Ricorso n. 52 del 12 maggio 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
~~Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 12 maggio 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 22 del 2015-06-03)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici in
Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Liguria, in persona del suo Presidente per la dichiarazione
della illegittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 1, 4, comma
1, 8, comma 3, 11, comma 2, 15, commi l e 2, 17, commi 2 e 3, 23,
commi l e 2, 24, commi 1 e 2 della legge regionale 6 marzo 2015, n. 6
"modifiche alle leggi regionali 5 aprile 2012, numero 12 (Testo unico
sulla disciplina dell'attivita' estrattiva), 21 giugno 1999, numero
18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli
enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), 4
agosto 2006, numero 20 (Nuovo ordinamento dell'Agenzia regionale per
la protezione dell'ambiente ligure) e 2 dicembre 1982, numero 45
(Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di
competenza della Regione o di enti da essa individuati, delegati o
subdelegati)" (B.U.R. 11 marzo 15, n. 7 - parte prima).
Con la legge regionale 6 marzo 2015, la Regione Liguria reca
modifiche alle leggi regionali 5 aprile 2012, numero 12 (Testo unico
sulla disciplina dell'attivita' estrattiva), 21 giugno 1999, numero
18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli
enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia), 4
agosto 2006, numero 20 (Nuovo ordinamento dell'Agenzia regionale per
la protezione dell'ambiente ligure) e 2 dicembre 1982, numero 45
(Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di
competenza della Regione o di enti da essa individuati, delegati o
subdelegati)".
Essa presenta profili di illegittimita' costituzionale in
relazione alle sotto elencate disposizioni, per i motivi di seguito
specificati:
1) L'art. 3, comma 1, modifica l'articolo 4 della l.r. 12/2012,
concernente il Piano Territoriale Regionale delle Attivita' di Cava,
stabilendo che l'approvazione del Piano tenga conto, tra l'altro, di
un criterio di razionalizzazione dello sfruttamento dei giacimenti
esistenti mediante ampliamento delle attivita' estrattive in corso o
dismesse, entro i limiti di natura paesaggistica stabiliti "in
raccordo con la relativa pianificazione territoriale".
La modifica apportata sostituisce la disposizione che impone la
coerenza con il Piano territoriale di coordinamento paesistico del
Piano territoriale regionale dell'attivita' di cava con la
previsione, piu' blanda e tenue, di un mero "raccordo" tra i due
strumenti di pianificazione, con l'evidente conseguenza che tale
previsione sminuisce inammissibilmente la prevalenza gerarchica del
Piano paesaggistico - affermata dall'articolo 145 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, d.lgs. n. 42/2004 s.m.i. rispetto al
sottordinato Piano dell'attivita' di cava, ammettendo che tale ultimo
strumento possa semplicemente raccordarsi con il Piano paesaggistico
e, dunque, possa presentare anche profili di incoerenza rispetto a
tale livello sovraordinato di pianificazione.
La predetta previsione si pone in netto contrasto con il citato
art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio e, suo
tramite, con l'art. 117, comma secondo, lettera s), della
Costituzione.
2) L'articolo 4, comma 1, modifica il comma 1 dell'articolo 5
della l.r. 12/2012 relativo Formazione ed approvazione del Piano
territoriale regionale dell'attivita' di cava, sopprimendo le parole
"corredato dal rapporto ambientale redatto sulla base del rapporto
preliminare ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale) e successive modificazioni ed
integrazioni" dal testo originale che recitava: "Il progetto di Piano
e' adottato dalla Giunta regionale, corredato dal rapporto ambientale
redatto sulla base del rapporto preliminare ai sensi del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 1.52 (Norme in materia ambientale) e
successive modificazioni ed integrazioni, sentito il Comitato Tecnico
Regionale di cui alla legge regionale 6 aprile 1999, n. 11 (Riordino
degli organi tecnici collegiali operanti in materia di territorio) e
successive modificazioni ed integrazioni.".
