Ricorso n. 54 del 7 agosto 2009 (Regione Calabria)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 agosto 2009 , n. 54
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 agosto 2009 (dalla Regione Calabria).
(GU n. 40 del 7-10-2009)
Ricorso della Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale e legale rappresentante pro tempore, on. Agazio Loiero, in ragione di deliberazione della Giunta regionale n. 414 del 9 luglio 2009 e di decreto del dirigente dell'Avvocatura regionale prot. n. 1403 del 22 luglio 2009 di conferimento dell'incarico e giusta procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dall'avv. prof. Massimo Luciani, presso il cui studio in Roma, via Bocca di Leone, n. 78, e' elettivamente domiciliata; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 4, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1° luglio 2009), recante «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali», ove si prevede che «Attesa la straordinaria necessita' ed urgenza di tutelare l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e di assicurare il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema sanitario regionale della Regione Calabria, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tenuto conto dei risultati delle verifiche del Comitato e del Tavolo, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 relativamente agli anni 2007 e 2008, si applicano le seguenti disposizioni: a) il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida la regione a predisporre entro settanta giorni un Piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualcazione del Servizio sanitario regionale, da sottoscriversi con l'Accordo di cui all'art. 180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonche' a provvedere a quanto previsto dall'art. 1, comma 174 della medesima legge; b) decorso inutilmente tale termine, ovvero ove il Piano presentato sia valutato non congruo a seguito di istruttoria congiunta del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministero per i rapporti con le regioni, sulle cui conclusioni e' sentita la regione in apposita riunione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un Commissario per la predisposizione di un Piano triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari interventi di contenimento strutturale della spesa, da redigere all'esito del riaccertamento dei debiti pregressi nonche' dell'attivazione delle procedure amministrativo-contabili minime necessarie per valutare positivamente l'attendibilita' degli stessi conti. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131; c) l'anzidetto Piano e' approvato dal Consiglio dei ministri, che ne affida contestualmente l'attuazione al Commissario nominato ai sensi della precedente lettera b). Nello svolgimento dei compiti affidatigli e per tutto il periodo di vigenza del Piano di rientro, il Commissario sostituisce gli organi della regione nell'esercizio delle attribuzioni necessarie all'attuazione del Piano stesso; contestualmente a tale nomina, il Commissario delegato di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, n. 3635, cessa dal suo incarico; d) ai crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2008 si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. Si applicano inoltre le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2, del citato decreto-legge n. 159 del 2007, che non siano in contrasto con le disposizioni del presente comma». F a t t o 1. - L'art. 22, comma 4, del d.1. n. 78 del 2009 qui impugnato si inserisce in una vicenda che si protrae almeno da quando, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2007 (doc. n. 4), adottato ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e' stato dichiarato che la Regione Calabria si trova in stato di emergenza socio-economico-sanitaria fino al 31 dicembre 2009. Dall'adozione di tale provvedimento si e' avviata una lunga procedura, all'esito della quale si sarebbe dovuti giungere alla stipula dell'Accordo ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004. Cosi' non e' stato, per responsabilita' governativa. Giova peraltro riassumere l'intera vicenda, descrivendone i passaggi piu' rilevanti. 