Ricorso n. 53 del 1° aprile 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1° aprile 2010 , n. 53
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1º aprile 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 17 del 28-4-2010)
Nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliata; Nei confronti della Regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante «Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici», pubblicata sul B.U.R. n. 5 del 27 gennaio 2010: art. 1 (Oggetto e finalita'), comma 1; art. 2 (Ambito di applicazione); art. 13 (Aggiornamento dell'elenco regionale dei prezzi e dei costi per la sicurezza), comma 3; art. 15 (Responsabile del procedimento); art. 16 (Incentivo per la progettazione e per le attivita' tecnico-amministrative connesse); art. 19 (Qualita' dei progetti e dei soggetti partecipanti alle gare), comma 1; art. 20 (Servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di importo inferiore a centomila euro), comma 3; art. 22 (Attivita' di manutenzione), commi 3 e 4; art. 28 (Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa); in virtu' della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 12 marzo 2010. Premessa 1. - La Regione Umbria ha emanato la legge regionale indicata in epigrafe, con la quale ha inteso regolare in maniera organica la materia della esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul territorio regionale, nonche' la regolarita' contributiva per i lavori pubblici, con le finalita' specificate al comma 2 dell'art. 1. Alcune delle norme della Legge Regionale in questione non risultano in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni; per tale motivo il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di doverle impugnare, ed a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso. 2. - E' noto che la questione del riparto di competenza legislativa fra Stato e regioni nel settore degli appalti pubblici ha avuto un notevole contributo interpretativo ad opera di svariati pronunciamenti di codesta Corte costituzionale, segnatamente ad opera delle sentenze nn. 303 e 304/2003, n. 345/2004, e n. 322/2008, nonche' una precisa regolamentazione ad opera del c.d. «Codice degli appalti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» (d.lgs. n. 163/2006). In particolare, in relazione alla tematica sopra richiamata, il suddetto Codice ha espressamente previsto che «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nelle materie oggetto del presente codice nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle disposizioni relative a materie di competenza esclusiva dello Stato», mentre «relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice, in particolare, in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento, sicurezza del lavoro» (art. 4, commi 1 e 2). Dipoi, il comma 3 del medesimo art. 4 ha ulteriormente precisato l'operativita' dell'art. 177, secondo comma, Cost. in relazione al settore degli appalti pubblici, disponendo quanto segue: «Le regioni, nel rispetto dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture». 3. - Sulla base dei principi desumibili dalle pronunce costituzionali e dalle norme ora richiamate, e' pertanto possibile affermare che la materia degli appalti pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 Cost. - non appartiene per residualita' alla competenza legislativa delle regioni. In effetti, come ritenuto da codesta Corte, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono, e, pertanto, possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative dello Stato, ovvero a potesta' legislative concorrenti. Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici in tutti i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione, del finanziamento, della scelta del contraente, della sua qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie), si ha che ciascuno di essi puo' essere ricondotto all'ambito di legislazione cui appartiene la relativa materia, e, di conseguenza, puo' essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta' legislativa. 4. - A grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene alla fase dell'affidamento dell'appalto (contenuto dei bandi di gara, criteri di aggiudicazione, commissioni aggiudicatrici, disciplina della gara, qualificazione dei concorrenti) rientra nel generale concetto di regolamentazione della concorrenza e di regolazione del mercato; ed in questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria in materia, nonche' la ragione della predominanza di questa sulla normativa interna: regolamentazione che, in quanto tale, appartiene allo Stato in via esclusiva. In tal senso si e' espressamente indirizzato l'orientamento di codesta Corte Costituzionale, affermando che l'acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni secondo le procedure ad evidenza pubblica costituisce la concreta attuazione della pienezza dei rapporti concorrenziali: «Le procedure ad evidenza pubblica, anche alla luce delle direttive della Comunita' Europea (cfr. da ultimo la direttiva 2004/18l/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e servzi), hanno assunto un rilievo fondamentale per la tutela della concorrenza tra i vari operatori economici interessati alle commesse pubbliche. Viene in rilievo, a questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma, Cost., secondo cui spetta allo Stato legiferare in via esclusiva in tema di tutela della concorrenza» (sentenza n. 345/2004). La ragione di quanto sopra risiede nella insopprimibile esigenza che il mercato degli appalti pubblici (da considerarsi in maniera unitaria sul territorio nazionale, ove non addirittura europeo) e le sue regole non soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili discipline, articolate secondo le differenziazioni del territorio regionale e ciascuna rispondente a finalita' politiche diverse, ed abbiano viceversa una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il territorio nazionale. Per altro verso, occorre tener presente che la normativa di settore non risponde soltanto all'esigenza di assicurare la massima concorrenzialita' fra le imprese (in attuazione di principi sovranazionali soprattutto di matrice