Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 31 maggio  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri) . 
 
 (GU n. 34 del 10.8.2011)

    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale  dello  Stato,  presso  cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
    Contro la regione Veneto, in persona del Presidente della  Giunta Regionale  pro   tempore   per   la   declaratoria   d'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 comma 1 e dell'art. 15 commi 1 e  2  della legge regionale Veneto n. 7 del  18  marzo  2011  «Legge  finanziaria regionale per l'esercizio 2011», pubblicata sul Bollettino  Ufficiale della Regione Veneto del 22 marzo 2011, n. 23.
    Tutte    le    disposizioni     sopra     richiamate     appaiono costituzionalmente illegittime, sotto  i  profili  che  verranno  ora evidenziati, e pertanto il Governo - giusta  delibera  del  Consiglio dei Ministri in data 19 maggio 2011 (che per  estratto  autentico  si produce sub 1) - ai sensi dell'art. 127  Cost.,  la  impugna  con  il presente ricorso per i seguenti

                             M o t i v i

1) Violazione dell'art. 117 commi 1 e 3 e dell'art. 41 Cost.      La  legge  regionale  n.  7  del  18.3.2011  (legge   finanziaria regionale per l'esercizio 2011), pubblicata nel B.U.R. della  Regione Veneto  del  22.3.2011  n.  23,  all'art.  4,  comma   1,   rubricato "Disposizioni transitorie in materia di impianti fotovoltaici a terra e di impianti di produzione alimentati  da  biomassa  e  a  biogas  e bioliquidi e oneri istruttori in attuazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del  10  settembre  2010  «Linee  guida  per l'autorizzazione degli  impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili» prevede che, «nelle more dell'emanazione del  decreto  del  Ministero dello Sviluppo economico di cui all'art. 8-bis del  D.L.  30.12.2008, n. 208 e  dell'approvazione  di  uno  specifico  stralcio  del  Piano energetico  regionale  di  cui  all'art.  2   della   L.R.   25/2000, ......relativo alla produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  da parte del Consiglio Regionale e comunque non oltre il 31.12.2011, non possono  essere  rilasciate  autorizzazioni  alla  realizzazione   ed all'esercizio di impianti fotovoltaici a terra in  area  agricola  di potenza di picco superiore a 200kWp  di  impianti  di  produzione  di
energia alimentati da  biomassa  di  potenza  elettrica  superiore  a 500kWe, nonche' di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1000kWe».
    Cosi' disponendo, il  legislatore  regionale  viola  l'art.  117, comma  primo  della  Costituzione,  in  quanto  tale  diposizione  e' evidentemente ostativa al rispetto  degli  impegni  internazionali  e comunitari assunti dallo Stato.
    Infatti, la norma regionale in epigrafe indicata pone  un  chiaro limite alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale in contrasto con  le  norme  internazionali  contenute  nel Protocollo di Kyoto ed in  contrasto  con  la  normativa  comunitaria (art. 3 direttiva n. 2001/77/CE) che incentivano, invece, lo sviluppo delle suddette  fonti  di  energia,  individuando  soglie  minime  di produzione  che  ogni  Stato  si  impegna  a  raggiungere  entro   un determinato periodo di tempo (cfr. Corte Cost.,  sent.  3/4/2010,  n. 124).
    Si rileva, infatti,  che  sia  la  legislazione  comunitaria  che quella nazionale manifestano un orientamento favorevole per le  fonti energetiche rinnovabili al  fine  di  porre  le  condizioni  per  una adeguata diffusione dei relativi impianti. In particolare, in  ambito europeo, un orientamento in tal senso e' rinvenibile nella  direttiva n. 2001/77/CE ed in quella piu' recente del 23.4.2009, n. 2009/28/CE, che ha confermato questa impostazione di fondo.
