N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 giugno 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 giugno 2003 (della Regione Toscana)
(GU n. 31 del 6-8-2003)

Ricorso della regione Toscana, in persona del suo presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 450
del 12 maggio 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso lo
studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del
d.l. 18 febbraio 2003, n. 24, recante «Disposizioni urgenti in
materia di contributi in favore delle attivita' dello spettacolo»,
convertito, con modificazioni, in legge 17 aprile 2003, n. 82.
Nella Gazzetta Ufficiale 19 aprile 2003, n. 92, e' stata
pubblicata la legge n. 82/2003 di conversione, con modificazioni, del
d.l. n. 24/2003. All'art. 1 viene stabilito che - in attesa che la
legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117
della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello
Stato - i criteri e le modalita' di erogazione dei contributi alle
attivita' dello spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985,
n. 163, e le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo
spettacolo sono stabiliti annualmente con decreti del Ministero per i
beni e le attivita' culturali non aventi natura regolamentare. E',
altresi', disposta l'abrogazione del regolamento di cui al decreto
del Ministero per i beni e le attivita' culturali 4 novembre 1999,
n. 470, recante criteri e modalita' di erogazione di contributi in
favore delle attivita' teatrali in corrispondenza agli stanziamenti
del Fondo unico per lo spettacolo.
La legge 30 aprile 1985, n. 163, recante «Nuova disciplina degli
interventi dello Stato a favore dello spettacolo», ha istituito il
Fondo unico per lo spettacolo (F.U.S.), per il sostegno finanziario
ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei
settori delle attivita' cinematografiche, musicali, di danza,
teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonche' per la
promozione ed il sostegno di manifestazioni ed iniziative di
carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero.
Le aliquote di ripartizione del fondo tra le varie attivita' erano
stabilite - fino all'entrata in vigore dell'impugnata norma - dalla
legge stessa, mentre i criteri di ripartizione del fondo tra i
destinatari erano stabiliti con regolamenti adottati con decreti
ministeriali (d.m. 19 marzo 2001, n. 191, per l'erogazione dei
contributi del F.U.S per le attivita' musicali; d.m. n. 167/2001 per
le attivita' di danza; d.m. n. 470/1999 per le attivita' teatrali).
Anche dopo la riforma costituzionale del titolo V, l'autorita'
statale ha continuato ad emanare regolamenti per disciplinare i
criteri e le modalita' di suddivisione del F.U.S.: cio' e' avvenuto
con il d.m. n. 47/2002 concernente il finanziamento delle attivita'
musicali e con il d.m. n. 188/2002 per la danza.
Avverso tali due regolamenti la Regione Toscana ha proposto
ricorso per conflitto di attribuzione (N.R. 21/02 e 40/02), per
violazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione, in quanto
con un regolamento si disciplinano aspetti non rientranti in ambiti
materiali affidati alla potesta' legislativa esclusiva statale.
Tanto premesso, l'art. 1 della legge n. 82/2003 viola gli artt.
117, 118 e 119, come modificati dalla recente legge costituzionale
n. 3 del 18 ottobre 2002, per i seguenti motivi di

Diritto

A) Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
A.1 - Come gia' rilevato, la disposizione impugnata concerne
l'erogazione dei contributi del Fondo unico per lo spettacolo,
istituito con la legge n. 163/1985 per il sostegno finanziario ad
enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei
settori delle attivita' cinematografiche, musicali, di danza,
teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante. Percio' la norma in
oggetto interviene nella materia dello spettacolo.
Gia' il d.P.R. n. 616/1977, all'art. 49, aveva riconosciuto
un'autonomia alle funzioni regionali in materia di attivita' di
prosa, musicali e cinematografiche, rispetto alle tradizionali
attivita' culturali. Infatti il secondo comma del citato art. 49 ha
disposto: «Le funzioni delle regioni e degli enti locali in ordine
alle attivita' di prosa, musicali e cinematografiche saranno
riordinate con la legge di riforma dei rispettivi settori, da
emanarsi entro il 31 dicembre 1979», la norma e' significativa
perche' riconosce in via programmatica la competenza regionale e
locale all'esercizio di funzioni amministrative in materia di
spettacolo (la preannunciata legge di riforma, peraltro, non e' mai
stata emanata).
