Ricorso n. 53 del 15 luglio 2014 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 luglio 2014 (del Presidente del Consiglio dei
ministri) .
(GU n. 41 del 2014-10-01)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i
cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12 nei confronti
della Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta
regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della legge della Regione Abruzzo del 28 aprile 2014,
n. 26, pubblicata nel B.U.R. della Regione Abruzzo del 9 maggio 2014,
n. 53, recante: «Disposizioni regionali per il coordinamento della
pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di
pianificazione», nel suo intero testo per violazione dell'art. 86,
comma 3 dello Statuto della Regione Abruzzo in relazione all'art. 123
della Costituzione, nonche', in subordine, dell'art. 2, corrimi 4 e
5, per contrasto con l'art.117, comma 2, lett. s) della Costituzione
e con le norme interposte di cui agli artt. 135, 143 e 156 del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice dei beni
culturali e del paesaggio.
La legge della Regione Abruzzo n. 26 del 2014 viene impugnata
giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 30.6.2014,
depositata in estratto unitamente al presente ricorso, per i seguenti
Motivi
1) La legge regionale n. 26/2014 nel suo intero testo e' illegittima
per contrasto con l'art. 86, terzo comma, dello Statuto della Regione
Abruzzo in relazione all'art. 123 della Costituzione.
La legge della Regione Abruzzo n. 26 del 2014 detta disposizioni
per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri
strumenti di pianificazione, disciplinando in via strutturale una
materia di particolare delicatezza quale quella paesaggistica -
ambientale.
La legge e' illegittima perche' adottata dal Consiglio regionale
nel periodo di prorogatio successivo allo scioglimento dell'assemblea
regionale per fine legislatura in assenza dei presupposti per
l'esercizio del potere legislativo regionale che caratterizzano tale
periodo.
Con decreto del 14.1.2014 n. 6, pubblicato nel B.U. della Regione
Abruzzo n. 5 del 15.1.2014, il Presidente della Giunta regionale,
«preso atto che ai sensi dell'art. 5 della legge 2 luglio 2004, n.
165, recante "Disposizioni di attuazione dell'art. 122, primo comma,
della Costituzione" gli organi elettivi delle regioni durano in
carica cinque anni ed il consiglio decorre per ciascun Consiglio
dalla data della elezione", ha indetto le "elezioni per il giorno 25
maggio 2014 per l'elezione del Presidente della Giunta Regionale e
per il rinnovo del Consiglio Regionale della Regione Abruzzo».
Con la legge costituzionale n. 1/1999, com'e' noto, la disciplina
del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di
incompatibilita' degli organi regionali e' stata devoluta al
legislatore regionale. In particolare detta legge costituzionale ha
attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di
governo e l'enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione
e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art.
123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema
elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' e'
stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel
rispetto dei principi fondamentali fissati con legge della
Repubblica, «che stabilisce anche le durata degli organi elettivi»
(art. 122, primo comma, Cost.).
L'articolo 86, comma 3, dello Statuto della Regione Abruzzo del
28 giugno 2006 testualmente recita: «...nei casi di scioglimento
anticipato e di scadenza della Legislatura:
a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate,
secondo le modalita' disciplinate nel Regolamento, sino al
completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle
nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in
base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea, a
disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque,
presentano il carattere della urgenza e necessita';
b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono
prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione
limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti
indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni
volontarie del Presidente della Regione, le sue funzioni sono
esercitate dal Vicepresidente.
Il successivo comma 4 prevede che «Nei casi di cui al comma 3 le
nuove elezioni sono indette entro tre mesi dal Presidente della
Giunta secondo le modalita' definite della legge elettorale».
Le predette previsioni statutarie vanno lette in armonia con
quanto codesta Corte ha gia' piu' volte affermato in materia
evidenziando che, anche in assenza di specifiche disposizioni
statutarie, nel periodo antecedente alle elezioni per la loro
rinnovazione e fino alle loro sostituzione, i Consigli Regionali
dispongono «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di
organi in scadenza, analoga, quanto a intensita' di poteri, a quella
degli organi legislativi in prorogatio» (sin dalla sentenza n.
468/1991; quindi, nei termini: sentenze nn. 515/1995, 196/2003,
68/2010).
Nel periodo pre-elettorale si verifica, in sostanza, una sorta di
depotenziamento delle funzioni del Consiglio Regionale, la cui ratio
e' stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel
principio di rappresentativita' connaturato alle assemblee consiliari
regionali, in virtu' della loro diretta investitura popolare e della
loro responsabilita' politica verso la comunita' regionale.
L'istituto della prorogatio, come chiarito in particolare nella
sentenza n. 515/1995, e' volto a coniugare il principio di
rappresentativita' politica del Consiglio Regionale «con quello della
continuita' funzionale dell'organo». Questa esigenza porta ad
escludere che il depotenziamento possa spingersi fino ad una
indiscriminata e totale paralisi dell'organo stesso, consentendosi al
Consiglio Regionale di deliberare in circostanze straordinarie o di
urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria
amministrazione, ma non oltre tali indefettibili presupposti.