    In abito nazionale, la normativa comunitaria  e'  stata  recepita dal D.lgs. n. 387/2003, il cui l'art.  12,  come  riconosciuto  dalla Corte Costituzionale, enuncia  i  principi  fondamentali  in  materia (Corte Cost., sent. 13/11/2006, n. 364).
    In particolare,  il  citato  art.  12,  comma  10  del  d.lgs  n. 387//2003   dispone   che   le   Regioni   possono   procedere   alla individuazione di aree non idonee alla realizzazione di  impianti  da fonti rinnovabili, in attuazione e nel  rispetto  delle  Linee  Guida nazionali.
    Ebbene,  ai  sensi  dell'art.  17  (in  combinato  disposto   con l'allegato 3) delle Linee Guida adottate con D.M. 10.09.2010, le aree non  idonee   possono   essere   individuate   solo   a   determinate condizioni,tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nelle disposizioni censurate.
    In effetti, ai sensi delle  citate  linee  guida  ministeriali, le aree non  idonee  possono  essere  individuate  in  relazione  non  a categorie generalizzate  di  aree  ma  solo  a  specifici  siti,  con riguardo  all'installazione  solo  di   determinate   tipologie   e/o dimensioni  di  impianti,  previo  espletamento  di  una  istruttoria approfondita  (dei  cui  esiti  deve   darsi   adeguato   conto   nel provvedimento regionale che indica le aree non idonee), che individui le  specifiche   aree   particolarmente   sensibili   o   vulnerabili all'interno delle tipologie di aree elencate all'allegato 3. 
    Ulteriori principi fondamentali  sono  stati  fissati,  anche  in questo ambito, dalla legge n. 239/2004 che ha realizzato "il Riordino dell'intero settore energetico, mediante una legislazione di cornice" (Corte Cost., sent. 14/10/2005, n. 383).
    Si  evidenzia  altresi'  che  il   divieto   di   rilasciare   le autorizzazioni alla costruzione ed all'esercizio degli impianti sopra richiamati, si traduce in pratica nell'impossibilita', da parte degli operatori del settore, di presentare nuove istanze  per  il  rilascio dell'autorizzazione in parola. Questo si pone in netto contrasto  con il principio di liberta' di iniziativa economica di cui  all'art.  41 Cost. e con il  principio  di  liberalizzazione  delle  attivita'  di produzione.,  importazione,  esportazione,  acquisto  e  vendita   di energia elettrica di cui all'art.  1,  comma  1  del  d.lgs.  79/1999 (attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il mercato interno dell'energia elettrica) nonche'  con  l'obiettivo  di incremento della produzione e dei consumi finali di energia da  fonti rinnovabili,  in  attuazione  delle  disposizioni  comunitarie  sopra richiamate.
    Il legislatore regionale, disponendo  dunque  (all'art.  4  della L.R. Veneto n. 7 del 18.3.2011 quivi impugnata e in  epigrafe  meglio indicata) in modo difforme  dalle  norme  nazionali,  comunitarie  ed internazionali,  eccede  dalla  propria  competenza   e   viola,   di conseguenza, l'art. 117, commi 1  e  3  della  Costituzione,  nonche' l'art. 41 Cost..
2) Violazione dell'art. 117 comma 3 (in materia di protezione civile) e comma 2 lett. m) Cost.
    L'art. 15, recante modifiche alla  legge  regionale  27  novembre 1984, n. 58 "Disciplina degli  interventi  regionali  in  materia  di protezione civile", dispone, al  comma  1  che,  "Ferme  restando  le competenze del Sindaco, nei casi di emergenza di  protezione  civile, per gli eventi di cui all'art. 2, lettera b) della legge 24  febbraio 1992, n. 225 "Istituzione del  servizio  nazionale  della  protezione civile" e successive modificazioni, il presidente della provincia  e' autorita'  di  protezione  civile,  responsabile  dell'organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed  il  Presidente  della Giunta regionale e' autorita' di protezione civile, responsabile  del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province".