1.1. - La Regione Calabria ha presentato un'ipotesi di piano di rientro dal deficit della sanita' gia' nel 2007. Sul merito delle scelte operative di tale ipotesi di piano il Governo non si e' mai pronunciato, in quanto - come risulta dalla lettera di intenti del 23 aprile 2008, sottoscritta dal Ministro della salute, dal Ministro dell'economia e delle finanze, e dal Presidente della Giunta regionale della Calabria (doc. n. 5), era stato registrato «un forte disallineamento rispetto alle informazioni rilevate dal Tavolo di verifica degli adempimenti». E' proprio in ragione di tale accertamento che con la menzionata lettera di intenti si conveniva che la regione, previo affiancamento di un advisor individuato dal Ministero dell'economia e delle finanze (con oneri a carico della regione), avrebbe operato entro sessanta giorni una puntuale ricognizione dello stato dei conti, come presupposto per la successiva elaborazione definitiva e sottoscrizione del Piano di rientro, nonche' una verifica circa l'adeguatezza dell'apparato burocratico e dei procedimenti amministrativi e contabili, al fine di individuare e correggere eventuali carenze. 1.2. - Occorre rammentare che, prima della ricordata lettera di intenti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2007, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (doc. n. 4, cit.), era stato dichiarato, per la Regione Calabria, lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria fino al 31 dicembre 2009. A seguito di tale dichiarazione, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 (doc. n. 6), era stato nominato il «Commissario delegato per fa realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza socio-economico-sanitaria determinatasi nella Regione Calabria», con il compito di realizzare alcuni interventi operativi di prima necessita'. 1.2. - Al Tavolo tecnico previsto dall'art. 12 dell'Intesa tra Stato e regioni sottoscritta il 23 marzo 2005, nella riunione del 12 febbraio 2008, a quanto consta, la Regione Calabria presentava richiesta di accedere al finanziamento integrativo per gli anni 2001, 2005 e 2006, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a tenor del quale «La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 174 e 176, anche avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell'accordo e' condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma». 1.4. - E' decisivo osservare che, nonostante le sollecitazioni inviate al Ministero, l'advisor (che poi sara' la societa' KPMG - Advisory S.p.A.) veniva indicato dal Ministero soltanto il 25 settembre 2008 (nota n. 113156), con evidente ritardo rispetto ai tempi che la gravita' finanziaria della situazione avrebbe richiesto e comunque addirittura ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla lettera di intenti del 23 aprile 2008 per la redazione di un rapporto sullo stato dei conti. Ben diverso il comportamento della Regione Calabria, che, con deliberazione di Giunta regionale n. 730 del 6 ottobre 2008 (doc. n. 7); conferiva formalmente l'incarico alla societa' individuata dal Ministero, dando atto in premessa che, nelle more della designazione, gli uffici regionali avevano gia' «avviato ed ampiamente sviluppato un programma d'azione finalizzato all'accertamento dei conti sanitari regionali, in tal modo precoatituendo condizioni di conoscenza tali da rendere proficuo e sollecito l'intervento dell'advisor individuato dal Ministero». E' da ribadire, infatti, che, a tenore della lettera d'intenti del 23 aprile 2008, la puntuale ricognizione avrebbe dovuto essere «tempestiva», in modo da garantire «la redazione di un rapporto entro 60 giorni» dalla sottoscrizione della medesima lettera. Gia' dal raffronto tra il termine entro cui si sarebbe dovuti addivenire alla redazione del rapporto previsto nella lettera e l'adempimento del Ministero dell'economia e delle finanze nell'indicare l'advisor emerge un grave problema di inosservanza, da parte delle Autorita' statali, delle doverose scansioni procedimentali nei tempi necessari, che ha inciso nel prosieguo della vicenda. A seguito dell'urgenza di provvedere, stante l'inerzia del Ministero e nelle more dell'individuazione dell'advisor, il Commissario delegato attivava