comunitaria), ma anche all'esigenza, altrettanto rilevante, della Pubblica Amministrazione di individuare un contraente che sia affidabile sia sotto il profilo tecnico che finanziario. Si puo' quindi affermare che, nella misura in cui la normativa di settore risponde anche all'esigenza della stazione appaltante di poter aggiudicare l'appalto ad un soggetto che sia in possesso di adeguati requisiti (indice della sua capacita' finanziaria e tecnica), incide direttamente anche sulla liberta' di iniziativa economica (che costituisce, in qualche misura, l'altra faccia della medaglia rispetto al concetto di concorrenza) tutelata ex articolo 41 Cost.: e' evidente, infatti, che la normativa in materia di contratti pubblici preordinata alla individuazione dei requisiti occorrenti per l'aggiudicazione di un determinato appalto integra e completa la menzionata norma costituzionale, e finisce per conformare il diritto di iniziativa economica o, per meglio dire, l'attivita' d'impresa nello specifico settore qui considerato. In conclusione, nella specifica materia che in questa sede viene in considerazione, lo Stato dispone di una potesta' legislativa esclusiva, che trova il suo fondamento non soltanto nell'articolo 117, secondo comma, lett. e) (tutela della concorrenza), ma anche nell'articolo 117, secondo comma, lett. I), nella parte in cui stabilisce una riserva di legge in suo favore per tutto quanto attiene all'ordinamento civile. Le Regioni (e le Province Autonome di Trento e Bolzano), quindi, non possono emanare autonome norme di legge destinate a disciplinare le procedure di affidamento di contratti pubblici, in contrasto con la disciplina statale. 5. - Il discorso ovviamente si pone negli stessi termini con riguardo ad altri aspetti della materia dei lavori pubblici (e dei contratti pubblici in genere), quali la progettazione, la sottoscrizione dei contratti, l'individuazione del loro oggetto, la loro esecuzione, il subappalto, la disciplina delle controversie. E' infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene alla disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del loro adempimento, del loro inadempimento e delle relative conseguenze giuridiche (non a caso il contratto di appalto trova compiuta disciplina negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e' tradizionalmente ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche' speciale), e come tale rientra a pieno titolo nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato, cui spetta, sempre a norma dell'art. 117 Cost., legiferare in tema di ordinamento civile e penale. Le Regioni (e le Province Autonome), quindi, non possono nemmeno emanare norme proprie volte a regolare gli aspetti contrattuali degli appalti pubblici. Al riguardo, la sentenza n. 401/2007 della Corte ha avuto modo di segnalare che «sussiste, infatti, l'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' di trattamento, nell'intero territorio nazionale, della disciplina della fase di conclusione ed esecuzione dei contratti di appalto avente, tra l'altro - per l'attivita' di unificazione e semplificazione normativa svolta dal legislatore -, valenza sistematica (punto 6.8). Quanto poi alla progettazione degli appalti pubblici, la cennata sentenza n. 401/2007 ha del pari chiarito - in sede di ermeneusi del richiamato articolo 4, comma 3, del Codice dei contratti pubblici - che detta materia appartiene bensi' all'ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato, con la precisazione che «la riconduzione dell'attivita' di progettazione alla competenza esclusiva dello Stato opera esclusivamente per quanto attiene alla fissazione dei criteri in base ai quali tale attivita' deve essere svolta in modo da assicurare in ogni caso la piu' ampia competitivita' e la libera circolatone degli operatori economici nel segmento di mercato in questione» (punto 6.10). Possono invece emanare norme dirette a disciplinare argomenti ed istituti che sono oggetto di competenza legislativa concorrente (programmazione, esercizio ed effetti dei poteri approvativi specialmente per quanto attiene all'ambito urbanistico ed espropriativo, ecc.), ma cio' nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalle norme statali. 6. Sulla base delle suesposte considerazioni di carattere preliminare e generale, il Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2010, intende impugnare la Legge della Regione Umbria n. 3 del 21 gennaio 2010, e le specifiche disposizioni della stessa che comportano senza dubbio il superamento della linea di demarcazione della potesta' legislativa tra Stato e regioni tracciata dalla Costituzione, cosi' come dianzi sommariamente delineata, e comunque travalicano i limiti della competenza legislativa regionale in materia. Cio' e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente, in relazione alle norme che di seguito specificamente si elencano e si censurano. 1. - Art. 1, comma 1: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) ed l), Cost. L'art. 1, comma 1, della L.R. n. 3/2010, dispone quanto segue: «Con la presente legge la Regione nei limiti e nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonche' della normativa statale, detta la disciplina per la esecuzione di lavori e opere pubbliche da eseguirsi sul territorio regionale, di competenza della Regione e degli altri soggetti di cui all'art. 2, nonche' disposizioni in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici». La presente disposizione intende dunque definire l'oggetto del complessivo intervento normativo regionale, attribuendo all'ente locale il potere di dettare la disciplina per la «esecuzione» di lavori pubblici genericamente di interesse regionale, nonche' in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici. Le considerazioni espresse nella premessa del presente ricorso circa l'assenza di alcuna competenza legislativa regionale in materia di esecuzione dei contratti pubblici, risultano avvalorate dalla pertinente previsione dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006, il quale si rammenta, prevede che «le regioni, nel rispetto dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione (...) alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo (...)». Sicche' la esaminata disposizione regionale, pur nella sua portata meramente enunciativa e programmatica, lede nella descritta guisa l'ambito esclusivo di competenza legislativa statale, per come fissato dall'articolo 117, secondo comma, lett. e) (tutela della concorrenza), e lett. l) (ordinamento civile). 