    Al comma 2 dispone  che  "il  coordinamento  e  l'adozione  degli interventi di cui all'articolo 2, lettera b) della legge n. 225/92  e al verificarsi di situazioni di pericolo o di danno nei territori  di rispettiva competenza, i  sindaci  e  i  presidenti  delle  comunita' montane forniscono alle sale operative delle province e  le  province forniscono alla sala operativa regionale tutti gli elementi utili per la  conoscenza  dell'evento  e  per  l'assunzione  delle   iniziative necessarie".
    Tale disciplina incide in  modo  sostanziale  ed  innovativo  nel sistema regionale di protezione civile. Infatti, le  disposizioni  in epigrafe attribuiscono, nei casi di emergenza di  protezione  civile, per gli eventi di cui all'art, 2, comma  1,  lett.  b)  della  L.  n. 225/92, al Presidente  della  provincia  il  ruolo  di  autorita'  di protezione  civile,  responsabile  dell'organizzazione  generale  dei soccorsi  a  livello  provinciale,  e  al  Presidente  della   Giunta regionale il ruolo di autorita' di  protezione  civile,  responsabile del  coordinamento  degli  interventi  organizzati   dalle   province interessate e degli interventi diretti, richiesti in via  sussidiaria dai Presidenti delle province.  Incongrua  risulta  essere  anche  la formulazione della norma de qua laddove prevede - come  detto  -  che
per gli interventi di cui all'art. 2, comma  1,  lett.  b)  della  L. 225/92,  competente  sia  il  Sindaco,  alla  luce   delle   seguenti considerazioni e argomentazioni.
    Come abbiamo visto, la norma  qui  impugnata  e'  finalizzata  ad approntare specifiche modifiche alla legge regionale  del  Veneto  27 novembre  1984,  n.  58,  recante  la  "Disciplina  degli  interventi regionali in materia di protezione civile".
    Del  tutto  evidente  appare  quindi  la  riconducibilita'  della disciplina  in   esame   nell'ambito   della   potesta'   legislativa concorrente in materia di "protezione  civile",  ai  sensi  dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.
    Orbene - com'e' noto  -  per  espressa  previsione  della  citata disposizione   costituzionale,   nelle   materie   di    legislazione concorrente spetta allo Stato dettare i principi fondamentali, mentre alla Regione e' riservata la disciplina di dettaglio.
    Tale  criterio  generale  in  materia  di  regolamentazione   del "concorso" tra il legislatore statale e quello regionale  ha  trovato ulteriore specificazione ad opera  della  copiosa  giurisprudenza  di codesta Ecc.ma Corte successiva  alla  riforma  del  Titolo  V  della Costituzione.
    Nel contesto della minuziosa opera di interpretazione  del  nuovo testo dell'art. 117, di determinazione degli ambiti delle materie ivi contemplate  e  di  definizione  delle   competenze   rispettivamente attribuibili allo Stato e alle  Regioni,  la  Corte  ha  innanzitutto avuto modo  di  affrontare  apertamente  il  tema  della  natura  dei principi  fondamentali.  affermando  che  "l'ampiezza  e  l'area   di operativita' dei  principi  fondamentali  -  non  avendo  gli  stessi carattere «di rigidita' e di  universalita'»  -  non  possono  essere individuate  in  modo  aprioristico  e  valido  per  ogni   possibile tipologia   di   disciplina   normativa.   Esse,   infatti,    devono necessariamente essere calate nelle specifiche realta' normative  cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realta' si presentano" (Corte cost.,  sentenza
n. 336 del 2005; cfr. anche Corte cost., sentenza n. 307  del  2003).
Fondamentale rilievo assume dunque, in ogni  caso,  la  tutela  delle esigenze unitarie di cui e' portatore lo Stato. 
    Sin dal primo  momento  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  costantemente ribadito il principio per cui, nel vigore della riforma del Titolo V, parte  seconda,  della  Costituzione,   la   legislazione   regionale concorrente deve necessariamente svolgersi nel rispetto dei  principi fondamentali determinati dalla legge dello Stato  e  che  pertanto  i suddetti principi, ove non ne siano stati formulati  di  nuovi,  sono quelli desumibili dalla normativa statale previgente (v., in tema  di "professioni", Corte cost., sentenze nn. 424, 355  e  319  del  2005, sentenze nn. 201 e 353 del 2003 e sentenza n. 282 del 2002).
