazione e adozione di strumenti di pianificazione e programmazione che possono avere effetti significativi sull'ambiente, con lo scopo di assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente e di promuovere lo sviluppo sostenibile (art. 1, direttiva 2001/42/CE).

In adempimento agli obblighi europei, il nostro ordinamento ha previsto l'assoggettamento a VAS anche delle modifiche ai piani. Ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 152/2006, per modifica si intende: «La variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente». L'art. 6, decreto legislativo n. 152/2006 prevede che tutti i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale sono assoggettati alla VAS, salvo le esclusioni previste dal comma 4 e 12 dello stesso articolo. In applicazione di queste norme la VAS e' esclusa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati e solo per le varianti riguardanti singoli progetti.

Ne consegue che, la variante al piano del parco, ancorche' gia' approvato, deve essere sottoposta a VAS nel caso in cui possa «produrre effetti sull'ambiente».

La automatica esclusione della variante al piano dalla disciplina della VAS, disposta dalla norma regionale impugnata, dunque, determina un palese vulnus alla tutela approntata dalle richiamate norme nazionali, in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione ambientale strategica, nonche' in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per violazione degli articoli 5, comma 1, lettera l), e 6 del decreto legislativo n. 152/2006.

Infine, la disposizione censurata presenta profili di incostituzionalita' anche in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 92/43/CEE concernente la valutazione d'incidenza; nonche' in riferimento all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., per violazione dell'art. 6, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 152/2006 e dell'art. 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997. L'art. 3, par. 2, lettera b) della direttiva 42/2001/CE stabilisce che la VAS viene effettuata per tutti i piani e programmi «b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE».

L'art. 6, paragrafo 3 della direttiva da ultimo citata, in riferimento alle zone speciali di conservazione della rete Natura 2000, prevede che «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorita' nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudichera' l'integrita' del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica».

Il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche», dispone all'art. 5, comma 2, che «i proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano puo' avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competente».

Si deve, infine, evidenziare che, ai sensi dell'art. 6, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 152/2006 «in considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni».

Pertanto, la disposizione regionale, nel prevedere che la deliberazione dell'Ente Parco comporti automaticamente una variante al piano del parco, contrasta con la normativa di riferimento, relativamente all'art. 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 92/43/CEE concernente la valutazione d'incidenza, nonche' in riferimento all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., per violazione dell'art. 6, comma 2, lettera b), decreto legislativo n. 152/2006 e dell'art. 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

La disposizione contenuta all'art. 6, comma 3, e' incostituzionale anche sotto un diverso profilo, in particolare in quanto risulta invasiva della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio.

La norma censurata, infatti, dopo aver abrogato, al comma 1, la disposizione (art. 5, comma 1, lettera g, della legge regionale n. 49/2009) che prevedeva l'esclusione degli ampliamenti previsti dal piano casa del 2009 per gli interventi edilizi «ricadenti nel territorio del Parco nazionale delle Cinque Terre, del Parco regionale di Portofino, del Parco naturale regionale di Portovenere e del Parco naturale regionale di Montemarcello Magra», stabilisce la possibilita' di applicare le agevolazioni previste dalla legge anche nel territorio dei parchi, facendo salvo espressamente solo il rilascio del nulla osta da parte degli Enti Parco, senza fare menzione dell'autorizzazione paesaggistica prevista per i parchi - in quanto soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera f), decreto legislativo n. 42/2004 - dall'art. 146, comma 1, decreto legislativo n. 42/2004. Non prevedendo espressamente la necessita' di ottenere l'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione degli interventi edilizi in argomento, la disposizione regionale censurata contrasta le richiamate norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio e quindi viola l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, invadendo la potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 6, e dell'art. 8, comma 4, della legge regionale 22 dicembre 2015, n. 22 per contrasto con l'art. 97 e con l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

L'art. 7, comma 6 (che modifica art. 6, comma 4, ultimo periodo, legge regionale n. 49/2009) e l'art. 8, comma 4 (che modifica l'art. 7, comma 4, legge regionale n. 49/2009), nel prevedere che l'approvazione della variante da parte della Regione «e' comprensiva del contestuale rilascio dell'autorizzazione paesaggistica regionale», contrastano con i principi generali in tema di tipicita' degli atti amministrativi (e, dunque, con l'art. 97 Cost.), poiche' attribuiscono alla variante il potere di incidere sugli effetti e sull'ambito applicativo di un altro e diverso atto autorizzativo (l'autorizzazione paesaggistica), introducendo un atto (atipico) che appare del tutto estraneo al sistema del diritto amministrativo (gli atti di approvazione delle varianti sono atti a contenuto generale - attenendo a strumenti di pianificazione dei quali, dunque, condivide la natura giuridica - regolati da presupposti e procedure differenti).

Inoltre, le disposizioni censurate, introducendo una sorta di «nuova» e «atipica» figura di autorizzazione paesaggistica, non prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42/2004, contrastano con la Parte III del suddetto Codice relativa ai beni paesaggistici e, in particolare, con l'art. 146, comma 4, che stabilisce che «L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio». Pertanto, violano l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio.

Le censure sopra riportate devono essere considerate anche alla luce della natura straordinaria del «piano casa», infatti le norme regionali in esame, consentendo di realizzare interventi di ampliamento degli edifici esistenti in deroga agli strumenti urbanistici, «fino all'inserimento nel piano urbanistico comunale vigente o nel piano urbanistico comunale da adottare», potrebbe porsi in contraddizione con il principio della vincolativita' degli strumenti urbanistici (art. 4, legge n. 1150/1942), al quale e' possibile derogare solo in via eccezionale e straordinaria nei limiti previsti dall'art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 70/2011. Anche laddove fosse fatta salva la necessita' della preventiva autorizzazione paesaggistica per ciascun intervento progettato, dunque, l'estensione delle ulteriori agevolazioni previste dalla legge in esame senza limiti temporali alle aree naturali protette (sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege), potrebbe determinare un abbassamento del livello di tutela del paesaggio, con la possibilita' concreta di ulteriore edificazione in ambiti territoriali di pregio paesaggistico, tale da compromettere gravemente i valori paesaggistici protetti.

P.Q.M.

Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri come sopra rappresentata e difesa conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme della legge della Regione Liguria 22 dicembre 2015, n. 22 in epigrafe elencate e nel presente atto specificamente censurate, per l'accertato loro contrasto con l'art. 97 e con l'art. 117, comma 1, e comma 2 lettera s), della Costituzione.

 

Roma, 19 febbraio 2016

L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini

 

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