Ricorso n. 54 del 31 maggio 2011 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 maggio 2011 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 34 del 10.8.2011)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12;
Contro la regione Molise, in persona del Presidente in carica, per l'impugnazione della legge regionale del Molise 24 marzo 2011, n. 6, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Molise n. 9 del 1° aprile 2011, recante «Norme sull'organizzazione dell'esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale. Soppressione delle Comunita' Montane», in relazione al suo articolo 11, comma 1 e 10.
La legge regionale del Molise n. 6 del 2011 ha la finalita', enunciata nel suo articolo 1, comma 1, di introdurre misure di riorganizzazione dell'esercizio di funzioni e compiti amministrativi a livello locale, al fine di elevare il livello di qualita' delle prestazioni e di ridurre complessivamente gli oneri organizzativi, procedimentali e finanziari, nel contesto dei processi di riforma volti al rafforzamento dell'efficacia delle politiche pubbliche e con riferimento ad obiettivi specifici condivisi con Province e Comuni.
In vista di tali fini, la legge regionale si pone, tra l'altro, l'obiettivo della soppressione e della successiva estinzione delle Comunita' montane (art. 1, comma 2, lettera b), assicurando, nel contempo, forme di tutela e valorizzazione del territorio montano ed introducendo «norme per il trasferimento del personale delle Comunita' montane» (art. 1, comma 2, lettera h).
In questo contesto, l'art. 11 della legge regionale impugnata, rubricato «Norme in materia di personale delle soppresse Comunita' montane», al comma 1, stabilisce:
«L'amministrazione regionale e gli enti da essa dipendenti ricoprono i posti vacanti delle rispettive dotazioni organiche, ricorrendone i presupposti di legge, prioritariamente attraverso la mobilita' del personale a tempo indeterminato e L.S.0 delle soppresse Comunita' montane, in applicazione dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme di settore disciplinanti l'utilizzazione dei lavoratori socialmente utili».
Il medesimo articolo 11, al successivo comma 10, prevede:
«La Regione, in sede di manovra finanziaria annuale, destina risorse finanziarie per incentivare la mobilita' di personale che interessa le soppresse Comunita' montane, per garantire, ai fini della salvaguardia del diritto alla retribuzione, il pagamento delle spese per il personale in attesa del passaggio ad altre amministrazioni, per promuovere la stabilizzazione dei lavoratori con contratto L.S.U. in servizio presso le soppresse Comunita' montane e per l'attuazione di quanto specificatamente previsto al comma 3».
Tali norme sono illegittime per i seguenti
Motivi
1) Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
L'articolo 11, comma 1, della legge regionale impugnata stabilisce che l'amministrazione regionale e gli enti da essa dipendenti ricoprano, prioritariamente, i posti vacanti nelle rispettiva dotazioni organiche facendo ricorso alla mobilita' del personale a tempo indeterminato e L.S.U. delle soppresse Comunita' montane «in applicazione dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
L'art. 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, impone alle pubbliche amministrazioni che devono coprire eventuali posti vacanti del proprio organico di avviare le procedure di mobilita' prima di procedere all'espletamento delle procedure concorsuali.
E' pacifico che tale procedura debba trovare applicazione esclusivamente per il personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Il rinvio, contenuto nella disposizione censurata, all'art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, con riferimento al personale che, come i c.d. lavoratori socialmente utili, presta la propria opera con contratto precario - al pari della uniforme considerazione della situazione di tale personale a quella dei dipendenti a tempo indeterminato della soppresse Comunita' montane - ha, dunque, l'inequivoco significato di determinare, in uno alla cessione del contratto, la conversione dei rapporti a tempo determinato in essere in rapporti a tempo indeterminato.
La norma impugnata, pertanto, persegue la finalita' di promuovere la c.d. stabilizzazione dei lavoratori con contratto L.S.U., alla quale allude il successivo comma 10 dell'articolo 11 (che impone alla regione di destinare apposite risorse a detto obiettivo).
Con tale intervento, la Regione Molise, facendo ricorso all'istituto della mobilita', istituisce quindi un canale privilegiato per l'accesso in posizione di ruolo al pubblico impiego, senza fornire indicazioni circa la sussistenza dei requisiti per poter ammettere deroghe al principio del concorso pubblico, eccezionalmente identificabili nella peculiarita' delle mansioni che il personale svolge ovvero nell'esistenza di specifiche esigenze funzionali dell'amministrazione (cfr., ex plurimis, sentenze n. 81 del 2006, nn. 215 e 293 del 2009, n. 363 del 2006).
