Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 agosto 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 37 del 2018-09-19)

 

Ricorso, ex art. 127 della Costituzione, del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Abruzzo, in persona del suo Presidente p.t., per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Abruzzo n. 11 dell'8 giugno 2018, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 65-speciale del 20 giugno 2018, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 agosto 2018, per contrasto con l'art. 25, comma 2, della costituzione e con l'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, modifiche al sistema penale, quale norma interposta.

Fatto

In data 20 giugno 2018 e' stata pubblicata, sul n. 65-speciale del Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo, la legge regionale n. 11 dell'8 giugno 2018, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017, n. 28 (Gestione della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne)».

Una delle disposizioni contenute nella detta legge, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccede dalle competenze regionali ed e' violativa di previsioni costituzionali, nonche' illegittimamente invasiva delle competenze dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla sua impugnazione, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale con conseguente annullamento sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

Diritto

- 1.1. La legge della Regione Abruzzo n. 11 dell'8 giugno 2018, «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 aprile 2017, n. 28 (Gestione della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne)», ha previsto, all'art. 8, la «sostituzione dell'art. 30 della legge regionale n. 28/2017», che irroga sanzioni amministrative per violazioni di varie disposizioni in tema di Gestione della fauna ittica e degli ambienti acquatici, cosi' disponendo:

«1. L'art. 30 della legge regionale n. 28/2017 e' sostituito dal seguente: «Art. 30 (Sanzioni) 1. Le infrazioni alle disposizioni della presente legge, salvo le sanzioni di carattere penale e tributario previste dalle normative vigenti, sono soggette alle seguenti sanzioni amministrative: a) da euro 200,00 a euro 1.000,00 per chiunque esercita la pesca senza la ricevuta del versamento della tassa di concessione regionale; b) da euro 50,00 a euro 300,00 per chi esercita la pesca senza aver ottenuto il tesserino segna catture o senza aver preventivamente segnato la giornata di pesca sul tesserino medesimo e le altre disposizioni contenute nell'art. 20, comma 8; c) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per chi esercita la pesca con modalita' e tecniche vietate ai sensi dell'art. 28, commi 1, 2, 3, 4 e 5; d) da euro 20,00 a euro 60,00 per ogni pesce pescato in violazione della disposizione di cui all'art. 25; e) da euro 50,00 a euro 300,00 per la pesca in acque soggette a diritti esclusivi di pesca, di uso civico od in acque soggette a concessioni amministrative in mancanza di permesso rilasciato dal titolare o dal concessionario; .0 da euro 1.000,00 a euro 3.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 1, 2, 3 e 4; oltre alle sanzioni penali e al risarcimento del danno, e' disposta dalla Regione la preclusione all'esercizio della pesca per un periodo di tempo da tre a cinque anni; g) da euro 100,00 a euro 500,00 per le violazioni delle disposizioni di cui: alle linee guida adottate ai sensi dell'art. 10, al provvedimento dirigenziale previsto nell'art. 7, comma 4, al calendario ittico di cui all'art. 9 e alle modalita' di pesca notturna dell'anguilla e per il carp-fishing di cui all'art. 24, comma 18; h) da euro 100,00 a euro 500,00 per le violazioni alle disposizioni relative alle zone a regolamentazione particolare; 1) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per chiunque, in possesso di licenza di pesca professionale, pesca utilizzando attrezzi non consentiti o con modalita' o tempi diversi da quelli previsti; j) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per chiunque, in possesso di licenza di pesca professionale, pesca in acque non destinate alla pesca professionale; k) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per qualsiasi semina o immissione di materiale ittico non autorizzata dalla Regione; la sanzione e' raddoppiata se la semina non autorizzata riguarda specie ittiche non autoctone; l) da euro 100,00 a euro 500,00 per il rilascio nelle acque del reticolo idrografico regionale di ogni esemplare catturato appartenente alle specie alloctone che necessitano di interventi di eradicazione riportate nelle linee guida di cui all'art. 10; m) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per chiunque esercita, senza autorizzazione, l'allevamento di idrofauna a scopo di ripopolamento; n) da euro 100,00 a euro 500,00 per chi pesca le specie ittiche fuori dai periodi consentiti dall'art. 26; o) da euro 300,00 a euro 2.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 5 e 6; p) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 7 e 8; q) da euro 100,00 a euro 600,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, comma 9; r) da euro 500,00 a euro 3.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 10 e 11; s) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 12, 13 e 14; t) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per le infrazioni accertate ai divieti di pesca di cui all'art. 24, commi 15, 16 e 17; u) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per chi esercita la pesca senza aver effettuato il corso di cui all'art. 20, comma 3; v) da euro 300,00 a euro 2.000,00 per la mancata registrazione dei laghetti di pesca sportiva presso il Servizio Sanitario Regionale; w) da euro 100,00 a euro 600,00 per chi esercita la pesca in periodi o orari di divieto o in acque nelle quali la pesca e' vietata; x) da euro 100,00 a euro 300,00 per il soggetto organizzatore di attivita' agonistiche nel caso di inosservanza di disposizioni contenute nel relativo provvedimento autorizzativo; y) da euro 300,00 a euro 2.000,00 per la mancata ottemperanza alle disposizioni disciplinate dall'art. 13, comma 9; z) da euro 300,00 a euro 2.000,00 per la mancata ottemperanza alle disposizioni disciplinate dall'art. 15, comma 4.