prontamente gli uffici regionali al fine di raccogliere tutti i dati necessari e - a quanto consta previa intesa con il Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e sentito il Ministro della salute - adottava due ordinanze (n. 11 e n. 12 del 6 maggio 2008: docc. nn. 8 e 9), con le quali, premesso che «uno dei principali fattori di instabilita' che si ripercuotono negativamente sulla efficienza e la funzionalita' del sistema sanitario della Regione Calabria e' rappresentato dalla situazione finanziaria delle Aziende sanitarie ed ospedaliere, che denota margini di incertezza in ordine alla effettiva dimensione quantitativa dei disavanzi maturati negli anni precedenti, in tal modo determinandosi una obiettiva difficolta' nella definizione di piani di rientro congrui e coerenti», nominava un «Soggetto attuatone», per l'attuazione di un programma di lavoro volto a «garantire nei tempi piu' ristretti una puntuale e comprovata rappresentazione degli effettivi disavanzi cumulatisi nel tempo e a ricreare un insieme di condizioni e regole idonee a scongiurare il ripetersi di situazioni di criticita». 1.5. - Il Governo aveva contezza dello sforzo che il Commissario delegato stava compiendo per l'accertamento dei dati reali relativi al disavanzo della sanita' calabrese, tanto che si premurava di fornirgli strumenti idonei per la migliore e piu' rapida riuscita del suo compito. All'art. 12 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2008, n. 3696 (doc. n. 10), infatti, si prevedeva che «Al fine di consentire la piu' sollecita adozione delle misure necessarie per il superamento dell'emergenza socio-economico-sanitaria nella Regione Calabria, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2007, con particolare riguardo all'accertamento dei disavanzi finanziari relativi al periodo 2001 - 2007 e alla definizione dei correlati piani di rientro e delle connesse azioni comunicative, il Commissario delegato e' autorizzato ad acquisire le necessarie professionalita' attraverso la stipula di contratti di collaborazione coordinata continuativa». Il Commissario delegato, quindi, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, addiveniva alla ricognizione dei disavanzi per gli anni considerati. E' da tenere in debito conto che dell'importanza di queste operazioni di accertamento dava conto anche l'advisor indicato dal Ministero. Cio' si desume dalla gia' citata delibera di conferimento dell'incarico (doc. n. 7) e dalla D.G.R. Calabria n. 788 del 27 ottobre 2008 (doc. a 11), che, nel quantificare il compenso stesso, ricorda che l'advisor ha determinato l'impegno finanziario connesso all'incarico tenendo conto «dei risultati del lavoro gia' svolto nella materia dalla struttura del Commissario dell'emergenza socio-economico-sanitaria nella medesima regione». 1.6. - Dell'avvenuto completamento dell'accertamento dei disavanzi finanziari limitatamente al periodo 2001-2007 si dava quindi atto all'art. 9, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 18 febbraio 2009, n. 3742 (doc. n. 12), dove si legge che «A seguito del completamento delle attivita' relative all'accertamento dei disavanzi finanziari pregressi, di cui all'art. 12 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3696/2008, il soggetto attuatore allo scopo nominato dal Commissario delegato di cui al comma 1 provvede ad assicurare il necessario supporto tecnico-organizzativo per la definizione e gestione del sistema di contabilita' per centri di costo delle attivita' facenti capo ai diversi soggetti attuatori. Il riferimento temporale di cui alle predette disposizioni e' esteso all'anno 2009». A quanto consta, gli esiti dell'accertamento del Commissario delegato erano trasmessi ai competenti Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute, con Nota del dirigente generale del Dipartimento tutela della salute della Regione Calabria n. 18/DG del 3 marzo 2009. 