Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 agosto 2018 (della Regione Veneto).

(GU n. 38 del 2018-09-26)

 

Ricorso per la Regione Veneto (C.F. … - P.IVA …), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott. Luca Zaia (C.F. …), autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1054 del 17 luglio 2018 (doc. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. …) coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (CF…) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax …, posta elettronica certificata …) promosso

contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74 recante «Riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA e per il riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016, n. 154» e dell'art. 1, comma 3; articoli 2, 3, 4, 8 e 15, comma 5.

Fatto

1) L'art. 15 della legge 28 luglio 2016 n. 154, recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita' dei settori agricolo e agroalimentare, nonche' sanzioni in materia di pesca illegale», ha statuito che: «1. Al fine di razionalizzare e contenere la spesa pubblica, nel rispetto dei principi e criteri direttivi del capo I e degli articoli 8, 16 e 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e tenuto conto dei relativi decreti attuativi, il Governo e' delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati al riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al riassetto delle modalita' di finanziamento e gestione delle attivita' di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale, nonche' al riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori, anche attraverso la revisione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, in materia di disciplina della riproduzione animale, allo scopo di rendere maggiormente efficienti i servizi offerti nell'ambito del settore agroalimentare.

2. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, relativamente al riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Governo e' tenuto ad osservare i seguenti principi e criteri direttivi:

a) revisione delle competenze e riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati, anche a seguito dell'attuazione delle disposizioni dell'articolo 1, commi da 381 a 383, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dell'articolo 1, commi da 659 a 664, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e dell'articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, prevedendo modalita' di chiamata pubblica secondo criteri di merito e trasparenza che garantiscano l'indipendenza, la terzieta', l'onorabilita', l'assenza di conflitti di interessi, l'incompatibilita' con cariche politiche e sindacali e la comprovata qualificazione scientifica e professionale dei componenti dei loro organi nei settori in cui opera l'ente, societa' o agenzia;

b) ottimizzazione nell'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie a disposizione degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, riducendo ulteriormente il ricorso a contratti con soggetti esterni alla pubblica amministrazione e utilizzando prioritariamente le professionalita' esistenti;

c) utilizzo di una quota non superiore al 50 per cento dei risparmi di spesa, non considerati ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica, derivanti dalla riduzione del numero degli enti e societa' disposta a legislazione vigente e dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma per politiche a favore del settore agroalimentare, con particolare riferimento allo sviluppo e all'internazionalizzazione del made in Italy, nonche' alla tutela all'estero delle produzioni di qualita' certificata;

d) riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) anche attraverso la revisione delle funzioni attualmente affidate all'Agenzia medesima e, in particolare, dell'attuale sistema di gestione e di sviluppo del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, nonche' del modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale, secondo i seguenti indirizzi: sussidiarieta' operativa tra livello centrale e regionale; modello organizzativo omogeneo; uniformita' dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali; uniformita' delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli. La riorganizzazione deve altresi' favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del sistema dei pagamenti nonche' ottimizzare l'accesso alle informazioni da parte degli utenti e delle pubbliche amministrazioni, garantendo la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena comunicazione tra articolazioni regionali e struttura centrale nonche' tra utenti e pubblica amministrazione, attraverso la piena attivazione della Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503;

e) riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, al fine di garantire maggiore unitarieta' ed efficacia, anche assicurando la necessaria indipendenza dal soggetto erogatore, con conseguente razionalizzazione o soppressione della societa' AGECONTROL S.p.a., anche mediante il trasferimento della proprieta' delle relative azioni al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o ad agenzie da esso vigilate, ovvero la sua confluenza in enti, societa' o agenzie vigilati dal medesimo Ministero, previo espletamento di apposite procedure selettive per il personale, procedendo al relativo inquadramento sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza e comunque prevedendo che i dipendenti della predetta societa' mantengano esclusivamente il trattamento economico fondamentale in godimento percepito alla data di entrata in vigore della presente legge, con corrispondente riduzione dei trasferimenti in favore dell'AGEA;

f) revisione della normativa istitutiva dell'Ente nazionale risi al fine di razionalizzarne l'organizzazione in funzione della competitivita' del settore;

g) previsione dell'obbligo di pubblicazione annuale dei dati economici, finanziari e patrimoniali relativi all'ultimo esercizio nonche' dei dati della rendicontazione delle attivita' svolte da ciascun ente, societa' o agenzia. (omissis)

5. I decreti legislativi di cui al comma I sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo puo' comunque procedere. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di apposita relazione tecnica da cui risultino, tra l'altro, i risparmi di spesa derivanti dall'attuazione delle disposizioni in essi contenute, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro sessanta giorni dalla data di assegnazione. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo e' prorogato di tre mesi.

6. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro un mese dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti possono essere comunque adottati in via definitiva dal Governo.»

2) Tra le disposizioni sopra esposte l'art. 15, commi 1 e 2, lettera d), e 5, della legge n. 154 del 2016 ha formato oggetto di impugnazione avanti la Corte costituzionale (R.G. 65/2016) da parte della Regione del Veneto in ragione della violazione degli articoli 97, 117, quarto comma, e 118 Cost. nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

In particolare, e' stato oggetto di contestazione il rinnovo del modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale per l'aspetto relativo al fatto che la legge di delega abbia previsto tra i criteri direttivi: «l'introduzione di un modello organizzativo omogeneo, l'uniformita' dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali e l'uniformita' delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli.»

