Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 17 aprile 2019 (della Regione Toscana).

(GU n. 24 del 2019-06-12)

 

Ricorso della Regione Toscana (partita I.V.A. n. 01386030488), in

persona del Presidente pro  tempore  della  Giunta  regionale,  dott.

Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.

415 del 1° aprile 2019, rappresentato e difeso, come  da  mandato  in

calce  al  presente  atto,  dall'Avv.  Lucia  Bora  (codice  fiscale:

BROLCU57M59B157V     -     Pec:      lucia.bora@postacert.toscana.it)

dell'Avvocatura regionale, ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo

studio    dell'avv.    Marcello    Cecchetti,    (codice     fiscale:

CCCMCL65E02H501Q) in Roma, piazza Barberini n.  12  (fax  06/4871847;

PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it);

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per

la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11-quater

della legge 11 febbraio 2019 n. 12, di conversione del  decreto-legge

14 dicembre 2018 n. 135,  nella  parte  in  cui,  inserendo  i  commi

1-quinquies e 1-septies all'art. 12 del decreto legislativo 16  marzo

1999 n. 79,  dispone  che  il  canone  di  concessione  delle  grandi

derivazioni idroelettriche ed il canone aggiuntivo di  cui  al  comma

1-septies, corrisposti alle Regioni, sono destinati per almeno il 60%

alle province e citta' metropolitane il cui territorio e' interessato

alle derivazioni, per violazione degli articoli 117 terzo comma,  118

e 119 primo, secondo e quarto comma Cost.

    In data 12 febbraio 2019  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta

Ufficiale n. 36,  la  legge  n.  12  del  2019,  di  conversione  del

decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135 recante  «Disposizioni  urgenti

in materia di sostegno e semplificazione per  le  imprese  e  per  la

pubblica amministrazione».

    In particolare, l'art. 11-quater detta disposizioni in materia di

concessioni  di  grandi  derivazioni  idroelettriche   ed   inserisce

all'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo  1999  n.  79  il  comma

1-quinquies, che, tra l'altro, prevede che il canone  di  concessione

delle grandi derivazioni idroelettriche corrisposto alle Regioni  «e'

destinato per almeno il 60% alle province e citta'  metropolitane  il

cui territorio e' interessato dalle derivazioni».

    Inoltre lo stesso art. 11-quater inserisce, nello stesso art.  12

del decreto legislativo n. 79/1999, il comma 1-septies, che  contiene

analoga obbligatoria devoluzione alle province e citta' metropolitane

di almeno  il  60%  del  canone  aggiuntivo  previsto  a  carico  del

concessionario scaduto per la fase transitoria sino  all'assegnazione

della concessione.

    Tali previsioni sono lesive  delle  competenze  regionali  per  i

seguenti motivi di

 

                                      Diritto

 

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11-quater della legge 11

febbraio 2019 n. 12, di conversione  del  decreto-legge  14  dicembre

2018 n. 135, nella parte in cui, inserendo il comma 1-quinquies ed il

comma 1-septies all'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999  n.

79, dispone che il canone di  concessione  delle  grandi  derivazioni

idroelettriche a regime corrisposto alle Regioni, nonche'  il  canone

aggiuntivo, da corrispondere alle Regioni dal concessionario  scaduto

per l'esercizio degli impianti  nelle  more  dell'assegnazione  della

concessione, sono destinati per almeno il 60% alle province e  citta'

metropolitane il cui territorio e' interessato alle derivazioni,  per

violazione degli articoli 117 terzo comma, 118 e 119 primo, secondo e

quarto comma Cost.