2. - Articolo 2: : contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. e) ed l), Cost. L'art. 2 della L.R. n. 3/2010, rubricato «Ambito di applicazione», recita come segue: «1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano: a) alla Regione Umbria, alle agenzie e agli enti da essa istituiti; b) agli enti locali, alle loro associazioni, unioni e consorzi, ai consorzi di bonifica, c) alle aziende unita' sanitarie locali, alle aziende ospedaliere, agli enti di gestione delle residenze sanitarie assistenziali per anziani e disabili e alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB); d) agli organismi di diritto pubblico; e) ai soggetti, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti, relativamente a lavori od opere pubbliche o di pubblica utilita' che beneficiano di finanziamenti pubblici in conto interesse o in conto capitale, assegnati in attuazione di piani e programmi approvati dall'amministrazione regionale, di importo attualizzato pari o superiore al cinquanta per cento dell'importo dei lavori. 2. Ai sensi della presente legge si intendono: a) per «amministrazioni aggiudicatrici» i soggetti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d); b) per «soggetti aggiudicatori» i soggetti di cui al comma 1. In sostanza, quindi, la Legge Regionale delinea, con la presente disposizione, i «soggetti aggiudicatori» destinatari, quali soggetti "attivi" della articolata disciplina in materia di contratti pubblici. Anche tale previsione contrasta con la riserva legislativa statale di cui all'art. 117 Cost., in quanto impinge inevitabilmente - nella sua genericita', ed in virtu' della disciplina dipoi precisata nel prosieguo della Legge Regionale - anche quegli ambiti relativi agli appalti pubblici (ad es., le procedure di aggiudicazione, l'esecuzione dei contratti, ecc.) la cui disciplina e' per l'appunto oggetto di esclusiva competenza dello Stato. D'altronde le definizioni fornite al ripetuto art. 2 della L.R. n. 3/2010, contrastano sotto svariati profili con quelle previste dall'art. 3 del d.lgs. n. 163/2006. Basti al riguardo segnalare che la generica previsione per cui la legge regionale si applica anche alle agenzie e agli enti istituiti dalla Regione (cfr. il comma 1, lett. a) consentirebbe in astratto di applicare la normativa locale anche a soggetti che, purche' «istituiti dalla Regione», non si comprende in che forma, magari anche privatistica, non siano suscettibili di rientrare nelle piu' precise definizioni di cui al richiamato art. 3 del Codice dei contratti pubblici. Sotto altro profilo, la definizione di «soggetti aggiudicatori» di cui al comma 2, lett. b), e che assorbe - tra l'altro - quella di cui al comma 1, lett. e), non coincide, ed e' anzi decisamente piu' restrittiva, di quella desumibile dall'art. 3, comma 31, del d.lgs. n. 163/2006, concernente gli «altri soggetti aggiudicatori»: il che comporta quindi una sensibile differenziazione della portata applicativa della relativa norma rispetto ai non derogabili parametri offerti dalla normativa statale. Non appare inutile rammentare, infine, che la sentenza n. 401/2007 ha avuto modo di precisare la impossibilita' di «tracciare una netta linea di demarcazione che faccia unicamente perno sul profilo soggettivo, distinguendo le procedure di gara indette da amministrazioni statali da quelle poste in essere da amministrazioni regionali o sub-regionali, per inferirne che solo le prime sarebbero di spettanza statale, mentre le seconde rientrerebbero nell'ambito della potesta' legislativa regionale»: cio' in quanto «la perimetrazione delle sfere materiali di competenza non puo', infatti, essere determinata avendo riguardo esclusivamente alla natura del soggetto che indice la gara o al quale e' riferibile quel determinato bene o servizio, in quanto, come gia' sottolineato, occorre fare riferimento, invece, al contenuto delle norme censurate al fine di inquadrarlo negli ambiti materiali indicati dall'art. 117 Cost.». 3. - Art. 13, comma 3: contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. 1), Cost. L'art. 13, comma 3, della L.R. n. 3/2010, dispone quanto segue: «I soggetti aggiudicatori possono utilizzare l'elenco regionale dei prezzi e dei costi per la sicurezza non aggiornato per i progetti di livello almeno preliminare, approvati prima della data di pubblicazione dell'aggiornamento a condiione che i relativi bandi, avvisi o lettere di invito per l'esecuzione dei lavori vengano, rispettivamente, pubblicati o trasmesse, entro il successivo mese di giugno». La presente previsione consente dunque ai soggetti aggiudicatori l'utilizzazione dei prezziari pubblici non aggiornati, ossia relativi all'anno precedente, in relazione a progetti che siano approvati entro una non meglio precisata data dell'anno successivo (relativa all'aggiornamento dei prezzi dell'anno successivo), e sempreche' - in sostanza - l'avvio delle procedure di aggiudicazione di quella progettazione sia intervenuto entro il giugno dell'anno successivo a quello dei prezziari «scaduti». Tale previsione si pone in evidente contrasto con l'art. 133, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, il quale dispone come segue: «Le stazioni appaltanti provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezzari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. I prezzari cessano di avere validita' il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell'anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezzari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture di concerto con le regioni interessate». Diversamente dalla norma regionale qui impugnata, dunque, la disciplina statale pone termini piu' stringenti e certi per l'utilizzazione dei prezziari «scaduti», prevedendo che essi possano essere applicati in relazione a progetti gia' approvati alla data del 30 giugno dell'anno successivo, e che