- 2. La Regione introita le somme derivanti dalle sanzioni amministrative ed impiega tali somme per la tutela, la gestione del patrimonio ittico, il ripopolamento, la vigilanza e la realizzazione di corsi di formazione necessari alla presentazione alla Regione dell'istanza per l'esercizio dell'attivita' di pesca dilettantistico - sportiva di cui all'art. 20».».

Le disposizioni cosi' introdotte (limitatamente a quanto contenuto nelle lettere n) e w) sopra riportate) sono viziate da patente illegittimita' costituzionale, incidendo nella competenza statale in materia e comportando violazione dell'art. 25, comma 2, della costituzione e dell'art. 1 della legge n. 689/1981, e devono pertanto essere dichiarate incostituzionali sulla base delle considerazioni che seguono.

1.2. La minuziosa normazione posta dall'art. 8 e' andata a sostituire, come visto, l'art. 30 della legge regionale n. 28/2017: esso e' stato tuttavia, per vero, in gran parte riprodotto quasi alla lettera nella disposizione che oggi si impugna. Giova premettere che gia' all'epoca della adozione di quella legge il Governo - dubitando della legittimita' di taluna delle previsioni ivi inserite per il mancato rispetto del principio di legalita' - aveva contattato la Regione, in un'ottica di leale collaborazione, esplicitando tali rilievi ed ottenendo l'assicurazione dai competenti organi regionali che quei profili sarebbero stati valutati al fine di ricondurre a legittimita' il sistema sanzionatorio attraverso adeguate modifiche nella normazione regionale.

Di qui la decisione adottata nel 2017 da parte del Governo di soprassedere alla impugnazione della legge oggi modificata con la norma che si impugna.

1.3. Si e' tuttavia dovuto constatare che la Regione, nell'introdurre oggi con la legge che si impugna le citate modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 28/2017, non ha ritenuto di dover intervenire sulla normativa in discorso nei sensi auspicati, riproducendo una situazione di incertezza normativa che finisce col concretizzare una violazione dei principi costituzionali come si andra' qui di seguito a chiarire.

2. Va preliminarmente precisato che non e' ostativa alla ammissibilita' della presente impugnazione la circostanza che la norma che oggi si impugna (l'art. 8 della legge regionale Abruzzo n. 11/2018) sia in buona sostanza riproduttiva, come gia' detto, dell'art. 30 della legge regionale Abruzzo n. 28/17 - che e' stata destinata a sostituire a decorrere dal 21 giugno 2018 - che a suo tempo non fu oggetto di impugnazione da parte del Governo.

E, invero, costituisce principio assolutamente consolidato nella giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte che, essendo ogni disposizione legislativa espressione di una nuova e autonoma volizione "politica", essa e' impugnabile pur se confermativa/reiterativa/esecutiva di altra disposizione, pur non impugnata, per i medesimi vizi dai quali poteva essere astrattamente ritenuta afflitta la precedente norma.