In tale modo la delega legislativa sembrava andare ben oltre i limiti afferenti alle esplicitate finalita' di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, potendo imporre alle Regioni un modello organizzativo, e, in tal modo, comprimendo indebitamente la competenza regionale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa proprie.

Su questo aspetto la legge delega ha previsto, quale unico strumento di concertazione, un mero parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo avrebbe potuto comunque procedere all'adozione del decreto delegato.

Secondo questa impostazione, sia per il carattere «debole» dell'intervento della conferenza intergovemativa sia per l'esiguita' del termine previsto, si e' obiettato che cio' determinava la violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

3) In via incidentale si rileva che non ha mutato il quadro della situazione, il fatto che il Governo, nell'iter procedimentale di adozione del decreto delegato, abbia denominato «intesa» quello che la legge delega qualifica come parere.

La modifica, infatti, non ha superato il merito della questione dato che la variazione terminologica e' rimasta una mera modificazione nominale, non essendo stato posto in essere quel dialogo partecipativo con finalita' di cooperazione e condivisione decisoria che deve connotare il procedimento di intesa. Il testo del decreto legislativo e' stato presentato alla Conferenza, in data 12 dicembre 2017, senza che nessun confronto/dialogo sia in concreto stato instaurato al fine di superare le numerose perplessita' rilevate dalla compagine regionale. (doc. 2)

Tale espediente nominalistico non pare dunque idoneo a sanare il vizio della legge delega e, di conseguenza, del decreto delegato che soffre percio' della violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. e, quindi va ad incidere sulla legittimita' del decreto delegato.

4) Nel ricorso avverso la legge di delega legislativa si e' altresi' contestata la violazione degli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, in quanto essa tenderebbe a realizzare un livellamento organizzativo, procedurale e di spesa tra i diversi livelli regionali, senza tener conto delle loro specificita', determinando l'effetto distorsivo per cui, ove essi presentino caratteristiche di eccellenza sotto il profilo organizzativo, gestorio e finanziario, gli enti regionali sarebbero comunque costretti ad adeguarsi ai nuovi parametri previsti dalla legislazione statale. Violazione cui accedeva quella degli articoli 117, quarto comma, e 118 Cost., in quanto l'imposizione di modelli organizzativi e procedimentali prevista nella delega legislativa avrebbe determinato un'invasione delle competenze affidate alle Regioni in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale e in materia di agricoltura.

5) Il giudizio in parola, tuttavia, non e' stato deciso nel merito in quanto, la sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2 luglio 2018 ha rilevato che all'udienza di discussione tenutasi 1'8 maggio 2018: «come segnalato dalla Regione ricorrente nella propria memoria depositata il 17 aprile 2018 e dall'Avvocatura generale dello Stato in udienza, nonostante il decorso del termine legislativamente previsto, non e' stato dato seguito alla delega.»

In ragione di data mancata adozione del decreto legislativo entro il termine fissato nella legge delega la Corte ha ricavato la caducazione degli effetti della disposizione impugnata e ha dichiarato l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il ricorso.

6) Contrariamente il presupposto di fatto su cui si e' fondata la menzionata decisione della Corte costituzionale risulta erroneo, in quanto la delega legislativa e' stata esercitata dal Governo giusta deliberazione del 16 maggio 2018.

E il suo valido esercizio non puo' che essere collegato all'ultimo paragrafo del comma 5 dell'art. 15 della legge delega n. 154 del 2016 a norma del quale: «Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo e' prorogato di tre mesi.»

Seguendo la scansione temporale riconducibile all'applicazione di questo comma si puo' sviluppare la seguente ricognizione.

La legge delega e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2016, n. 186 e, a seguito della vacatio legis, e' entrata in vigore a far data dal 25 agosto 2016.

Il termine per l'esercizio della delega legislativa, inizialmente di 12 mesi, e' stato prolungato a 18 mesi per effetto dell'art. 1, comma 2, lett. a), legge 27 febbraio 2017, n. 19, ragion per cui il termine finale avrebbe avuto la sua scadenza in data 25 febbraio 2018.

Sennonche', esaminando l'iter di adozione del decreto delegato si ricava che la richiesta di parere alle Commissioni parlamentari e' stata presentata alla Camera dei deputati in data 13 dicembre 2017, con scadenza per il pronunciamento in data 11 febbraio 2018, ossia nei trenta giorni che precedevano la scadenza della delega legislativa. Ragion per cui il termine per l'esercizio del potere delegato, per effetto del comma 5 dell'art. 15 della legge n. 154/2016, e' stato prorogato ex lege di tre mesi, spostando in tal modo al 25 maggio 2018 l'esaurimento del potere legislativo delegato. (doc. 3)

Va detto che, nel frattempo, il Senato della Repubblica aveva espresso il 24 gennaio 2018 il proprio parere, con osservazioni. (doc. 4)

7) Nel caso di specie codesta ecc.ma Corte ha dunque fondato la propria decisione su uno stato di fatto smentito dal successivo comportamento difforme del Governo, parte resistente del giudizio concluso con la sentenza n. 139/2018.