comunque - in caso di mancato aggiornamento anche per l'ulteriore periodo - l'aggiornamento andra' effettuato ad opera delle articolazioni locali dell'Amministrazione delle infrastrutture. Tale previsione statale, ed i termini piu' solleciti ivi previsti per l'aggiornamento dei prezziari della P.A., e' evidentemente posta «al fine di assicurare che i costi degli interventi indicati nel progetto e quindi posti a base di gara corrispondano alla reale situazione di mercato (e per questa via sia assicurato l'interesse pubblico alla corretta esecuzione dell'intervento)» (TAR Umbria, Perugia, I, 7 giugno 2008, n. 247). In ogni caso, e' indubitabile che la previsione regionale de qua impinga il tema della esecuzione dei contratti pubblici, incidendo sulla disciplina dei prezzi contrattuali, ossia di un elemento essenziale dei contratti medesimi, e comporti pertanto la violazione dell'articolo 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006, e con esso del riparto di competenze ex art. 117 Cost. 4. - Art. 16: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) ed l), Cost. L'art. 16 della L.R. n. 3/2010, rubricato «Incentivo per la progettazione e per le attivita' tecnico-amministrative connesse», dispone quanto segue: «Le amministrazioni aggiudicatrici ripartiscono una somma non superiore al due per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione, per ogni singola opera o lavoro, con le modalita' e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall'amministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonche' tra i loro collaboratori». Tale disposizione riproduce, nella prima parte, quanto gia' disposto dall'articolo 92, comma 5, del Codice n. 163/2006 (come modificato con D.L. n. 162/2008, convertito con Legge n. 201/2008), ma omette di dettagliare - come fa invece la norma statale - i criteri per la determinazione della percentuale effettiva destinata ad ogni singola attivita' svolta. Si riporta, per comodita' di lettura, il testo del richiamato art. 92, comma 5: «Una somma non superiore al due per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all'art. 93, comma 7, e' ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalita' e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dall'amministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonche' tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo del due per cento, e' stabilita dal regolamento in rapporto all'entita' e alla complessita' dell'opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilita' professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere. La corresponsione dell'incentivo e' disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attivita' svolte dai predetti dipendenti; limitatamente alle attivita' di progettazione, l'incentivo corrisposto al singolo dipendente non puo' superare l'importo del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo; le quote parti dell'incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all'organico dell'amministra.zione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituirono economie. I soggetti di cui all'articolo 32, comma 1, lettere b) e c), possono adottare con proprio provvedimento analoghi criteri». Pure al di la' della evidenziata difformita' tra la disciplina statale e quella regionale qui in contestazione, non e' dubbio che quest'ultima attenga al tema della progettazione degli appalti pubblici, nella misura delineata da codesta Corte nella piu' volte richiamata pronuncia n. 401/2007, non essendo revocabile in dubbio che la disciplina degli incentivi alla progettazione (oggetto della impugnata disposizione regionale) riguardi i «criteri in base ai quali tale attivita' deve essere svolta in modo da assicurare in ogni caso la piu' ampia competitivita' e la libera circolazione degli operatori economici nel segmento di mercato in questione»: essa disciplina invero una qualificata modalita' di individuazione di emolumenti accessori, da destinare ai soggetti coinvolti nella fase latu sensu progettuale degli appalti, chiaramente indirizzata nel senso di incentivare lo svolgimento della relativa attivita' intra moenia alla Pubblica Amministrazione, e di implementare la qualita' della stessa. E' quindi entro tale ottica che la norma in questione e' quindi certamente violativa dell'ambito statale di competenza legislativa ex articolo 117 Cost. ed articolo 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006. 5. - Art. 19, comma 1: contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lett. e), Cost. L'art. 19, comma 1, della L.R. n. 3/2010, dispone quanto segue: «Nell'affidamento di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, al fine di promuovere la qualita' dei progetti e dei soggetti partecipanti alle gare, i soggetti aggiudicatori, nella scelta dell'offerta migliore, utilizzano, di preferenza, il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa». In sostanza, pertanto, il legislatore regionale esprime una tendenziale preferenza al criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa per l'affidamento di incarichi architetturali ed ingegneristici (ossia quelli riguardanti le attivita' progettuali, di coordinamento della sicurezza e di direzione lavori), rispetto a quella ordinaria del prezzo piu' basso. Tale previsione si pone in contrasto con l'articolo 81, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 163/2006, il quale dispone che il criterio di selezione delle offerte negli appalti pubblici (ed anche in quelli relativi all'architettura ed all'ingegneria, giusta il rinvio all'uopo effettuato dal successivo art. 91, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 163/2006) possa essere alternativamente «il criterio del prezzo piu' basso o (...) il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa» (comma 1 dell'art. 81), e che «le stazioni appaltanti scelgono, tra i criteri di cui al comma 1, quello piu' adeguato in relazione alle caratteristiche dell'oggetto del contratto» (comma 2). La differenza tra la norma regionale e quella statale e' radicale, e risiede dunque in una preconfezionata scelta della prima in favore del criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, mentre la