Ricorso n. 54 del 19 aprile 2006 (Regione Campania)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 19 aprile 2006 , n. 54
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 19 aprile 2006 (della Regione Campania)
(GU n. 20 del 17-5-2006)
Ricorso della Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, on. Antonio Bassolino, rapp.to e difeso, giusta mandato a margine ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 295 del 4 marzo 2006, dal prof. avv. Vincenzo Cocozza e dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elett. te domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania alla via Poli n. 29; Contro: il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 ("Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17 febbraio 2006. F a t t o 1. - In data 17 febbraio 2006 e' stata pubblicata la legge 1° febbraio 2006, n. 43, recante "Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali". Il comma 5 dell'articolo 2 di tale legge ha integrato l'art. 3-bis, comma 3, lett. b) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che reca, fra l'altro, la disciplina relativa alla nomina del Direttore generale delle Aziende sanitarie locali. La norma, oggetto del presente ricorso, introduce ulteriori requisiti (alternativi a quelli relativi all'esperienza quinquennale in posizione dirigenziale) per gli aspiranti direttori generali, in particolare l'aver espletato "mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonche' di consigliere regionale". L'intervento legislativo statale e' afflitto da una serie di vizi di legittimita' che conducono alla proposizione del presente ricorso per i seguenti M o t i v i 1. - Violazione artt. 114 e 117 Cost., in part. comma 3 e comma 4. Lesione della sfera di competenza delle regioni. Irragionevolezza. Violazione dell'art. 3 Cost. Violazione dei principi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Con la integrazione normativa impugnata, il legislatore nazionale interviene, per di piu' con una disposizione irragionevole, sui meccanismi operativi e di funzionamento delle Aziende sanitarie locali. Si deve eccepire che, stante la natura ditali enti, lo Stato non e' titolare di una potesta' in materia che ne legittimi l'intervento, e meno che mai nei termini in cui e' stato effettuato. La scelta operata, infatti, in ordine alla "qualita" soggettiva del Direttore generale dell'Azienda non puo' non ricadere, sul piano degli effetti, nella gestione stessa ad esso affidata e nella generale organizzazione dell'ente. E' necessario delimitare l'ambito materiale al fine di evidenziare la illegittima compressione delle prerogative regionali. Come e' noto, la disciplina relativa alla organizzazione sanitaria ha subito, nel tempo, numerose modifiche che ne hanno progressivamente mutato i caratteri, attribuendo sempre maggiore spazio alla competenza regionale e alla autonomia della singola struttura. Cio' gia' prima della riforma introdotta dalla legge cost. n. 1/2003. Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, attualmente vigente, legge-quadro di settore, riconosce alle regioni un ruolo ampio e determinante. E' il Piano sanitario regionale a prevedere "gli interventi per gli obiettivi di salute ed il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale" (art. 1, d.lgs. 502/1992). Ma soprattutto che "spettano alle regioni ... nel rispetto dei principi stabili dalle leggi nazionali, le funzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera" (art. 2, comma 1). In particolare, spettano alle regioni "la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attivita' destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attivita' di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unita' sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualita' delle prestazioni sanitarie" (art. 2, comma 2, d.lgs. 502/1992). Spetta alle regioni l'attivita' di controllo e di vigilanza. Le Aziende sanitarie, poi, sono espressamente riconosciute come enti strumentali delle regioni. Dispone l'art. 3, comma 1, del decreto legislativo "le regioni, attraverso le unita' sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza". Cosi' come sono sempre le regioni che provvedono alla nomina degli organi di gestione, alla loro valutazione, alla revoca ovvero alla conferma degli stessi, in quanto funzionali al perseguimento degli obiettivi individuati e assegnati alla regione. In tale quadro normativo, le Aziende sanitarie locali possono definirsi correttamente Enti regionali, in quanto costituiti, indirettamente gestiti e controllati dalla regione, sulla base degli obiettivi fissati dalla regione medesima. Si tratta, dunque della organizzazione di amministrazioni che dalla regione dipendono e, di conseguenza, la materia va ascritta a quelle appartenenti alla competenza della regione ai sensi del IV comma dell'art. 117 Cost. A tale esito ricostruttivo si perviene utilizzando sia una interpretazione letterale, sia logico-sistematica. E', intanto, utile il confronto testuale tra il precedente e l'attuale art. 117. La diversita' dei contenuti del precedente elenco dell'art. 117 della Carta del 1948 e del nuovo (elenco) di cui al terzo comma dello stesso art. 117, relativamente alle materie di potesta' concorrente propone un criterio di carattere generale relativo alla tendenziale volonta' del legislatore costituzionale di trasferire alla potesta' legislativa residuale delle regioni, cio' che in precedenza era attribuito alla