Ricorso n. 50 del 22 luglio 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 luglio 2009 , n. 50
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 luglio 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 38 del 23-9-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Liguria, in persona del presidente della giunta regionale, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 33, 36, 37, 38, 39 e 40 della legge della Regione Liguria 11 maggio 2009, n. 18 (pubblicata nel B.U.R. n. 8 del 20 giugno 2009) recante: «il sistema educativo regionale di istruzione, formazione e orientamento». La legge della Regione Liguria n. 18 dell'11 maggio 2009 che detta norma in materia di sistema educativo regionale di istruzione, formazione e orientamento, alla sezione III «Formazione Superiore» contiene l'art. 33 che al comma 1 prevede, tra l'altro che la regione nel sistema regionale di formazione professionale superiore, possa ampliando e riqualificando l'offerta formativa, istituire: «b) percorsi di specializzazione post-qualifica e post-diploma». L'art. 36 stabilisce che: 1) che «La regione al fine di completare il percorso formativo e contribuire a fornire competenze professionali accresciute per un migliore e piu' coerente inserimento nel mondo del lavoro, promuove interventi di specializzazione rivolti a soggetti in possesso di qualifica o di diploma di scuola media superiore». Le norme citate prevedono la predisposizione da parte della regione di corsi formativi abilitanti all'esercizio di professioni successivi al conseguimento del diploma, violando l'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia «professioni». La Corte costituzionale, nella sentenza n. 93 del 2008, ha infatti chiarito che «la potesta' legislativa regionale nella materia concorrente delle «professioni» deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta' regionale. Tale principio, al di la' della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. Da cio' deriva che non e' un potere delle regioni dar vita a nuove figure professionali (giurisprudenza della Corte del tutto consolidata; decisioni : n. 153/2006; 40 del 2006; 300 e 57 del 2007). Il decreto legislativo n. 30 del 2006 ha provveduto alla ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni ai sensi dell'art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 1, dando attuazione ai principi contenuti nelle citate decisioni della Corte. 2) L'art. 33, comma 1, lett. c), attribuendo alla regione il compito di ampliare e riqualificare l'offerta formativa», e di articolarla con «percorsi di alta formazione», comprendenti, ai sensi del successivo art. 37, «master, dottorati di ricerca, scuole di specializzazione», e ai sensi dello stesso art. 33, comma 2, «crediti formativi», violano l'art. 33, sesto comma, Cost., secondo il quale «Le istituzioni di alta cultura, universita' ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». Infatti, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 423/2004 e 102/2006), tale norma ha previsto una «riserva di legge» statale in materia di universita', che include, tra l'altro, la disciplina dei percorsi formativi e dei relativi titoli di studio, della programmazione universitaria e dello stato giuridico del personale docente e non docente. Nell'ambito della cornice in tal modo definita dalla potesta' legislativa e regolamentare dello Stato, le universita' esercitano la propria autonomia didattica. In particolare, alla luce di tale quadro costituzionale, le norme regionali si pongono anche in contrasto con l'art. 17, comma 95, della legge n. 127/1997 («Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo»), il quale dispone che l'ordinamento degli studi dei corsi universitari sia disciplinato dagli atenei «in conformita' a criteri generali definiti (...) con uno o piu' decreti del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica», ai quali e' tra l'altro demandata «la previsione di nuove tipologie di corsi e di titoli universitari». Tale disposizione ha ricevuto attuazione con l'emanazione del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, il quale individua all'art. 3 i titoli e i corsi di studio universitari, disponendo (al comma 9) che «le universita' possono attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari di primo e di secondo livello». Inoltre lo stesso decreto ministeriale riserva, all'art. 5, alle universita' la disciplina dei crediti formativi. Pertanto, master, dottorati di ricerca, scuole di specializzazione e crediti formativi possono essere istituiti solo dalle universita', entro i limiti della disciplina statale. L'art. 33, comma 1, lett. c) e comma 2, e l'art. 37 delle legge regionale n. 18/2009, pertanto risultano lesivi della competenza attribuita al legislatore statale e all'autonomia universitaria. 3) L'art. 38, comma 5, lett. e), e gli artt. 39, comma 2, e 40, nel disciplinare l'apprendistato professionalizzante pur stabilendo che la giunta regionale disciplini i profili normativi e le modalita' di riconoscimento «in accordo con le organizzazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale» (art. 39, comma 2) e «tenuto conto di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali applicati dal datore e da specifiche intese raggiunte tra la regione e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro con riferimento ad aree territoriali, settori produttivi, singole realta' aziendali» (art. 40), non appare perfettamente armonizzato con i principi posti dalla legge nazionale vigente (art. 49, comma 5-ter del d.lgs. n. 276/2003) nella parte in cui comprende nel potere normativo regionale anche la definizione dei profili formativi e delle modalita' di riconoscimento e certificazione nell'ambito della formazione in apprendistato esclusivamente aziendale, la cui regolamentazione e' invece integralmente rimessa all'autonomia contrattuale collettiva o degli enti bilaterali. In altri termini, dovendo la competenza legislativa concorrente della regione ex art. 117 Cost. esercitarsi nel pieno rispetto dei principi generali stabiliti dalla legislazione statale vigente, la previsione del potere normativo regionale di regolamentazione dei profili dell'apprendistato professionalizzante senza alcuna clausola di salvezza del disposto dell'art. 49, comma 5-ter del d.lgs. n. 276/2003 eccede la competenza regionale in materia di "istruzione e formazione professionale e viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lett. l), qualora esercitata in materia di formazione esclusivamente aziendale, in quanto tale ambito e' formalmente sottratto dalla legge statale al potere regolamentare regionale. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, infatti, «la formazione da impartire all'interno delle aziende attiene precipuamente all'ordinamento civile, mentre la disciplina di quella esterna rientra nella competenza regionale» (sent. n. 425/2006). Piu' precisamente, la competenza esclusiva regionale riguarda l'istruzione e la formazione professionale pubbliche, che possono essere impartite negli istituti scolastici a cio' destinati, o mediante strutture proprie, o ancora in organismi privati con cui sono stipulati accordi, mentre non vi e' ricompresa la disciplina dell'istruzione e della formazione professionale che i privati datori di lavoro somministrano in ambito aziendale ai propri dipendenti (sent. n. 50/2005). In particolare, l'art. 38, comma 5, lett. e), che fissa l'ambito definitorio della «capacita' formativa interna» dell'impresa, sancendone al contempo precisi requisiti ritenuti necessari per l'erogazione della formazione formale all'interno della propria struttura, si pone in contrasto con l'art. 49, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 276/2003, in base al quale la valutazione della capacita' formativa delle aziende e' rimessa alla contrattazione collettiva.
P. Q. M. Il Presidente del Consiglio, come sopra rappresentato, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale degli art. 33, 36, 37, 38, 39, 40 della legge della Regione Liguria n. 18 dell'11 maggio 2009 (B.U.R. n. 8 del 20 maggio 2009) recante il sistema educativo regionale di istruzione, formazione e orientamento, nei termini, limiti e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Si produce la delibera del Consiglio dei ministri del 3 luglio 2009. Copia della legge regionale impugnata. L'Avvocato generale dello Stato: Michele Dipace