Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 maggio 2011 (della Regione Siciliana).
(GU n. 33 del 3.8.2011)
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro
tempore on. dott. Raffaele Lombardo, rappresentato e difeso, sia
congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del
presente atto, dall'avv. Marina Valli e dall'avv. Beatrice Fiandaca,
ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della
Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre
ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 136 del 13 maggio
2011, che si acclude;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli uffici
della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge
dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante
«Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 23
marzo 2011, n. 67 - serie generale - per violazione degli artt. 36 e
37 dello Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al
d.P.R. n. 1074 del 1965, e altresi' dell'art. 14, lett. o) dello
Statuto in relazione al regime della disciplina degli enti locali ed,
inoltre, dell'art. 14, comma 2, del succitato decreto legislativo e
delle ulteriori disposizioni del medesimo decreto ad essi correlati
che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria della Regione per
violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle relative norme
di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965, nonche' degli artt.
81 e 119, quarto comma della Costituzione, nonche' per violazione
dell'autonomia finanziaria dei comuni;
F a t t o
Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 67 del 23 marzo
2011, e' stato pubblicato, il decreto legislativo 14 marzo 2011, n.
23 in materia di federalismo fiscale municipale, emanato in
attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Il decreto interviene sull'assetto delle competenze fiscali tra
Stato ed enti locali, con decorrenza, dal 2011, in una prima fase
transitoria, e poi, a regime, a decorrere dal 2014, con
l'introduzione, in sostituzione di tributi vigenti, dell'imposta
municipale (IMU).
Le entrate che si prevedono di attribuire a favore dei comuni
sono: dal 2011 al 2013:
Art. 2, comma 2 - il 30% delle imposte sui trasferimenti
immobiliari (imposte di registro, ipotecaria, catastale, tassa
ipotecaria e tributi speciali catastali);
Art. 2, comma 1, lett. a) - il gettito delle imposte di registro
e di bollo sui contratti di locazione (devoluzione 100%);
Art. 2, comma 1, lett. c) - il gettito dell'Irpef sui redditi
fondiari (devoluzione 100%);
Art. 2, comma 4 - la compartecipazione all'IVA pari all'ammontare
del 2% del gettito Irpef;
Art. 2, comma 8 - una quota del 21,7 per l'anno 2011 e del 21,6
per l'anno 2012 del gettito della cedolare secca sui canoni di
locazione di immobili ad uso residenziale.
Dal 2014:
Art. 7, comma 2 - il 30% dei prelievi indiretti su trasferimenti
immobiliari;
Art. 7, comma 3 - il 30% dei prelievi indiretti sui trasferimenti
immobiliari di cui all'art. 2, comma 2, lett. a), b), e) ed f);
Art. 7, comma 3 - il gettito delle imposte di registro e di bollo
sui contratti di locazione;
Art. 7, comma 3 - il gettito dell'Irpef sui redditi fondiari;
Art. 2, comma 8 - una quota, pari al 21,6% dei gettito della
cedolare secca sui canoni di locazione di immobili ad uso
residenziale;
Art. 5 - potenziale manovrabilita' dell'addizionale comunale
all'Irpef (max 0,4%);
Art. 8 - IMU, che sostituisce per la componente immobiliare,
l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali
dovute in relazione ai redditi fondiari relative ai beni non locati,
e l'ICI.
Viene poi istituita, l'imposta di soggiorno, affidandosi ai
comuni capoluogo di provincia ed alle citta' turistiche e d'arte la
possibilita' di introdurre un'imposta fino a 5 euro per notte a
carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive, con
destinazione del relativo gettito ad alcune specifiche finalita', tra
cui quelle a favore del turismo.
Si prevede, altresi', una nuova disciplina dell'imposta di scopo
(ora prevista nella legge n. 296/2006), da stabilirsi con un d.P.C.M.
che, tra l'altro, possa aumentarne la durata fino a dieci anni e
prevedere che il relativo gettito finanzi l'intero ammontare della
spesa dell'opera da realizzarsi.
Il gettito derivante dai tributi di cui agli innanzi citati commi
1 e 2 dell'art. 2, affluisce ad un Fondo sperimentale di
riequilibrio, di durata triennale, finalizzato a realizzare in forma
progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione del gettito
medesimo ai comuni.