1.7. - A questo punto, il Commissario delegato, organo governativo, avrebbe potuto approntare un piano di rientro. Cio', tuttavia, non e' stato fatto. E' proprio in considerazione di questo che la Giunta regionale ha adottato la deliberazione n. 140 del 31 marzo 2009 (doc. n. 13), concernente «Ripiano del disavanzo di esercizio per l'anno 2008 ed accordo con lo Stato per il rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale» e recante una serie di misure specifiche ed una proposta di legge regionale indirizzata a1 Consiglio. Di tale deliberazione, oltre che delle modalita' con le quali la regione intendeva fare fronte alla critica situazione finanziaria del settore sanitario, veniva reso edotto il Governo attraverso un'ampia Nota del 20 aprile 2009 (prot. n. 450: doc. n. 14) inviata dal Segretario generale della Giunta regionale al Capo della segreteria tecnica del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senza che si ricevessero riserve di alcun genere. Si aggiunga che detta Nota descriveva in modo puntuale le ragioni del deficit della sanita' calabrese e dava anche conto del fatto che: a) il ritardo nell'indicazione dell'advisor aveva finito per peggiorare i conti della sanita' calabrese, in quanto si era reso «necessario includere nella pianificazione del rientro, insieme al 2006 (gia' contenuto nella lettera d'intenti), anche il 2007, oramai concluso» (p. 5); b) il dato del debito, per come riferito dall'advisor, necessitava, comunque, «ancora di una revisione straordinaria, basandosi esso su saldi contabili ulteriormente da verificare», in particolare con riferimento alla «esistenza di saldi debitori inesistenti od incerti» e alla «esistenza di debiti non cancellati ed ancora iscritti a passivo, nonostante l'avvenuto pagamento, anche a seguito di transazioni o di procedure esecutive giudiziali». Il Segretario generale concludeva, dunque, che, «proprio l'incertezza sull'ammontare del debito impone di procedere ad un accordo per il rientro per steps progressivi, in rapporto ed in proporzione all'entita' via via accertata, allo scopo di calibrare gli interventi alla dimensione reale, e non putativa, della massa passiva». Anche in ordine a tali essenziali considerazioni nessuna reazione si registrava da parte statale. 1.8. - A quanto consta, poi, sempre a dimostrazione della volonta' di agire della Regione, in data 16 giugno 2009, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari approvava una convenzione con la Regione Calabria per l'affiancamento della stessa Agenzia nella predisposizione degli aspetti organizzativi del futuro piano di rientro. 1.9. - Il disavanzo di gestione del 2007 - determinato (ai sensi dell'art. 1, comma 174, legge n. 311 del 2004), alla chiusura del IV trimestre 2007, in € 116.306 mln - veniva parzialmente ripianato dal Presidente della Giunta regionale, nella qualita' di Commissario ad acta, con i decreti nn. 1 e 2 del 26 maggio 2008 (docc. nn. 15 e 16), ai sensi della predetta disposizione. Successivamente, Commissario dava inizio alle procedure di accertamento dei disavanzi pregressi, per effetto delle quali, a quanto consta, le Aziende iscrivevano nei bilanci d'esercizio del 2007 (chiusi dopo la meta' del 2008) passivita' per circa € 198 mln. E' di tutta evidenza che questi ultimi disavanzi evidenziati non possono essere in alcun modo imputati all'esercizio 2007, in quanto di competenza degli anni precedenti., e, quindi, andrebbero considerati all'interno dell'adottando Piano di riparto. Il Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti, tutt'al contrario, procedeva a trattare tali importi come «normali sopravvenienze passive», facenti parte del disavanzo di gestione dell'anno 2008, che veniva cosi' quantificato nella ben maggiore cifra di € 322,685 mln. (v. verbale della riunione del 12 maggio 2009, punto A), che da' conto delle risultanze della riunione del 19 marzo: doc. n 17) Tale determinazione era contestata, anche sotto il profilo dell'incongruita' delle nuove iscrizioni, a quanto consta, al Tavolo del 19 marzo 2009 dal vice Presidente della Giunta. Era contestata, poi, con ampiezza di argomentazioni, dal segretario generale della Giunta regionale con la citata Nota indirizzata al Capo della segreteria tecnica del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri (doc. n. 14). Tra l'altro, la suddetta Nota, e' bene ribadire, affermava chiaramente che il valore del debito della Regione quantificato nella riunione del tavolo del 19 marzo 2009 andava meglio precisato. Infatti: «l'importo pari complessivamente ad euro 322,685 mln. [...] si compone di due macro-voci: a) per circa 124 mln. di euro, il valore e' riferibile a perdite consolidate dell'esercizio 2008, determinate sulla base dei conti economici del quarto trimestre, considerando la copertura, con risorse proprie della Regione, pari a circa 35 mln di euro, rappresentata nel preconsuntivo 2008. [...]; b) per circa 198 mlm di euro (importo rideterminato al 25 marzo 2009, dal settore finanziario del Dipartimento tutela della salute, in 181 mln di euro), il disavanzo 2008 e' invece dovuto alla contabilizzazione da parte delle Aziende, nell'esercizio 2007, di sopravvenienze passive e/o insussistenze attive per ben 123,6 mln di euro, oltre a fondi rischi ed altri accantonamenti». Piu' avanti, ancor piu' chiaramente, si sottolineava che «Tali nuove iscrizioni, pertanto, non solo non si riferiscono (salvo che per artificio contabile) a perdite di competenza dell'anno 2007, ma, nella realta', espongono debiti spesso aleatori ovvero accantonamenti per partite contabili tuttora per buona parte incerte, essendo in itinere le procedure di verifica per l'esatta quantificazione e per il riconoscimento formale». Inopinatamente, quando dal silenzio delle Amministrazioni statali ci si sarebbe legittimamente aspettati la condivisione delle preoccupazioni regionali quanto alla necessita' di una ulteriore verifica dei conti, il 29 aprile 2009, ultimo giorno utile, alle ore 18,30, giungeva via fax, presso il Gabinetto del Presidente della Giunta regionale, la diffida del Presidente del Consiglio ex art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, a ripianare tutti i 322,685 mln. di euro, entro il giorno successivo (doc. n. 18). 1.10. - La Regione Calabria, per facilitare il rientro dal deficit sanitario, approvava la legge regionale 30 aprile 2009, n. 11 («Ripiano del disavanzo di esercizio per l'anno 2008 ed accordo con lo Stato per il rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale»), con la quale, stante la perdurante stasi del Governo in relazione alla stipula dell'Accordo di cui all'art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, si approntavano alcune misure per ripianare il deficit riferito all'anno 2007, e si forniva la Giunta di una serie di risorse per poter addivenire alla stipula del suddetto Accordo e, soprattutto, per poter eseguire le misure ivi previste. 1.11. - In attuazione della legge, la Giunta regionale adottava la delibera 5 maggio 2009, n. 245 (doc. n. 19), con la quale approvava «l'ipotesi di piano di rientro dai disavanzi del SSR di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 - 1° stralcio», dando mandato «ai Dipartimenti "Tutela della salute" e "Bilancio e patrimonio"» di provvedere alla «instaurazione della trattativa volta alla conclusione dell'accordo con lo Stato per il rientro dai disavanzi del servizio sanitario di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con i Ministeri competenti, sulla base del documento approvato, con le integrazioni che saranno avanzate dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, autorizzando sin da ora il Presidente della Giunta regionale alla sottoscrizione dell'accordo». 1.12. - Inopinatamente e infondatamente il Presidente del Consiglio impugnava la legge reg. Calabria n. 11 del 2009 innanzi codesta Ecc.ma Corte costituzionale, nonostante la legge stessa facesse parte della manovra compresa della citata delibera di Giunta regionale n. 140 del 31 marzo 2009 (doc. n. 13). 2. - Questi, dunque, i fatti rilevanti (va aggiunto solo, che, per soprammercato, in data 2 luglio 2009, la Regione Calabria e' stata diffidata a predisporre il piano di rientro entro il termine di settanta giorni previsto dal decreto-legge qui impugnato: doc. n. 20). Nonostante da essi emerga l'assoluta inimputabilita' alla Regione del ritardo nell'adozione del piano di rientro, il Governo ha adottato il decreto-legge in epigrafe, che, come appresso - si confida - sara' dimostrato, esautora illegittimamente la Regione dalla materia della tutela della salute, in clamorosa violazione di numerosi parametri costituzionali. Le previsioni normative denunciate in epigrafe sono costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 3, 120, secondo comma, 121 e 117, commi secondo e terzo, Cost., per il profilo dell'illegittimo e irragionevole esercizio dei poteri sostitutivi dello Stato. L'art. 22, comma 4, lett. c), del d.1. n. 78 del 2009 assegna un potere illegittimamente ampio al Governo e al Commissario ivi previsto. Vi si dispone, infatti, che il Presidente del Consiglio «nomina un Commissario per la predisposizione di un Piano triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari interventi di contenimento strutturale della spesa», e che «l'anzidetto Piano e' approvato dal Consiglio dei ministri, che ne affida contestualmente l'attuazione al Commissario, nominato ai sensi della precedente lettera b). Nello svolgimento dei compiti affidatigli e per tutto il periodo di vigenza del Piano di rientro, il Commissario sostituisce gli organi della regione nell'esercizio delle attribuzioni necessarie all'attuazione del Piano stesso». Tale procedura (descritta espressamente come «abnorme» dal Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in una lettera inviata al Presidente del Consiglio in data 2 luglio 2009: doc. n. 21) e' in contrasto in modo grave ed evidente con l'intero assetto delle competenze per come disegnato dal nuovo Titolo V della Costituzione, che, all'art. 117, terzo comma, elenca la «tutela della salute» tra le materie concorrenti, oltre che gravemente illegittimo per violazione degli arti. 120 e 121 Cost. in quanto esautora completamente, per la materia de qua, tutti gli organi della Regione. Il decreto-legge impugnato, inoltre, e' stato adottato nell'assoluto difetto dei presupposti stabiliti dall'art. 120 Cost. perche' i poteri sostitutivi possano essere previsti ed esercitati. Si e' gia' visto in narrativa, invero, che la Regione Calabria ha piu' volte evidenziato l'esigenza del completamento della procedura di accertamento del debito, secondo canoni certi e precisi. E' chiaro, infatti, che solo il puntuale accertamento del debito puo' consentire l'adozione di qualsivoglia piano di rientro. Il Governo, pertanto, non poteva prevedere la sostituzione di un proprio organo agli organi regionali, al fine dell'adozione del Piano, in assenza del completamento della procedura di accertamento (per la quale, si badi, lo stesso Governo aveva gia' nominato un suo Commissario). E' lo stesso Governo che, confessoriamente, lo riconosce, allorquando, all'art. 22, comma 4, lett. b), del decreto-legge impugnato, espressamente stabilisce che il Commissario potra' adottare il Piano solo «all'esito del riaccertamento dei debiti pregressi» (nonche', per soprammercato, anche all'esito «dell'attivazione delle procedure amministrativo-contabili minime necessarie per valutare positivamente l'attendibilita' degli stessi conti»). Cio' significa due cose: a) che si ritiene che il riaccertamento, evidentemente, non sia stato ancora esattamente compiuto; b) che senza il riaccertamento il Piano non si puo' adottare. Orbene: come puo' il Governo (asserito legislatore d'urgenza) prevedere l'esercizio di poteri sostituivi in ragione della mancata adozione di un Piano che la Regione non poteva adottare per difetto di un presupposto che lo stesso Governo, in un atto con forza di legge, qualifica essenziale? Imputet sibi, dunque, il Governo, se il riaccertamento del debito condotto dal precedente Commissario e' ritenuto insoddisfacente, ma non pretenda certo di imporre alla Regione di adottare un Piano in assenza di quel puntuale riaccertamento che, invece, il nuovo Commissario dovra' fare per poi (e solo poi) procedere all'adozione del Piano. Non basta. Come e' stato piu' volte ribadito da codesta ecc.ma Corte, «la competenza legislativa concorrente concernente la "tutela della salute" (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e' "assai piu' ampia" rispetto alla precedente relativa all'"assistenza ospedaliera" ed esprime "l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina"» (cosi' nella sent n. 134 del 2006; in precedenza, tra le tante, v. sentt. nn. 270 del 2005, 282 del 2002). Ne deriva, innanzitutto, che il Governo, nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'art. 120 Cost. non puo' avocare a se' l'intera