Il principio e' agevolmente desumibile, tra le ultime, da Corte Cost., sent. 28 marzo 2012, n. 71, dove si rammenta che, «per costante giurisprudenza di questa corte, nel giudizio di legittimita' costituzionale, non trova applicazione l'istituto dell'inammissibilita' della questione per acquiescenza o per il carattere confermativo del provvedimento impugnato (da ultimo, sentenze n. 187 del 2011, id., 2011, I, 2226, e n. 165 del 2011, id., 2012, I, 374; n. 40 del 2010, id., Rep. 2010, voce Sanita' pubblica, n. 404; n. 98 del 2007, id., Rep. 2007, voce cit., n. 310; n. 74 del 2001, id., 2001, I, 3049; n. 20 del 2000, id., 2002, I, 664). L'omessa impugnazione di una disposizione di legge avente il medesimo contenuto di altra disposizione sopravvenuta, dunque, non preclude l'autonoma impugnazione di quest'ultima (sentenze n. 298 del 2009, id., 2010, I, 2987; n. 443 e n. 430 del 2007, id., 2008, I, 1396 e 369; n. 383 e n. 62 del 2005, id., Rep. 2006, voce Energia elettrica, nn. 22, 58, e id., Rep. 2005, voce Energia nucleare, n. 4; n. 287 e n. 272 del 2004, id., Rep. 2004, voce Previdenza sociale, n. 735, e id., 2005, I, 2648)».

3.1. L'art. 25 della Costituzione, nel porre, al suo secondo comma, il principio di legalita', inizialmente riguardato, secondo tradizione, con riferimento alla materia penale («Nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»), stabilisce una regola di carattere assolutamente generale; ed essa e' esplicitamente ribadita, nella specifica materia delle sanzioni amministrative, dall'art. 1 della legge n. 689/1981 («Nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione»). Tale principio si concretizza poi, come noto, nei cc.dd. «principi di precisione, chiarezza, e determinatezza» (le norme che individuano il comportamento suscettibile di essere sanzionato devono essere sufficientemente chiare e di facile comprensione per il consociato: profilo valorizzato anche in materia tributaria; cfr. Corte cost., 1° agosto 2008, n. 327).

3.2. Negli ultimi anni, in linea con l'orientamento assunto dalla Corte EDU, codesta Ecc.ma Corte ha poi definitivamente chiarito la portata del richiamato, fondamentale principio. Cosi', in Corte cost., (sent. 4 giugno 2010, n. 196) si legge che, «dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, firmatasi in particolare sull'interpretazione degli articoli 6 e 7 della CEDU, si ricava, ..., il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-alflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto. Principio questo, del resto, desumibile dall'art. 25, secondo comma, Cost., il quale - data l'ampiezza della sua formulazione («Nessuno puo' essere punito...») - puo' essere interpretato nel senso che ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la finzione di prevenzione criminale (e quindi non sia riconducibile - in senso stretto - a vere e proprie misure di sicurezza), e' applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti gia' vigente al momento della commissione del fatto sanzionato. D'altronde, questa Corte non solo ha affermato che, per le misure sanzionatorie diverse dalle pene in senso stretto, sussiste «l'esigenza della prefissione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere relativo all'applicazione (o alla non applicazione) di esse» (sentenza n. 447 del 1988), ma anche precisato come la necessita' «che sia la legge a configurare, con sufficienza adeguata alla fattispecie, i fitti da punire» risulti pur sempre «ricavabile anche per le sanzioni amministrative dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione» (sentenza n. 78 del 1967). A cio' e' da aggiungere che anche la disciplina generale relativa agli illeciti amministrativi depenalizzati - recata dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) - ha stabilito che «Nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» (art. 1, primo comma), dettando, cosi', una regola che si pone come principio generale di quello specifico sistema.

Puo' dunque costituire oggi affermazione ormai consolidata che il principio di legalita' di cui all'art. 25, comma 2, Cost. (anche richiamato dall'art. 1 della legge n. 689/81) trova piena applicazione in quanto fornito di tutela costituzionale anche in tema di sanzioni amministrative.

4.1. Alla luce di quanto precede, e sgomberato il campo da ogni dubbio relativo alla ammissibilita' del presente ricorso, si deve quindi evidenziarne la palese fondatezza.