Il Fondo verra' ripartito sulla base di un accordo in sede di
Conferenza Stato-citta', nell'osservanza, comunque, di due specifici
criteri: una quota del 30% del Fondo andra' ripartita in base al
numero dei residenti e, al netto di tale quota, una ulteriore
percentuale del 20% dovra' essere destinata ai comuni che esercitano
in forma associata le funzioni fondamentali nonche' alle isole
monocomune.
Il decreto istituisce, inoltre, per il finanziamento delle spese
dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei
fabbisogni standard per le funzioni fondamentali, all'art. 13, un
Fondo perequativo a titolo di concorso per il finanziamento delle
funzioni svolte dai predetti enti, alimentato da quote del gettito
dei tributi di cui all'art. 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione
ai tributi sui trasferimenti immobiliari. Il predetto fondo e'
articolato in due componenti con riferimento alle funzioni
fondamentali e non fondamentali.
Contestualmente all'attribuzione delle entrate derivanti dalla
nuova fiscalita' che attribuisce autonomia finanziaria ai comuni
viene previsto il progressivo superamento del sistema di
finanziamento delle spese afferenti alle diverse realta' municipali
basato finora sui trasferimenti erariali.
Il decreto, come espressamente risulta dal preambolo, costituisce
attuazione dei principi e criteri recati dagli articoli 2, commi 2,
11, 12, 13, 21 e 26, della legge n. 42 del 2009 e le norme suindicate
degli artt. 2 e 14, comma 2, dello stesso si appalesano
costituzionalmente illegittime e vengono censurate, in quanto lesive
delle attribuzioni dell'autonomia finanziaria della Regione siciliana
nonche', rispettivamente, di quelle in materia di regime degli enti
locali, e degli artt. 81 e 119, quarto comma della Costituzione,
nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni per le
seguenti ragioni;
D i r i t t o
Violazione degli articoli 36 e 37 dello Statuto della Regione
siciliana e correlate norme di attuazione in materia finanziaria
approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' degli artt. 81
e 119, IV comma della Costituzione.
Codesta ecc.ma Corte costituzionale in un giudizio promosso da
questa Regione ed avente ad oggetto la legittimita' costituzionale di
talune norme della legge 5 maggio 2009, n. 42 - fra le quali gli
artt. 11 e 12 - ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'art. 1, comma
2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente che gli unici
principi della delega sul federalismo fiscale applicabili alle
regioni a statuto speciale ed alle province autonome sono quelli
contenuti negli artt. 15, 22 e 27» e ha ritenuto che «di conseguenza
non sono applicabili alla Regione siciliana gli indicati principi e
criteri di delega contenuti nelle disposizioni censurate» precisando
altresi' che la conclusione enunciata «e' fondata su una sicura
esegesi del dato normativo, priva di plausibili alternative».
Sennonche' diversamente dal decreto legislativo 28 maggio 2010,
n. 85, sul c.d. federalismo demaniale, che correttamente non si
occupa delle autonomie differenziate, il nuovo provvedimento
attuativo dedica loro due commi dell'art. 14 rubricato «Ambito di
applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme
transitorie» che di seguito si trascrivono:
«2. Al fine di assicurare la neutralita' finanziaria del
presente decreto, nei confronti delle regioni a statuto speciale il
presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in
conformita' con le procedure previste dall'articolo 27 della citata
legge n. 42 del 2009, e in particolare:
a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle regioni a
statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche ovvero al gettito degli altri
tributi erariali, questa si intende riferita anche al gettito della
cedolare secca di cui all'articolo 3; b) sono stabilite la decorrenza
e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo
2 nei confronti dei comuni ubicati nelle regioni a statuto speciale,
nonche' le percentuali delle compartecipazioni di cui alla lettera
a); con riferimento all'imposta municipale propria di cui
all'articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti.