Il quale comportamento configura o un errore di fatto o un illegittimo esercizio della delega legislativa, laddove si ritenga che la previsione di proroga di cui al comma 5 dell'art. 15, sopra riportata, sia stata in concreto mal «utilizzata» dal Governo con un esercizio postumo del potere delegato, oramai esaurito. Se nella seconda ipotesi sussiste la possibilita' di configurare una illegittimita' diretta del decreto delegato, nel primo caso si presenta, una situazione che puo' essere ricondotta ai presupposti tipici necessari all'introduzione di un giudizio per revocazione in quanto la sentenza n. 139 del 2018 della Corte costituzionale appare essere l'effetto di un errore, fondandosi sulla supposizione di un fatto la cui verita' e' incontrastabilmente esclusa, ossia il mancato esercizio della delega.

Peraltro, occorre rilevare che la Regione del Veneto aveva posto, nelle proprie difese, a partire dalla memoria depositata il 17 aprile 2018, il fatto del mancato esercizio della delega in termini meramente dubitativi ed ipotetici, non essendo nella sua disponibilita' conoscitiva quale fosse la volonta' dell'esecutivo statale ovvero sapere cosa il Governo avesse fatto o intendesse fare. Ragion per cui la dichiarazione intervenuta in corso di udienza da parte dell'Avvocatura dello Stato, essendo stata effettuata presumibilmente nella consapevolezza di non essere certi della sua veridicita', potrebbe far trasmutare il carattere non intenzionale di una tale condotta in una vera e propria sorta di dolo, soprattutto alla luce degli effetti derivanti dalla conseguente pronuncia di inammissibilita' del ricorso che ha precluso e, all'apparenza, in modo definitivo un giudizio sul merito del ricorso, configurando cosi' l'ipotesi di revocazione di cui al n. 1 del comma 1 dell'art. 395 cpc, oltre quella di cui al n.4 del medesimo articolo.

8) Pur a fronte di tali elementi, questa difesa comunque rileva come il decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, presenta vizi di legittimita' costituzionale, sostanziali e procedimentali, propri, i quali saranno oggetto di puntuale enunciazione nel seguito del presente ricorso. E pur anche esso risulta viziato in via derivata per effetto dei limiti e criteri direttivi della legge delega, oggetto di un'impugnazione (R.G. 65/2016) che decisa in rito e non nel merito.

A tale ultimo riguardo si rileva che i vizi della legge delega non coincidono, infatti, con quelli del decreto delegato e il loro autonomo giudizio da parte della Corte costituzionale si sarebbe riverberato sulla legittimita' del decreto legislativo. Basti osservare che il decreto legislativo, nella sua attitudine a invadere ambiti di competenza legislativa regionale (che formeranno oggetto dei successivi motivi di impugnazione), trova un fondamento giustificativo proprio in quelle disposizioni della legge delega che hanno formato oggetto di impugnazione, in ragione della naturale natura conformativa delle stesse rispetto alle disposizioni attuative del decreto delegato.

In ragione di cio' e, per i motivi che saranno esposti di seguito, la Regione del Veneto ha altresi' interesse a una pronuncia di merito in ordine alla legittimita' costituzionale della legge delega n. 154/2016, previa rimessione nei termini di cui all'art. 127 Cost., essendo la stessa decaduta dagli stessi per effetto della dichiarata inammissibilita', senza che alcun addebito di colpa possa essere mossa alla stessa.

Ovvero qualora non si ritenga praticabile tale rimessione in termini, in ragione del pronunciamento di codesta ecc.ma Corte, si dovranno ritenere riproposti i motivi di impugnazione avverso la legge n. 54 del 2016, previa revocazione della sentenza n. 139 del 2018, in applicazione del combinato disposto degli articoli 91 e 92 del decreto legislativo n. 104/2010, dell'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4) cpc ovvero, ove non ritenuti compatibili con il giudizio costituzionale, in seguito a declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella parte in cui non prevede la revocazione delle decisioni della Corte costituzionale nei giudizi in principalita', ove le stesse siano frutto di un errore di fatto o di dolo di una delle parti, che ha precluso la pronuncia sul merito del ricorso.

9) A tale ultimo riguardo, per quanto necessario, si rileva che la prospettata, quanto subordinata, questione incidentale di costituzionalita' dell'art. 18 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e' rilevante nel presente giudizio, stante la pregiudizialita' logica o, rectius, la correlazione di dialettica legislativa imposta dall'art. 76 Cost., (a salvaguardia peraltro del fondamentale canone della separazione dei poteri), che intercorre tra gli articoli della legge delega oggetto del ricorso dichiarato inammissibile e gli articoli del decreto legislativo impugnati in questa sede.

L'invasione della competenza legislativa regionale appare, infatti, il frutto non solo di vizi propri del decreto legislativo, ma anche e' l'esito della peculiare configurazione del potere delegato posta da parte della legge delega che, come gia' denunciato nel ricorso avverso quest'ultima, consentiva al governo di intervenire anche su profili organizzatori afferenti alla competenza ordinamentale della Regione.

Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della questione incidentale di costituzionalita', si osserva che l'istituto della revocazione, come delineato dall'art. 395 cpc, in ipotesi come quelle di cui al presente giudizio, costituisce un fondamentale principio attuativo dei canoni della effettivita' della tutela giurisdizionale e del giusto processo, nel caso di specie, anche «ordinamentale».

In particolare, si ritiene che la disposizione codicistica costituisce norma interposta attuativa del principi fondamentali del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. e del principio costituzionale di effettivita' della tutela giurisdizionale di cui agli articoli 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, Cost. Principi estendibili pur anche ai giudizi di costituzionalita' e, in particolare, a quelli promossi in via principale, per effetto della configurazione di tale giudizio di costituzionalita' derivante dagli articoli 127 e 137 Cost. e dalle relative norme attuative, che risultano percio' a loro volta violate nella loro finalita' ultima di garantire la «geometria istituzionale» dello Stato, lesa dalla definitivita' di una decisione che non statuisce sul merito della «controversia».

Basti leggere l'art. 28 legge 11 marzo 1953, n. 87, che seppur riferito ai giudizi incidentali di costituzionalita', prospetta un principio di ordine generale, laddove statuisce che: «Il controllo di legittimita' della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento.» Ossia il giudizio di costituzionalita', pur avendo un contenuto ontologicamente «paralegislativo» in ragione dei parametri di giudizio che impiega, si prospetta alla stregua di un oggettivo esercizio di giurisdizione, e cio' si presenta a maggior ragione nell'ambito dei giudizi promossi in via principale ove e' previsto un termine decadenziale e dove lo stesso si atteggia a giudizio tra parti.

Ne consegue che la mancata previsione di uno strumento processuale di riesame, ancorche' impugnatorio delle decisioni della Corte costituzionale, quale puo' essere la revocazione, preclude alle parti di questo peculiare giudizio contenzioso, soggetto a termini decadenziali, di ottenere una effettiva «giustizia».

La qual cosa ha una rilevanza assoluta nella considerazione che la questione, in fattispecie, tocca un presupposto del giudizio e non la valutazione di costituzionalita' e interviene sull'esigenza di garantire la «geometria istituzionale» dello Stato connessa ai giudizi in principalita' e la necessita' di ripristinare la stessa di fronte a un'errata ricognizione degli elementi di fatto su cui essa si fonda.

Laddove codesta ecc.ma Corte ritenesse di considerare ammissibile questa censura per le considerazione dinanzi esposte, si ritiene che, invero, gia' l'ordinamento positivo consente una tale «operazione» di integrazione procedimentale. In particolare l'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 statuisce che: «Nel procedimento davanti alla Corte costituzionale, salvo che per i giudizi sulle accuse di cui agli articoli 43 e seguenti, si osservano, in quanto applicabili, anche le norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.»

Tale riferimento richiama il regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, il cui art. 81 prevedeva espressamente la revocazione delle decisioni del Consiglio di Stato, ragion per cui ove si intenda tale riferimento alla stregua di un rinvio «mobile» si potranno ritenere applicabili al giudizio avanti la Corte costituzionale gli articoli 91 e 92 del codice del processo amministrativo che richiamano l'istituto impugnatorio della revocazione di cui al codice di procedura civile.

Ove il presente costrutto esegetico sia ritenuto corretto, il presente motivo deve intendersi quale motivo revocatorio e devono ritenersi interamente riproposti i motivi di impugnazione del giudizio dichiarato inammissibile con la sentenza n. 139 del 2018. (doc. 5)

10) Occorre, poi, rilevare, che la legge di delega n. 154 del 2016 prevedeva un procedimento rafforzato di adozione del decreto delegato, secondo cui qualora il Governo «non intende conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro un mese dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti possono essere comunque adottati in via definitiva dal Governo.»

Nel caso di specie, tale procedimento rinforzato risulta violato sotto un duplice profilo.

Con riguardo al parere della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, non si rileva tanto al circostanza che il parere sia condizione di procedibilita' per il Governo, quanto il fatto che l'assenza dello stesso abbia impedito che si potesse svolgere quel dialogo concertativo tra esecutivo e legislativo considerato dalla legge delega quale condicio sine qua non per il legittimo esercizio della delega legislativa.

Con riferimento, invece, al parere della Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica, si rileva come lo stesso sia stato espresso in modo favorevole, ma subordinatamente all'accoglimento delle seguenti «osservazioni»:

«Si rappresenta la necessita' di una piena garanzia dell'indipendenza e della separazione delle funzioni che la nuova AGEA e' chiamata a svolgere, in quanto soggetto erogatore degli aiuti, e nella veste di soggetto deputato all'espletamento dei controlli: il principio di terzieta' impone infatti specifiche guarentigie quanto alle responsabilita' delle strutture incaricate e ai soggetti che in concreto svolgono tali distinte funzioni;

si richiama l'opportunita' di una migliore definizione delle procedure di incorporazione di AGECONTROL in AGEA, quanto alla considerazione del percorso professionale gia' maturato dal personale interessato;

occorre che il nuovo assetto di AGEA veda la piena e organica architettura del personale considerato nel suo complesso, con un equilibrato trattamento tra i dipendenti di cui AGEA potra' disporre.»

