Ricorso n.51 del 21 luglio 2017 (della Regione Veneto)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 luglio 2017 (della Regione Veneto).
(GU n. 32 del 2017-08-09)
Ricorso proposto dalla Regione Veneto (codice fiscale … - partita I.V.A. …), in persona del presidente della giunta regionale dott. Luca Zaia (codice fiscale …), autorizzato con delibere della giunta regionale n. 897 del 13 giugno 2017 e n. 975 del 23 giugno 2017 (doc. n. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avvocati Ezio Zanon (codice fiscale …) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (codice fiscale …) del Foro di Milano e Luigi Manzi (codice fiscale …) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax …, posta elettronica certificata …);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2017 sia nella sua interezza, sia in relazione agli articoli 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e 7.
Fatto
Con decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, il Governo ha dettato «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale», ritenuta «la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attivita' dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale» e ritenuto altresi' «necessario garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell'area geografica europea».
In particolare, l'art. 1 del decreto-legge («Vaccinazioni obbligatorie») stabilisce, al comma 1, che: «Al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, nonche' di garantire il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale, per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate:
a) anti-poliomielitica;
b) anti-difterica;
c) anti-tetanica;
d) anti-epatite B;
e) anti-pertosse;
f) anti-Haemophilus influenzae tipo b;
g) anti-meningococcica B;
h) anti-meningococcica C;
i) anti-morbillo;
l) anti-rosolia;
m) anti-parotite;
n) anti-varicella.».
Con tale disposizione si estende il novero delle vaccinazioni obbligatorie attualmente previste (la vaccinazione anti-difterica: legge 6 giugno 1939, n. 891; la vaccinazione anti-tetanica: legge 5 marzo 1963, n. 292; la vaccinazione anti-poliomielitica: legge 4 febbraio 1966, n. 51 e la vaccinazione anti-epatite virale B: legge 27 maggio 1991, n. 165), elevandole da quattro a dodici e includendovi anche l'anti-pertosse, l'anti-Haemophilus influenzae tipo b, l'anti-meningococcica B, l'anti-meningococcica C, l'anti-morbillo, l'anti-rosolia, l'anti-parotite e l'antivaricella.
Le uniche due ipotesi di esenzione dall'obbligo vaccinale previste dal decreto-legge sono:
a) l'«avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi dell'art. 1 del decreto del Ministro della sanita' 15 dicembre 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell'8 gennaio 1991, ovvero dagli esiti dell'analisi sierologica», che esonera dall'obbligo della relativa vaccinazione (comma 2);
b) l'«accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta», che possono consentirne l'omissione o il differimento (comma 3).
Nei commi successivi dello stesso articolo si prevede quindi un dettagliato sistema di controlli e sanzioni volto a garantire il rispetto dell'obbligo di cui al comma 1.
In particolare, ai commi 4 e 5 si statuisce che: «4. In caso di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale di cui al comma 1, ai genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e ai tutori e' comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro settemilacinquecento. Non incorrono nella sanzione di cui al primo periodo del presente comma i genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e i tutori che, a seguito di contestazione da parte dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente, provvedano, nel termine indicato nell'atto di contestazione, a far somministrare al minore il vaccino ovvero la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna vaccinazione obbligatoria avvenga nel rispetto delle tempistiche stabilite dalla schedula vaccinale in relazione all'eta'. 5. Decorso il termine di cui al comma 4, l'azienda sanitaria locale territorialmente competente provvede a segnalare l'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni per gli eventuali adempimenti di competenza».
Tale sistema e' integrato dalle disposizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 del decreto-legge, che disciplinano le modalita' di accesso dei minori alle istituzioni scolastiche ed educative in relazione all'adempimento dell'obbligo vaccinale di cui all'articolo l, comma 1.
In particolare, l'art. 3, al comma 1, detta tempi e modi per la presentazione da parte dei genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e dei tutori, all'atto dell'iscrizione dei minori alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai servizi educativi per l'infanzia, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie, della documentazione «comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni indicate all'art. 1, comma 1, ovvero l'esonero, l'omissione o il differimento delle stesse in relazione a quanto previsto dall'art. 1, commi 2 e 3, o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda sanitaria locale», stabilendo, al comma 2, che la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti - salva la disposizione transitoria dell'art. 5 per l'anno scolastico 2017/2018 - e' segnalata, entro i successivi dieci giorni, dai responsabili delle suddette istituzioni, «all'azienda sanitaria locale che, qualora la medesima o altra azienda sanitaria non si sia gia' attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provvede agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, a quelli di cui all'art. 1, commi 4 e 5». Al comma 3 del medesimo art. 3 si precisa quindi che per i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, «la presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso», mentre per gli altri gradi di istruzione «la presentazione della documentazione di cui al comma 1 non costituisce requisito di accesso alla scuola o agli esami».
L'art. 4 regola poi l'inserimento dei minori nelle istituzioni scolastiche ed educative in relazione all'adempimento dell'obbligo vaccinale, prevedendo che:
«1. I minori che si trovano nelle condizioni di cui all'art. 1, comma 3, sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati, fermi restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i limiti di cui all'art. 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e all'art. 19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
2. I dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie comunicano all'azienda sanitaria locale, entro il 31 ottobre di ogni anno, le classi nelle quali sono presenti piu' di due alunni non vaccinati».
L'art. 5 contiene disposizioni transitorie e prevede che «Per l'anno scolastico 2017/2018, la documentazione di cui all'art. 3, comma 1, deve essere presentata entro il 10 settembre 2017, anche ai fini degli adempimenti previsti dall'art. 4. La documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie puo' essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2018».
L'art. 7, infine, contiene le disposizioni finanziarie affermando che l'unico maggior onere della normativa introdotta con il decreto-legge e' quella inerente alla formazione:
«1. Agli oneri derivanti dall'art. 2, comma 3, pari a duecentomila euro per l'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440.
2. Dall'attuazione del presente decreto, a eccezione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
Lo scopo dichiarato della normativa impugnata e' di rendere obbligatorie le vaccinazioni nei confronti di malattie a rischio epidemico, al fine di raggiungere e mantenere «la soglia del 95 per cento, soglia raccomandata dall'OMS per la cosiddetta «immunita' di gregge», per proteggere, cioe', indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi», sul presupposto che:
a) a partire dal 2013 si sarebbe registrato in Italia «un progressivo e inesorabile trend in diminuzione del ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che ha determinato una copertura vaccinale al di sotto del 95 per cento»;
b) nello stesso periodo si sarebbe registrato «un preoccupante aumento» dei casi di malattie infettive (specialmente del morbillo e della rosolia), anche «in fasce di eta' diverse da quelle classiche e con quadri clinici piu' gravi e un maggiore ricorso all'ospedalizzazione», «oltre alla ricomparsa di malattie ormai da tempo debellate anche in ragione del consistente fenomeno migratorio che interessa, ormai da diversi anni, il nostro Paese»;
c) dal rapporto dell'OMS «World Health Statistics», pubblicato il 17 maggio 2017, emergerebbe che «le coperture italiane, oltre ad essere tra le piu' basse d'Europa, risultano inferiori a quelle di alcuni Paesi africani».
Tutto cio', ad avviso del Governo, renderebbe «necessario ed urgente adottare misure idonee ad estendere e rendere effettivi gli obblighi vaccinali vigenti, anche in conformita' al principio di precauzione, secondo cui, in presenza di un'alternativa che presenti un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato - il decisore pubblico deve optare per la soluzione che consenta di neutralizzare o minimizzare il rischio» (v. p. 4 della Relazione al d.d.l. C-4533/2017 per la conversione in legge del decreto-legge n. 73 del 2017; nonche', nello stesso senso, pagg. 2 e 3 della circolare del Ministero della salute del 12 giugno 2017, recante prime indicazioni operative per l'attuazione del decreto-legge n. 73 del 2017).
Diritto
1) Illegittimita' costituzionale del decreto-legge n. 73 del 2017 e in ogni caso dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4, 5 e 7 del medesimo, per violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione.
1.1. E' preliminare precisare che la Regione Veneto non contesta in alcun modo la validita' dei programmi di vaccinazione, avendo impostato la propria legislazione in termini decisamente convinti della opportunita' di perseguirli (l.r. Veneto n. 7 del 2007), dimostrando altresi' il raggiungimento di elevati livelli di copertura, attraverso un modello basato sul consenso informato e sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione consapevole, come avviene nella maggior parte dei Paesi Europei.
Quello che la Regione contesta e' un intervento statale, attuato impropriamente con lo strumento della decretazione di urgenza che, imponendo con pesanti coercizioni un obbligo collettivo di ben dodici vaccinazioni, non ha precedenti storici a livello internazionale (nemmeno in periodi bellici o post-bellici) e che finisce per rendere l'Italia il Paese con il maggior numero di vaccinazioni obbligatorie in Europa e probabilmente al mondo.
1.2. Da questo punto di vista, le disposizioni impugnate devono essere dichiarate incostituzionali in primo luogo per insussistenza dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, della Costituzione, che ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed urgenza.
Come ha recentemente chiarito codesta Ece.ma Corte con la sentenza n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova infatti la propria legittimazione unicamente nella sussistenza di casi straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente, in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'.
Nel caso di specie e' evidente invece la mancanza di tali presupposti e in ogni caso l'arbitraria valutazione degli stessi, con conseguente violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale sentenze n. 133 del 2016, n. 10 del 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83 del 2010, n. 128 del 2008, n. 171 del 2007).
Contrariamente a quanto dichiarato nel preambolo del decreto-legge e affermato dal Governo e dal Ministero della salute negli atti sopra citati, infatti, ad oggi non esiste nella Regione Veneto alcuna emergenza di sanita' pubblica in relazione al complesso delle patologie indicate all'art. 1, comma 1, decreto-legge n. 73 del 2017, che giustifichi il ricorso a una decretazione d'urgenza che, travolgendo l'attuale modello regionale fondato sul consenso informato (legge reg. Veneto n. 7 del 2007, sul quale si rimanda al punto 2.3 del ricorso), disponga l'introduzione della vaccinazione obbligatoria per dodici patologie.
Per dimostrarlo e' preliminare fare riferimento ai criteri attualmente in uso presso la comunita' scientifica per la valutazione delle emergenze sanitarie connesse a rischi epidemici e ai documenti pubblicati dalle istituzioni nazionali e internazionali competenti in materia.
La c.d. «immunita' di gruppo» o «immunita' di gregge» (herd immunity) viene considerata come l'immunita' o la resistenza collettiva a un determinato agente patogeno mostrata da parte di una comunita' o da parte di una popolazione umana (1) .
L'immunita' di gregge e' assicurata all'interno di ciascuna comunita' quando la copertura vaccinale e' superiore alla soglia critica individuata per ogni singola patologia in uno specifico contesto.
Ne consegue che un'emergenza sanitaria da rischio epidemico puo' insorgere soltanto quando la copertura vaccinale scende al di sotto della soglia critica.