In conclusione, la disposizione censurata, nella parte in cui non circoscrive il proprio campo di applicazione ai soli soggetti dipendenti a tempo indeterminato, vulnera manifestamente e irragionevolmente il principio del concorso pubblico, quale metodo
che, per l'accesso alla pubblica amministrazione, offre le migliori garanzie di selezione dei piu' capaci e di imparzialita' (si confrontino, per tutte, le recenti sentenze nn. 67, 68 e 108 del 2011, vertenti su questioni in larga parte sovrapponibili a quella
qui in esame).
2) In relazione all'art. 117, comma 2, lettera 1), violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materie dell'"ordinamento civile".
La procedura di mobilita' per passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro e, dunque, una cessione del contratto (cfr. Cass., SS.UU., 9 settembre 2010, n. 19251 e 12 dicembre 2006, n. 26240), con la conseguenza che si verte nella materia dei rapporti di diritto privato, come confermo' la Corte nella sentenza n. 324 del 2010.
Come si e' evidenziato nel primo mezzo di censura, nel richiamare l'istituto della mobilita' con riferimento a lavoratori a tempo determinato, la norma regionale censurata finisce per imporre all'amministrazione regionale e agli enti da essa dipendenti la trasformazione di contratti di lavoro precario o flessibile, attualmente in corso o comunque gia' stipulati, in veri e propri contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Cosi' disponendo, la disposizione censurata incide sulla regolamentazione del rapporto precario gia' in atto - e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata e sulla disciplina dell'orario (regolata dalla contrattazione collettiva nella cornice disegnata dal decreto legislativo 1 dicembre 1997 n. 468 e dalle successive norme sui rapporti di lavoro socialmente utile) - determinando la costituzione, in capo ai lavoratori interessati, di un diritto alla modificazione, per tali aspetti, del rapporto
giuridico in corso.
L'articolo 11, comma 1, della legge regionale impugnata viola, pertanto, anche il parametro indicato in rubrica, intervenendo nella materia dell'ordinamento civile e cosi' invadendo la sfera di competenza esclusiva riservata alla legislazione dello Stato (cfr. sent. n. 69 del 2011 e n. 108 del 2011, cit.).
3) In relazione all'art. 117, comma 3, della Costituzione, violazione di principi fondamentali nella materia, di legislazione concorrente, del «coordinamento della finanza pubblica»
L'articolo 11, comma 10, della legge regionale impugnata prevede che la regione, in sede di manovra finanziaria annuale, destini risorse finanziare per promuovere la stabilizzazione dei lavoratori con contratto L.S.U. in servizio presso le soppresse Comunita' montane.
L'art. 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con modificazione dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce che, nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonche' dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica, e per le amministrazioni interessate,
previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (1) , e successive modificazioni, possano bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
In vista del contenimento della spesa pubblica, la norma statale fissa, dunque, dei limiti quantitativi e "qualitativi" - il possesso dei requisiti indicati nella richiamate disposizioni delle leggi finanziarie 2007 e 2008 - alle politiche di riassorbimento del c.d. precariato nel pubblico impiego.
Questi limiti - che la norma statale, rivolta a tutte le amministrazioni pubbliche, ivi comprese le Regioni, erige a principio fondamentale della materia - si traducono in altrettanti presupposti legittimanti la stabilizzazione o la c.d. "ruolizzazione".
E' quindi evidente che - in disparte la mancata previsione di procedure selettive, sopra denunciata - la stabilizzazione generalizzata di lavoratori a tempo determinato, al di fuori dei limiti e dei requisiti previsti dalla norma statale, viola il
principio fondamentale da essa posto e, conseguentemente, eccede dalla sfera di competenza legislativa della Regione.
(1) L'art. 35, comma 4, del d.lgs n. 165 del 2001 stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni
P.Q.M.
Si confida che codesta ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'art. 11, commi 1 e 10, della legge regionale del Molise 24 marzo settembre 2011, n. 6.
Si produrra' copia autentica della deliberazione del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2011, con l'allegata relazione
Roma, addi' 22 maggio 2011
L'Avvocato dello Stato: Fiorentino