Non risulta che, tali osservazioni, condizionanti il carattere favorevole del parere siano state accolte dal Governo con la modifica del testo sottoposto all'esame del Senato. Per cui non si e' affatto avuto quel «dialogo» partecipativo imposto dal comma 6 dell'art. 15 della legge delega. Ne consegue che il decreto legislativo, che si limita a prendere atto dell'acquisizione del parere della 9ª Commissione agricoltura del Senato, presenta un vizio procedimentale grave e insanabile, in quanto il Governo, nell'ambito di tale procedimento rinforzato, ha proceduto a prescindere dalle osservazioni delle Commissioni parlamentari e senza disporre la ritrasmissione dello schema rivisitato di decreto alla Commissione del Senato. E, dunque, senza aver ottenuto il parere definitivo o, in mancanza, aver atteso il decorso inutilmente del termine di un mese, previsto dal comma 6 sopramenzionato.

Dinanzi a un procedimento di legge rinforzato la legittimita' dell'atto legislativo delegato e' commisurato al rispetto degli adempimenti formali previsti dalla legge delega. Nel caso di specie il decreto delegato ha violato tale iter procedimentale, in quanto nel silenzio delle Commissioni della Camera, il parere di quelle senatoriali ha acquisito una rilevanza ancora maggiore. Il Governo, pero', non ha tenuto conto affatto delle «osservazioni» poste dal Parlamento, le quali, invero, costituivano non un mero atto di orientamento o di indirizzo, ma delle prescrizioni puntuali e precise di contenuto manifestamente difforme e correttivo rispetto allo schema di decreto esaminato e tali da essere non delle mere osservazioni ma delle vere e proprie «condizioni».

Vizio che risulta ancora piu' grave se si pensa che il Governo Gentiloni operava in regime di prorogatio. L'adozione del decreto delegato e' avvenuta dopo le elezioni e dopo la ricostituzione delle Camere, in un periodo di tempo in cui non godeva piu' del supporto della fiducia parlamentare ed, anzi, la maggioranza che gli aveva accordato la fiducia nella precedente legislatura era divenuta di fatto una minoranza parlamentare.

Tali vizi procedimentali non possono, dunque, essere collocati tra i meri vizi formali, superabile attraverso l'esercizio in concreto del potere, in quanto il carattere rinforzato del procedimento legislativo delegato trova la sua ragion d'essere nella salvaguardia del principio di separazione dei poteri e nella garanzia delle prerogative parlamentari nell'esercizio dell'attivita' legislativa.

Ne consegue l'irrimediabile illegittimita' dell'intero decreto legislativo, il quale, peraltro, assecondando i vizi di incostituzionalita' gia' fatti valere nei confronti dei principi e criteri direttivi della legge delega, si presenta in proprio come lesivo, oltreche' dell'art. 76 Cost., come appena profilato, anche degli articoli 97, 117, terzo e quarto comma, 118 Cost. nonche' del principio di leale collaborazione. Il che fonda l'interesse regionale alla proposizione del presente ricorso per gli ulteriori e seguenti motivi di

Diritto

Illegitimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, recante «riorganizzazione dell'agenzia per le erogazioni in agricoltura -Agea e per il riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016, n. 154» per violazione degli articoli 76, 97, 117, commi 3 e 4, 118 e 120 Cost.

L'art. 15, rubricato «Sistema informativo agricolo nazionale», al comma 5, dispone che: «Per l'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al presente decreto, ivi compresi i controlli preventivi integrati effettuati mediante telerilevamento previsti dalla normativa dell'Unione europea, l'Agenzia e gli altri organismi pagatori riconosciuti si avvalgono dei servizi del SIAN.»

La disposizione in parola conferma tutti i dubbi di legittimita' costituzionale sollevati nel giudizio promosso avverso la legge delega sotto il profilo della lesione dell'autonomia organizzativa regionale e, dunque, della violazione degli articoli 117, comma IV e 118 Cost.

Si impone, infatti, a tutti gli organismi pagatori riconosciuti e, dunque, anche a quelli regionali, di esercitare tutte le proprie funzioni e compiti (gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune; interventi sul mercato agricolo; etc.... art. 4) avvalendosi dei servizi del SIAN.

Come affermato nella recente decisione di codesta ecc.ma Corte n. 139 del 2018 «la competenza statale nella materia concernente il "coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione [...] locale" (art. 117, secondo comma, lettera r, Cost.) concerne le disposizioni «strumentali per "assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilita' tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione" (sentenza n. 17 del 2004; nello stesso senso, fra le altre, sentenze n. 23 del 2014 e n. 46 del 2013)" (sentenze n. 284 e n. 251 del 2016).»

Ossia, la competenza statale e' legittimamente esercitata laddove rappresenti «una misura tecnico-operativa indispensabile per garantire il flusso delle informazioni tra i sistemi informativi regionali e quello nazionale». Ove, invece, la disposizione di legge statale travalichi i confini del coordinamento informativo e dello strumento di garanzia di uniformita' di linguaggio e si ponga quale misura organizzatoria e funzionale eteroimposta e vincolante l'organizzazione delle Regioni e degli enti regionali, essa viene a ledere la competenza regionale in materia di ordinamento e organizzazione regionale oltreche' la competenza regionale in materia di agricoltura, in tal guisa violando gli articoli 117, comma IV e 118 Cost.