seconda affida opportunamente la scelta del criterio da adottare nella specie alla natura dell'appalto, ed alle peculiarita' dello stesso. Risulta, quindi, evidente il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. ("tutela della concorrenza"), alla stregua del quale si e' ritenuto che nella specifica materia dei lavori e contratti pubblici lo Stato e' titolare di potesta' legislativa esclusiva per tutto quanto attiene alle procedure attraverso le quali deve pervenirsi all'affidamento ovvero all'aggiudicazione degli appalti, cui si affiancano indiscutibilmente le procedure per l'affidamento di tutti quegli incarichi aventi ad oggetto l'espletamento di attivita' tecnico-amministrativa strumentale, prodromica e comunque connessa alla progettazione e esecuzione degli appalti pubblici: non a caso si tratta di procedure che trovano la loro regolamentazione sia a livello di disciplina statale che a livello di disciplina regionale nel medesimo contesto normativo concernente l'affidamento degli appalti. Trattasi invero di un complesso normativo attraverso il quale deve essere massimamente assicurato il confronto concorrenziale (non a caso si tratta di materia su cui e' intervenuto in modo assai penetrante il legislatore dell'Unione europea), e destinato a conformare sensibilmente l'esercizio dell'attivita' d'impresa. E' invero in attuazione del surrichiamato precetto costituzionale che l'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006 ha perspicuamente prescritto che «le regioni, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione (...) alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; alle attivita' di progettazione e ai piani di sicurezza (. .)» 6. - Articolo 20, comma 3: contrasto con l'articolo 117 secondo comma, lett. e) ed l), Cost. L'art. 20, comma 3, della L.R. n. 3/2010, dispone quanto segue: "Il responsabile del procedimento o il dirigente competente delle amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all'affidamento diretto dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di importo stimato inferiore a ventimila euro indicati nei propri provvedimenti per l'acquisizione in economia, a soggetti esterni alle amministrazioni con le procedure e le modalita' indicate negli stessi provvedimenti, scegliendoli anche negli eventuali elenchi di cui al comma 1. In tal caso il ribasso sull'importo delle prestazioni, stimato ai sensi delle tariffe professionali di cui al D.M. 4 aprile 2001 del Ministro della giustizia (Corrispettivi delle attivita' di progettazione e delle altre attivita', ai sensi dell'art. 17, comma 4-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche), e' negoziato tra il responsabile del procedimento o il dirigente competente e il professionista cui si intende affidare il servizio". Tale norma si pone a propria volta in evidente contrasto con la disciplina portata dall'articolo 92, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 163/2006, a mente della quale e' demandato ad un decreto del Ministro della Giustizia, da adottare di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, la determinazione dei corrispettivi previsti per le attivita' dei progettisti di opere pubbliche (sulla base delle tariffe previste per le categorie professionali interessate); e dipoi e' prevista la modalita' concreta di calcolo dei corrispettivi per quelle attivita' nel seguente modo: «I corrispettivi delle attivita' di progettazione sono calcolati, applicando le aliquote che il decreto di cui al comma 2 stabilisce ripartendo in tre aliquote percentuali la somma delle aliquote attualmente fissate, per i livelli di progettazione, dalle tariffe in vigore per i medesimi livelli. Con lo stesso decreto sono rideterminate le tabelle dei corrispettivi a percentuale relativi alle diverse categorie di lavori, anche in relazione ai nuovi oneri finanziari assicurativi, e la percentuale per il pagamento dei corrispettivi per le attivita' di supporto di cui all'articolo 10, comma 7 nonche' le attivita' del responsabile di progetto e le attivita' dei coordinatori in materia di sicurezza introdotti dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494. Per la progettazione preliminare si applica l'aliquota fissata per il progetto di massima e per il preventivo sommario; per la progettazione definitiva si applica l'aliquota fissata per il progetto esecutivo; per la progettazione esecutiva si applicano le aliquote fissate per il preventivo particolareggialo, per i particolari costruitivi e per i capitolati e i contratti» (art. 92, comma 3). A fronte pertanto della normativa statale che prescrive criteri rigidi ed uniformi per la determinazione di siffatti corrispettivi, la norma regionale demanda invece tale determinazione alla negoziazione tra la stazione appaltante ed il progettista fiduciario. Anche tale previsione normativa regionale risulta chiaramente lesiva dell'ambito di competenza statale in materia di tutela della concorrenza, fissato dall'articolo 117, lett. e), Cost., e pacificamente applicabile alla materia delle gare per l'aggiudicazione di contratti pubblici, secondo quanto dianzi gia' segnalato. Al contempo, risulta inciso anche l'ambito di competenza di cui alla lett. 1) dell'articolo 117 Cost., riguardante l'ordinamento civile, in quanto viene ad essere interessato il contenuto economico di siffatti contratti di progettazione (rectius: relativi a servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria), ossia le modalita' di calcolo dei corrispettivi. 