Invero, come affermato da codesta Corte nella sentenza n. 68 del
26 febbraio 2010 proprio con riferimento alla norma statutaria della
Regione Abruzzo, sebbene il richiamato art. 86, comma 3, non rechi
alcuna espressa limitazione ai poteri esercitabili dal Consiglio e
dalla Giunta regionale nel periodo successivo alla indizione delle
elezioni, detta norma «non puo' che essere interpretata come
facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti
necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e
non gia' come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri
degli organi regionali», precisandosi di seguito come l'esistenza di
detti limiti sia, infatti, immanente all'istituto della stessa
prorogatio a livello nazionale in applicazione dell'art. 61, secondo
comma, Cost..
Di qui la affermata necessita' che la disposizione statutaria in
esame «sia interpretata come legittimante l'istituto della
prorogatio, ma nell'ambito dei suoi limiti connaturali».
Quanto a tali limiti, nella richiamata decisione n. 68/2010 e'
affermato che possano questi essere definiti tramite apposite
disposizioni legislative di attuazione dello statuto o anche
semplicemente rilevare nei lavori consiliari o dallo specifico
contenuto delle leggi adottate.
Nella questione occasionante la decisione citata, codesta Corte
riscontrava come il Consiglio regionale non avesse provveduto a
«selezionare le materie da disciplinare in conformita' alla natura
della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui discipline fosse
oggettivamente necessaria ed urgente" ed altresi' che dai lavori
preparatori non risultava fossero state addotte «specifiche
argomentazioni in tal senso».
Ebbene, come pure previsto dal Regolamento interno per i lavori
del Consiglio regionale, approvato con delibera del Consiglio
regionale della Regione Abruzzo n. 56/2 del 12 ottobre 2010, all'art.
141, rubricato «Prorogatio del Consiglio regionale», possono essere
approvati in regime di prorogatio solo gli atti dovuti, quali il
recepimento di una direttiva comunitaria direttamente vincolante per
le Regioni o progetti di legge che presentino i caratteri
dell'indifferibilita' ed urgenza, quali il bilancio di previsione,
l'esercizio provvisorio o una variazione di bilancio.
L'urgenza ed indifferibilita', inoltre, devono essere
adeguatamente motivate con riferimento a situazioni di estrema
gravita' che esigano interventi immediati e improcrastinabili la cui
adozione non possa essere rinviata senza arrecare danno per gli
interessi affidati alla cura della Regione (in termini, il comma 2
dell'art. 141).
Il provvedimento legislativo in esame non presenta alcuno dei
richiamati caratteri di indifferibilita' ed urgenza, ne' si configura
quale atto dovuto tale da non poter essere rinviato per non recare
danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente.
In particolare, non integra i predetti presupposti quanto
riportato nella relazione al disegno di legge che ha originato la
legge n. 26/2014 (n. 633/2014 di iniziativa della Giunta regionale)
contenuto nella relazione della Seconda Commissione Consiliare che ha
licenziato il disegno stesso con riferimento alla necessita' di
«rimuovere la situazione di incertezza, sul piano normativo, in
ordine alla procedura da seguire per assicurare il coordinamento
della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di
pianificazione», a fronte del «vuoto normativo creatosi con la
pronuncia della Corte Costituzionale n. 211 del 3-18 luglio 2013»,
che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 2 della legge
regionale n. 46 del 2012.
La disciplina di dette procedure di adeguamento non puo',
infatti, essere considerata urgente e non rinviabile per non recare
danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente
com'e' inequivocabilmente dimostrato dal fatto che la Regione Abruzzo
non ha ancora adeguato il piano paesaggistico alle disposizioni del
Codice dei beni culturali e del paesaggio e che tale adeguamento, ai
sensi degli articoli 135, 143, e 156 del d.lgs. 42/2004, presuppone
l'accordo con il Ministero per il quale i lavori del «tavolo tecnico»
risultano essere fermi da circa un biennio.
Per quanto esposto si ritiene che con la legge in esame il
Consiglio regionale abbia legiferato oltrepassando i limiti
riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio e che
conseguentemente il provvedimento sia nella sua interezza censurabile
per violazione dell'art. 86, terzo comma, dello Statuto regionale in
relazione all'art. 123 della Costituzione.
2) L'art. 2, commi 4 e 5, della l.r. n. 26/2014 e' illegittimo per
contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.
La legge regionale e' ulteriormente viziata all'articolo 2, commi
4 e 5, che disciplina il caso in cui, in sede di adeguamento della
pianificazione urbanistica a quella comunale «la proposta comunale si
configuri come proposta di variante al P.R.P.» .