La previsione di un sistema informativo nazionale in materia agricola sembra legittima con riferimento ai «servizi essenziali di natura trasversale» ( art. 15 comma 1) ovvero laddove costituisca uno strumento di comunicabilita' di modo da garantire un flusso biunivoco di dati. Il che si pone in un'ottica di efficienza e di buon andamento del pubblico agire, garantendo il miglior esercizio delle proprie funzioni, anche a livello regionale e locale, e pur anche di corretto adempimento degli obblighi di informazione nei confronti dell'Unione Europea.

Al contrario, ove lo stesso si ponga come strumento imposto di esercizio delle proprie funzioni gestorie e amministrative da parte delle Regioni e degli enti regionali, come per effetto dalla disposizione in questa sede impugnata, si travalica il titolo legittimante la competenza legislativa statale e si elide la competenza delle regioni a organizzare i propri servizi e ad esercitare le funzioni attribuite alle stesse in modo autonomo, anche predisponendo sistemi informativi propri, con l'unico vincolo di assicurare la loro comunicabilita' con quelli statali.

La Regione del Veneto da tempo e' dotata di un proprio organismo pagatore che utilizza un proprio sistema informativo, predisposto per l'esercizio delle funzioni proprie e correlato per flussi informativi con il SIAN.

Per tali ragioni la disposizione impugnata viola, oltre agli articoli 117, commi 3 e 4 e 118 Cost. anche l'art. 97 Cost. non garantendo la possibilita' da parte delle Regioni e degli enti strumentali delle stesse, cui sia affidata il ruolo di organismo pagatore regionale, di scegliere se avvalersi nell'esercizio delle proprie funzioni del SIAN ovvero di utilizzare un sistema informativo proprio, anche ove quest'ultimo risulti piu' efficiente e funzionale al perseguimento del pubblico interesse.

Resta ferma, inoltre, l'illegittimita' derivante dal vizio procedimentale in precedenza esposto e qui integralmente richiamato, che importa una violazione dell'art. 76 Cost. Oltreche' la violazione dell'art. 120 Cost., per la solo apparente concertazione collaborativa svolta in termini solo formali di intesa, ma invero alla stregua di un mero parere.

Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3; articoli 2, 3, 4 e 8 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, recante «riorganizzazione dell'agenzia per le erogazioni in agricoltura - agea e per il riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016, n. 154» e dell'intero decreto legislativo citato per violazione degli articoli 76, 97,117, commi 1 e 4, 118 e 120 Cost.

L'art. 1 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74 rubricato «Riordino dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura», al comma 3, dispone che: «L'Agenzia (per le erogazioni in agricoltura (AGEA)) assicura la separazione tra le funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore.»

Il successivo art. 2, al comma 1, attribuisce alla stessa le «funzioni di organismo pagatore nazionale, cosi' come individuate all'articolo 4, per l'erogazione di aiuti, contributi e premi comunitari previsti dalla normativa nazionale, regionale e dell'Unione europea e finanziati dai Fondi agricoli comunitari, non attribuite ad altri organismi pagatori riconosciuti ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.»

Al secondo comma, invece, riconosce in capo ad AGEA «le funzioni di organismo di coordinamento, individuate all'articolo 3, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013.»

Tali funzioni sono, poi, enucleate nei successivi articoli 3 e 4. In particolare, a norma dell'art. 3, comma 1, l'Agenzia, in qualita' di organismo di coordinamento, esercita i compiti di carattere tecnico-operativo relativi al coordinamento di cui all'articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013 ed all'articolo 4 del regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione, del 6 agosto 2014.

Nello specifico, l'art. 7 paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1306/2013 attribuisce all'organismo pubblico di coordinamento non solo la funzione di raccogliere le informazioni da mettere a disposizione della Commissione e di trasmettere le stesse, ma anche il compito di «adottare e coordinare misure intese ad ovviare alle lacune di natura comune» nonche' di «promuovere e garantire l'applicazione uniforme delle norme dell'Unione».

L'art. 4 del regolamento di esecuzione (UE) n. 908/2014 della Commissione, del 6 agosto 2014, invece, attribuisce all'organismo di coordinamento «la divulgazione delle informazioni e delle linee guida relative alle funzioni e alle operazioni degli organismi pagatori presso gli organismi pagatori stessi e gli altri organismi responsabili dell'attuazione di tali linee guida, come pure la promozione dell'applicazione armonizzata delle stesse».

Il comma 1, lett. c) dell'art. 3 del decreto legislativo in questa sede impugnata attribuisce ad AGEA, quale organismo di coordinamento anche la funzione di coordinamento, gestione e sviluppo del SIAN, oltreche' i compiti di definizione del modello organizzativo e delle regole tecniche per l'interscambio ed il tempestivo aggiornamento dei dati tra il SIAN ed i sistemi informativi degli organismi pagatori, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere del Comitato tecnico di cui all'articolo 9.