Appare quindi del tutto arbitraria la motivazione portata dal Governo, nella relazione al decreto-legge, per cui l'Organizzazione Mondiale della Sanita' (d'ora in avanti OMS) avrebbe raccomandato il raggiungimento della soglia di copertura vaccinale del 95% per garantire la c.d. «immunita' di gregge» in relazione a tutto il complesso di patologie indicate nell'art. 1, comma 1.
Valga il vero: la soglia del 95% e' stata indicata dall'OMS nell'European Vaccine Action Plan 2015-2020 (2) solo come soglia ottimale (c.d. «Goal 4»), ma mai come soglia critica, e unicamente per il complesso DTP (difterite-tetano-pertosse).
Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (d'ora in poi PNPV) 2017- 2019 (3) , approvato il 19 gennaio 2017 dalla Conferenza Stato-Regioni, ha poi previsto la soglia ottimale di copertura del 95% per il 2019, da raggiungere mediante le specifiche strategie regionali, per meningite, rosolia, varicella e papilloma virus, indicando, anche in questo caso, tale soglia sempre come obiettivo e mai come soglia critica (pagine 13-14).
La soglia del 95% di copertura vaccinale non e' quindi mai stata indicata dall'OMS, ne' da altra istituzione, quale soglia critica generale al di sotto della quale potrebbe determinarsi l'insorgere di un rischio epidemico.
Per diverse malattie sono infatti disponibili da molto tempo studi dettagliati, utili per definire, mediante modelli matematici, la propagazione dei diversi agenti patogeni. Adottando questi modelli si individuano i c.d. parametri critici (c.d. «tasso di riproduzione» e «andamento dell'incidenza») relativi all'andamento epidemiologico di malattie infettive quali il morbillo, la rosolia, la parotite ecc.
Previa definizione della soglia critica di ciascuna patologia in ciascun contesto, da raggiungere per ottenere il controllo dell'agente patogeno, e' cosi' possibile individuare la strategia ottimale per il contrasto dell'infezione in un determinato ambito spazio-temporale (che e' quindi, lo si ribadisce, del tutto diversa dalla soglia critica, al di sotto della quale si puo' determinare l'insorgere di un rischio epidemico), analizzando l'effetto delle campagne vaccinali, valutando lo stato dell'immunita' di gregge da esse indotta e tenendo conto delle eventuali controindicazioni dei vaccini, come indicato dalla seguente tabella, elaborata dall'OMS e dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention degli USA) per alcune patologie (difterite, morbillo, parotite, pertosse, poliomielite, rosolia e vaiolo) (4) .
Parte di provvedimento in formato grafico
Tali dati dimostrano innanzitutto che non esiste un'unica soglia critica (che nella motivazione delle norme impugnate viene arbitrariamente indicata in modo generalizzato nel 95%) valida per tutti gli agenti patogeni in tutti i contesti, dovendosi tenere conto nella sua individuazione di molteplici fattori biologici (aggressivita' del batterio o del virus responsabile della patologia, modi di contagio ecc.), ambientali (condizioni igieniche dei luoghi, temperatura, umidita' ecc.) e socio-economici (livello di nutrizione e di istruzione della popolazione, condizioni igieniche degli individui ecc.) (5)
In conclusione, l'adozione della soglia del 95% - considerata come «ottimale» (e non «critica») dalle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali per alcune malattie (e non per tutte) - quale criterio generale per la valutazione del rischio epidemico nel territorio italiano con riferimento alle dodici diverse patologie di cui all'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2017 appare dunque del tutto arbitraria, essendo priva di qualsiasi giustificazione scientifica o normativa (6) .
Del tutto indebita e', quindi, la generalizzazione addotta a fondamento del presupposto di straordinaria necessita' e urgenza delle norme impugnate.
A ulteriore conferma di quanto affermato si riporta di seguito uno stralcio della DGR 2319 del 28 luglio 2009 (7) , che approva il documento di monitoraggio (elaborato sotto il controllo delle autorita' governative ai sensi dell'art. 3, l.r. Veneto n. 7 del 2007) sulla sospensione dell'obbligo vaccinale previsto dalla stessa legge.
«Soglia critica di copertura. La definizione di una soglia critica di copertura ha come riferimento limite la soglia di rischio per la salute pubblica che per alcune malattie sottende al concetto di herd immunity. Tuttavia non essendo tale limite estesamente applicabile a tutte le malattie e precisamente definito in popolazioni altamente immunizzate, abbiamo ritenuto di definire soglie critiche che ragionevolmente tengono conto anche degli obiettivi del Sistema Vaccinale (Tabella 1.1).
I livelli di attenzione e di allarme si misurano e vengono monitorati a tutti i livelli di sorveglianza secondo lo schema precedentemente illustrato nella tabella 1.0. Gli indicatori verranno semestralmente valutati da ogni distretto/AULSS e le eventuali azioni correttive verranno immediatamente messe in atto a livello locale non appena rilevate, secondo l'ordine di priorita' riportato nella tabella 1.2.
In sede regionale verra' considerato sia il dato medio regionale sia i dati per AULSS. Le situazioni di raggiungimento del limite di allarme saranno attentamente valutate anche in relazione alla loro distribuzione territoriale dal comitato regionale, che decidera' in merito all'attuazione delle azioni conseguenti. In sintonia con uno degli indicatori di efficienza del sistema definiti piu' avanti, si ritiene che il raggiungimento della soglia di allarme per il 25% delle ULSS, possa costituire motivo per la riapplicazione dell'obbligo vaccinale. Sara' compito del Comitato tecnico-scientifico stabilire inoltre se il provvedimento sara' applicato estesamente a tutte le vaccinazioni o interessera' anche solo una di queste».
Parte di provvedimento in formato grafico
Da quanto sopra esposto si dimostra l'arbitraria identificazione del presupposto di straordinaria necessita' e urgenza posto a fondamento delle norme impugnate.
Evidentemente arbitrario e irragionevole risulta infatti il presupposto su cui le stesse si basano, per cui il cui mancato raggiungimento nell'anno in corso della soglia del 95% di copertura vaccinale per tutte le patologie indicate all'art. 1, comma 1, del decreto determinerebbe l'insorgere di un'emergenza sanitaria nazionale, tale da giustificare il ricorso alla decretazione d'urgenza ex art. 77, comma 2, della Costituzione, con imposizione alle Regioni di una disciplina dettagliata sul sistema di somministrazione dei vaccini in una materia di competenza legislativa concorrente come la «tutela della salute».
In forza della distinzione, pacificamente acquisita dalla comunita' scientifica, tra soglia critica e soglia ottimale, si deve ribadire che nella Regione Veneto non esiste alcuna, generalizzata, emergenza sanitaria.
Nella regione, infatti, le coperture vaccinali si sono stabilmente attestate negli ultimi anni al di sopra del 90% per la maggior parte delle patologie indicate all'art. 1, comma 1, decreto-legge n. 73 del 2017 (sette su dodici), e in ogni caso al di sopra della soglia critica per tutte le altre (semmai, a seconda degli studi di riferimento, con la sola eccezione del morbillo e della parotite, le cui coperture nel 2016 per i nati 2014, rispettivamente dell'89,19% e dell'89,07%, sono comunque di due punti superiori alla media nazionale e in sensibile crescita rispetto all'anno precedente), come risulta dai dati pubblicati sul sito dell'Istituto superiore di sanita' (8) . E' altresi' importante considerare un studio effettuato dalla Regione del Veneto a febbraio 2017, e inserito nel Report dell'attivita' vaccinale 2016 (9) , in cui si e' valutata la copertura vaccinale per poliomielite e morbillo per tutti i soggetti residenti e domiciliati sul territorio regionale di eta' compresa tra i 2 e i 18 anni (oltre 780 mila soggetti). Da tale studio risulta che per la polio la copertura complessiva e' del 94,5% e per il morbillo e' del 92,6%.
Cio' conferma che, allo stato attuale, in Veneto non esiste un'effettiva situazione epidemica di emergenza (cfr. doc. n. 2: Tabella riassuntiva copertura Regione del Veneto e definizione della soglia minima) tale da giustificare un intervento del legislatore statale che, con decreto-legge, porta improvvisamente a introdurre dodici vaccinazioni obbligatorie per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni.
Solo in relazione al morbillo nella regione Veneto, come anche in altre regioni italiane, si verifica, secondo alcuni dati, una situazione di copertura nazionale pari a 87,26% (10) , che sarebbe al di sotto della soglia critica secondo quando afferma il PNPV 2017-2019 (p. 27), ma va precisato che lo studio della Regione del Veneto, citato in precedenza, sui soggetti tra i 2 e i 18 anni dimostra una situazione lontana dalla situazione di allarme.
In ogni caso, e' dirimente precisare che a questa situazione le norme impugnate non sono in grado di rispondere adeguatamente, dal momento che l'attuale epidemia di morbillo: i) riguarda prevalentemente adolescenti di eta' superiore ai 16 anni (mentre le norme impugnate stabiliscono l'obbligo di vaccinazione «per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni»), con una eta' mediana 27 anni, ii) il numero di casi di morbillo su persone vaccinate e' alto, iii) non esiste una correlazione tra copertura vaccinale (5/6 anni seconda dose) e casi di morbillo, come risulta certificato dall'Istituto Superiore di Sanita' (11) . Anche in questo caso, quindi, si conferma l'assenza del presupposto di necessita' e urgenza delle norme impugnate.
La mancanza dei presupposti richiesti dall'art. 77, comma 2, della Costituzione, per il ricorso alla decretazione d'urgenza - oltre a rappresentare un vizio di incostituzionalita' in se' del decreto-legge impugnato, rilevabile in sede di giudizio di legittimita' in via incidentale - fa venir meno l'esigenza di una disciplina dettagliata sul sistema di somministrazione dei vaccini, qual e' quella prevista dall'intero decreto-legge n. 73 del 2017, e in particolare dall'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, e dagli articoli 3, 4, 5 e 7, del medesimo, da applicarsi in modo uniforme in tutto il territorio nazionale.
1.3. Va inoltre evidenziato che le norme impugnate non sono in realta' destinate a «operare immediatamente, allo scopo di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'», come invece richiesto da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 220 del 2013.
Infatti, in base all'art. 3, comma 1, sebbene i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie siano tenuti, all'atto dell'iscrizione del minore di eta' compresa tra zero e sedici anni, a richiedere ai genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e ai tutori la presentazione di idonea documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni indicate all'art. 1, comma 1, tuttavia, stabilisce poi che a tale fine e' sufficiente «la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguira' le vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in relazione all'eta', entro la fine dell'anno scolastico».
Inoltre, l'art. 5 stabilisce che per l'anno scolastico 2017/2018, «la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie puo' essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2018».
Anche sotto questo profilo, quindi, si conferma la violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione.