    L'art. 11-quater della legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha disposto

una  modifica  al  decreto  legislativo  n.  79/1999  prevedendo  una

regionalizzazione della proprieta' delle opere  idroelettriche,  alla

scadenza delle concessioni o nei casi di decadenza  e  rinuncia  alle

stesse. Piu' in dettaglio, e'  previsto  il  trasferimento  a  titolo

gratuito alle Regioni di tutte le opere di raccolta, di regolazione e

di condotte forzate ed i canali di scarico; per le cosiddette  «opere

asciutte» (fabbricati, macchinari, apparati elettrici, ecc.), invece,

e' stabilita la corresponsione di un prezzo da quantificare,  secondo

precisi criteri, al netto dei beni ammortizzati. E' inoltre  disposto

che le Regioni, «ove non ritengano sussistere un prevalente interesse

pubblico  ad  un  diverso  uso  delle  acque,  incompatibile  con  il

mantenimento dell'uso a fine idroelettrico», procedano  ad  assegnare

le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche:

      ad operatori economici individuati attraverso l'espletamento di

gare con procedure ad evidenza pubblica;

      a societa' a capitale misto pubblico  privato  nelle  quali  il

socio  privato  e'  scelto  attraverso  l'espletamento  di  gare  con

procedure ad evidenza pubblica;

      mediante forme di partenariato pubblico-privato.

    Le  Regioni  avranno  tempo  fino  al  31   dicembre   2020   per

disciplinare, attraverso una legge, le modalita' e  le  procedure  di

assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a  scopo

idroelettrico.

    In tale contesto, il nuovo comma  1-quinquies  dell'art.  12  del

decreto legislativo n. 79/1999,  introdotto  dall'art.  11-quater  in

oggetto, dispone:

      «1-quinquies.   I   concessionari   di    grandi    derivazioni

idroelettriche corrispondono semestralmente alle regioni  un  canone,

determinato con legge regionale, sentita l'Autorita'  di  regolazione

per energia, reti e ambiente (ARERA), articolato  in  una  componente

fissa, legata alla potenza nominale media di concessione,  e  in  una

componente  variabile,  calcolata   come   percentuale   dei   ricavi

normalizzati,   sulla   base   del   rapporto   tra   la   produzione

dell'impianto, al netto dell'energia fornita alla  regione  ai  sensi

del presente comma, ed il prezzo  zonale  dell'energia  elettrica  Il

compenso   unitario   di   cui   al    precedente    periodo    varia

proporzionalmente alle variazioni, non  inferiori  al  5  per  cento,

dell'indice ISTAT relativo al prezzo industriale per  la  produzione,

il trasporto e la distribuzione  dell'energia  elettrica.  Il  canone

cosi' determinato e' destinato  per  almeno  il  60  per  cento  alle

province e alle citta' metropolitane il cui territorio e' interessato

dalle derivazioni. Nelle concessioni di grandi  derivazioni  a  scopo

idroelettrico, le regioni possono disporre con legge l'obbligo per  i

concessionari di fornire  annualmente  e  gratuitamente  alle  stesse

regioni 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione,

per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici  e  categorie

di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni».

    Il nuovo comma 1-septies dell'art. 12 del decreto legislativo  n.

79/1999, introdotto dall'art. 11-quater in oggetto,  dispone  per  la

fase transitoria:

      «Fino all'assegnazione  della  concessione,  il  concessionario

scaduto e' tenuto a fornire,  su  richiesta  della  regione,  energia

nella misura e con le modalita' previste dal comma  1-quinquies  e  a

riversare alla regione  un  canone  aggiuntivo,  rispetto  al  canone

demaniale, da corrispondere per l'esercizio degli impianti nelle more

dell'assegnazione; tale canone aggiuntivo destinato  per  un  importo

non  inferiore  al  60  per  cento  alle  province  e   alle   citta'

metropolitane il cui territorio e' interessato dalle derivazioni. Con

decreto del Ministro dello  sviluppo  economico,  sentita  l'ARERA  e

previo parere della Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono

determinati il valore minimo della componente fissa del canone di cui

al comma 1-quinquies e il valore minimo del canone aggiuntivo di  cui

al precedente periodo; in caso di mancata adozione del decreto  entro

il termine di centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore

della presente disposizione, fermi restando i criteri di ripartizione

di cui al presente comma e al comma 1-quinquies, le  regioni  possono

determinare l'importo dei canoni di  cui  al  periodo  precedente  in

misura non inferiore a 30 euro per la componente fissa del canone e a

20 euro per il canone aggiuntivo per  ogni  kW  di  potenza  nominale

media di concessione per ogni annualita'».