Il testo del citato comma 1, di nuova formulazione, oltre ad
utilizzare l'espressione inappropriata "progetto di Piano" anziche'
"proposta di piano" come stabilito dal Testo Unico ambientale d.lgs.
n. 152/06 (artt. 13 e 14), risulta non coerente con il procedimento
di VAS previsto dal citato Testo Unico.
Infatti, il d.lgs. n. 152/06, pur non disponendo esplicitamente
che il rapporto ambientale venga "adottato" insieme alla proposta di
piano, stabilisce all'art. 11, comma 5, che: "La VAS costituisce per
i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente
decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed
approvazione.".
La disposizione regionale in questione, stralciando la frase
sopra indicata, prevede una modifica procedurale idonea a comportare
l'adozione di un Piano su cui non siano state sviluppate le opportune
analisi di VAS (scoping e successiva elaborazione del Rapporto
Ambientale) laddove, invece, la norma statale e' perentoria,
stabilendo all'art. 13, comma 1, che "Sulla base di un rapporto
preliminare sui possibili impatti ambientali significativi
dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorita'
procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari
dell'attivita' di elaborazione di piani e programmi, con l'autorita'
competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al
fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle
informazioni da includere nel rapporto ambientale.". Inoltre, il
comma 3 del su indicato articolo 13 sancisce che il rapporto
ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e
ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.
Pertanto, l'articolo 4, comma 1, della legge in esame, dettando
disposizioni difformi - e oltretutto in senso meno rigoroso in
materia di Valutazione ambientale strategica - invade la potesta'
legislativa esclusiva statale in materia di "tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema", di cui all'articolo 117, comma secondo, lett. s)
Cost., per contrasto con le norme statali interposte di cui agli
articoli 11, comma 5 e 13, commi 1 e 3, del d.lgs. 152/06. Infatti,
il d.lgs. n. 152/06, pur non disponendo esplicitamente che il
rapporto ambientale venga "adottato" insieme alla proposta di piano,
stabilisce all'art. 11, comma 5, "La VAS costituisce per i piani e
programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto,
parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione.".
La disposizione regionale in questione, stralciando la frase
sopra indicata, prevede una modifica procedurale idonea a comportare
l'adozione di un Piano su cui non siano state sviluppate le opportune
analisi di VAS (scoping e successiva elaborazione del Rapporto
Ambientale) laddove, invece, la norma statale e' perentoria,
stabilendo all'art. 13, comma 1 "Sulla base di un rapporto
preliminare sui possibili impatti ambientali significativi
dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorita'
procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari
dell'attivita' di elaborazione di piani e programmi, con l'autorita'
competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al
fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle
informazioni da includere nel rapporto ambientale.". Inoltre, il
comma 3 del su indicato articolo 13 sancisce che il rapporto
ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e
ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione.
Pertanto, l'articolo 4, comma 1, della legge in esame, dettando
disposizioni difformi - e oltretutto in senso meno rigoroso in
materia di Valutazione ambientale strategica - invade la potesta'
legislativa esclusiva statale in materia di "tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema", di cui all'articolo 117, comma secondo, lett. s)
Cost., per contrasto con le nonne statali interposte di cui agli
articoli 11, comma 5 e 13, commi 1 e 3, del d.lgs. 152/06.