Essa in ogni caso, travolgendo il sistema in vigore nella Regione Veneto fondato sul consenso informato e condizionando l'accesso dei minori ai servizi scolastici ed educativi, ridonda (cfr. Corte costituzionale sentenze n. 22 del 2012, ma, ancora prima, sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003) in una lesione delle competenze regionali in materia di «tutela della salute» (relative all'organizzazione e al funzionamento del Servizio sanitario regionale) e di «istruzione» (relative all'erogazione dei servizi educativi per l'infanzia e alla garanzia da parte della Regione del diritto allo studio nell'ambito delle istituzioni scolastiche ed educative), di cui agli artt. 117, comma 3 e 4, e 118, comma 1, della Costituzione, che risultano incise dalla disciplina statale senza alcuna giustificazione (cfr. anche quanto esposto, in approfondimento circa la ridondanza, nel punto 2.6 del ricorso).
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4 e 5, del decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 31, 32, 34, 97 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione.
2.1. Le disposizioni impugnate si dimostrano ingiustificate e comunque eccessive rispetto allo scopo dal momento che, come dimostrato nel punto l del ricorso, sulla base della distinzione tra soglia critica e soglia ottimale si deve escludere l'esistenza di una generalizzata emergenza sanitaria che giustifichi l'imposizione dell'obbligo di dodici vaccinazioni.
Le suddette norme devono pertanto essere dichiarate incostituzionali - oltre che per i motivi addotti al punto precedente - anche per violazione: i) del diritto alla salute e del diritto allo studio (artt. 2, 32 e 34 della Costituzione); ii) dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita' (art. 3 della Costituzione), iii) del principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione). Tutte le suddette violazioni ridondano, come si dimostrera', iv) in una illegittima compressione dell'autonomia regionale, anche autonomamente considerata, relativa alle materia sanita' e istruzione di cui agli artt. 117, comma 3 e 4, e 118 della Costituzione.
2.2. L'art. 32 della Costituzione, infatti, nel riconoscere, al comma 1, la salute come «fondamentale diritto dell'individuo», tutela una delle massime espressioni della liberta', quella di non essere sottoposti a cure o terapie che non siano liberamente scelte o accettate: solo uno stato di necessita' per la salute pubblica puo', infatti, consentire al legislatore l'imposizione di un trattamento sanitario.
In tal caso, tuttavia, il legislatore deve rispettare le due condizioni poste dal comma 2 dello stesso articolo. La prima, di natura formale, per cui l'obbligo di sottoporsi a un determinato trattamento puo' essere previsto solo da una legge ordinaria; la seconda, di natura sostanziale, per cui in nessun caso possono essere violati «i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Si e' pertanto in presenza di una riserva di legge c.d. «rinforzata», che stabilisce una stretta correlazione fra la salute dell'individuo e i valori della persona umana, nel senso che, anche quando sia in gioco la salute collettiva, il trattamento sanitario non sara' consentito ove non rispetti il «limite irriducibile della persona umana» (12) , in forza del principio personalista (art. 2 della Costituzione) cui e' informato l'intero ordinamento italiano (13) .
Da qui assume rilievo costituzionale il principio di autodeterminazione della persona in materia di trattamenti sanitari, «che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale» (sent. n. 207 del 2012, ma si veda anche la sent. n. 162 del 2014, dove, sebbene ad altri fini, viene comunque precisato che «la generale liberta' di autodeterminarsi ... e' riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione, poiche' concerne la sfera privata e familiare. Conseguentemente, le limitazioni di tale liberta', ed in particolare un divieto assoluto imposto al suo esercizio, devono essere ragionevolmente e congruamente giustificate dall'impossibilita' di tutelare altrimenti interessi di pari rango (sentenza n. 332 del 2000)»).
Il principio di autodeterminazione, intrinsecamente legato alla tutela della dignita' della persona (14) , e' inoltre riconosciuto e tutelato da numerose norme del diritto dell'Unione europea e del diritto internazionale, che, sebbene non trattino in maniera specifica il problema delle vaccinazioni, contribuiscono a rafforzare una lettura in senso personalista dell'art. 32 della Costituzione, in base alla quale ogni intervento diretto a realizzare la profilassi di talune malattie infettive e diffusive a fini immunologici, dovrebbe per cio' stesso soggiacere a quel limite insuperabile rappresentato dalla salvaguardia dei beni fondamentali quali la vita, l'integrita' psicofisica, la dignita' umana e la riservatezza.
In particolare nel diritto dell'Unione europea, i diritti alla dignita' e all'autodeterminazione sono richiamati dagli artt. 1 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che, come e' noto, ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati con il Trattato di Lisbona (cfr. art. 6, par. 1, TUE).
L'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea afferma, infatti, che «la dignita' umana e' inviolabile», mentre il successivo art. 3 sancisce che «ogni individuo ha diritto alla propria integrita' fisica e psichica» (comma 1) e che nell'ambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, «il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalita' definite dalla legge» (comma 2).
A livello internazionale, il diritto all'autodeterminazione e' espresso all'art. 8, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani del 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, che prevede il «diritto al rispetto della vita privata e familiare».
A cio' si aggiunga che l'art. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, premesso che gli Stati «riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione», dispone che «tutti i gruppi della societa' in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore».
Ulteriori riconoscimenti del principio di autodeterminazione in materia sanitaria si rinvengono poi negli articoli 5, 6 e 9 (15) , della Convenzione sui Diritti dell'Uomo e la biomedicina, firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145, il cui art. 5 stabilisce la «Regola generale» per cui «un trattamento sanitario puo' essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato».
Questo patrocinio, evidentemente, non ignora che, allo stato attuale, lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo non e' stato ancora depositato, ma, non potra' negarsi, come del resto affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che le norme ivi contenute rappresentano uno strumento interpretativo del diritto vigente, in forza del generale consenso consolidatosi sul piano internazionale sui principi e sulle regole ivi contenute, nonche' in forza dell'adesione a quei principi e a quelle regole espresse dal Parlamento italiano nella legge di autorizzazione alla ratifica (Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748) (16) .
Sulla base di tali premesse si chiarisce il significato del diritto alla salute con riferimento al caso in cui la sua dimensione individuale confligga con quella collettiva: in tale ipotesi, che ricorre tipicamente nel caso delle vaccinazioni, il disposto costituzionale subordina la legittimita' dell'imposizione dell'obbligo di vaccinazione alla compresenza di un interesse, non altrimenti tutelabile, alla salute del singolo e della collettivita'. In tal caso, dunque, occorre muoversi nella prospettiva di un bilanciamento tra i due valori in questione e qui assume rilievo il problema del «consenso informato» del destinatario della prestazione sanitaria che puo' trovare un contemperamento solo nella necessita', lo si ribadisce, non altrimenti tutelabile, di perseguire valori che possano porsi sullo stesso livello gerarchico in cui si colloca quello del rispetto della persona umana.
Da questo punto di vista e' dirimente considerare che un sistema basato sul consenso informato e sull'alleanza terapeutica e' stato strutturato dalla Regione Veneto con la legge n. 7 del 2007 e che tale sistema ha consentito di raggiungere, come dimostrato nel punto 1 del ricorso, un livello di copertura vaccinale al di sopra della soglia critica.
2.3. Coerentemente con il sistema costituzionale e la normativa internazionale e sovranazionale, la Regione Veneto, a partire dal 2007, ha infatti optato per una strategia incentrata sulla sensibilizzazione e l'accompagnamento dei genitori verso la scelta di vaccinare i propri figli, escludendo ogni forma di coercizione, ritenuta in contrasto con il fondamentale principio di autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari e controproducente al fine di assicurare un'elevata copertura vaccinale su tutto il territorio regionale.
Peraltro, un percorso condiviso tra Stato e Regioni di graduale superamento dell'obbligo vaccinale era gia' stato definito nel Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, oggetto di Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (atto n. 2240 del 3 marzo 2005). Tra i principali obiettivi di tale superamento vi era la necessita' di attenuare il contrasto tra gli ottimi risultati conseguiti in termini di copertura per le vaccinazioni obbligatorie (relative a difterite, tetano, poliomielite ed epatite B) e i risultati meno incoraggianti relativi alle vaccinazioni raccomandate, percepite come meno importanti (cfr. Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, p. 66).
In questo senso veniva avviato un percorso culturale di sensibilizzazione sociale per il superamento di tale differenza. Il Piano affermava che sarebbe preferibile «per ogni attivita' di prevenzione, l'impegno per l'informazione e la persuasione, piuttosto che l'imposizione legale» (Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, p. 66), anche alla luce del fatto che «la qualita' e' stata poco considerata nei servizi vaccinali perche' il vincolo dell'obbligatorieta' ha rappresentato una sorta di freno per l'avvio di processi di miglioramento» (ivi, p. 84). Di conseguenza, e' stato concesso alle Regioni di iniziare un periodo di sperimentazione della sospensione dell'obbligo vaccinale, subordinato al rispetto delle seguenti condizioni: i) presenza di un sistema informativo regionale efficace, con basi anagrafiche vaccinali ben organizzate; ii) presenza di un'adeguata copertura vaccinale; iii) presenza di un sistema di sorveglianza delle malattie trasmissibili sensibile e specifico; iv) presenza di un buon sistema di monitoraggio degli eventi avversi al vaccino (cfr. Piano Nazionale Vaccini 2005-2007, pagg. 66-67).
La Regione Veneto, con la legge 23 marzo 2007, n. 7, ha quindi disposto la sospensione dell'obbligo vaccinale per tutti i nuovi nati, a far data dal 1° gennaio 2008, delle vaccinazioni relative alla difterite, al tetano, alla poliomielite e all'epatite virale B (art. 1, comma 1, l.r. Veneto n. 7/2007). Tali vaccinazioni hanno comunque continuato a costituire livello essenziale di assistenza, rimanendo «offerte attivamente e gratuitamente dalle aziende unita' locali socio sanitarie (ulss)», e «restando inserite nel calendario vaccinale dell'eta' evolutiva ... in conformita' agli indirizzi contenuti nel vigente Piano nazionale vaccini, secondo quanto previsto dalla normativa statale in materia» (art. 1, comma 2, l.r. Veneto n. 7/2007). Inoltre, e' rimasto salvo l'obbligo di indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di tali vaccinazioni (art. 1, comma 3, l.r. Veneto n. 7/2007).
La legge in questione ha poi previsto un articolato sistema di monitoraggio, istituendo innanzitutto un comitato tecnico scientifico, nominato dalla giunta regionale, alle cui riunioni partecipano, previa Intesa con il Ministero della salute, anche il direttore del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie e un rappresentate dell'Istituto superiore di sanita' (art. 3, l.r. Veneto n. 7/2007). Il Comitato e' chiamato a redigere ogni sei mesi un documento contenente «la valutazione dell'andamento epidemiologico delle malattie per le quali la ... legge sospende l'obbligo vaccinale ed il monitoraggio dell'andamento dei tassi di copertura vaccinale nel territorio regionale» (art. 3, l.r. Veneto n. 7/2007). Qualora si manifesti un pericolo per la salute pubblica conseguente al verificarsi di eccezionali e imprevedibili eventi epidemiologici collegati a tali malattie, oppure in caso di allarme relativo ai tassi di copertura vaccinale, il presidente della giunta regionale e' tenuto a sospendere l'applicazione della legge de qua.