7. - Art. 22, commi 3 e 4: contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) ed 1), Cost. I commi 3 e 4 dell'art. 22 della L.R. n. 3/2010 dispongono rispettivamente quanto segue: «Le amministrazioni aggiudicatrici possono provvedere all'espletamento dell'attivita' di manutenzione tramite la stipula di contratti aperti della durata massima di quattro anni. Per contratto aperto si intende il contratto in cui la prestazione e' pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessita' delle amministrazioni aggiudicatrici» (comma 3), e "Qualora, nel caso di contratti aperti, l'importo dei lavori da eseguire ecceda l'importo contrattuale, il direttore dei lavori da' comunicazione al responsabile del procedimento per le opportune determinazioni. Il responsabile del procedimento puo' autorizzare l'ulteriore spesa fino ad un totale complessivo pari all'importo originario posto a base di gara, e comunque non superiore a duecentomila euro. In caso di contratto pluriennale la ulteriore spesa riferita alla singola annualita' puo' essere autorizzata fino ad un totale complessivo pari all'importo originario posto a base di gara previsto per il singolo anno, e comunque non puo' essere superiore a duecentomila euro" (comma 4). La norma regionale, in buona sostanza, delinea una tipologia contrattuale innovativa, non conosciuta ne' tipizzata dal Codice dei contratti pubblici n. 163/2006, e che in realta' assume connotati riconducibili all'appalto di servizi di manutenzione: cfr., al riguardo, l'Allegato IIA al Codice, il quale prevede, come categoria n. 1, i "servizi di manutenzione e riparazione". In ispecie, le richiamate disposizioni umbre disciplinano, riguardo questi rinnovati "contratti aperti": la definizione e l'oggetto della nuova tipologia contrattuale; le modalita' di determinazione del corrispettivo, che pare doversi determinare nel corso della esecuzione pluriennale di tali contratti; l'adeguamento del corrispettivo, e le modalita' di copertura dello stesso in caso di sopravvenuta eccedenza dell'importo dei lavori rispetto a quello contrattuale. In buona sostanza, questi contratti verrebbero a configurarsi - almeno cosi' sembra dalla invero scarna disciplina regionale che qui si contesta - come privi di un importo certo e predefinito al momento della loro stipula, ma variabile in relazione agli «interventi [di manutenzione] non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessita' delle amministrazioni aggiudicatrici». Fermo quanto sopra, e' evidente il contrasto di tali previsioni con la tassativita' delle tipologie contrattuali previste dal d.lgs. n. 163/2006, come emergente dalle pertinenti definizioni di cui all'art. 3 (cfr. commi 3 e 10, concernenti rispettivamente le definizioni di «contratti» e «contratti pubblici», e di «appalti pubblici di servizi»), e quindi la violazione dell'art. 4, comma 3, del medesimo Codice, nella parte in cui - lo si e' a piu' riprese segnalato con la presente impugnazione - assicura allo Stato la competenza esclusiva riguardo la normazione legislativa in materia di contratti pubblici, in aderenza ed applicazione dell'art. 117, lett. 1), Cost.. Ne risulta interessato anche l'ambito di disciplina della concorrenza, in quanto - intendendosi rimodulare l'oggetto di siffatti contratti in maniera difforme da quanto emergente dal sistema del Codice n. 163/2006 - anche i criteri per i relativi affidamenti possono risultare diversificati, con compromissione appunto del legittimo esplicarsi della concorrenza nel relativo settore: sicche', anche in tal caso, risulta indebitamente violata la competenza esclusiva statale a legiferare in materia. 8. - Art. 15: contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost. 8.1 L'art. 15 della L.R. n. 3/2010, rubricato «Responsabile del procedimento», recita come segue: «1. Le amministrazioni aggiudicatrici nominano un responsabile del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento, unico per tutte le fasi. 2. Con specifico riferimento alla propria struttura organizzativa, le amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito dell'unitario procedimento di attuazione dell'intervento, possono individuare sub procedimenti la cui responsabilita' puo' essere posta in capo a soggetti diversi dal responsabile del procedimento di cui al comma 1, al quale gli stessi rispondono direttamente. 3. Il responsabile del procedimento e' un tecnico in possesso di titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per i quali e' nominato. 4. In caso di carenza di dipendenti tecnici in servizio in possesso di professionalita' adeguate, le amministrazioni aggiudicatrici possono: a) avvalersi, nel rispetto delle norme vigenti in materia di pubblico impiego, di dipendenti tecnici di pubbliche amministrazioni in possesso di adeguate competenze professionali; b) assumere idonee figure professionali, in possesso di competenze, ai sensi delle vigenti norme in materia di pubblico impiego. 5. Il responsabile del procedimento individua i livelli di progettazione necessari e i contenuti documentali del progetto da appaltare, in ragione delle disposizioni stabilite dalla normativa vigente per la specifica tipologia e dimensione dei lavori da progettare e della documentazione richiesta per il rilascio degli atti di autorizzazione, approvazione o pareri, comunque denominati, necessari ai fini dell'approvazione dei lavori stessi. 6. I soggetti aggiudicatori, diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, in conformita' ai principi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), individuano, secondo i propri ordinamenti, uno o piu' soggetti cui affidare i compiti propri del responsabile del procedimento. 7. La Giunta regionale, per gli interventi di competenza regionale, disciplina con regolamento modalita', tempi e procedure per la nomina del responsabile del procedimento di cui al presente articolo». La presente disposizione regionale impinge una materia (quella dell'organizzazione amministrativa, e dei compiti e requisiti del responsabile del procedimento), pacificamente rientrante nella competenza legislativa concorrente delle regioni (cfr. art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006). Ma proprio in virtu' della richiamata norma statale - oltreche', ovviamente, del terzo comma dell'articolo 117 Cost. - tale competenza puo' essere esercitata soltanto «nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice». Cio' non e' avvenuto con riguardo al riportato articolo 15, che si pone in evidente contrasto con l'art. 10 del Codice dei contratti pubblici, sotto i seguenti profili. 