3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome
che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, le modalita'
di applicazione delle disposizioni relative alle imposte comunali
istituite con il presente decreto sono stabilite dalle predette
autonomie speciali in conformita' con i rispettivi statuti e le
relative norme di attuazione; per gli enti locali ubicati nelle
medesime regioni e province autonome non trova applicazione quanto
previsto dall'articolo 2, commi da 1 a 8; alle predette regioni e
province autonome spettano le devoluzioni e le compartecipazioni al
gettito delle entrate tributarie erariali previste dal presente
decreto nelle misure e con le modalita' definite dai rispettivi
statuti speciali e dalle relative norme di attuazione per i medesimi
tributi erariali o per quelli da essi sostituiti».
In particolare il comma 2, pur se assume di intervenire al
dichiarato fine di «assicurare la neutralita' finanziaria» del
decreto stabilisce che nei confronti delle regioni a statuto speciale
il medesimo «si applica».
Ne' la previsione che cio' avvenga «nel rispetto dei rispettivi
statuti e in conformita' con le procedure previste dall'art. 27»
della legge n. 42 del 2009, puo' far ritenere che il legislatore
delegato abbia inteso solo ribadire la clausola della legge delega
ove si guardi anche al seguito della disposizione come pure al comma
successivo relativo alle autonomie speciali che esercitano funzioni
di finanza locale.
Ed invero l'art. 14 al comma 2 che reca la clausola di
salvaguardia applicabile alla Regione siciliana continua, come visto,
precisando alla lettera a) che, nei casi in cui alle autonomie
speciali spetti una compartecipazione al gettito dell'IRPEF o degli
altri tributi erariali, essa si intende riferita anche al gettito
della cedolare secca, e prevedendo alla lettera b), quanto alla
devoluzione ai comuni della fiscalita' immobiliare, contemplata
dall'art. 2 del decreto, il rinvio alla sede pattizia solo per
l'individuazione della decorrenza e delle modalita' applicative,
nonche' delle percentuali delle compartecipazioni al gettito della
cedolare secca ribadendo cosi' l'obbligo dell'osservanza
dell'applicazione dei contenuti del provvedimento in parola.
E' palese quindi che le suenunciate disposizioni, impugnate col
presente ricorso, per effetto delle quali, in violazione dei principi
recati dalla legge delega, viene in buona sostanza importato in
ambito siciliano il nuovo sistema di finanziamento stabilito per gli
enti locali situati nelle regioni a statuto ordinario, ledono le
prerogative statutariamente riconosciute alla Regione dalle norme
rubricate sia in materia finanziaria sia sotto i dedotti parametri
costituzionali.
La formula di presunta salvaguardia, infatti, non tenendo conto
delle osservazioni di parte regionale rese nelle opportune sedi
istituzionali, che evidenziavano come siffatto impianto finanziario
delineato per i comuni incida negativamente sulla finanza regionale,
contraddice lo scopo della neutralita' finanziaria, che dichiara di
perseguire arrecando un vulnus al sistema finanziario garantito alla
Regione.
E cio' in quanto l'attribuzione ai comuni del gettito o quote del
gettito derivante dai tributi elencati nell'articolo 2, ai commi 1,
2, 3 e 4 sottrae alla Regione cespiti di spettanza regionale.
Ed invero, dalle previsioni recate dagli artt. 36 e 37 dello
Statuto e dall'articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 emerge
la regola generale secondo la quale - a parte talune individuate
eccezioni, tra le quali sono da ricomprendere le nuove entrate
tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla
copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita'
contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi
medesime - spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate
tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette
o indirette, comunque denominate ad eccezione di quelle riservate
allo Stato (entrate sui tabacchi, accise sulla produzione, lotto e
lotterie a carattere nazionale).
A fronte di tale assetto regolativo le disposizioni poste a base
della riforma in senso federale della finanza municipale non recano
alcun esplicito contemperamento con il richiamato assetto finanziario
della Regione siciliana.
Ne' la prevista compartecipazione (art. 14, comma 2, lett. a)
delle regioni a Statuto speciale al gettito della cedolare secca e
dell'Imposta municipale propria, e' idonea ad assicurare la
neutralita' finanziaria nei confronti della Regione siciliana, ne'
sotto il profilo quantitativo ne' sotto il profilo dell'autonomia
finanziaria statutariamente garantita.