In seguito all'abolizione dell'obbligo, la prassi seguita dalla Regione Veneto si e' quindi caratterizzata per l'impegno rivolto a una graduale sensibilizzazione e a un progressivo accompagnamento dei genitori verso un autonomo convincimento dell'importanza della vaccinazione dei bambini, mediante un sistema di comunicazione attivo ma non invasivo. L'ULSS competente, infatti, contatta i genitori e li invita a portare i propri figli affinche' siano sottoposti alla vaccinazione; in caso di mancata risposta o giustificazione, viene inviato un secondo invito e, qualora anche quest'ultimo rimanga inascoltato, ne viene inviato un terzo a mezzo raccomandata (17) . Inoltre, al fine di contrastare la diffusione, specialmente nel web, di informazioni false o incomplete, e' stato allestito un apposito portale istituzionale online al fine di favorire una diffusa conoscenza sulle politiche regionali in materia di vaccinazione (18) .
A cio' si aggiunga che la Regione Veneto ha predisposto e implementato molteplici progetti a sostegno della sospensione dell'obbligo vaccinale. Nello specifico: i) e' stato allestito un software unico a livello territoriale per la gestione delle vaccinazioni (19) ; ii) e' stato attivato un programma per il contenimento delle malattie infettive prevenibili con vaccino attraverso strategie efficaci per il mantenimento delle coperture vaccinali e per la vaccinazione di gruppi e categorie a rischio (20) ; iii) e' stata implementata la sorveglianza delle patologie collegate alle vaccinazioni, con particolare riguardo al monitoraggio delle meningiti (21) ; iv) e' stato avviato uno studio approfondito sui determinati del rifiuto vaccinale (22) ; v) e' stato attivato un progetto di consulenza prevaccinale e sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione, denominato «Canale Verde» (23) ; vi) e' stato avviato un progetto di prevenzione precoce e monitoraggio dei comportamenti e delle azioni di prevenzione e promozione della salute nei primi anni di vita (24) .
In seguito alla sospensione dell'obbligo vaccinale, dopo alcuni anni nei quali il trend di copertura e' leggermente calato, pur rimanendo a livelli molto elevati e ben al di sopra del 90% per tutte le quattro vaccinazioni citate, le ultime rilevazioni effettuate dalla Regione Veneto mostrano una sensibile crescita della copertura.
L'ultimo Report sull'attivita' vaccinale del 2016 (25) certifica infatti che la copertura vaccinale «normalizzata» (il cui calcolo esclude i bambini italiani domiciliati all'estero, gli stranieri temporaneamente rientranti nel Paese di origine, i nomadi, i senza fissa dimora e i non rintracciabili) per i nati della coorte 2014 risultava in Veneto la seguente: vaccinazione contro la poliomielite 92,0%; vaccinazione contro difterite e tetano 92,0%; vaccinazione contro l'epatite B 91,4%.
Inoltre, come dimostrano i primi dati relativi all'anno 2016 contenuti nel Report sul monitoraggio della sospensione dall'obbligo vaccinale, «Per le vaccinazioni ex-obbligatorie e per le altre offerte nel vaccino esavalente si riscontra un progressivo aumento delle coperture, che, iniziata per la coorte dei nati nel 2015 si e' ulteriormente rafforzata per la coorte 2016. Complessivamente si ha una copertura del 91,6% per prima dose dell'esavalente (tetano, difterite, poliomielite, epatite b, pertosse ed hib) per la coorte 2016. Tale valore sale per la sola coorte dei nati nel secondo semestre 2016, per la poliomielite al 92,6%, massimo rilevate nelle ultime nove coorti semestrali» (26) .
A cio' si aggiunga che il modello applicato in Veneto al di fuori delle vaccinazioni ex-obbligatorie ha condotto a coperture elevate anche con riferimento alle altre vaccinazioni raccomandate. Per molte di queste, i tassi raggiunti (con riferimento ai nati della coorte 2014, cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono superiori alla media nazionale: morbillo 89,19% (media nazionale: 87,26%); varicella 85,53% (media nazionale 46,06%); meningococco C 90,64% (media nazionale: 80,67%); parotite 89,07% (media nazionale: 87,20%); rosolia 89,14% (media nazionale 87,19%) (27) .
Del resto, come emerge dall'approfondita «Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell'Offerta Vaccinale nella Regione Veneto», condotta dal Dipartimento di prevenzione Azienda ULSS di Verona, «la strategia vaccinale della Regione Veneto di sospensione dell'obbligo e' vincente: non influisce negativamente sulle scelte dei genitori ma permette, nel contempo, di aprire spazi e possibilita' di confronto che sono risultati essere una forte esigenza di tutta la popolazione» (28) . Quest'ultima ricerca, inoltre, rivela che dal punto di vista statistico la sospensione dell'obbligo vaccinale gioca un ruolo del tutto marginale sulla scelta dei genitori di vaccinare o meno i propri figli (29) .
Infine, allo scopo di estendere ulteriormente le coperture vaccinali ed evitare al contempo eventuali diminuzioni, la Giunta della Regione Veneto ha recentemente adottato la DGR n. 1935 del 29 novembre 2016 (30) , con la quale, oltre a ribadire le numerose attivita' gia' svolte in termini di informazione e sensibilizzazione della popolazione, di formazione continua degli operatori sanitari e di controllo costante dei dati, e' stato disposto l'avvio delle seguenti azioni: i) predisposizione di accordi di collaborazione tra la Regione Veneto e gli Ordini professionali e le Associazioni sindacali per la segnalazione di controinformazione da parte degli operatori sanitari; ii) attivazione di una campagna informativa straordinaria per la popolazione generale; iii) promozione di un'adeguata informazione e formazione dei professionisti sanitari; iv) l'introduzione di una procedura con cui sara' necessario presentare, per l'accesso a nidi e scuole per l'infanzia, la documentazione sulle avvenute vaccinazioni, da inviare poi al Sindaco dell'ULSS territorialmente competente per la valutazione su eventuali rischi individuali e/o collettivi; il Sindaco, quale Autorita' Sanitaria Locale, potra' assumere la decisione di allontanare temporaneamente il bambino in questione dalla struttura o non ammetterlo alla frequenza, previo parere del Servizio di igiene e sanita' pubblica (SISP).
Da quanto esposto, dunque, si evince come la Regione Veneto sia particolarmente attenta alla gestione delle vaccinazioni nel proprio territorio, consapevole che il superamento del vincolo dell'obbligatorieta' (a suo tempo condiviso con il Governo centrale) rappresenta un importante valore aggiunto sia nel perseguimento degli obiettivi di copertura, sia nella diffusione di una maggiore consapevolezza da parte della popolazione nelle scelte riguardanti la vaccinazione dei minori.
2.4. Alla luce degli ottimi risultati conseguiti dal sistema sperimentato dalla Regione Veneto (che la colloca stabilmente tra le migliori Regioni italiane per copertura vaccinale rispetto a tutte le patologie indicate dall'art. 1, comma 1, decreto-legge n. 73 del 2017), appare del tutto irragionevole e mancante di proporzionalita' la decisione del legislatore statale di imporre, in modo immediato e assolutamente automatico, il passaggio da una strategia vaccinale basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione.
Se e' vero, infatti, che l'art. 32 della Costituzione consente di contemperare il diritto individuale alla salute e alle cure liberamente scelte con l'interesse alla salute dell'intera collettivita', e' anche vero che il bilanciamento operato dal legislatore deve rispondere ai canoni della ragionevolezza e della proporzionalita', la cui violazione e' sindacabile in sede di giudizio di legittimita' costituzionale.
Peraltro, nella sentenza n. 258 del 1994 codesta Ecc.ma Corte ha stabilito che le leggi che prevedono l'obbligatorieta' delle vaccinazioni sono compatibili con il precetto costituzionale a tutela della salute di cui all'art. 32 della Costituzione, in virtu' del contemperamento tra i valori che tale articolo contempla, ossia il diritto alla salute della collettivita', da un lato, e il diritto alla salute del singolo, dall'altro.
Tuttavia, e' ben lontano dalla giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte costituzionale affermare che la tutela della salute del singolo debba cedere automaticamente di fronte al diritto alla salute della collettivita': l'eventuale introduzione di una normativa che imponga l'obbligatorieta' dei vaccini deve muoversi, infatti, nell'ottica di un ragionevole bilanciamento delle due necessita'.
Cio' in quanto non si puo' dissolvere la solenne proclamazione del diritto alla salute nell'inciso «interesse della collettivita'», con un'interpretazione della norma che, privilegiando il richiamo all'interesse generale, traduca automaticamente e a prescindere dall'esistenza di un modello regionale efficace, un diritto in soggezione avvalendosi dell'interesse generale, se non a costo di modificare il modello stesso cui si informa la nostra Costituzione.
Il fondamentale diritto dell'individuo alla salute, dunque, «non puo' essere considerato in principio e in ogni caso cedevole, per la sua qualificazione di diritto sociale nei confronti del dovere dello Stato e dei provvedimenti adottati a tutela dell'interesse della collettivita'» (31) .
Un'interpretazione dell'art. 32, comma 1, della Costituzione, diretta a privilegiare oltre misura il richiamo all'interesse della collettivita', non potrebbe quindi mai essere condivisa, in quanto racchiuderebbe in se' «i germi per una completa subordinazione dell'interesse individuale a quello statale, e, condotta alle sue implicite ma estreme conseguenze, potrebbe (...) giustificare qualsiasi trattamento coattivo che possa pero' consentire migliori contributi dell'individuo al benessere sociale» (32) .
E' stato proprio questo aspetto del bene della salute umana che e' stato posto in evidenza dalla giurisprudenza di codesta Ecc. ma Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 88 del 1979, laddove si e' affermato che il bene afferente alla salute «e' tutelato dall'art. 32 della Costituzione non solo come interesse della collettivita', ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell'individuo, sicche' configura come un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati (...), da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione».
Pertanto, il principio costituzionale del rispetto della persona umana, letto in stretto collegamento con l'art. 2 della Costituzione, pone in primo piano il problema del consenso della persona che debba comunque sottoporsi a trattamenti sanitari; una necessita', quella del consenso, che puo' trovare un contemperamento solo in dimostrate e imprescindibili esigenze di tutela di valori che, ai fini di un adeguato bilanciamento, possano porsi sullo stesso livello gerarchico in cui si colloca quello del rispetto della persona umana.
Anche in tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre, da parte del legislatore, bilanciare e ponderare i due valori costituzionalmente protetti, rappresentati dalla tutela della salute collettiva e della autodeterminazione, che l'obbligatorieta' delle vaccinazioni conseguentemente limita in riferimento a scelte riguardanti la propria salute.
Questa Ecc. ma Corte costituzionale, quindi, nella propria giurisprudenza concernente le vaccinazioni obbligatorie non ha mai affermato che il diritto alla salute del singolo ceda il passo sic et simpliciter al diritto alla salute collettiva.