3) L'art. 8, comma 3 modifica l'articolo 9 della l.r. 12/2012,
prevedendo che il provvedimento di autorizzazione dell'attivita'
estrattiva contenga, tra l'altro, "c bis) l'individuazione dei
margini di flessibilita' dell'autorizzazione paesaggistica, per
l'esecuzione degli interventi che non si configurano come variante
sotto il profilo paesaggistico". Tale disposizione presenta profili
di illegittimita' costituzionale. In primo luogo, essa contrasta con
i principi generali in tema di tipicita' degli atti amministrativi
(e, dunque, con l'art. 97 Cost.), poiche' attribuisce all'atto
autorizzativo in materia di cave il potere di incidere sugli effetti
e sull'ambito applicativo di un altro e diverso atto autorizzativo
(l'autorizzazione paesaggistica), introducendo un atto (atipico) di
"riforma" che appare del tutto estraneo al sistema del diritto
amministrativo (l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' di cava
e l'autorizzazione paesaggistica sono provvedimenti regolati da
presupposti e procedure differenti). La norma contrasta, inoltre, con
l'art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, che
riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia di
tutela del paesaggio e, quindi, con le disposizione della Parte III
del codice dei beni culturali e del paesaggio, relativa ai beni
paesaggistici; in particolare, con l'art. 146, comma 4, che
stabilisce che "L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto
autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri
titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio". Infatti, la
"individuazione dei margini di flessibilita' dell'autorizzazione
paesaggistica", rimessa peraltro, come detto, a un atto di diversa
natura, non e' in alcun modo contemplata dalle norme del codice che
costituiscono l'unica fonte normativa autorizzata dalla Costituzione
a regolare l'autorizzazione paesaggistica.
4) Analoghe considerazioni valgono per la norma contenuta
nell'art. 11, comma 2, che modifica l'articolo 12 della l.r. 12/2012,
prevedendo che le varianti all'autorizzazione devono acquisire la
preventiva autorizzazione paesaggistica, "ove si tratti di varianti.
non rientranti nei margini di flessibilita' di cui all'articolo 9,
comma 2, lettera c-bis), e/o di altri titoli previsti dalla normativa
vigente".
Seppure la norma regionale persegua evidenti finalita' di
semplificazione, con modifiche tese a rendere piu' snelle le
procedure di approvazione delle varianti ai programmi di
coltivazione, eliminando la necessita' di emanare una nuova
autorizzazione paesaggistica nel caso di varianti che rientrino nei
"margini di flessibilita'", stabiliti ai sensi del nuovo articolo 9
della legge regionale n. 12 del 2012, deve tuttavia, rilevarsi che,
come detto, il concetto di "margine di flessibilita'"
dell'autorizzazione paesaggistica non e' definito dalla vigente
legislazione statale in materia paesaggistica e quindi la
disposizione incorre negli stessi vizi sopra rilevati, ponendosi in
contrasto con le disposizione della Parte III del codice dei beni
culturali e del paesaggio, relativa ai beni paesaggistici; in
particolare, con l'art. 146, comma 4, e suo tramite, con l'art. 117,
comma secondo, lettera s), della Costituzione.
5) Parimenti risultano censurabili per le mesedime ragioni le
norme contenute nell'articolo 17, commi 2 e 3 , che modificano
l'articolo 19 della l.r. 12/2012, concernente i permessi di ricerca.
In particolare viene previsto che il permesso di ricerca contenga,
oltre all'individuazione degli elementi essenziali caratterizzanti il
programma dei lavori di ricerca "l'individuazione dei margini di
flessibilita' dell'autorizzazione paesaggistica" e che talune
varianti al permesso siano eseguibili mediante SCIA, allegando gli
elaborati progettuali, ferma restando, la preventiva acquisizione
dell'autorizzazione paesaggistica, "ove si tratti di varianti non
rientranti nei margini di flessibilita' di cui al comma 3, e/o di
altri titoli previsti dalla normativa vigente" Si ribadisce in
proposito che tale concetto non e' definito dalla vigente
legislazione in materia paesaggistica e quindi presenta i profili di
illegittimita' costituzionale gia' evidenziati, ponendosi cosi' la
norma in netto contrasto con le disposizione della Parte III del
codice dei beni culturali e del paesaggio, relativa ai beni
paesaggistici; in particolare, con l'art. 146, comma 4, e suo
tramite, con l'art. 117, comma secondo, lettera s), della
Costituzione.