A norma del successivo comma 5 l'Agenzia, tra l'altro, svolge la vigilanza sulla esecuzione dei controlli ex-post previsti dal regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013: nonche' l'esecuzione dei controlli ex post di cui alla lettera f), gia' svolti da Agecontrol S.p.A., assicurando la necessaria segregazione rispetto alle funzioni di vigilanza di cui alla medesima lettera; il coordinamento dei controlli, in qualita' di autorita' nazionale competente, al fine di assicurare l'osservanza delle normative dell'Unione europea in materia di conformita' alle norme di commercializzazione nel settore degli ortofrutticoli freschi e delle banane; l'esecuzione dei controlli di conformita' alle norme di commercializzazione di cui alla lettera h), sia per il mercato interno che per l'importazione e l'esportazione, gia' svolti da Agecontrol S.p.A., assicurando la necessaria segregazione anche rispetto alle funzioni di coordinamento di cui alla medesima lettera; la promozione dell'applicazione uniforme delle attivita' di competenza delle regioni e delle province autonome di cui all'articolo 6 e, a tal fine, monitora la conformita' e i tempi delle procedure istruttorie e di controllo e lo svolgimento delle relative attivita' e ogni altro compito attribuito all'Agenzia dalla normativa nazionale, anche in attuazione di quella dell'Unione europea e che gli organismi pagatori intendano delegare all'organismo di coordinamento.

Appare evidente che le molteplici funzioni attribuite ad AGEA dal decreto legislativo, quale organismo di coordinamento, anche oltre i confini tracciati dalla normativa europea, e soprattutto in materia di vigilanza e controllo oltreche' armonizzazione a fini dell'uniformita' comportamentale degli organismi pagatori regionali, avrebbero richiesto un esercizio formalmente e sostanzialmente separato rispetto alle funzioni di organismo pagatore.

Invero, lo stesso art. 4 del Reg. (CE) 6 agosto 2014 n. 908/2014 «Regolamento di esecuzione della commissione recante modalita' di applicazione del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le norme sui controlli, le cauzioni e la trasparenza» esige al secondo comma che «L'organismo pagatore puo' svolgere il ruolo di organismo di coordinamento, purche' le due funzioni siano nettamente distinte».

Si tratta di un'esigenza imprescindibile che trova la propria ratio nella necessita' di evitare commistioni e sovrapposizioni di esercizio tra funzioni interferenti che devono essere affidate alle cure di organismi distinti ed autonomi.

La violazione della disposizione comunitaria e, conseguentemente, dell'art. 117, comma 1, della Costituzione della Repubblica Italia, si riverbera in una lesione dell'autonomia organizzatoria e gestoria regionale e degli organismi pagatori regionali, i quali vengono a soffrire gli effetti negativi derivanti dalla commistione di funzioni di coordinamento, di vigilanza e di gestione degli aiuti. Oltreche' si riflette in una elisione della competenza regionale in materia di agricoltura con conseguente violazione degli articoli 117, comma 4, e 118 Cost.

Peraltro l'effetto di commistione avversato dalla disciplina comunitaria, il cui divieto e' reso ancora piu' necessario dalle ulteriori funzioni attribuite dal decreto legislativo impugnato ad AGEA, si riverbera anche in una lesione, attuale e non meramente potenziale, del principio di buon andamento dell'agire pubblico e, dunque, si pone in violazione dell'art. 97 Cost. La sovrapposizione funzionale prevista dal decreto legislativo delegato, infatti, e' idonea a determinare effetti distorsivi che non possono non alterare il sistema relazionale tra organismo di coordinamento e di controllo e organismi pagatori e tra organismi pagatori regionali e AGEA, il che si ripercuote di necessita' in termini di inefficienza dello stesso sistema.

A tal riguardo le disposizioni del decreto legislativo non garantiscono affatto la netta separazione funzionale e strutturale richiesta dall'ordinamento comunitario, seppure sia previsto che il bilancio dell'Agenzia contenga due distinte rubriche, una per l'organismo di coordinamento e una per l'organismo pagatore, che costituiscono distinti centri di responsabilita' amministrativa e di costo.

Si tratta invero di una misura necessaria, ma non sufficiente, ove si tenga presente che il Direttore dell'Agenzia, a norma dell'art. 8 dirige la stessa, ne e' responsabile e coordina le funzioni, sia pur garantendone la separazione. E' di tutta evidenza che la disposizione di legge suona a mo' di ossimoro, in quanto il medesimo soggetto deve coordinare, e quindi armonizzare e legare secondo criteri di reciproca interferenza armonica le due funzioni di cui invece dovrebbe garantire la separazione.

D'altronde se la responsabilita' di entrambe le funzioni e' del medesimo soggetto appare indubitabile che le stesse non presentino quel connotato minimo di separatezza richiesto dal diritto comunitario e, invero, dallo stesso art. 97 Cost.

Il che non puo' che avere ricadute in termini di inefficienze, potenziali conflitti di interesse e sovrapposizioni decisorie idonee a riverberarsi negativamente sul funzionamento degli organismi pagatori strumentali delle Regioni.

A fronte dei quali la previsione di attribuire allo stesso soggetto anche i compiti di coordinamento funge da conferma dell'indebita commistione di funzioni, senza considerare il fatto che il compito di coordinamento verso se stesso quale ente pagatore crea una indubbia distonia a riguardo degli altri soggetti pagatori.