Nella sentenza n. 118 del 1996 ha anzi affermato: «L'esatto inquadramento del problema di costituzionalita' che la Corte e' chiamata a risolvere presuppone la chiarificazione del significato del diritto costituzionale alla salute con riferimento al caso in cui la sua dimensione individuale confligga con quella collettiva, ipotesi che puo' ricorrere tipicamente nei casi di trattamenti sanitari obbligatori, tra i quali rientra la vaccinazione antipoliomielitica.
La disciplina costituzionale della salute comprende due lati, individuale e soggettivo l'uno (la salute come «fondamentale diritto dell'individuo»), sociale e oggettivo l'altro (la salute come «interesse della collettivita'»). Talora l'uno puo' entrare in conflitto con l'altro, secondo un'eventualita' presente nei rapporti tra il tutto e le parti. In particolare - questo e' il caso che qui rileva - puo' accadere che il perseguimento dell'interesse alla salute della collettivita', attraverso trattamenti sanitari, come le vaccinazioni obbligatorie, pregiudichi il diritto individuale alla salute, quando tali trattamenti comportino, per la salute di quanti ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate, pregiudizievoli oltre il limite del normalmente tollerabile.
Tali trattamenti sono leciti, per testuale previsione dell'art. 32, secondo comma, della Costituzione, il quale li assoggetta ad una riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto della persona umana e ulteriormente specificata da questa Corte, nella sentenza n. 258 del 1994, con l'esigenza che si prevedano ad opera del legislatore tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il rischio di complicanze. Ma poiche' tale rischio non sempre e' evitabile, e' allora che la dimensione individuale e quella collettiva entrano in conflitto. Il caso da cui trae origine il presente giudizio di costituzionalita' ne e' un esempio».
Ha quindi precisato che: «la vaccinazione antipoliomielitica comporta infatti un rischio di contagio, preventivabile in astratto - perche' statisticamente rilevato - ancorche' in concreto non siano prevedibili i soggetti che saranno colpiti dall'evento dannoso. In questa situazione, la legge che impone l'obbligo della vaccinazione antipoliomielitica compie deliberatamente una valutazione degli interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle che sono state denominate «scelte tragiche» del diritto: le scelte che una societa' ritiene di assumere in vista di un bene (nel nostro caso, l'eliminazione della poliomielite) che comporta il rischio di un male (nel nostro caso, l'infezione che, seppur rarissimamente, colpisce qualcuno dei suoi componenti). L'elemento tragico sta in cio', che sofferenza e benessere non sono equamente ripartiti tra tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio degli altri.
Finche' ogni rischio di complicanze non sara' completamente eliminato attraverso lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche - e per la vaccinazione antipoliomielitica non e' cosi' -, la decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria apparterra' a questo genere di scelte pubbliche» (enfasi ns.).
Ha quindi concluso che «la Corte costituzionale ha affermato che il rilievo dalla Costituzione attribuito alla salute in quanto interesse della collettivita', se e' normalmente idoneo da solo a «giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale», cioe' a escludere la facolta' di sottrarsi alla misura obbligatoria (si veda, altresi' la sentenza n. 258 del 1994), non lo e' invece quando possano derivare conseguenze dannose per il diritto individuale alla salute. ... Ma nessuno puo' essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri».
Da quanto questa Ecc.ma Corte ha con estrema lucidita' precisato emerge quindi che l'imposizione di vaccinazioni obbligatorie attiene all'ambito, delicatissimo, delle «scelte tragiche» del diritto.
E' del tutto evidente quindi l'illegittimita' costituzionale di una normativa che sceglie l'imposizione generalizzata su tutto il territorio nazionale di ben dodici vaccinazioni senza che sia dimostrato che questa costituisca l'ultima ratio a cui l'ordinamento non poteva che ricorrere.
Un tale bilanciamento non e' infatti in grado di superare il test, nell'ambito del principio di proporzionalita', della «necessita'» perche' il legislatore non ha fatto ricorso al least-restrictive means, ovvero allo strumento che permette di ottenere l'obiettivo prefissato con il minor sacrificio possibile di altri diritti o interessi costituzionalmente protetti.
Il bilanciamento operato dal legislatore nelle normative impugnate tende, invece, a fare assumere illegittimamente un «valore tirannico» (sent. n. 85 del 2013) all'interesse della collettivita', senza alcuna considerazione che quello stesso valore viene tutelato in termini sostanzialmente analoghi dalla normativa regionale vigente, senza dover fare ricorso alla «scelta tragica» della coercizione e della negazione di ogni spazio al principio di autodeterminazione.
Si conferma quindi l'illegittimita' di una normativa statale che travolge un sistema, quale quello strutturato dalla regione Veneto, fondato su un sistema vaccinale piu' libero e maggiormente responsabilizzato, incentrato sul consenso informato del destinatario della prestazione sanitaria.
2.5. Ma c'e' di piu'. La disciplina introdotta dalle disposizioni impugnate, in particolare dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge - oltre a imporre una limitazione sproporzionata al diritto individuale alla salute di cui all'art. 32 della Costituzione -, appare inidonea a raggiungere gli obiettivi che si prefigge con riferimento alla maggior parte delle patologie considerate e comunque eccessiva rispetto al suo scopo.
Quanto al tetano, trattandosi di una patologia con un bassissimo tasso di incidenza (un caso su un milione), con una mortalita' inferiore alla meta' dei casi e la cui trasmissione non avviene per contagio fra persone, la vaccinazione ha un valore limitato alla protezione del singolo individuo e non si giustifica quindi una campagna vaccinale per motivi di interesse pubblico. In altre parole, difetta, in relazione a questa patologia un vero e proprio interesse della collettivita', dal momento che la stessa, appunto, non si diffonde per contagio.
Quanto all'epatite B, non esiste allo stato attuale un'emergenza di sanita' pubblica che giustifichi il ricorso alla vaccinazione obbligatoria in eta' infantile, dato che le epatiti da HBv, come le altre a trasmissione ematica quali epatiti C e Delta, hanno mostrato negli ultimi decenni un'importante e costante riduzione dell'incidenza e che i soggetti maggiormente a rischio di contrarre la malattia sono quelli di eta' compresa tra i 35 e i 54 anni (con un'incidenza di 1,4 casi su 100.000), sebbene si sia assistito a un calo dell'incidenza anche in questo gruppo di popolazione.
Quanto alla difterite, non esiste alcuna emergenza sanitaria, dal momento che dagli anni '90 a oggi in Italia si sono registrati soltanto due casi di difterite respiratoria causati da C. diphtheriae produttori di tossina (uno nel 1993 dovuto a C. diphtheriae biotipo gravis e l'altro, nel 1995, dovuto a C. diphtheriae biotipo mitis). Nel periodo 2000-2014 i casi di difterite, confermati microbiologicamente presso l'ISS, sono stati due, entrambi segnalati nel Nord Italia e causati da C. ulcerans. Nello stesso periodo sono stati segnalati anche cinque casi di infezioni dovuti a ceppi di C. diphtheriae non produttori di tossina (notiziario ISS marzo 2015).
Quanto alla poliomielite, l'ultimo caso nel nostro Paese si e' registrato nel 1982.
Quanto all'Haemophilus influenzae tipo b, l'incidenza in Italia e' molto bassa, come si evidenzia dal seguente grafico dell'Istituto superiore di sanita'.
Parte di provvedimento in formato grafico
Quanto alla pertosse, l'incidenza negli ultimi anni si e' sempre mantenuta sotto l'1 per 100.000.
Quanto alla meningite, secondo i competenti organi ministeriali non risulta al momento alcuna epidemia di malattie invasive da meningococco (33) , la trasmissione interpersonale non c'e' o sarebbe eccezionale, i vaccini non danno garanzie di elevata efficacia e di lunga durata e possono provocare reazioni avverse di una certa gravita'. Per questi motivi non vi e' alcuna necessita' di introdurre una vaccinazione obbligatoria su larga scala, tenuto conto che le raccomandazioni dell'OMS suggeriscono di ricorrere a tale soluzione solo laddove l'incidenza sia superiore a 10 casi per 100.000 abitanti (nell'arco di tre mesi), ben lontana dall'attuale situazione del nostro Paese.
Per quanto riguarda, infine, il morbillo, valgono le considerazioni svolte supra, al punto 1.2, sull'inidoneita' delle misure introdotte dal decreto-legge a contrastare l'attuale recrudescenza dell'infezione a causa dell'assoluta peculiarita' della stessa. Peraltro, anche qualora si ritenesse utile ricorrere alla vaccinazione obbligatoria unicamente per questa patologia, appare senz'altro eccessiva l'introduzione di un obbligo generale e permanente (e non gia' territorialmente circoscritto alle sole aree interessate e temporalmente limitato al periodo necessario al contenimento dell'infezione).
Si conferma dunque, anche sotto questo profilo, l'evidente irragionevolezza delle scelte operate dal legislatore statale con l'adozione della normativa impugnata, nella misura in cui impone l'obbligo di vaccinazione per patologie non a rischio epidemico.
2.6. Infatti, il necessario rispetto del principio di precauzione, secondo cui, «in presenza di un'alternativa che presenti un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato - il decisore pubblico deve optare per la soluzione che consenta di neutralizzare o minimizzare il rischio» (cfr., ex multis, Cons. St., sez. III, ord. 20 aprile 2017, n. 1662), impropriamente posto dal Governo a fondamento del decreto-legge n. 73 del 2017, avrebbe dovuto, al contrario, indurlo a limitare l'obbligo vaccinale alle sole situazioni in cui esso si rende realmente necessario. E cio', non gia' in forza di un'astratta e del tutto apodittica affermazione circa l'esigenza di raggiungere una copertura del 95% per tutte le patologie elencate all'art. 1, comma 1, ma in base a un'accurata valutazione epidemiologica (che non risulta essere mai stata compiuta) del rischio di diffusione delle varie malattie infettive nei diversi contesti spazio-temporali.
Peraltro, dal momento che non risulta vi siano altri Paesi al mondo in cui si fatta esperienza di un sistema di profilassi che somministra in modo obbligatorio dodici vaccini, ne deriva non esistono studi disponibili per valutare gli esiti concreti della loro applicazione nel breve nel medio e nel lungo periodo, con l'obiettivo di valutare se questo tipo di sistema aumenta realmente le coperture vaccinali.
Da questo punto di vista, le norme impugnate, proprio contraddicendo il principio di precauzione, introducono, come e' stato affermato, una sorta di grottesca «sperimentazione di massa» obbligatoria senza un adeguato consenso informato, senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una supervisione bioetica (34) .
Anche sotto questo profilo risulta quindi confermata la violazione degli enunciati parametri costituzionali, ulteriormente aggravata dalla circostanza che nel decreto-legge n. 73 del 2017 non si rinviene alcuna traccia, a fronte ad un incremento cosi' consistente del numero delle vaccinazioni obbligatorie, di alcuna misura di valutazione preventiva del rischio e conseguente suo alleviamento.
La mera previsione di un esonero in caso di accertato pericolo per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta (art. 1, comma 3) non rappresenta una adeguata forma di cautela o di analisi prodromica del rischio, la quale resta affidata al caso o alla «onerosa» previdenza dei genitori.