8.2 - Anzitutto, dopo aver fissato il principio della unicita' del responsabile del procedimento relativamente a tutte le fasi di attuazione di un intervento, ossia di un appalto (comma 1), la norma consente alle amministrazioni aggiudicatrici di individuare sub-procedimenti la cui responsabilita' puo' esser assegnata a soggetti diversi al responsabile «unico» del procedimento, cosi' consentendo di spezzettare quel fondamentale principio di unicita' della responsabilita' amministrativa del procedimento, sottesa per l'appunto alla figura del «responsabile unico». E' dunque violativa di tale principio fondamentale in materia di appalti pubblici, desumibile dall'art. 10 del Codice dei contratti pubblici, a mente del quale "per ogni singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, le amministrazioni aggiudicatrici nominano, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, un responsabile del procedimento, unico per le fasi della progettazione, dell'affidamento, dell'esecuzione" (comma 1): principio che non ammette deroga alcuna, come agevolmente desumibile dalla restante disciplina portata dal cennato articolo 10. D'altronde, e' indiscutibile che l'unicita' della responsabilita' del procedimento - in linea generale nel rinnovato sistema del diritto amministrativo italiano, e segnatamente nel settore degli appalti pubblici - costituisca un valore di primaria importanza: esso contribuisce invero ad assicurare la visione e trattazione unitaria della procedura relativa ad un appalto pubblico, in tutti i suoi molteplici snodi. In tal senso depongono d'altronde le ulteriori previsioni codicistiche che non consentono la delegabilita' ad externum della relativa funzione, consentendo esclusivamente la individuazione in tale direzione di una struttura di «supporto» al responsabile del procedimento (cfr. articolo 10, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006, su cui piu' diffusamente infra), cui dunque deve appuntarsi, in modo per l'appunto "unificato", la responsabilita' della gestione amministrativa dell'appalto. Non appare infine inutile rammentare che la sentenza n. 401/2007 ha gia' chiarito che «la previsione di un responsabile unico dei relativi procedimenti non reca un vulnus alle competenze regionali» (punto 5.8); mentre, al contrario, e' certamente ammissibile sostenere che la possibilita' di frammentazione di tale figura nel settore degli appalti pubblici, prevista dalla norma regionale in questione, leda le competenze statali in materia. 8.3 - E' del pari incostituzionale il comma 4 dell'art. 15 della Legge Regionale impugnata, allorche' consente alle amministrazioni aggiudicatrici, in caso di carenza di dipendenti tecnici in servizio in possesso di professionalita' adeguate, di rivolgersi ad altre amministrazioni pubbliche in possesso di siffatte professionalita', ovvero di assumerne ai sensi delle vigenti norme in materia di pubblico impiego, anziche' dotarsi di un adeguato supporto all'attivita' del responsabile del procedimento, mediante espletamento di procedura di selezione prevista dal Codice medesimo per l'affidamento di incarichi di servizi, come prescritto dall'articolo 10, comma 7, del d. lgs. n. 163/2006. Tale disposizione - pure essa chiaramente espressiva di un principio fondamentale, inderogabile dalle regioni - prevede infatti che «nel caso in cui l'organico delle amministrazioni aggiudicatrici presenti carenze accertate o in esso non sia compreso nessun soggetto in possesso della specifica professionalita' necessaria per lo svolgimento dei compiti propri del responsabile del procedimento, secondo quanto attestato dal dirigente competente, i compiti di supporto all'attivita' del responsabile del procedimento possono essere affidati, con le procedure previste dal presente codice per l'affidamento di incarichi di servizi, ai soggetti aventi le specifiche competenze di carattere tecnico, economico - finanziario, amministrativo, organizzativo, e legale, che abbiano stipulato adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi professionali». In buona sostanza, il principio fondamentale desumibile dal riportato articolo 10, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006, prevede che la figura del responsabile del procedimento sia sempre e comunque interna all'amministrazione aggiudicatrice, onde evidentemente garantire la completa ascrizione a quella della responsabilita' amministrativa dell'intervento da appaltare, in ciascuna delle sue fasi; e consente l'acquisizione delle occorrenti professionalita', non presenti all'interno dell'organico dell'amministrazione aggiudicatrice medesima, esclusivamente: in termini di «supporto» al responsabile del procedimento, e non di sostituzione dello stesso; mediante procedure previste dal medesimo Codice dei contratti, e quindi -all'occorrenza - mediante procedure di gara; nei confronti di soggetti dotati di' adeguata copertura assicurativa. Il «principio di appartenenza» del responsabile unico del procedimento alla struttura delle amministrazioni aggiudicatrici si rinveniva d'altronde gia' nella legislazione antecedente al Codice, e segnatamente nell'articolo 7 della Legge n. 109/1994 (c.d. Legge quadro sui lavori pubblici), tanto nel testo originario, quanto in quello modificato dalla legge n. 216/1995 (c.d. "Legge Merloni-bis"); ed e' inoltre stato confermato anche dall'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici, con la deliberazione n. 51 del 25 maggio 2005, la quale ha affermato (con pronunciamento riferimento alla legislazione antecedente al Codice n. 163/2006, ma tranquillamente applicabile anche alla normativa attualmente vigente) che "la nomina quale Responsabile del procedimento (RUP) di un soggetto dipendente da un'Amministrazione diversa dalla stazione appaltante, peraltro limitatamente alla fase della progettazione e soltanto a partire dalla sub-fase della progettazione definitiva ovvero da quella della progettazione esecutiva, non si presenta conforme ai principi di appartenenza del RUP all'organico dell'amministrazione aggiudicatrice e di unicita' del responsabile per l'intero procedimento di attuazione dell'intervento, ossia per le fasi della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione dei lavori, come si rinviene dagli articoli 7, commi 1 e 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. e 7, comma 1, del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m.". Risulta pertanto indiscutibile che quanto riveniente dall'articolo 10, comma 7, del D. Lgs. n. 163/2006 costituisca principio fondamentale della legislazione statale in subiecta materia ai sensi dell'articolo 177, comma 3, Cost., e che la norma regionale impugnata abbia arrecato violazione al relativo ambito di competenza legislativa dello Stato. 