Parlare di spettacolo significa riferirsi onnicomprensivamente ad
un insieme di attivita' diverse, quali: la formazione ed il
perfezionamento artistico degli operatori del settore, la produzione
degli spettacoli e la loro distribuzione, la ricerca, documentazione
e diffusione della cultura di cui sono una manifestazione, il
recupero e la costruzione di spazi per lo spettacolo. Anche la
commissione Giannini, rilevo' che nel settore dello spettacolo si
rinvengono molteplici attivita' che non riguardano esclusivamente la
politica di promozione culturale, ma rientrano in varie materie di
competenza regionale (Il completamento dell'ordinamento regionale
Bologna, 1977, 179).
Con il decreto legislativo n. 112/1998, emanato, com'e' noto, in
attuazione della legge delega n. 59/1997, l'autonomia dello
spettacolo rispetto alle attivita' culturali e' stata sancita dal
legislatore. Infatti le «attivita' culturali» hanno ricevuto una
propria definizione per opera dell'art. 148 del d.lgs. n. 112/1998
che alla lett. f) le identifica con «quelle rivolte a formare e
diffondere espressioni della cultura e dell'arte». Il medesimo
decreto legislativo ha fatto oggetto di una considerazione a se'
stante, in una diversa disposizione, collocata in un diverso capo ad
esso intitolato (il VI) lo «spettacolo», in tal modo mostrando di
considerarlo come ambito distinto e separato dalle attivita' e dai
beni culturali.
Il nuovo testo dell'art. 117 della Costituzione non include lo
spettacolo tra le materie soggette alla potesta' esclusiva statale,
ne' tra quelle soggette alla potesta' legislativa concorrente
Stato-regioni, con la conseguenza che in materia sussiste la potesta'
legislativa «residuale» della regione, secondo il disposto dell'art.
117, quarto comma. Percio' compete alle regioni disciplinare in via
legislativa e regolamentare la materia dello spettacolo, nonche'
stabilire il riparto delle funzioni amministrative tra se stesse e
gli enti locali, nel rispetto dei principi consacrati nell'art. 118
della Costituzione. Ne', d'altra parte, in materia sussistono quei
titoli di legittimazione trasversale che abilitano lo Stato ad
intervenire ai sensi dell'art. 117, secondo comma.
Conseguentemente la disposizione in oggetto, attinente
all'erogazione dei fondi a favore dello spettacolo non rispetta le
competenze regionali.
A.2 - Ma la norma e' parimenti lesiva anche ove si ritenga che lo
spettacolo sia, invece, un settore rientrante nella materia delle
attivita' culturali. Infatti l'art. 117, terzo comma, della
Costituzione include la materia «promozione ed organizzazione delle
attivita' culturali», tra quelle soggette alla potesta' legislativa
concorrente Stato- regioni: in materia spetta quindi allo Stato solo
dettare in via legislativa i principi regolatori. Il rispetto del
novellato art. 117 della Costituzione e della ratio che ha ispirato
la modifica del titolo V, volto ad accrescere le autonomie regionali,
comporta che i principi fondamentali, astenendosi dal disciplinare le
materie di cui si occupano, non dovrebbero essere indirizzati ai
singoli soggetti, ma solo al legislatore regionale, quale generale
parametro per l'attivita' di regolazione della materia affidata alla
competenza regionale.
E' dunque evidente come la legge in esame non rispetti affatto il
suddetto criterio costituzionale.
Infatti essa non e' una legge di principi: cio' si ricava sia
dalla lettura del testo (ove si dispone che la legge e' emanata in
attesa della futura normativa di principi), sia dal suo contenuto,
che non contiene alcun principio generale per la disciplina della
materia «promozione ed organizzazione di attivita' culturali».
Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza
n. 282/2002 «la risposta al quesito, se la legge impugnata rispetti i
limiti della competenza regionale, ovvero ecceda dai medesimi, deve
oggi muovere nel quadro del nuovo sistema di riparto della potesta'
legislativa risultante dalla riforma del titolo V, parte II, della
Costituzione realizzata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 -
non tanto dalla riserva di uno specifico titolo costituzionale di
legittimazione dell'intervento regionale, quanto, al contrario, dalla
indagine sulla esistenza di riserve, esclusive o parziali, di
competenza statale».