    In  simili  ipotesi,   dunque,   l'esercizio   della   competenza legislativa regionale deve sempre avvenire  (ai  sensi  dell'art.  1, comma 3, della legge 5 giugno 2003, n.  131)  nel  rispetto  di  quei principi comunque risultanti anche dalla legislazione statale gia' in
vigore.
    Ebbene, la previsione di cui al qui censurato art. 15 della legge finanziaria regionale Veneto 2011 si pone evidentemente in  contrasto rispetto  agli  indicati  parametri  interpretativi.   Essa   infatti individua nel Presidente della provincia  l'autorita'  di  protezione civile, responsabile  dell'organizzazione  generale  dei  soccorsi  a livello provinciale per gli interventi di cui  all'art.  2,  comma  1 lett. b) della  legge  n.  225  del  24.2.1992  ("eventi  naturali  o connessi con l'attivita' dell'uomo che per loro natura ed  estensione comportano l'intervento coordinato di  piu'  enti  o  amministrazioni competenti in via ordinaria").
    Una  siffatta   disposizione   appare   tuttavia   manifestamente contraria al dettato dell'art. 14 della menzionata legge  n.  225/92, il  quale  attribuisce  espressamente  al  Prefetto  una   serie   di competenze, tra cui in particolare quella di assumere  "la  direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale".
    L'attribuzione  di  competenze  generali  al   Presidente   della provincia in materia  di  protezione  civile  a  livello  provinciale integra  quindi  una  chiara  violazione  delle  norme  generali   di organizzazione contenute nella legge-quadro sulla protezione civile.
    Invero, come e' noto, tale  legge-quadro  e'  la  fonte  di  quei principi fondamentali del settore nel rispetto dei quali deve  essere esercitata la competenza legislativa concorrente delle Regioni. 
    A questo proposito, e' appena il caso di ricordare che, in  forza di quanto disposto dall'art. 12, comma 4, della legge n.  225/92,  le disposizioni contenute nella predetta legge  "costituiscono  principi della legislazione statale  in  materia  di  attivita'  regionale  di previsione, prevenzione e soccorso di protezione civile, cui dovranno conformarsi le leggi regionali in materia".
    Per mezzo della suddetta legge, lo  Stato  ha  quindi  fissato  i principi  fondamentali  della   materia,   lasciando   alle   Regioni esclusivamente il potere di emanare la normativa di dettaglio. 
    Ne' potrebbe rilevare, in senso contrario,  la  previgenza  della legge de qua rispetto all'entrata in vigore del nuovo Titolo V  della Costituzione, a cio' ostando la costante  giurisprudenza  di  codesta Ecc.ma Corte, sopra richiamata.
    Infine,   non   sembra   potersi   revocare   in    dubbio    che l'individuazione di una competenza unitaria in capo al rappresentante del Governo nelle situazioni di emergenza sia finalizzata a garantire l'uniformita' degli standard di protezione attraverso  la  fissazione di una normativa uniforme, valida su tutto il territorio nazionale.
    La   necessita'   dell'intervento    statale    appare    infatti imprescindibile nel settore  in  questione,  in  cui  sono  coinvolti interessi ed esigenze dell'intera collettivita' nazionale, connessi a valori costituzionali di rilievo  primario,  in  quanto  strettamente inerenti alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica.
    Quello dettato dall'art. 14 della legge n. 225/92  e',  pertanto, un principio fondamentale direttamente funzionale alla  tutela  delle specifiche esigenze di  unitarieta'  sussistenti  nel  settore  della protezione  civile,  delle  quali  e'  portatore  lo  Stato   ed   e' espressione il legislatore nazionale.