9. - Art. 28: contrasto con l'articolo 117, terzo comma, Cost. 9.1 L'art. 28 della L.R. n. 3/2010, rubricato "Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa", dispone quanto segue: «1. Nel caso in cui il criterio utilizzato per la scelta dell'offerta migliore e' quello dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, la Commissione giudicatrice e' nominata dall'amministrazione aggiudicatrice ed e' composta fino ad un massimo di cinque componenti esperti nello specifico settore di intervento, scelti prioritariamente tra il personale dipendente della stessa amministrazione aggiudicatrice. 2. Le amministrazioni aggiudicatrici individuano il Presidente della Commissione secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Per l'affidamento di lavori e di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di competenza della Regione la Commissione di cui al comma 1 e' individuata dal responsabile del procedimento di cui all'art. 15, comma 1. 3. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalita', i commissari diversi dal Presidente sono individuati tra i dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici in possesso di adeguate professionalita', ovvero, con un criterio di rotazione, tra gli appartenenti alle seguenti categorie: a) proftssionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell'ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornito dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell'ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facolta' di appartenenza. 4. La Commissione individua l'offerta economicamente piu' vantaggiosa entro il termine stabilito dal responsabile del procedimento di cui all'articolo 15, comma 1. Tale termine puo' essere prorogato una sola volta. 5. Le spese relative alla Commissione sono inserite nel quadro economico del progetto tra le somme a disposizione dell'amministrazione. 6. Per gli interventi di competenza regionale, la Giunta regionale, con regolamento, disciplina modalita', tempi e procedure per la nomina della Commissione giudicatrice». 9.2 - La riportata disposizione regionale, nel disciplinare la composizione e le funzioni delle commissioni giudicatrici incaricate di decidere sull'aggiudicazione di appalti con il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, prescinde completamente dai seguenti principi emergenti dall'articolo 84 del D. Lgs. n. 163/2006 (commi 4, 5 e 6): «4. I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto ne' possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. 5. Coloro che nel biennio precedente hanno rivestito cariche di pubblico amministratore non possono essere nominati commissari relativamente a contratti affidati dalle amministrazioni presso le quali hanno prestato servizio. 6. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualita' di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi». Tali previsioni costituiscono indubitabilmente principi fondamentali in materia di composizione delle commissioni aggiudicatrici di appalti pubblici, in quanto fissano cause di incompatibilita' dei commissari rispettivamente: rispetto ad altri incarichi, passati e futuri, afferenti il medesimo appalto; rispetto ad incarichi pubblici previamente ricoperti nell'amministrazione aggiudicatrice; rispetto all'accertata pregressa commissione di comportamenti illeciti nell'ambito di procedure di gara; e sono volte ad assicurare la piu' completa terzieta' ed imparzialita' dei commissari nell'espletamento del loro incarico, e quindi il piu' corretto svolgimento delle procedure di aggiudicazione. Appare dunque indiscutibile che la diversa disciplina, ad opera della impugnata disposizione regionale, nella misura in cui prescinde completamente dalle indicate cause di incompatibilita', si ponga in termini dissonanti ed incongrui nel relativo settore del sistema degli appalti pubblici: d'altronde, la stessa sentenza n. 401/2007 di codesta Corte Costituzionale ha avuto modo di affermare che "gli aspetti connessi alla composizione della Commissione giudicatrice e alle modalita' di scelta dei suoi componenti attengono, piu' specificamente, all'organizzazione amministrativa degli organismi cui sia affidato il compito di procedere alla verifica del possesso dei necessari requisiti, da parte delle imprese concorrenti, per aggiudicarsi la gara", e che quindi appartengono legittimamente alla competenza concorrente Stato - Regioni.
P. Q. M. Ricorre alla ecc.ma Corte costituzionale affinche' la stessa voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte deduzioni - la illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli della Legge Regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante «Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici», pubblicata sul B.U.R. n. 5 del 27 gennaio 2010: art. 1 (Oggetto e finalita'), comma 1; art. 2 (Ambito di applicazione); art. 13 (Aggiornamento dell'elenco regionale dei prezzi e dei costi per la sicurezza), comma 3; art. 15 (Responsabile del procedimento); art. 16 (Incentivo per la progettazione e per le attivita' tecnico-amministrative connesse); art. 19 (Qualita' dei progetti e dei soggetti partecipanti alle gare), comma 1; articolo 20 (Servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di importo inferiore a centomila euro), comma 3; art. 22 (Attivita' di manutenzione), commi 3 e 4; art. 28 (Commissione giudicatrice nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa); per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) ed 1), nonche' terzo comma, Cost.. Si deposita la seguente documentazione: 1) copia autentica dell'estratto del verbale relativo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2010, con l'allegata relazione; 2) copia della Legge Regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante «Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici», pubblicata sul B.U.R. n. 5 del 27 gennaio 2010. Roma, addi' 25 marzo 2010 L'Avvocato dello Stato: Caselli