Infatti, diversamente dalle altre autonomie speciali, la Regione
risulta titolare dell'intero cespite tributario che, pertanto, non
dovrebbe subire decurtazioni e, tuttavia, la stessa, a tenore della
disposizione in argomento non potrebbe sottrarsi alla devoluzione ai
comuni di una quota compartecipativa.
In altri termini il legislatore delegato per finanziare gli enti
locali viene a disporre non di risorse proprie ma di quelle spettanti
alla Regione (IRPEF, IVA, tributi vari relativi ad atti aventi ad
oggetto immobili,cedolare secca) che subisce, in tal modo, una
riduzione del gettito tributario, senza che si prevedano meccanismi
compensativi della forte contrazione delle entrate regionali.
In proposito si reputa opportuno riportare quanto rilevato dal
Governo nella relazione alle camere in ottemperanza alla disposizione
dell'art. 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42 e precisamente
nell'allegata relazione della Commissione tecnica paritetica per
l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) del 30 giugno 2010.
Infatti, nel considerare la particolare situazione delle regioni a
Statuto speciale, e' stato rilevato che «I trasferimenti da
fiscalizzare dovrebbero riguardare solo gli enti locali situati nelle
regioni a statuto ordinario, rimanendo nelle regioni a Statuto
speciale la fiscalizzazione affidata al particolare percorso che la
legge n. 42/2009 ha riservato loro in ossequio all'autonomia
statutaria.
Invero, la questione si pone solo per gli enti locali situati in
Sicilia e in Sardegna, perche' le regioni Friuli-Venezia Giulia e
Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno
gia' provveduto ad attuare la propria autonomia in materia di finanza
locale, assumendo a proprio carico gli oneri corrispondenti. In
Sicilia e Sardegna, invece, gli enti locali sono ancora destinatari
di cospicui trasferimenti da parte dello Stato. Sembra difficile
sostenere che, in situazione siffatta, l'esercizio della delega possa
estendersi agli enti locali di Sicilia e Sardegna: molto forte
risulterebbe il rischio di illegittimita' costituzionale e di eccesso
di delega».
Nel rammentare che le entrate spettanti alla Regione, come e'
noto, sono appena sufficienti a ricoprire gli oneri che derivano
dall'esercizio delle funzioni statutariamente previste si precisa
infatti che da prime e approssimative stime, elaborate utilizzando
come fonte primaria la relazione della COPAFF del 30 giugno 2010, i
riflessi negativi per il bilancio regionale, appaiono di dimensioni
finanziarie ingenti quantificati in circa 700 milioni di euro annui.
Detto importo, che a titolo esemplificativo risulta pari al 76,67
per cento del Fondo autonomie (art. 8, comma 1, l.r. 30 gennaio 2006,
n. 1, che per l'anno 2009 e' stato determinato in 913 milioni di
euro) e al 17,28 per cento della quota di compartecipazione della
Regione al Fondo sanitario nazionale (che per l'anno 2009 e' stato
determinato in euro 4.051.721.354,84), determina all'evidenza uno
squilibrio finanziario insostenibile a carico del bilancio della
Regione.
Al riguardo quindi non puo' non richiamarsi il principio derivato
dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenze n. 307
del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993, n. 376/2003, n. 260/2004,
n. 417/2005 n. 138/1999) per cui lo Stato puo' «nell'ambito di
manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella
disponibilita' finanziaria delle regioni, purche', appunto, non tali
da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive
della spesa regionale».
Pertanto la sottrazione di risorse proprie della Regione, gia' in
violazione ex artt. 36 e 37 dello Statuto, comporta un notevole
squilibrio finanziario che pregiudica la possibilita', per la
Regione, di esercitare le proprie funzioni per carenza di risorse
finanziarie, in violazione anche dei principi derivanti dall'art. 81
e 119, quarto comma, della Costituzione.
In ordine al suindicato parametro dell'art. 81 della
Costituzione, si osserva che le richiamate disposizioni del d.lgs. n.
23/2011 sottraggono alla Regione siciliana un cospicuo gettito
finanziario senza stabilire con quali risorse finanziarie esso possa
essere sostituito.