Applicando tale criterio al caso in esame, non si riesce a
trovare nelle norme costituzionali alcun titolo che legittimi
l'intervento legislativo statale in questione che, si ripete, non
detta principi di regolazione della materia, gli unici idonei a
limitare l'autonomia regionale, laddove si ritenga che lo spettacolo
rientri nelle materie a potesta' legislativa concorrente.
La disposizione impugnata e' in contrasto con l'art. 117 della
Costituzione per un ulteriore motivo.
Si legge all'inizio della norma che la medesima viene dettata «In
attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui
all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di
competenza dello Stato ...».
La legge che determina i principi, nelle materie a potesta'
legislativa concorrente, dovra', come gia' rilevato, dettare al
legislatore regionale le regole fondamentali da rispettare nella
disciplina della materia, al fine di garantire una adeguata
uniformita' di trattamento, pur in un sistema caratterizzato da un
livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto. Ma
la legge che determina i principi non potra' fissare i criteri e gli
ambiti di competenza dello Stato, come invece ambiguamente prevede la
norma impugnata che, dunque, anche per tale profilo si presenta
incostituzionale.
B) Violazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione.
L'art. 117, sesto comma, della Costituzione dispone che la
potesta' regolamentare spetta allo Stato solo nelle materie di
propria legislazione esclusiva, mentre in ogni altra materia compete
alle regioni.
Il Consiglio di Stato piu' volte ha ritenuto di non poter fornire
parere favorevole a schemi di regolamenti statali, in quanto i
medesimi vertevano in materie attribuite alla competenza concorrente
ovvero residuale delle regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo e
quarto comma, della Costituzione: cosi' Cons. Stato - Sez. Consultiva
per gli atti normativi - Parere 26 agosto 2002 n. 1794/2002.
Similmente ancora il Consiglio di Stato, Adunanza generale, nel
parere 11 aprile 2002, n. 1, reso sullo schema di decreto
ministeriale concernente l'individuazione della figura professionale
e relativo profilo professionale dell'odontotecnico, ha affermato:
«L'Adunanza generale deve, in via preliminare, rilevare che le
disposizioni sopra riferite, attributive della potesta' regolamentare
al Ministro della sanita' (oggi della salute), debbono ritenersi
venute meno a seguito della emanazione del nuovo titolo V della
Costituzione che, iscrivendo la materia delle professioni e della
salute tra quelle di legislazione concorrente, esclude che lo Stato
possa disciplinare le materie predette nella loro intera estensione
e, per giunta, a livello regolamentare».
Puo' discutersi, come sopra rilevato, se lo spettacolo
costituisca un'autonoma materia riservata alla competenza esclusiva
regionale ovvero sia un settore rientrante nella promozione ed
organizzazione delle attivita' culturali e dunque soggetto a potesta'
legislativa concorrente, ma di certo non e' ricompreso nell'elenco di
cui all'art. 117, secondo comma, di riserva statale.
La norma impugnata intende dunque consentire l'emanazione di
regolamenti statali in materie diverse da quelle attribuite alla
potesta' legislativa esclusiva statale, nonostante la previsione
dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione.
Essa infatti dispone che i criteri e le modalita' di erogazione
dei contributi alle attivita' dello spettacolo e le aliquote di
ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo sono stabiliti
annualmente con decreti del Ministro per i beni e le attivita'
culturali non aventi natura regolamentare.
Poiche' tali decreti dovranno fissare, come appena rilevato, i
criteri e le modalita' di erogazione del contributo, oltre alle
aliquote di ripartizione del F.U.S., e' evidente, da tale contenuto,
che gli stessi decreti dovranno dettare norme generali ed astratte e
pertanto, indipendentemente dal nome che gli si e' inteso attribuire,
avranno comunque un contenuto regolamentare.
In materia di atti normativi, la Corte di cassazione ha piu'
volte ribadito che deve riconoscersi la prevalenza alla sostanza
dell'atto, al suo contenuto precettivo, rispetto alla forma e alla
denominazione che esso assume (Cass. n. 1972/2000; n. 6933/1999).
Pertanto a nulla serve che il legislatore dica che i futuri
decreti non avranno natura regolamentare: tale natura discende dal
loro contenuto e percio' la norma tende a consentire il superamento
dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione, con conseguente
incostituzionalita' anche per tale profilo.