6) Le medesime osservazioni valgono infine per le norme
transitorie contenute nell'articolo 24, commi 1 e 2, laddove si
richiamano nuovamente i "margini di flessibilita'" di cui
all'articolo 9, comma 2, lettera c-bis), della l.r. 12/2012 come
modificato dalla presente legge, sia per le autorizzazioni
all'esercizio dell'attivita' estrattiva in corso alla data di entrata
in vigore della legge regionale, sia per le attivita' di vigilanza e
sanzionatorie. Le disposizioni regionali in parola, contenendo il
riferimento all'individuazione dei margini di flessibilita'
dell'autorizzazione paesaggistica, si pongono in contrasto con le
disposizione della Parte III del codice dei beni culturali e del
paesaggio, relativa ai beni paesaggistici; in particolare, con l'art.
146, comma 4, e suo tramite, con l'art. 117, comma secondo, lettera
s), della Costituzione.
7) L'articolo 15 della legge in esame modifica l'articolo 17
della l.r. 12/2012 concernente il "Riutilizzo di materiali" In
particolare, il comma 1 inserisce nel comma 1 del citato articolo 17
le parole "di provenienza esterna, estratti da altre cave ovvero" e
sopprime le parole "al fine del loro riutilizzo, in complementarieta'
ai materiali di cava".
A seguito di tali modifiche, il testo dell'articolo 17, comma 1,
attualmente dispone "1. Negli impianti a servizio dell'attivita' di
cava e' consentito il recupero e la lavorazione di materiali di
provenienza esterna, estratti da altre cave ovvero derivanti da
demolizioni, restauri o sbancamenti, a condizione che tale attivita'
sia svolta nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e
regionale in materia ambientale e di rifiuti delle industrie
estrattive e che l'attivita' prevalente dell'azienda continui ad
essere rappresentata dalla conduzione del polo estrattivo.".
Il comma 2 del medesimo articolo 15 delle legge in esame, nel
sostituire il comma 2 dell'articolo 17 della citata l.r. 12/2002,
prevede "2. Il titolare dell'autorizzazione all'esercizio
dell'attivita' estrattiva e' tenuto a presentare allo SUAP una SCIA,
ai sensi dell'articolo 19 della L. 241/1990 e successive
modificazioni e integrazioni, per l'avvio dell'attivita' di cui al
comma 1, secondo modalita' stabilite dalla Giunta regionale ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettera b). In caso di accertata carenza
dei presupposti e delle condizioni prescritte per la SCIA, si applica
l'articolo 19, commi 3 e 4, della L. 241/1990 e successive
modificazioni e integrazioni.".
A seguito di tali modifiche, il comma 1 dell'articolo 17 della
l.r. 12/2012 e' idoneo ad autorizzare negli impianti a servizio
dell'attivita' di cava il recupero e la lavorazione di materiali di
provenienza esterna, sia estratti da altre cave ovvero derivanti da
demolizioni, restauri o sbancamenti a condizione che tale attivita'
sia svolta nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e
regionale in materia ambientale e di rifiuti delle industrie
estrattive e che l'attivita' prevalente dell'azienda continui ad
essere rappresentata dalla conduzione del polo estrattivo.
La formulazione delle disposizioni si rivela troppo generica in
quanto non risulta chiaro se l'attivita' di recupero e' relativa
soltanto all'esercizio di un impianto di recupero dei rifiuti, che
sarebbe localizzato all'interno della cava stessa, oppure se si
intende anche utilizzare il materiale cosi' trattato direttamente
all'interno della cava stessa.
Ne' puo' affermarsi che la norma di salvaguardia, contenuta nel
comma 1 dell'articolo 17 della l.r. n. 12/2012, cosi' come
modificato, secondo cui le attivita' debbano essere svolte nel
rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in
materia ambientale e di rifiuti delle industrie estrattive e che
l'attivita' prevalente dell'azienda continui ad essere rappresentata
dalla conduzione del polo estrattivo, risulti sufficiente ad evitare
che le disposizioni recate dal comma 2, lette in combinato disposto
con quelle del comma 1, consentano di avviare le attivita' di
recupero subordinandole a semplice SCIA e non a regime autorizzativo,
come imposto dalla normativa statale di riferimento, poiche' la
modifica regionale non precisa che la SCIA debba essere successiva e
condizionata al rilascio delle autorizzazioni ambientali.