Quanto alla dedotta violazione dell'art. 119, IV comma, relativa
anche all'autonomia finanziaria dei comuni, questa difesa e' ben
consapevole della sua applicabilita' alla Regione siciliana, ai sensi
dell'art. 10 della legge costituzionale modificativa del titolo V
della Costituzione, solo per le parti in cui esso preveda forme di
autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite, e tuttavia ne
prospetta la violazione sia per la lesione delle competenze
finanziarie proprie di questa Regione che per il pregiudizio che
arreca alle attribuzioni degli enti locali siciliani. Ed invero «le
regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la
lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla
prospettazione della violazione della competenza legislativa
regionale» (sent. n. 298/2009) considerato che «la stretta
connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e
locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali
consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia
potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze
regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n.
196 del 2004). Si confida, pertanto, che codesta Corte voglia
ritenere la sussistenza delle surriportate lesioni dei parametri
costituzionali considerato che non solo la Regione ma pure i comuni
siciliani, in applicazione del decreto, verrebbero a disporre di
mezzi finanziari insufficienti per l'adempimento dei propri compiti.
Infatti, il totale dei trasferimenti a carico dello Stato ai
comuni siciliani viene stimato in circa 1,6 miliardi di caro che
sommati ai trasferimenti a carico della Regione, pari a circa 1,2
miliardi di euro, complessivamente ammontano a circa 2,8 miliardi di
euro.
Ora, l'ammontare del gettito della devoluzione e/o
compartecipazione ai tributi erariali, nella previsione del decreto
legislativo in esame, pur considerando le entrate derivanti dai nuovi
cespiti introdotti dallo stesso decreto (art. 4 - imposta di
soggiorno, art. 3 - cedolare secca, art. 6 - imposta di scopo,
recupero evasione fiscale) non risulta idoneo a garantire un
ammontare uguale agli attuali trasferimenti provenienti dallo Stato.
Infatti, l'incremento derivante dalla compartecipazione alla
cedolare secca, che comunque si ascrive integralmente alla spettanza
regionale, ad oggi non risulta stimabile nel suo ammontare, giacche'
la scelta di optare per tale tipo di tassazione e' riservata al
contribuente.
Ammesso che, nella emananda normativa di attuazione, si scelga la
compartecipazione agli enti locali, la relativa entrata per questi
ultimi riveste un grado di aleatorieta' elevata.
Ne' i sistemi perequativi risultano di facile applicabilita' per
i comuni siciliani, atteso il singolare impianto finanziario della
Regione siciliana che ascrive alla integrale spettanza della medesima
quei tributi che nella relativa previsione dovrebbero alimentare il
fondo stesso.
Violazione dell'art. 14, lett. o) dello Statuto siciliano.
L'art. 2 del d.lgs. n. 23/2011 prevedendo l'attribuzione ai
comuni di tributi o quote di tributi di spettanza della Regione
siciliana, oltre che dei suenunciati parametri statutari in materia
finanziaria e costituzionali per le ragioni sopra svolte, si profila
lesivo della norma statutaria rubricata in quanto finisce col far
carico alla Regione siciliana di ulteriori competenze che, come di
recente ribadito da codesta Corte con la sentenza n. 442 del 2008,
non sono riconducibili alla previsione dell'art. 14, lett. o) dello
Statuto siciliano e non possono comunque assegnarsi con legge
ordinaria.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. 14
marzo 2011, n. 23, recante «Disposizioni in materia di federalismo
fiscale municipale» e precisamente:
dell'articolo 2 per violazione degli artt. 36 e 37 dello
Statuto, e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n.
1074 del 1965, e altresi' dell'articolo 14, lett. o) dello Statuto in
relazione al regime della disciplina degli enti locali;
dell'articolo 14, comma 2, e delle ulteriori disposizioni ad
essi correlati che possono pregiudicare l'autonomia finanziaria della
Regione per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto, e delle
relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965,
nonche' degli artt. 81 e 119, quarto comma della Costituzione,
nonche' per violazione dell'autonomia finanziaria dei comuni.
Con riserva di ulteriori deduzioni.
Si deposita con il presente atto: deliberazione della Giunta
regionale n. 136 del 13 maggio 2011 che autorizza la proposizione al
ricorso.
Palermo, addi' 18 maggio 2011
Avv. Valli-Fiandaca