Sarebbe stato, invece, necessario come affermato dalla sentenza n. 258 del 1994 codesta Ecc.ma Corte, individuare e prescrivere «gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze» e il legislatore avrebbe dovuto prevedere «tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il rischio di complicanze» (sent. n. 118 del 1996).
Di cio', come detto, manca invece ogni traccia nel decreto-legge impugnato, confermando quindi la violazione degli art. 2, 3 e 32 della Costituzione.
2.7. Le disposizioni impugnate devono essere dichiarate incostituzionali - oltre che per le ragioni fin qui illustrate - anche per violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, in combinato disposto con gli artt. 117, comma 3, e 118 della Costituzione, in quanto determinano una grave ingerenza nelle competenze regionali in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario regionale, con potenziali ricadute negative sulla capacita' della Regione di erogare efficacemente i servizi sanitari.
Le misure da esse previste, nella loro irragionevole immediatezza e rigidita', costringono infatti le Regioni - anche quelle dotate, come il Veneto, di un'efficace strategia vaccinale, in grado di conciliare la liberta' di scelta degli individui con l'interesse della collettivita' - a concentrare le proprie risorse e il proprio personale sanitario sulle vaccinazioni per far fronte ai nuovi obblighi previsti dal decreto-legge (art. 1, comma 1) e ai connessi adempimenti amministrativi (art. 1, commi 2, 3, 4 e 5, e art. 3, comma 2), a danno degli altri LEA, con conseguente sacrificio del fondamentale diritto alla salute dei cittadini (art. 32 della Costituzione).
Ne' va trascurato che le stesse norme, condizionando l'accesso ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia alla presentazione della documentazione relativa all'adempimento dell'obbligo vaccinale (art. 3, comma 3) e comminando pesanti sanzioni amministrative alle famiglie (anche a quelle meno abbienti) che non sottopongano i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie (art. 1, comma 3), sono suscettibili di incidere negativamente sulla capacita' delle Regioni di erogare i servizi per l'infanzia (art. 31 della Costituzione) e di garantire il diritto allo studio nell'ambito delle istituzioni scolastiche ed educative (art. 34 della Costituzione).
2.8. Tutte le violazioni delle norme costituzionali indicate nel punto 2.1 e specificate nei punti successivi del presente ricorso determinano quindi un'evidente ridondanza sulle competenze e attribuzioni di spettanza regionale.
Oltre all'obbligo imposto alle aziende sanitarie di provvedere alle vaccinazioni, va ricordato, nello specifico che l'art. 1, comma 4, dispone che, in caso di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale, «ai genitori esercenti la responsabilita' genitoriale e ai tutori e' comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro settemilacinquecento»; tale sanzione non si applica qualora, in seguito alla contestazione da parte dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente, i genitori o i tutori provvedano a far somministrare al minore il vaccino.
Ne consegue che, anche alla luce quanto previsto dal successivo art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017, l'accertamento e la contestazione del mancato rispetto dell'obbligo spettano all'azienda sanitaria locale competente per territorio, la quale, se ricorrono i presupposti, dovra' anche irrogare la sanzione prevista.
Il medesimo art. 1, al comma 5, dispone poi che il mancato rispetto del termine indicato dall'azienda sanitaria locale in sede di contestazione implica che quest'ultima sia tenuta a «segnalare l'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni per gli eventuali adempimenti di competenza».
Ulteriori adernpimenti sono posti a carico delle aziende sanitarie locali dall'art. 3, comma 2, del decreto, ai sensi del quale queste ultime ricevono le segnalazioni relative alla mancata presentazione della documentazione concernente l'adempimento degli obblighi vaccinali inviate loro dai dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie. La segnalazione comporta l'obbligo per l'azienda sanitaria locale di provvedere agli adempimenti relativi all'accertamento ed eventuale irrogazione della sanzione prevista dall'art. 1 del decreto.
Le disposizioni citate, quindi, si confermano come norme che, travolgendo il modello della legge reg. n. 7 del 2007, incidono sull'organizzazione dei servizi sanitari che, come piu' volte chiarito da codesta Ecc.ma Corte, sotto il profilo della potesta' legislativa e' da ritenersi «parte integrante della "materia" costituita dalla "tutela della salute" di cui al terzo comma del citato art. 117 Cost» (Corte costituzionale sent. n. 371 del 2008; cfr. anche, ex multis, sentenze n. 105 del 2007, nn. 328 e 181 del 2006, nn. 384 e 270 del 2005, n. 510 del 2002). In tale ambito, quindi, lo Stato potrebbe intervenire solamente definendo i principi fondamentali, mentre le disposizioni che incidono «su profili che attengono direttamente all'organizzazione del servizio sanitario» devono essere considerate quali disposizioni di dettaglio (Corte costituzionale sent. n. 371 del 2008).
Come gia' anticipato, le previsioni normative qui censurate introducono invece adempimenti e obblighi direttamente in capo alle aziende sanitarie locali, chiamate, oltre che a somministrare i vaccini, anche a svolgere le descritte attivita' di accertamento, segnalazione, contestazione e irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal decreto-legge. In questo modo, vengono disciplinati in dettaglio profili direttamente attinenti all'organizzazione dei servizi sanitari, la cui competenza legislativa spetta invece chiaramente alle Regioni.
Anche con riferimento alle disposizioni riguardanti gli adempimenti vaccinali per l'iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia e alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, di cui agli artt. 3 e 4, decreto-legge n. 73 del 2017, le violazioni sinora censurate ridondano su competenze e attribuzioni regionali.
In particolare, l'art. 4, comma 1, del decreto-legge dispone che i minori per i quali le vaccinazioni obbligatorie possono essere omesse o differite in caso di accertato pericolo per la salute «sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati, fermi restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i limiti di cui all'art. 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107 e all'art. 19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 [queste ultime disposizioni normative riguardano le limitazioni delle piante organiche delle istituzioni scolastiche statali]». L'articolo censurato prosegue, al comma 2, disponendo che i dirigenti e responsabili scolastici comunichino all'azienda sanitaria locale, «entro il 31 ottobre di ogni anno, le classi nelle quali sono presenti piu' di due alunni non vaccinati».
Tali disposizioni incidono senza dubbio sulle attribuzioni regionali relative alla competenza concorrente in materia di istruzione e alla competenza residuale in materia di istruzione e formazione professionale.
In particolare, e' presente un'evidente ridondanza con riferimento alla programmazione scolastica regionale e al dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche sul territorio, ambiti di sicura competenza legislativa regionale. Come infatti affermato da codesta Ecc.ma Corte, «l'ampio decentramento delle funzioni amministrative ... ha visto delegare importanti e nuove funzioni alle Regioni, fra cui anzitutto quelle di programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale ..., e di programmazione della rete scolastica ... Sicche', proprio alla luce del fatto che gia' la normativa antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica ..., e' da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 «abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita»» (sent. n. 34 del 2005; in senso conforme Corte costituzionale sentenze n. 147 del 2012 e n. 200 del 2009).
Peraltro, anche l'istituzione di nuove sezioni nelle scuole dell'infanzia gia' esistenti, «attiene, in maniera diretta, al dimensionamento della rete scolastica sul territorio» (Corte costituzionale sent. n. 92 del 2011).
Le disposizioni di cui all'art. 4, decreto-legge n. 73 del 2017, quindi, introducendo norme che incidono sulla conformazione delle classi, si riflettono indirettamente anche sulla programmazione e sul dimensionamento delle istituzioni del sistema scolastico, dei servizi educativi per l'infanzia e dei centri di formazione professionale. Non e' da escludersi, infatti, che la necessita' di inserire minori che non possono vaccinarsi in classi in cui tutti gli altri alunni siano immunizzati possa confliggere con le disposizioni regionali in materia di dimensionamento degli istituti. Tale evenienza potrebbe essere ancor piu' probabile nei comuni di piccole dimensioni, in cui gli istituti scolastici presentano un numero di iscritti inferiore alla media.
In tali casi, quindi, il corretto sviluppo dell'autonomia regionale in materia di programmazione e dimensionamento della rete scolastica territoriale risulta quindi limitato dall'applicazione delle disposizioni censurate, con evidente ridondanza sulle competenze regionali in materia di istruzione (art. 117, comma 3, della Costituzione) e istruzione e formazione professionale (art. 117, comma 4, della Costituzione), nonche' sull'autonomia amministrativa regionale tutelata dall'art. 118 della Costituzione.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 4 e 5, e degli articoli 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma 3, e 119, commi 1 e 4, della Costituzione.
3.1. L'art. 7 («Disposizioni finanziarie») stabilisce che:
«1. Agli oneri derivanti dall'art. 2, comma 3, pari a duecentomila euro per l'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440.
2. Dall'attuazione del presente decreto, a eccezione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
In questi termini le nuove vaccinazioni obbligatorie imposte dall'art. 1, comma 1, per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni come «obbligatorie e gratuite», risultano prive di adeguata copertura finanziaria, in violazione degli artt. 81, comma 3,della Costituzione («ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte»), che conseguentemente ridonda in violazione, anche diretta ed autonoma, dell'art. 119, commi 1 e 4, della Costituzione.
Nessuna copertura, ad eccezione di quella per le iniziative di formazione, viene infatti prevista per gli ingenti oneri derivanti dalle nuove vaccinazioni che vengono rese obbligatorie, e del tutto surrettiziamente l'art. 7, comma 2, afferma che dalle altre disposizioni del decreto-legge non derivano oneri per la finanza pubblica.
In realta' maggiori ed ingenti oneri, come si precisera' di seguito, vengono imposti, da piu' punti di vista, alle strutture del servizio sanitario regionale in assenza di adeguata copertura finanziaria, in violazione quindi della garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria e del principio per cui «le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».
In questi termini la mancanza di copertura determina una lesione dell'autonomia finanziaria regionale, dal momento che, come affermato in piu' occasioni da codesta Ecc.ma Corte costituzionale, la «garanzia di tale autonomia, infatti, comporta che non possano essere addossati al bilancio regionale (o provinciale) gli oneri derivanti da decisioni non imputabili alla regione stessa» (gia' sent. n. 452 del 1989), per cui «la disponibilita' finanziaria costituisce limite alla autonomia, con duplice funzione di protezione dei vari soggetti e con carattere di reciprocita', cioe' nel senso che gli enti di autonomia debbono provvedere con risorse proprie in presenza di maggiori spese dipendenti da proprie scelte, giustificabili da esigenze locali. Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i mezzi finanziari di cui vi e' disponibilita', puo' rifiutare di addossarsi gli ulteriori disavanzi per spese estranee alle proprie scelte o dipendenti da determinazioni degli enti gestori, ma non puo' addossare al bilancio regionale oneri relativi alla spesa sanitaria che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse» (cosi' sent. n. 416 del 1995; si vedano anche sentenze numeri 283 del 1991, 369 del 1992 e 22 del 2012).
3.2. Nello specifico la mancanza di adeguata copertura delle norme impugnate si evidenzia gia' nella stessa relazione tecnica al decreto-legge (Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XVII Legislatura, A.C. 4533).