C) Violazione dell'art. 119 della Costituzione.
Com'e' noto, l'art. 119 della Costituzione, a fronte del nuovo
assetto delle competenze istituzionali delineato dagli artt. 117 e
118, ha definito le regole di finanziamento delle regioni, prevedendo
che le entrate proprie, le quote di compartecipazione al gettito dei
tributi erariali (le quali affluiscono alle regioni nel cui
territorio sono prodotte) e le quote di partecipazione al fondo
perequativo costituiscono le componenti ordinarie del sistema
finanziario regionale.
E' stato in tal modo costituzionalizzato il principio del congruo
finanziamento delle competenze regionali.
A cio' il sesto comma dell'art. 119 aggiunge la possibile
destinazione da parte dello Stato di risorse aggiuntive e la
previsione di interventi speciali, per le finalita' indicate dalla
stessa disposizione.
E' indubbio che l'attuazione della norma in questione
richiedera', in prospettiva, la definizione di un sistema finanziario
nuovo che attui il federalismo fiscale. Di certo, pero', gia' da ora
devono essere rispettati i criteri introdotti dalla norma: come
rilevato in dottrina lo Stato e' chiamato ad integrare le entrate
proprie delle regioni ed i proventi delle compartecipazioni al
gettito dei tributi erariali con le quote del fondo perequativo -
diretto a ridurre, se non ad eliminare, le conseguenze finanziarie
delle differenze interregionali nella capacita' fiscale per abitante
- e con i contributi speciali, commisurati ad indicatori regionali di
fabbisogno (P. Giarda «Le regole del federalismo fiscale nell'art.
119: un economista di fronte alla nuova Costituzione» Le Regioni
n. 6/2001, pag. 1426 ss.)
Da cio' discende che l'amministrazione statale non puo'
continuare a disciplinare le modalita' di erogazione diretta dei
finanziamenti a soggetti terzi per attivita' inerenti a materie che,
come lo spettacolo, sono attribuite alla competenza regionale,
perche' cio' determina una sicura lesione delle attribuzioni
regionali: il rispetto di tali competenze impone invece il
trasferimento delle risorse finanziarie disponibili alle regioni alle
quali poi compete, nell'esercizio della riconosciuta potesta'
legislativa nel settore, disciplinare la procedura per l'erogazione
delle risorse stesse agli aventi diritto.
Conseguentemente il Fondo unico dello spettacolo deve essere
decentrato e ripartito, nell'ambito di chiari principi di
ridistribuzione delle risorse, tra le regioni e cio' sia che lo
spettacolo sia ritenuto oggetto di legislazione concorrente, sia che
sia ritenuto materia residuale ed esclusiva delle regioni stesse.
L'impugnata disposizione, invece, del tutto noncurante della
nuova norma contenuta nell'art. 119 della Costituzione rinvia ancora
ad un atto statale la disciplina dei criteri, delle modalita' di
erogazione e delle aliquote dei contributi in favore dello spettacolo
e cio' in attesa della futura legge di principi e, quindi, per un
periodo indefinito ed incerto nella sua durata durante il quale i
contributi alle attivita' dello spettacolo saranno disciplinati in
maniera difforme da quanto previsto in Costituzione, senza alcun
rispetto per il nuovo assetto delle competenze regionali
costituzionalmente previste, con conseguente sussistenza del vizio
eccepito. Ne' a cio' puo' essere obiettato che l'impugnata
disposizione sarebbe necessaria per provvedere ad erogare i
contributi del F.U.S. al fine di non penalizzare gli operatori,
perche' nulla impedirebbe allo Stato di ripartire tempestivamente tra
le regioni il fondo per la erogazione agli operatori.
La norma contestata denota invece che l'intervento statale ha
sottesa una precisa volonta' di non modificare la disciplina del
F.U.S. e di continuare a gestire integralmente ed esclusivamente il
medesimo, in totale violazione della nuova normativa di cui all'art.
119 della Costituzione.
Anche per tale profilo il provvedimento si presenta lesivo delle
attribuzioni regionali.

P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 del d.l. 18 febbraio 2003, n. 24,
convertito, con modificazioni in legge 17 aprile 2003, n. 82, perche'
in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.
Si deposita la delibera della giunta regionale di autorizzazione
a stare in giudizio.
Firenze-Roma, addi' 16 giugno 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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