    Oggetto del ricorso in esame sono le  due  specifiche  previsioni

per cui il canone  di  concessione,  sia  a  regime  che  nella  fase

transitoria, e' destinato per almeno il 60 per cento alle province  e

alle citta' metropolitane il  cui  territorio  e'  interessato  dalle

derivazioni.

    Tali  disposizioni  infatti  pongono  un  vincolo  puntuale  alla

destinazione del canone di concessione  che  i  concessionari  devono

versare alle Regioni,  in  quanto  almeno  il  60%  di  tale  canone,

determinato come stabilito dalle norme, e' destinato alle province  e

citta' metropolitane.

    Queste  ultime  non  sono  destinatarie  di  alcuna  funzione  in

relazione alle concessioni per grandi derivazioni idroelettriche.

    Cio' e' confermato da un sintetico  esame  della  normativa  gia'

vigente  in  materia,  cosi'  come  ricostruito  piu'   volte   dalla

giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte  costituzionale  (gia'  con  la

sentenza n. 1/2008).

    L'art. 6 del R.D. 1775/1933 stabilisce che  le  utenze  di  acqua

pubblica hanno per oggetto grandi e piccole derivazioni: sono  grandi

derivazioni quelle che per produzione di forza  motrice  eccedono  la

potenza nominale media annua di kilowatt 3000 e che per  costituzione

di scorte idriche a fini di sollevamento a scopo di  riqualificazione

di energia superano i 100 litri al minuto secondo.  Fino  al  decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in

attuazione  del  capo  I  della  legge  15  marzo   1997,   n.   59),

relativamente alle derivazioni situate nel territorio delle Regioni a

statuto ordinario, la competenza in materia apparteneva  allo  Stato,

al quale spettavano, a titolo dominicale, i  canoni  di  concessione,

quando le grandi derivazioni afferivano al demanio idrico statale.

    L'art.  86  del  decreto  legislativo  n.   112   del   1998   ha

profondamente innovato la materia, conferendo alle Regioni competenti

per  territorio  l'intera  gestione  del  demanio  idrico   (la   cui

titolarita' restava comunque allo Stato), e il successivo art. 88  ha

specificato  che  detta  gestione   comprende   tutte   le   funzioni

amministrative relative alle  derivazioni  di  acqua  pubblica,  alla

ricerca, estrazione e utilizzazione  delle  acque  sotterranee,  alla

tutela del sistema idrico sotterraneo,  nonche'  alla  determinazione

dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi.

    Il  decreto   legislativo   n.   112   del   1998   aveva   fatto

temporaneamente salva (art. 29, comma 3) la competenza dello Stato in

materia di grandi derivazioni, prevedendo che,  fino  all'entrata  in

vigore delle nonne di recepimento della  direttiva  96/92/CE  del  19

dicembre 1996 (Direttiva  del  parlamento  europeo  e  del  Consiglio

concernente  norme  comuni  per  il  mercato   interno   dell'energia

elettrica), le concessioni fossero rilasciate  dallo  Stato  d'intesa

con la Regione interessata ovvero, in  caso  di  mancata  intesa  nel

termine di sessanta giorni, dallo Stato.

    Successivamente, con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79,

e' stata data attuazione alla  citata  direttiva  96/92/CE  e  si  e'

pertanto realizzata la condizione cui l'art. 29, comma 3, del decreto

legislativo n.  112  del  1998  subordinava  il  trasferimento  delle

competenze alle Regioni.

    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12  ottobre

2000 (Individuazione dei beni e  delle  risorse  finanziarie,  umane,

strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed  agli  enti

locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in

materia di demanio idrico), adottato ai sensi dell'art. 7 della legge

n. 59 del 1997, si e' infine provveduto a dare definitiva  attuazione

al disegno prefigurato dal  legislatore  del  1997,  prevedendosi  il

trasferimento alle Regioni, a decorrere  dal  1°  gennaio  2001,  del

personale, dei mezzi strumentali e di tutti gli  atti  relativi  agli

affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche.