In questa ipotesi la norma prevede, al comma 4, che la proposta
«viene trasmessa, all'esito della Conferenza di Servizi di cui al
comma 2, alla Direzione Regionale competente per la verifica della
compatibilita' alle previsioni di P.R.P. da parte del Comitato Beni
Ambientali di cui all'articolo 2 della l.r. 13 febbraio 2013 n. 2
«Disposizioni in materia di beni paesaggistici ed ambientali, in
attuazione della Parte III del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni Culturali e del Paesaggio)» e successivamente inviata,
unitamente al parere del Comitato, al Consiglio regionale, che si
esprime con apposito atto deliberativo».
Ai sensi del successivo comma 5: «Il provvedimento di cui al
comma 4, pubblicato sul BURA, costituisce variante al P.R.P. ed e'
condizione imprescindibile per la definitiva approvazione della
variante proposta».
Il procedimento descritto, non prevedendo l'apposito accordo con
il competente organo statale previsto dagli art. 143, comma 2 e 156,
comma 3 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio), ma la mera partecipazione degli organi ministeriali ad
una conferenza di servizi, non garantisce adeguatamente il
coinvolgimento del Ministero per i beni culturali ed ambientali nella
pianificazione paesaggistica, e quindi viola l'art. 117, comma 2,
lettera s) della Costituzione.
In effetti, configurandosi la fattispecie disciplinata dal comma
4 dell'articolo 2 sostanzialmente in una revisione, ancorche'
limitata, del piano paesaggistico (piano che, ai sensi dell'art. 145,
comma 3, del Codice e' cogente e non derogabile da parte degli
strumenti urbanistici), diversamente da quanto previsto dal
legislatore regionale, essa dovrebbe essere soggetta alle medesime
garanzie previste dal codice del beni culturali e del paesaggio in
materia di elaborazione congiunta del piano paesaggistico (artt. 135,
comma 1, 143 e 156, d.lgs. n. 42/2004).
L'art. 135, al comma primo in fine, prevede infatti che
l'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra
Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui
all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal
medesimo articolo 143.
L'art. 143, comma secondo, prevede tra l'altro che le regioni, il
Ministero ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare possono stipulare intese per la definizione delle
modalita' di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici; che il
piano e' oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni ai
sensi dell'art. 15 della legge n. 241/1990; che tale accordo
stabilisce altresi' presupposti, modalita' e tempi per la revisione
del piano; che il piano e' approvato con provvedimento regionale
entro il termine fissato dall'accordo, decorso il quale e' approvato
in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Infine, tra le disposizioni di prima applicazione e transitorie,
l'art. 156 del codice, rubricato verifica ed adeguamento dei piani
paesaggistici, prevede, in particolare al comma terzo, che anche il
piano adeguato sia oggetto di accordo fra Ministero e la regione.
Si evidenzia, infine, che la legge in esame e' stata emanata a
seguito della sentenza n. 211 del 2013 con cui codesta Corte ha
dichiarato l'illegittimita' dell'articolo 2 della legge regionale n.
46 del 2012.
Tale disposizione, al comma 5, prevedeva che «Nel caso in cui le
previsioni proposte si configurano come variante al PRP, la variante
stessa trasmessa alla Direzione regionale competente per la verifica
della compatibilita' alle previsioni di PRP» e, al comma 6, che «Il
Consiglio Regionale assume, previo parere del Comitato di cui
all'articolo 2, apposito atto deliberativo che e' pubblicato sul BURA
e costituisce variante al PRP. Tale provvedimento e' condizione
imprescindibile per la definitive approvazione della variante
proposta».
Codesta Corte ha ritenuto the tale disposizione fosse illegittima
in quanto escludeva «qualsiasi forma di partecipazione di
qualsivoglia organismo ministeriale al «procedimento di conformazione
ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della
pianificazione paesaggistica», in evidente contrasto con la normative
statale interposta e, in particolare, con il citato art. 145, comma
5, del d.lgs. n. 42 del 2004».
Ebbene, la legge regionale in esame, limitandosi a prevedere
l'intervento del Ministero in sede di conferenza di servizi, senza
tuttavia prevedere l'accordo con i competenti organi ministeriali,
non rispetta le indefettibili prerogative statali di elaborazione
congiunta del piano paesaggistico previste dalle richiamate
disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, e nella
sostanza presenta i medesimi profili di illegittimita' costituzionale
della l.r. n. 46/2012.
Pertanto, l'art. 2 della l.r. n. 26/2014 viola l'art. 117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione, che riserva alla
competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di tutela
dei beni culturali e del paesaggio.
P.Q.M.
Alla luce di quanto sopra esposto si conclude affinche' sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge n. 26/2014
della Regione Abruzzo.
Si deposita l'estratto in originale della delibera del Consiglio
dei Ministri del 30.6.2014.
Roma, 7 luglio 2014
L'Avvocato dello Stato: Beatrice Gaia Fiduccia