Di conseguenza, fermo restando il rispetto dell'art. 10, comma 3
del d.lgs. n. 117/2008, che dispone "3- Il riempimento dei vuoti e
delle volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva con rifiuti
diversi dai rifiuti di estrazione di cui al presente decreto e'
sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio
2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti", anche il comma 2
del medesimo articolo 17, della l.r. 12/2012, come sostituito dalla
legge in esame, prevedendo il rilascio del titolo autorizzativo ad
esercire le attivita' di recupero sopradescritte mediante la
presentazione al SUAP di una SCIA, non appare conforme a quanto
specificamente previsto dalla normativa ambientale che per
l'attivita' descritta impone la procedura ordinaria di cui
all'articolo 208 (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti) del d.lgs. 150/06 o
semplificata di cui al DM 5/2/98 "Individuazione dei rifiuti non
pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai
sensi degli articoli 31 e 33 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22",
Pertanto, l'articolo 15 , commi 1 e 2, della legge in esame,
dettando disposizioni difformi - e oltretutto in senso meno rigoroso
in materia di rifiuti - invade la potesta' legislativa esclusiva
statale in materia di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di
cui all'articolo 117, comma secondo, lett. s) Cost., per contrasto
con le norme statali interposte di cui all'articolo 208 del d.lgs.
152/06 nonche' del DM 5/2/98 anch'esso espressione del potere
legislativo esclusivo dello Stato.
8) L'articolo 23, commi 1, 2 prevede modifiche all'articolo 28
della l.r. 12/2012 , riguardante la disciplina transitoria fino
all'entrata in vigore del Piano Regionale dell'Attivita' di Cava
previsto dalla stessa legge regionale n. 12/2012. In particolare la
norma transitoria di cui all'articolo 28 della l.r. 12/2012 ha
previsto che, nelle more dell'approvazione del nuovo PRAC, conserva
efficacia il Piano approvato ai sensi della legge regionale 10 aprile
1979, n. 12 (Norme sulla disciplina della coltivazione di cave e
torbiere). La modifica apportata dalla norma regionale oggi in esame
aggiunge che "Le modifiche a tale Piano non comportanti variante al
Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico (PTCP) o modifica alla
tipologia di cava sono approvate dalla Giunta regionale previo parere
dei comuni, della Citta' metropolitana e delle province
territorialmente interessati, da rendersi entro trenta giorni dalla
richiesta. Le modifiche al Piano necessarie ai fini della correzione
di meri errori materiali sono approvate dal dirigente della struttura
regionale competente in materia di attivita' estrattive.".
Si osserva, al riguardo, che non e' prevista alcuna
partecipazione degli organi periferici del Ministero per i beni e le
attivita' culturali ai procedimenti previsti dalla norma - che
implicano una valutazione circa la coerenza delle modifiche o
correzioni con il PTCP - al fine di verificare che, effettivamente,
si tratti di modifiche che non comportano varianti al piano
territoriale di coordinamento paesistico.
Tale disposizione si pone, quindi, in contrasto con l'art. 145,
comma 5, del codice che dispone che "La regione disciplina il
procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti
urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica,
assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al
procedimento medesimo".
La Corte costituzionale si e' espressa piu' volte in proposito,
da ultimo con la sentenza n. 197 del 2014, affermando il principio
che l'esclusione di qualsiasi forma di partecipazione di qualsivoglia
organismo ministeriale al «procedimento di conformazione ed
adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della
pianificazione paesaggistica» si pone in evidente contrasto con la
normativa statale interposta e, in particolare, con il citato art.
145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, il quale - in linea con le
prerogative riservate allo Stato dalla disposizione costituzionale
evocata a parametro, come anche riconosciute da costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le molte, sentenza n. 235 del
2011) - specificamente impone che la Regione adotti la propria
disciplina «assicurando la partecipazione degli organi ministeriali
al procedimento medesimo» (Corte cost., sentenza n. 211 del 2013).