    Infine, con l'entrata in vigore  delle  modifiche  del  Titolo  V

della Parte II della Costituzione alle  Regioni  ordinarie  e'  stata

attribuita una  competenza  legislativa  concorrente  in  materia  di

«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».

    Da tale quadro sintetico, si evince che, come  gia'  evidenziato,

alcuna competenza in materia e' attribuita  alle  province  e  citta'

metropolitane; tale attribuzione di funzioni non e' prevista  neppure

nella disciplina contenuta nell'art. 12 del  decreto  legislativo  n.

79/1999, cosi' come modificato dall'art.  11-quater  della  legge  n.

12/2019 in oggetto. Tale norma infatti dispone il trasferimento della

proprieta'  alle  Regioni  di  tutte  le  opere   di   raccolta,   di

regolazione, di condotte forzate ed i canali di  scarico,  prevedendo

che le stesse Regioni effettuino le procedure  di  evidenza  pubblica

per l'assegnazione delle concessioni;  neanche  la  nuova  disciplina

prevede dunque compiti provinciali ne'  della  citta'  metropolitana,

neppure per il periodo transitorio.

    Pertanto  l'obbligatoria  devoluzione  alle  Province  e   citta'

metropolitane di almeno il 60%  del  canone  di  concessione  che  la

Regione riceve dal  concessionario  si  pone  in  contrasto  con  gli

indicati parametri costituzionali.

    1.a) Le funzioni attinenti la derivazione di acqua  pubblica  per

usi idroelettrici sono state ricondotte alla  competenza  legislativa

concorrente in materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione

nazionale dell'energia» di cui all'art. 117 terzo comma Cost.  (Corte

cost. sentenze n. 158 del 2016, n. 85 e n. 64 del 2014).

    La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che le Regioni hanno

titolo, nell'ambito della propria competenza ai sensi dell'art.  117,

terzo comma, Cost., a determinare i canoni idroelettrici nel rispetto

del principio fondamentale  «della  onerosita'  della  concessione  e

della proporzionalita' del canone  alla  entita'  dello  sfruttamento

della risorsa pubblica e all'utilita' economica che il concessionario

ne ricava» (sentenza n. 158 del 2016; nello stesso senso, sentenza n.

64 del 2014), nonche' dei principi di economicita' e  ragionevolezza,

previsti espressamente dallo stesso art. 37, comma 7, del d.l. n.  83

del 2012 e condizionanti l'esercizio della competenza regionale  gia'

prima della definizione con decreto ministeriale dei criteri generali

(sentenza n. 158 del 2016).

    La nuova disposizione contenuta nel comma 1-quinquiens  in  esame

disciplina i criteri con  cui  le  Regioni  devono  determinare,  con

propria legge e sentita l'Autorita' di regolazione per energia,  reti

e ambienti, il canone di concessione che i  concessionari  di  grandi

derivazioni idroelettriche sono tenuti a corrispondere semestralmente

alle Regioni stesse; da parte sua il comma septies detta le modalita'

di determinazione del canone aggiuntivo della fase transitoria.

    La previsione dell'obbligatoria devoluzione di almeno il  60%  di

detti canoni alle province  e  citta'  metropolitane  costituisce  un

precetto specifico  e  puntuale  che  si  configura  quale  norma  di

dettaglio non ammissibile  in  una  materia  devoluta  alla  potesta'

legislativa concorrente. In ipotesi  sara'  la  Regione  che  potra',

nell'ambito della sua autonomia legislativa, disciplinare se e in che

misura attribuire agli enti locali territorialmente interessati dalle

opere una parte del canone riscosso.

    Sussiste pertanto la violazione dell'art. 117 terzo comma Cost.

    1.b) La disposizione impugnata contrasta  anche  con  l'art.  118

Cost. e con l'art. 119 primo, secondo e quarto comma Cost.