    Esso corrisponde quindi esattamente alla  nozione  di  "principio fondamentale", per come ricostruita dalla consolidata  giurisprudenza costituzionale sopra illustrata.
    Peraltro,  la  norma  di  cui  al  citato  art.  14  deve  essere considerata espressione di un  principio  insuscettibile  di  diversa regolamentazione  ad   opera   del   potere   legislativo   regionale concorrente  anche  per  ragioni  di  sussidiarieta'  ascendente   ed
adeguatezza,  essendo  legata  alla  normativa   di   principio,   di competenza statale, da un rapporto  di  necessaria  integrazione  (v. Corte cost., sentenza n. 430 del 2007).
    E' invero incontestabile ed innegabile che la  normativa  statale su richiamata dispone che per tali eventi, in materia  di  protezione civile, la competenza sia del Prefetto.
    Infatti,  nell'attuale  quadro  istituzionale,  la   legislazione ordinaria di cui al citato art. 14 della L. n. 225/92,  riconosce  al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale al verificarsi di uno degli eventi calamitosi  di cui all'art. 2, comma 1 lett. b)  della  L.  n.  225/92.  Si  osserva inoltre, che l'art. 108 del D.Lgs. n. 112/98 non  riconosce  analoghi compiti di gestione dell'emergenza alla provincia, cui  e'  demandata la vigilanza sulla predisposizione, da parte di strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di  natura  tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma  1, lett. b) della L. n. 225/1992.
    Anche l'art. 5, comma 4 del D.L. n.  343/2001,  conv.  in  L.  n. 401/2001, conferma l'attribuzione al Prefetto delle funzioni relative alle  attivita'  tecnico-operative  volte  ad  assicurare   i   primi interventi al verificarsi degli eventi calamitosi, da  effettuarsi  a cura degli organi statali in concorso con le Regioni e cio', sia  con riferimento alla direzione  unitaria  dei  servizi  di  emergenza  da attivare a livello  provinciale  attraverso  l'adozione  di  tutti  i provvedimenti ritenuti necessari, sia vigilando  sull'attuazione,  da parte delle strutture provinciali di protezione civile,  dei  servizi urgenti, anche di natura tecnica.
    Da cio' deriva anche l'esigenza che  le  funzioni  amministrative ripartite sulla base di principi di sussidiarieta' ed adeguatezza  di cui all'art. 118 della  Costituzione,  spettano  allo  Stato  laddove sussista l'esigenza di un coordinamento tra Stato e Regione.
    Pertanto, il legislatore regionale, prevedendo nelle disposizioni normative  quivi  censurate   una   generalizzata   attribuzione   al Presidente della Provincia della responsabilita'  dell'organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere  di intervento  ai  compiti   ed   alle   funzioni   di   sua   spettanza (volontariato, viabilita' provinciale, ecc.),  eccede  dalle  proprie competenze e, ponendosi in contrasto con le disposizioni  statali  su richiamate, viola l'art. 117, comma 3 della Costituzione  in  materia di protezione civile nonche' l'art. 117,  comma  2,  lett.  m)  della Costituzione, che riserva allo Stato la  determinazione  dei  livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

                               P.Q.M.

    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale,  in  accoglimento del   presente   ricorso,    voglia    dichiarare    l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 comma l e dell'art. 15 commi 1 e  2  della legge  regionale  Veneto  n.  7  del  18.3.2011  "Legge   finanziaria regionale per l'esercizio 2011", pubblicata sul Bollettino  Ufficiale della  Regione  Veneto  del  22.3.2011  n.  23,  per   violazione   - rispettivamente -dell'art. 117 commi 1 e 3 e dell'art.  41  Cost.,  e dell'art. 117 comma 3 (in materia di protezione civile) e 117 comma 2 lett. m) Cost.
        Roma, addi' 20 maggio 2011

                  L'Avvocato dello Stato: Ventrella 

 

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