materia, spogliando completamente la Regione di una competenza costituzionalmente assegnata alla legislazione concorrente. Come affermato dalla giurisprudenza costituzionale «una deroga al riparto operato dall'art. 117 Cost. puo' essere giustificata "solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata"» (cosi' nella sent n. 6 del 2004, citando espressamente la precedente sent n. 303 del 2003). E' del tutto evidente che nel caso di specie non vi e' traccia di alcuna delle condizioni indicate dalla pronuncia ora ricordata. Innanzitutto non vi e' stato nessun accordo con la Regione. Inoltre, non c'e' proporzionalita' ne' ragionevolezza, in quanto, in sostanza, l'intero settore della sanita' della Regione Calabria sarebbe gestito dal Governo per il tramite del Commissario. Questi assumerebbe tutti i poteri relativi alla programmazione e alla gestione della organizzazione sanitaria (che per costante giurisprudenza rientra nella materia «tutela della salute»), in quanto predisporre e gestire gli «interventi di contenimento strutturale della spesa» equivale, in sostanza, all'esautorazione di ogni altro potere relativo alla Sanita', come del resto sancito (illegittimamente) dallo stesso decreto-legge quando prevede che «il Commissario sostituisce gli organi della regione nell'esercizio delle attribuzioni necessarie all'attuazione del Piano stesso». Tra l'altro, va considerato che lo stesso art. 120, secondo comma Cost., prevedendo che il Governo «puo' sostituirsi a organi», non intende certo a «tutti gli organi» come invece viene previsto dal decreto-legge impugnato, che cosi' facendo stravolge anche la normale separazione dei poteri, violando contestualmente l'art. 121 Cost. Tale previsione risulta gravemente illegittima anche in considerazione del fatto che, tra tutte le materie di competenza regionale (concorrente o residuale), la «tutela della salute» e' quella nella quale, da sempre, le regioni sono intervenute con particolare frequenza e attenzione. Non basta. Con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 (doc. n. 6), era gia' stato nominato il «Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza socio-economico-sanitaria determinatasi nella Regione Calabria». Si trattava, dunque, di un soggetto di fiducia del Presidente del Consiglio (ma nominato con il gradimento della Regione interessata), chiamato ad operare per superare lo stato di crisi della sanita' calabrese. Il decreto-legge impugnato, ora, prevede la nomina di un nuovo Commissario e stabilisce che, «contestualmente a tale nomina, il Commissario delegato di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2007, n. 3635, cessa dal suo incarico». Questa previsione e' illegittima, in quanto il Governo (legislatore di asserita urgenza), in questo modo, ha addirittura smentito se stesso, procedendo alla nomina di un nuovo Commissario, sempre governativo. Con la grave differenza, pero', che, per un verso, alla Regione si e' sottratto anche il gradimento sul nominativo del nuovo Commissario e che, per l'altro, i poteri del nuovo Commissario - come appresso, si confida, verra' dimostrato - sono enormemente piu' ampi e tali da determinare l'esautorazione di tutti gli organi regionali nella materia della sanita'. Il che configura una modalita' palesemente irragionevole di esercizio dei poteri sostitutivi statali, in violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 120 della Costituzione. 2. - Violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost., per un ulteriore profilo. La Costituzione prevede che il Governo possa, oltre che approntare la normativa di principio in materia di «tutela della salute», determinare, ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost., i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», cosi' come, in effetti, e' stato fatto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 («Definizione dei livelli essenziali di assistenza»). Come affermato gia' in dottrina, la Costituzione «distingue dunque tra "determinazione" dei livelli essenziali di assistenza concernenti i diritti civili e sociali, affidata alla potesta' legislativa statale; compiti di regolazione ed erogazione di tali prestazioni affidati alle Regioni e