    Il  principio   dell'onerosita'   della   concessione   e   della

proporzionalita' del canone alla  entita'  dello  sfruttamento  della

risorsa pubblica e  all'utilita'  che  il  concessionario  ne  ricava

(sentenza  Corte  cost.  n.  85  del  2014)   determina   nella   sua

applicazione che il canone corrisposto costituisca un'entrata per  le

Regioni che,  come  sopra  evidenziato,  sono  titolari  anche  delle

funzioni amministrative in materia, funzioni molteplici ed  aumentate

con l'intervento normativo contenuto nell'art. 11-quater della  legge

n. 12/2019. Tale entrata finanziaria  e'  quindi  strumentale  ad  un

corretto esercizio di tali funzioni, attribuite alle Regioni ai sensi

dell'art. 118 Cost.

    La norma impone che una parte consistente, piu' della meta',  sia

devoluta ad altre Amministrazioni obbligatoriamente,  cosi  incidendo

anche sull'autonomia finanziaria che il  richiamato  art.  119  Cost.

garantisce alle Regioni e sulle scelte che le stesse devono  compiere

circa l'utilizzo di  quell'entrata  per  il  corretto  esercizio  dei

propri compiti, in attuazione, in particolare, dell'art.  119  quarto

comma Cost. Deve considerarsi  infatti  che,  in  base  agli  attuali

parametri, i canoni per l'utilizzo  della  risorsa  idrica  richiesti

annualmente dalla Regione Toscana per le grandi  derivazioni  ad  uso

idroelettrico ammontano a 3,7 milioni;  la  devoluzione  obbligatoria

alle Province e citta' metropolitana sarebbe dunque di 2,2 milioni di

euro l'anno (doc. 1).

    Inoltre  la   giurisprudenza   costituzionale   ha   piu'   volte

sottolineato l'illegittimita' di norme statali che non possono essere

considerate principi fondamentali in materia di  coordinamento  della

finanza pubblica qualora pongano un  precetto  specifico  e  puntuale

sull'entita' delle entrate e delle spese:  norme  siffatte  sono  una

indebita invasione  dell'area  riservata  dall'art.  119  Cost.  alle

autonomie territoriali, alle quali la legge statale puo'  prescrivere

criteri ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica),

ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per

raggiungere  quegli  obiettivi.  Infatti  la  previsione  di   misure

analitiche  comprime  illegittimamente  l'autonomia  finanziaria   ed

esorbita dal compito di formulare i soli principi fondamentali  della

materia (sentenze n. 36/2004; n. 417/2005; n. 169/2007; n.  237/2009,

n. 182/2011, n. 139/2012, n. 217/2012, n. 22/2014, n. 43/2016).

    Le disposizioni contestate non rispettano i  suddetti  criteri  e

dunque violano l'art.  119  primo,  secondo  e  quarto  comma  Cost.,

perche' pongono  un  vincolo  specifico  e  puntuale  sii  un'entrata

regionale, cosi' ingiustificatamente privando le Regioni  di  risorse

finanziarie finalizzate allo svolgimento delle loro  competenze  che,

nella materia delle derivazioni idroelettriche, sono incrementate,  e

con conseguente negativa incidenza anche sul concreto esercizio delle

funzioni  amministrative  spettanti  alla  Regioni  stesse  in   base

all'art. 118 Cost. in tale materia.

 

                                      P.Q.M.

 

    Si conclude affinche'  piaccia  all'Ecc.ma  Corte  costituzionale

dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11-quater  della

legge 11 febbraio 2019 n. 12, di conversione  del  decreto  legge  14

dicembre  2018  n.  135,  nella  parte  in  cui,  inserendo  i  commi

1-quinquies e 1-septies all'art. 12 del decreto legislativo 16  marzo

1999 n. 79,  dispone  che  il  canone  di  concessione  delle  grandi

derivazioni idroelettriche ed il canone aggiuntivo di  cui  al  comma

1-septies, corrisposti alle Regioni, sono destinati per almeno il 60%

alle province e citta' metropolitane il cui territorio e' interessato

alle derivazioni, per i motivi indicati nel presente ricorso.

    Si deposita:

      1) Nota del  Direttore  della  Direzione  Difesa  del  suolo  e

protezione civile in, data 9 aprile 2019.

    Si deposita altresi' la deliberazione della Giunta  regionale  n.

415/2019 di autorizzazione alla proposizione del ricorso.

 

Firenze - Roma, 10 aprile 2019

L'avvocato: Bora

 

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