Occorre rivolgere l'attenzione, in particolare, alle lettere n) e w) dell'art. 30, primo comma, della legge regionale Abruzzo n. 28/2017, come novellato dall'art. 8, primo comma, della legge regionale Abruzzo n. 11/2018 oggi impugnata.

Come gia' evidenziato, dette disposizioni prevedono, rispettivamente, che siano soggette a sanzione amministrativa le infrazioni concernenti la pesca di specie ittiche fuori dai periodi consentiti dall'art. 26 (lettera n)) e l'esercizio della pesca in periodi o orari di divieto o in acque nelle quali la pesca e' vietata (lettera w).

Trattasi, con piena evidenza, di norme afflitte da patente genericita', in violazione del principio di legalita' come in precedenza individuato.

4.2. Se e' vero, infatti, che la norma sanzionatoria ben puo' rinviare ad altra disposizione affinche' il suo contenuto sia determinato, e che questa «altra» disposizione puo' anche essere costituita da specifici provvedimenti di un'autorita' amministrativa, affinche' il principio di legalita' nelle sue varie espressioni non risulti violato e' necessario, che la nonna primaria sia caratterizzata da una sua «autosufficienza precettiva»: che, cioe', per usare espressioni ormai tralaticie nella giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, essa delinei esaurientemente la fattispecie in tutte le sue componenti essenziali (cfr. Corte cost., sent. n. 199 del 27 aprile 1993); per contro, il principio di legalita' risultera' violato quando «non sia una legge (o un atto equiparato) dello Stato - non importa se proprio la medesima legge che prevede la sanzione penale o un altra legge - a indicare con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorita' non legislativa, alla trasgressione dei quali deve seguire la pena» (cosi' ad es. Corte cost., n. 336/1987; n. 58/1975; giurisprudenza pacifica fin da Corte cost., n. 26/1966).

4.3. Sulla scorta di detto principio non vi sara' dunque violazione del principio di legalita' laddove fonti diverse dalla legge formale si limitino a completare la norma di legge, come ad esempio sovente (legittimamente) accade laddove siano necessarie integrazioni di natura tecnica. In questi casi, infatti, la disposizione di legge consente gia' ex se la individuazione del precetto e del bene giuridico tutelato.

Il principio, nella sua espressione di «principio di precisione e determinatezza della norma penale» sara' per contro violato laddove si sia in presenza di una norma «in bianco» che rinvii ad un regolamento o provvedimento in grado destinati a completarla in taluno dei suoi elementi essenziali (per una peculiare fattispecie si veda, ad es., Corte cost., sent. 14 giugno 1990, n. 282).

4.4. Orbene, nel caso di specie appare evidente che le due disposizioni contenute nell'art. 30 della legge regionale n. 28/2017 come sostituito dall'art. 8 della legge regionale n. 11/2018 (quelle contemplate dalle gia' menzionate lettere n) e w)) non solo sono estremamente generiche, facendo pressoche' totale rinvio ad una normazione subordinata che non e' nemmeno individuata (la lettera w)), ovvero non e' comunque determinata essendo per di piu' futura e/o incerta (con riferimento a quanto previsto dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 26, richiamato dalla lettera n)), ma appaiono addirittura potenzialmente sovrapporsi nella loro almeno parziale genericita', cosi' determinando inevitabili problemi interpretativi ed incertezza nel destinatario della norma quanto alla corretta individuazione degli elementi costitutivi dell'illecito.

Le norme in esame contrastano pertanto in parte qua con l'art. 25, comma 2, della costituzione e con l'art. 1 della legge n. 689/1981, e dovranno essere dichiarate incostituzionali.

 

P.Q.M.

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, in parte qua, per i motivi sopra specificati, l'art. 8 della legge della Regione Abruzzo n. 11 dell'8 giugno 2018, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 65-speciale del 20 giugno 2018, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 agosto 2018, per contrasto con l'art. 25, comma 2, della Costituzione e con l'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, modifiche al sistema penale, quale norma interposta.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:

1. Estratto della delibera del Consiglio dei ministri 2 agosto 2018;

2. Copia della legge regionale impugnata;

3. Rapporto del Dipartimento degli Affari Regionali.

Con ogni salvezza.

 

Roma, 10 agosto 2018

L'Avvocato dello Stato: Salvatorelli

 

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