potesta' concorrente. Pertanto, con riferimento alla materia "ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione", e' notevole la sua eliminazione dal catalogo della potesta' concorrente, perche' segnala l'intervenuto ampliamento della competenza legislativa regionale in tale settore materiale che e', d'altro canto, essenziale per lo svolgersi dell'autonomia costituzionale dell'Ente. Ad integrazione ditale elemento ricostruttivo, e' significativo che il secondo comma dell'art. 117 Cost., nell'individuare le materie di spettanza statale, indichi in maniera espressa soltanto "l'ordinamento e organizzazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali", specificando, quindi, che la disciplina legislativa statale, nel settore materiale, puo' riguardare esclusivamente gli apparati organizzativi centrali o da questi dipendenti. Seguendo tale impostazione ne discende la illegittimita' di una legge statale che intervenga, dopo la riforma costituzionale del 2001, con disposto compiuto ed esaustivo, in un ambito in cui l'intervento dello Stato e' da ritenersi precluso. A conclusioni non dissimili, invero, si perviene laddove si volesse privilegiare, nella qualificazione dell'intervento, l'aspetto, per cosi' dire, "sanitario" e, dunque si ritenesse che tale organizzazione sia in qualche modo attratta nell'ambito della materia "tutela della salute". La normativa statale, infatti, sarebbe illegittima in quanto non esprimerebbe un principio, ma una disposizione autoapplicativa che non lascia spazio, anche limitato, ad una scelta regionale diversamente modulata, attraverso una ipotetica normazione ulteriore, richiedendo la disciplina solo una attivita' materiale di esecuzione. Al contrario i principi fondamentali devono "riguardare in ogni caso il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori dalla materia o dall'ambito di essa" (Corte cost. sent. 482/1995). 2.- Irragionevolezza. Lesione della sfera di competenza della regione. Violazione dei principi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Violazione dell'art. 32 e 97 Cost. La previsione normativa si mostra anche irragionevole e contraddittoria rispetto agli obiettivi che si propone. E cio', come si dira', si risolve indirettamente anche in una non consentita lesione della sfera di competenza attribuita alla regione. Laddove, infatti, si volesse ritenere che i contenuti della norma impugnata siano definibili come principi fondamentali della materia, gli stessi dovrebbero essere volti ad assicurare che la direzione generale delle AA.SS.LL. sia affidata a soggetti in possesso di adeguate conoscenze ed esperienza nel settore. E' evidente che, se vi e' la possibilita' di riservare allo Stato parte della disciplina di nomina degli organi dell'Azienda, e' perche' cio' sia funzionale alla tutela della salute, attraverso la migliore organizzazione dei servizi sanitari. Esclusivamente in tale ottica potrebbe trovare spazio un intervento statale, ossia su un piano di garanzia della "qualita". Fuori da scelte ragionevoli e coerenti con i principi costituzionali richiamati in epigrafe, si determina solo una illegittima lesione di uno spazio (di organizzazione) riservato alla regione. Non a caso la previsione risulta del tutto contraddittoria anche rispetto all'intero impianto normativo di riferimento: allo stesso d.lgs. 502/1992 nonche' al d.l. n. 512/1994 ai quali rinvia, le cui discipline di selezione del personale direttivo sono certamente volte a privilegiare esperienze gestionali, di livello dirigenziale, presso altre strutture equivalenti. 3. - Violazione del principio di leale cooperazione. Lesione della sfera di competenza della regione. Violazione degli artt. 114, 117, 118 e 120 della Costituzione. Violazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, in part. art. 124. Si deve osservare ancora come l'intervento legislativo statale si mostri lesivo delle competenze regionali, anche laddove si volesse pervenire alla conclusione (che non sembra sostenibile) che alcun mutamento vi sia stato nel settore materiale dell'intervento a seguito della riforma introdotta dalla legge cost. n. 1/2003. Nell'evoluzione del sistema previgente, il ruolo della regione aveva ottenuto un preciso riconoscimento e tale da imporre una coodeterminazione della stessa nelle scelte relative all'oggetto di cui si discute. Al riguardo, si ricorda che il d.lgs. 112/1998 aveva gia' operato un ampio trasferimento delle funzioni amministrative a favore degli enti locali, in particolare delle regioni. Per cio' che concerne l'ambito materiale "tutela della salute", l'art. 124, pur conservando allo Stato la determinazione dei requisiti minimi relativi "all'ammissione all'impiego del personale delle Aziende USL e ospedaliere, nonche' al conferimento degli incarichi dirigenziali", ha espressamente stabilito che questa dovesse essere effettuata "d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni". E' evidente che, a prescindere dal valore che si e' ritenuto di attribuire a tale intesa (in senso forte o in senso debole), l'assenza di qualsiasi partecipazione della regione viola il principio di leale cooperazione.
P. Q. M. Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per violazione degli artt. 3, 32, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione nonche' del principio di leale cooperazione fra Stato e Regione e per lesione della sfera di competenza della regione. Napoli-Roma, addi' 7 aprile 2006. Prof. avv. Vincenzo Cocozza - Avv.: Vincenzo Baroni