In essa, infatti, si afferma che, oltre alla copertura delle quattro vaccinazioni gia' obbligatorie, «delle ulteriori otto introdotte con il presente decreto, cinque (anti-morbillo, anti-parotite, anti-rosolia, anti-pertosse e anti-Haemophilus influenzae b), rientrano nei livelli essenziali di assistenza (LEA) fin dal 2001, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 febbraio 2002, n. 33».
A fronte della facile obiezione che nei suddetti Lea questi ultimi cinque vaccini non erano obbligatori, la Relazione tecnica ha cura di precisare che l'obiettivo di copertura vaccinale pari al 95% «e' stato inserito anche nella relazione tecnica al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502».
Tuttavia, essa omette di considerare che la Relazione tecnica al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante i nuovi LEA, facendo riferimento al PNPV 2016-2018, aveva avuto cura di specificare come l'obiettivo della copertura vaccinale al 95% fosse un obiettivo graduale da raggiungere per il 2018, ipotizzando peraltro che non tutta la popolazione di riferimento avrebbe fatto ricorso al vaccino nei tempi proposti. Il successivo PNPV 2017-2019, infatti, ha spostato il suddetto obiettivo di copertura al 2019.
Ma soprattutto la Relazione tecnica omette di considerare completamente la questione delle ingenti risorse necessarie per il recupero dei non vaccinati (coorti 2001-2016), essendo la copertura precedente relativa solo ai nati nel 2017.
Non solo.
La stessa Relazione tecnica, se da un lato riconosce che «gli oneri derivanti dalle vaccinazioni raccomandate dal PNPV 2017-2019 hanno trovato copertura finanziaria nell'art. 1, comma 408, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che a decorrere dall'anno 2017, nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, prevede una specifica finalizzazione, pari a 100 milioni di euro per l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno 2018 e a 186 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019», dall'altro e' costretta ad ammettere che «Tale stanziamento copre il raggiungimento degli obiettivi di copertura vaccinale di tutte le vaccinazioni rese obbligatorie dal presente decreto [ma questo in ogni caso non vale, come detto per coprire i costi del recupero delle coorti 2001-2016], ad eccezione dell'anti-meningococco B e dell'anti-varicella, per le quali nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e nel PNPV era definito un obiettivo di copertura vaccinale pari al 60% per l'anno 2017, al 75% per l'anno 2018, nonche' la copertura vaccinale indicata dall'OMS a decorrere dall'anno 2019».
Tuttavia, a fronte di tale realistica considerazione, la Relazione tecnica perviene subito dopo alla irrealistica e infondata considerazione della assenza di nuovi e maggiori oneri sulla base di una artificiosa rimodulazione dei dati utilizzati nella relazione tecnica di soli pochi mesi prima (quella al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017), ipotizzando quindi a) riduzione della coorte di popolazione interessata dalle predette vaccinazioni, per effetto del calo demografico; b) una riduzione del prezzo dei vaccini; c) una riduzione del numero di dosi di anti-meningococco B da somministrare, per il solo anno 2017.
Da qui la conclusione, per cui:
«per l'anno 2017, con riferimento all'anti-varicella, non sussiste alcun onere aggiuntivo;
per l'anno 2017, per l'anti-meningococco B, pur considerato l'incremento dell'obiettivo di copertura vaccinale (dal 60% al 95%) - moltiplicando la coorte di popolazione di riferimento per il prezzo delle dosi di vaccini da somministrare - si verifica che l'onere associato e' coerente con la copertura prevista a legislazione vigente;
per l'anno 2018, per l 'anti-meningococco B e per l'anti-varicella, pur considerato l'incremento dell'obiettivo di copertura vaccinale (dal 75% al 95%) moltiplicando la coorte di popolazione di riferimento per il prezzo delle dosi di vaccini da somministrare - si stima un onere leggermente superiore alla copertura prevista a legislazione vigente (cfr. Tabella 1), che tuttavia e' compensato dal minor costo per gli altri vaccini ove si utilizzino i dati aggiornati della popolazione».
E' evidente quindi che la copertura viene riscontrata sulla base di dati del tutto aleatori: basti considerare che le gare per l'acquisto dei vaccini sono regionali e non e' stata verificata alcuna riduzione di prezzo e che peraltro la relazione non specifica per quali vaccini questa si sarebbe verificata.
In considerazione che il PNV non prevedeva la obbligatorieta' dei vaccini, la Regione Veneto e' in grado di documentare nella tabella allegata (doc. n. 3), il maggior onere che risulta posto a carico dell'autonomia finanziaria regionale.
Complessivamente, dalla coorte 2001 (16enni) a quella del 2017 (nuovi nati) sono da prevedere oltre 760.000 dosi di vaccino per completare la copertura per le dodici vaccinazioni rese obbligatorie: una dose MPR coorti 2001-2017, seconda dose MPR coorti 2001-2011, tre dosi Esavalente coorti 2001-2017, una dose meningococco C coorti 2012-2017, una dose per varicella e due per meningococco B per la coorte 2017.
Tali sono le dosi necessarie per assolvere alle prescrizioni stabilite dalle norme impugnate (sono ovviamente gia' esclusi i gia' vaccinati per le rispettive vaccinazioni e rispettive dosi). Volendo escludere la coorte dei nuovi nati si giunge ad un totale di 448.000 dosi.
Applicando il costo dei vaccini a tali cifre si puo' stimare in oltre 26,8 milioni di euro la cifra necessaria per l'acquisto dei vaccini necessari (cifra che scende a 12 milioni e 600 mila euro escludendo i nuovi nati).
3.3. Ma non solo.
Nel valutare l'impatto sull'autonomia finanziaria regionale occorre, infatti, considerare i costi dell'insieme degli ingenti adempimenti previsti a carico del sistema organizzativo regionale, sia soprattutto in termini di carico di lavoro in capo alle istituzioni regionali preposte alla somministrazione dei vaccini, sia per le ulteriori disposizioni che ricadono sull'organizzazione amministrativa regionale (in base all'art. 3, comma 2 l'accertamento e la contestazione del mancato rispetto dell'obbligo spettano all'azienda sanitaria locale competente per territorio, la quale, se ricorrono i presupposti, dovra' anche irrogare la sanzione prevista; in forza dell'art. 1, al comma 5, il mancato rispetto del termine indicato dall'azienda sanitaria locale in sede di contestazione, implica che quest'ultima sia tenuta a segnalare l'inadempimento dell'obbligo vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni).
La relazione tecnica in modo del tutto sbrigativo e superficiale si limita ad affermare che «le attivita' che si dispone svolgano le aziende sanitarie locali non comportano nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto rientrano tra gli adempimenti istituzionali di competenza delle stesse a legislazione vigente e sono previsti, tra l'altro, dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (cfr. Intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano - Rep. atti n. 10/CSR del 19 gennaio 2017)».
L'affermazione e' del tutto apodittica e dimentica che il PNPV non era in alcun modo fondato sul presupposto della obbligatorieta' di dodici vaccinazioni - stabilita invece solo ora, anche in relazione alle coorti 2001-2016, dalle impugnate disposizioni - ma sulla condivisione di un obiettivo tendenziale.
Il presupposto e' quindi radicalmente diverso e incide pesantemente, quanto ai tempi, alla mole di lavoro e ai costi, sulla struttura organizzativa regionale, che si trova gravata da ingenti costi per il personale come stimato dalla tabella allegata (doc. n. 3): considerando solo 10 minuti a medico e 10 minuti a comparto per le vaccinazioni (quando e' noto che l'attivita' esige invece maggiori tempistiche in quanto c'e' tutto l'aspetto legato all'anamnesi, all'invito, al colloquio col genitore, alla gestione della sede vaccinale - aperture, stoccaggio vaccini, ecc. - che nella tabella non e' stato considerato) in termini di personale e tempo si puo' quantificare approssimativamente in circa 7 milioni di euro la ulteriore spesa relativa al personale (4 milioni escludendo la coorte dei nuovi nati).
3.4. La denunciata assenza di copertura finanziaria riguarda, infine, anche i costi che deriveranno, in forza dell'estensione dell'obbligo, dall'erogazione degli indennizzi dovuti in seguito a danni derivanti da vaccinazione.
La disciplina in questione, come noto, e' stata introdotta dalla legge n. 210 del 1992, recante «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati». L'art. 1, comma 1, della citata legge dispone che «chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana, lesioni o infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrita' psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge».
Il medesimo articolo prevede anche che il beneficio venga corrisposto alle persone non vaccinate che abbiano riportato danni a seguito di contatto con persona vaccinata, nonche' alle persone che si siano sottoposte a vaccinazioni non obbligatorie ma necessarie per motivi di lavoro e ai soggetti a rischio operanti nelle strutture ospedaliere (art. 1, comma 4, l. n. 210 del 1992).
La giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte costituzionale successivamente ha in parte esteso la platea dei beneficiari, includendovi i soggetti sottoposti a specifiche vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate e incentivate, quali l'antipoliomielite e l'antiepatite B, per il periodo precedente all'introduzione della relativa obbligatorieta' (sentenze n. 27 del 1998 e n. 423 del 2000), nonche' le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la rosolia (sent. n. 107 del 2012).
Successive disposizioni normative hanno previsto alcune integrazioni all'indennizzo in questione. Con la legge n. 238 del 1997 e' stata introdotta la possibilita' di richiedere un assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo. La legge n. 229 del 2005 ha poi riconosciuto ai soggetti danneggiati indicati dalla l. n. 210 del 1992 un ulteriore indennizzo, consistente in un assegno mensile vitalizio, corrisposto per la meta' al soggetto danneggiato e per meta' ai congiunti che prestano o abbiano prestato ad esso assistenza prevalente e continuativa.
Tanto premesso, si e' costretti a rilevare che ne' le norme impugnate, ne' tantomeno la Relazione tecnica, si sono poste minimamente il problema dei maggiori oneri che, dal punto di vista degli indennizzi, deriveranno dall'estensione dell'obbligo vaccinale.
Al riguardo e' opportuno precisare che la competenza amministrativa e gli oneri finanziari connessi all'erogazione degli indennizzi in parola, in seguito all'adozione del decreto legislativo n. 112 del 1998 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 sono stati trasferiti alle regioni a decorrere dal 1° gennaio 2001, individuando al contempo le risorse finanziarie da trasferire ad esse dal bilancio dello Stato.
Tali risorse erano tuttavia rapportate alle legislazione allora vigente, con un minor tasso di obbligatorieta' delle vaccinazioni.
Se successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (in particolare 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003) hanno poi operato una rideterminazione delle risorse finanziarie da trasferire, le norme impugnate omettono ora ogni considerazione del problema a fronte della pur imponente estensione degli obblighi di vaccinazione.
Di conseguenza, a fronte di un aumento esponenziale delle vaccinazioni obbligatorie disposto dalle norme censurate, il legislatore avrebbe dovuto prevedere una specifica copertura finanziaria per il conseguente aumento delle domande di indennizzo.
La mancanza di ogni forma di copertura di questo ulteriore onere conferma quindi la censura esposta al punto 3.1.