Tale limite strutturale alla possibilita' di una netta separazione delle due `anime' instillate in AGEA dal legislatore delegato non puo' neppure essere superato per effetto dell'adottando Statuto, il quale dovendosi comunque conformare alla legge non potra' in nessun caso contraddire l'art. 8 e l'accentramento di responsabilita' in capo al Direttore ivi previsto.

La stessa espressa previsione nell'art. 12 della necessita' di garantire la separazione di funzioni si riduce a una formula di stile insufficiente a garantire una separazione, che resta solamente asserita, ma contraddetta dalla strutturazione imposta inderogabilmente dallo stesso decreto legislativo.

D'altronde ad evidenziare tali criticita' si pone lo stesso parere espresso dalla Commissione agricoltura del Senato della Repubblica, ove si subordina l'assenso parlamentare alla predisposizione di modifiche che garantiscano «una piena garanzia dell'indipendenza e della separazione delle funzioni che la nuova AGEA e' chiamata a svolgere, in quanto soggetto erogatore degli aiuti, e nella veste di soggetto deputato all'espletamento dei controlli: il principio di terzieta' impone infatti specifiche guarentigie».

Tali 'osservazioni', infatti, per il loro contenuto puntuale e normogenetico, possono considerarsi delle autentiche condizioni, in quanto evidenziano elementi di criticita' da sciogliere nello stesso decreto legislativo e, dunque, non si pongono quali mere constatazioni, ma invece alla stregua di autentici suggerimenti/indicazioni, volti a incidere sulla formazione della volonta' legislativa delegata.

Si consideri, a tal riguardo, il ruolo riservato nella prassi costituzionale ai pareri delle Commissioni parlamentari, che da atti di mero controllo sono divenuti, anche ove non vincolanti, atti espressivi di un potere di co-legislazione.

Il mancato compimento del dialogo codecisorio previsto dalla legge di delega determina dunque un vizio di legittimita' del decreto delegato, confermato dal fatto che le guarentigie richieste nel parere non sembrano essere state introdotte nel decreto legislativo che soffre dunque sia del vizio di legittimita' derivante dalla violazione dell'art. 117, comma 1 Cost. sia dell'ulteriore vizio, consistente nella violazione dell'art.76 Cost. Ove di fronte alla 'condizione' posta dalla Commissione parlamentare non si e' svolto l'iter procedimentale rafforzato previsto dalla legge delega, nonostante fosse ancora temporalmente possibile farlo in regime di prorogatio delle Camere o, eventualmente, a seguito della costituzione delle nuove Commissioni. Violazione che si riverbera in acto e non solo in potentia in una lesione della competenza regionale sia sotto il profilo della elisione dell'autonomia organizzatoria sia della lesione della materia agricoltura e, in particolare della attivita' di gestione dei fondi agricoli.

Peraltro l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, e degli articoli 2, 3, 4 e 8 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, sembra ingenerare un effetto caducante sull'intera geometria funzionale del decreto legislativo, stante il necessario venir meno di ogni disposizione dell'atto avente forza di legge che comporti un'indebita commistione delle funzioni di organismo pagatore e di coordinamento/vigilanza.

Ragion per cui, ove tale effetto non sia inteso quale conseguenza necessaria della pronuncia demolitoria richiesta con il presente ricorso, si ritiene di estendere l'impugnazione all'intero testo del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, stante la inscindibilita' delle disposizioni impugnate rispetto alle altre norme dello stesso.

P.Q.M.

la Regione del Veneto chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionale:

dichiari, in ogni caso, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3 e degli artt. 2, 3, 4, 8 e 15, comma 5 e, invero, dell'intero decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 74, recante «Riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA e per il riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, in attuazione dell'articolo 15, della legge 28 luglio 2016, n. 154», per violazione degli art. 76, 97, 117, commi 1, 3 e 4, 118 e 120 Cost.;

decida, ove necessario, sui motivi di impugnazione dell'art. 15 della legge n. 154 del 2016, che si devono intendere qui interamente riproposti, previa rimessione nei termini di cui all'art. 127 Cost.;

disponga, ove necessario, per effetto del combinato disposto degli artt. 91 e 92 del decreto legislativo n. 104/2010, dell'art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 395, comma 1, nn. 1) e 4) cpc la revocazione della decisione di codesta ecc.ma Corte n. 139 del 2018, considerando nell'eventuale fase rescissoria, come integralmente riproposti i motivi di impugnazione del giudizio R.G. 65/2016.

In subordine e in via alternativa, sempre ove necessario, sollevi questione incidentale di costituzionalita' avverso l'art. 18 della legge 11 marzo 1953, n. 87 nella parte in cui non prevede la possibilita' di impugnare le decisioni della Corte costituzionale nel caso in cui si presenti un vizio revocatorio ex art. 395, comma 1, nn. 1 e 4) c.p.c.

Si depositano:

1) deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1054 del 17 luglio 2018;

2) nota di trasmissione schema di decreto legislativo alla Conferenza Stato-regioni e atto di mancata intesa;

3) schermata dal sito della Camera dei deputati;

4) parere espresso dalla Commissione parlamentare del Senato della Repubblica,

5) Atti del giudizio R.G. 65/2016.

 

Venezia-Roma, 20 agosto 2018

Avv.ti: Zanon-Manzi

 

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