La previsione regionale dunque contrasta con il menzionato art.
145, comma 5, del codice dei Beni culturali e del paesaggio, violando
cosi' l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che
riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia di
paesaggio.
Inoltre il medesimo art. 23, al comma 2 inserisce un comma 1-bis
all'articolo 28 della l.r. 12/2012 dal seguente tenore:
"1-bis. Fino all'approvazione del Piano di cui all'articolo 4, la
Regione puo' rilasciare, per una sola volta, autorizzazioni aventi ad
oggetto un incremento non eccedente il 25 per cento della superficie
dell'areale di cava e/o la modifica della tipologia normativa. Tali
autorizzazioni non comportano variante al Piano approvato ai sensi
della l.r. 12/1979 e successive modificazioni e integrazioni, ne' al
PTCP e sono rilasciate secondo la procedura di cui all'articolo 11,
purche' sia verificata la coerenza con gli altri strumenti di tutela
del territorio e ricorrano le seguenti condizioni:
a) la cava sia in esercizio al momento della presentazione
della domanda di autorizzazione;
b) il programma di coltivazione abbia esaurito le
potenzialita' previste dal Piano vigente;
c) la scheda di progetto del Piano relativa alla cava sia
stata gia' presente nel Piano originario approvato con deliberazione
del Consiglio regionale 29 febbraio 2000, n. 16 e non abbia mai
subito modifiche in termini di ampliamento dell'areale o di
variazioni del regime normativo;
d) il materiale oggetto di coltivazione non contenga amianto;
e) l'ampliamento dell'areale di cava interessi esclusivamente
zone a destinazione agricola e/o agricolo-boschiva;
f) l'ampliamento dell'areale di cava non interessi, nemmeno
parzialmente:
1) gli ambiti di Conservazione (CE), livello locale del PTCP;
2) i Siti Interesse Comunitario (SIC) o Zone Protezione Speciale
(ZPS);
3) i crinali principali.".
La disposizione prevede quindi che la Regione possa rilasciare
autorizzazioni aventi ad oggetto un incremento del 25 per cento
dell'areale di cava e/o la modifica della tipologia normativa,
stabilendo che tali incrementi non comportino variazioni al PTCP.
Al riguardo, si osserva che l'irrilevanza dell'incremento della
superficie dell'areale di cava sino al 25 per cento, prevista anche
in relazione al PTCP, per quanto concerne le zone soggette a vincolo
paesaggistico ex lege (come i boschi e le montagne per la parte
eccedente 1.200 metri sul livello del mare) o provvedimentale, non
puo' essere presunto dal legislatore regionale, bensi' deve
costituire oggetto di accordo con il Ministero per i Beni e le
Attivita' culturali, considerato, per di piu', che potrebbe trattarsi
di ampliamenti dell'area di cava molto estesi.
Le modifiche al piano paesaggistico, infatti, devono essere
concordate con la citata Amministrazione dello Stato, ai sensi degli
articoli 135, 143 e 156 del codice, che sanciscono il principio
fondamentale della pianificazione congiunta, che regge l'intera
architettura della disciplina in materia di tutela del paesaggio.
La disposizione in esame quindi, ponendosi in contrasto con gli
articoli 135, 143 e 156 del codice per i Beni culturali ed il
paesaggio, viola l'art. 117, secondo comma, lettera s, del codice,
che riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia
di paesaggio.
P. Q. M.
Si conclude perche' le disposizioni regionali impugnate siano
dichiarate costituzionalmente illegittime.
Si producono:
estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile
2015;
relazione, allegata alla medesima delibera, del Dipartimento per
gli Affari regionali, il turismo e lo sport;
legge regionale n. 6 del 6.3.2015.
Roma, 30 aprile 2015
l'Avvocato dello Stato: Giovanni Palatiello