A cio' si aggiunga che, ai sensi dell'art. 1, comma 586 della la legge di stabilita' 2016 (l. n. 208 del 2015), le Regioni sono ora tenute ad anticipare le somme dovute a titolo di indennizzo agli aventi diritto, «in attesa del trasferimento dallo Stato» (art. 1, comma 586, l. n. 208 del 2015).
Dal momento che il decreto-legge impugnato non ha disposto alcuna copertura finanziaria al riguardo, la Regione si trovera' esposta ad anticipare le relative somme senza la garanzia di un'adeguata restituzione da parte dello Stato.
Istanza di sospensione
La Regione del Veneto chiede che codesta Ecc.ma Corte, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale delle disposizioni di legge statale qui censurate, sospenda l'esecuzione degli articoli 1, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017 ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della legge n. 131/2003, che tanto consente in presenza di un rischio di pregiudizio grave e irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini.
E' del tutto evidente l'irreparabilita' del danno per i diritti dei cittadini e per l'interesse pubblico che si verrebbe a verificare nelle more ordinarie del giudizio di legittimita' costituzionale, posto che l'introduzione dell'obbligatorieta' delle nuove vaccinazioni e i relativi oneri posti a carico dei dirigenti scolastici, dei responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie, nonche' delle aziende sanitarie locali, travolgono il percorso avviato sin dal 2007 dalla Regione Veneto, fondato sul consenso informato e sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione consapevole.
Qualora quindi l'udienza si svolgesse non prima dell'inizio dell'anno scolastico, inevitabili ripercussioni si verificherebbero con riferimento al principio di autodeterminazione della persona in materia di trattamenti sanitari, per l'effetto del traumatico passaggio da una strategia vaccinale basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione, senza peraltro che siano stati adeguatamente considerati gli accertamenti preventivi idonei a prevedere e a prevenire i possibili rischi di complicanze.
Risponde dunque all'interesse generale sospendere l'esecuzione delle suddette disposizioni, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale, dato il concreto rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, nonche' di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico.
(1) S. Salmaso, I Vaccini come strumento di prevenzione, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanita'; P.E. FINE, Herd immunity: History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302. Cfr., inoltre, P. Urbano, F.G. Urbano, Giornale di batteriologia, virologia ed immunologia, 1997, vol. 89, p. 47 ss.; G. Gonçalves, Herd Immunity: Recent Uses in Vaccine Assessment, Expert Rev Vaccines, 2008.
(2) World Health Organization - Regional Office For Europe, European Vaccine Action Plan 2015-2020, consultabile in http://www.euro.who.int/data/assets/pdf_file/0007/255679/WHO EVAP_UK_v30_WEBx.pdf?ua=1).
(3) Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019, di cui all'intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, l. 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2017, approvato il 19 gennaio 2017 dalla Conferenza Stato-regioni con lo scopo primario dell'"armonizzazione delle strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione; intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l'equita' nell'accesso a vaccini di elevata qualita', anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il piu' possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente".
(4) Centers For Disease Control and Prevention (CDC) and World Health Organization (WHO/OMS), History and Epidemiology of Global Smallpox Eradication. From the training course titled Smallpox: Disease, Prevention, and Intervention, Slides 16-17, pubblicato in http://www.bt.cdc.gov/agent/smallpox/training/overview/pdf/eradic ationhistory.pdf. I dati in essa contenuti vengono ripresi anche dalla letteratura scientifica, almeno fino al 2015 (R.M. Merrill, Introduction to Epidemiology, 2015, https://books.google.it/books?id=Vy0iswEACAAJ&printsec=frontcover &hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Smallpox &f=false). Si veda anche: P.E. FINE, Herd immunity: History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302; M. Doherty, P. Buchy, B. Standaert, C. Giaquinto, D. Prado Cohrs, Vaccines Impact: Benefit for Human Health, Vaccine, Volume 34, Issue 52, 20 December 2016, p. 6707-6714; S. Salmaso, I vaccini come strumento di prevenzione, cit.
(5) P.E. Fine, Herd Immunity: History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302; S. Salmaso, I vaccini come strumento di prevenzione, cit.
(6) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non basta ridurre il numero degli obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, in Quotidiano sanita', 3 luglio 2017, http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?artic olo_id=52302&fr=n, dove viene radicalmente contestata, confrontando sia gli indici dell'OMS sia la piu' accreditata letteratura scientifica, l'indicazione della soglia del 95% per l'effetto gregge da parte dell'ISS.
(7) http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.a spx?id=217494.
(8) http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp.
(9) Cfr. http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vaccinazioni.
(10) Ministero della salute, dato al 2016, coorte del 2014. www.salute.gov.it.
(11) http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/Infografica2017.asp
(12) C. Colapietro, La valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori: il bilanciamento tra gli interessi del singolo e quelli della collettivita', in Aa.Vv., Vaccinazioni: obbligo o liberta?, Forum internazionale, Napoli, 2017, p. 68, consultabile in http://www.luimo.org/images/forum/Napoli_forum_vaccinazioni_it.p df.; nello stesso senso, v., gia', R. D'Alessio, I limiti costituzionali dei trattamenti "sanitari", in Diritto e Societa', 1981, p. 546 e ss., e V. Caianiello, Limiti delle prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del diritto di scelta del cittadino, in Nuova Rassegna, 1985, p. 827.
(13) Sulla persona umana come valore centrale nel sistema costituzionale, al quale tutti gli altri si riportano, v., ex multis, A. Barbera, Commento all'art. 2, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Bologna, 1975, p. 91; N. Occhiocupo, Liberazione e promozione umana nella Costituzione. Unita' di valori nella pluralita' di posizioni, Milano, 1988, p. 68 e ss.; A. Baldassarre, Diritti inviolabili, in Enciclopedia Giuridica, XI, Roma, 1989; A. Pace, Problematica delle liberta' costituzionali - Parte generale, Padova, 1990, passim; L. Carlassare, Forma di Stato e diritti fondamentali, in Quaderni Costituzionali, 1995, 1, p. 45.
(14) R. Dworkin, La democrazia possibile. Principi per un nuovo dibattito politico, Milano, 2007, pp. 28-29. Cfr. inoltre G. Marini, Il consenso, in S. Rodota' e P. Zatti (diretto da), Trattato di biodiritto, vol. I; S. Rodota' e M. Tallacchini (a cura di), Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010, pp. 381 ss.
(15) Gli articoli 5, 6 e 9 della Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina sono contenuti al Capitolo II recante "Consenso", e sono rispettivamente rubricati "Regola generale"
(art. 5), "Protezione delle persone che non hanno la capacita' di dare consenso" (art. 6), e "Desideri precedentemente espressi" (art. 9).
(16) Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, punto 7.2: "Ora, e' noto che, sebbene il Parlamento ne abbia autorizzato la ratifica con la legge 28 marzo 2001, n. 145, la Convenzione di Oviedo non e' stata a tutt'oggi ratificata dallo Stato italiano. Ma da cio' non consegue che la Convenzione sia priva di alcun effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all'accordo valido sul piano internazionale, ma non ancora eseguito all'interno dello Stato, puo' assegnarsi - tanto piu' dopo la legge parlamentare di autorizzazione alla ratifica - una funzione ausiliaria sul piano interpretativo: esso dovra' cedere di fronte a norme interne contrarie, ma puo' e deve essere utilizzato nell'interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il piu' possibile ad esso conforme. Del resto, la Corte costituzionale, nell'ammettere le richieste di referendum su alcune norme della legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente la procreazione medicalmente assistita, ha precisato che l'eventuale vuoto conseguente al referendum non si sarebbe posto in alcun modo in contrasto con i principi posti dalla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, recepiti nel nostro ordinamento con la legge 28 marzo 2001, n. 145 (Corte cost., sentenze n. 46, 47, 48 e 49 del 2005): con cio' implicitamente confermando che i principi da essa posti fanno gia' oggi parte del sistema e che da essi non si puo' prescindere."
(17) Cfr. http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vaccinazioni.
(18) Cfr. http://vaccinarsinveneto.org.
(19) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=229351.
(20) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=229351.
(21) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=229351.
(22) DGR Veneto n. 3664 del 25 novembre 2008, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=211577.
(23) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=229351.
(24) DGR Veneto n. 3139 del 14 dicembre 2010, consultabile in http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=229351.
(25) Regione Veneto, Report sull'attivita' vaccinale dell'anno 2016. Copertura vaccinale a 24 mesi (coorte 2014), marzo 2017, consultabile in https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazioni.
(26) Regione Veneto, Report sul monitoraggio della sospensione dell'obbligo vaccinale. Dati sulle coperture vaccinali per i nuovi nati aggiornati al 31 marzo 2017, consultabile in https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazioni, p. 14.
(27) Dati EpiCentro, portale dell'epidemiologia per la sanita' pubblica, a cura del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell'Istituto superiore di sanita', consultabili in http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp. Per le restanti vaccinazioni raccomandate, inoltre, i tassi di copertura in Veneto non si discostano di molto dalla media nazionale: pertosse 92% (media nazionale: 93,55%); Hib 91,26% (media nazionale: 93,05%); pneumococco 84,46% (media nazionale 88,35%) - i dati EpiCentro si riferiscono sempre alla coorte 2014.
(28) Progetto "Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell'Offerta Vaccinale nella Regione Veneto", Report di Ricerca, Analisi dei Dati e Indicazioni Operative (DGR n. 3664 del 25 novembre 2008 - All. B) (del. Az. ULSS 20 n. 278 del 27 maggio 2009), consultabile in https://prevenzione.ulss20.verona.it/iweb/1324/argomento.html, p. 6.
(29) Ivi, pp. 46-47.
(30) Consultabile in https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr..aspx?id=334537.
(31) F. MODUGNO, Trattamenti sanitari "non obbligatori" e Costituzione, in Dir. e Soc., 1981, p. 310.
(32) R. D'ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti "sanitari", in Dir. e Soc., 1981, p. 540.
(33) V. le recenti dichiarazioni del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanita' (riportate in http://www.epicentro.iss.it/problemi/meningiti/EpidemiaMediatica.asp) che hanno definito i casi di meningite verificatisi nel 2016 "un'epidemia mediatica".
(34) Cfr. I. CAVICCHI, Vaccini. Non basta ridurre il numero degli obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, cit.
P.Q.M.
La Regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale: dell'intero decreto-legge n. 73 del 2017 e, in ogni caso, dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4, 5 e 7, per violazione dell'art. 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione;
dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e degli articoli 3, 4 e 5, del decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 31, 32, 34 e 97 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione;
dell'art. 1, commi 1, 4 e 5, e degli articoli 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma 3, e 119, commi 1 e 4, della Costituzione.
Si depositano:
1. delibere della giunta regionale n. 897 del 13 giugno 2017 e n. 975 del 23 giugno 2017 di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale;
2. tabella riassuntiva copertura Regione del Veneto e definizione della soglia minima;
3. tabella sui maggiori oneri per la Regione Veneto.
Treviso-Venezia-Roma, 14 luglio 2017
Avv. Zanon - Avv. prof. Antonini - Avv. Manzi