agli altri enti locali; "tutela" degli stessi affidata al Governo, attraverso l'esercizio del potere sostitutivo» (F. Biondi, I poteri sostitutivi, in N. Zanon e A. Concaro (a cura), L'incerto federalismo. Le competenze statali e regionali nella giurisprudenza costituzionale, Milano, Giuffre', 2005, 108 sg.). Quindi, il Governo puo' intervenire solo ed esclusivamente per garantire che le prestazioni ritenute livelli essenziali (e solo quelle) siano (in concreto) garantite. E proprio l'art. 120, secondo comma Cost., scolpisce distintamente questa prescrizione, consentendo l'esercizio dei poteri sostitutivi solo (per quanto qui interessa) allo scopo di assicurare il rispetto dei livelli essenziali. Sull'interpretazione da dare alla disposizione costituzionale non vi sono dubbi. Nella giurisprudenza costituzionale, del resto, si afferma che i «"livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", anche nelle materie che la Costituzione affida alla competenza legislativa delle regioni, non puo' trasformarsi nella pretesa dello Stato di disciplinare e gestire direttamente queste materie, escludendo o riducendo radicalmente il ruolo delle regioni» (sent. n. 383 del 2005). Nel caso che ne occupa, invece, il Governo, dimentico della corretta interpretazione della dottrina e della giurisprudenza, viola la Costituzione almeno per due distinti profili. Innanzitutto, nulla dice sulla pretesa «straordinaria necessita' ed urgenza di tutelare l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001», che invece viene enunciata come premessa ma in nessun modo motivata. Non e' dato sapere in alcun modo l'erogazione di quali «prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di assistenza» sarebbe posta concretamente in pericolo (e cosi' urgentemente da richiedere l'intervento del Governo tramite un decreto-legge che dispone l'integrale commissariamento della sanita' calabrese) dal comportamento della Regione Calabria. Inoltre, il potere sostitutivo previsto dalla norma impugnata si estrinseca nella «predisposizione di un Piano triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari interventi di contenimento strutturale della spesa, da redigere all'esito del riaccertamento dei debiti pregressi nonche' dell'attivazione delle procedure amministrativo-contabili minime necessarie per valutare positivamente l'attendibilita' degli stessi conti», sicche', in realta', i compiti assegnati al Commissario non riguardano in alcun modo, ne' direttamente ne' indirettamente, la tutela in concreto dell'erogazione dei servizi atti a garantire i livelli essenziali. Tutt'al contrario, si tratta solo ed esclusivamente, come detto, del tentativo (illegittimo) da parte del Governo di commissariare l'intero settore sanitario calabrese. Del resto, al riguardo, ancora la giurisprudenza costituzionale e' stata molto chiara nel delimitare l'ambito di operativita' della fissazione dei livelli essenziali, affermando che «la fissazione dei livelli essenziali di assistenza si identifica esclusivamente nella "determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale", non essendo "pertanto inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri fini, quali, [...] la regolamentazione dell'assetto organizzativo e gestorio degli enti preposti all'erogazione delle prestazioni"» (sent. n. 237 del 2007, citando la precedente sent. n. 120 del 2005). Queste pronunce chiariscono ulteriormente l'illegittimita' della norma impugnata, la quale tende proprio a regolamentare l'assetto organizzativo e gestorio degli Enti preposti all'erogazione delle prestazioni sanitarie. Nella specie, tutti i vizi lamentati, poi, sono meritevoli della massima censura, poiche' il decreto-legge impugnato appartiene alla categoria delle c.d. «leggi provvedimento» (la Calabria e' isolata e distintamente penalizzata), le quali, come e' noto, sono legittime solo a condizione di rispettare rigorosissimi canoni di ragionevolezza, tanto che, «in considerazione del pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio», su di esse si opera uno «scrutinio stretto di costituzionalita» (cosi', testualmente, sent n. 267 del 2007, e gia' prima sent. n. 429 del 2002, ma sul punto la giurisprudenza e' costante: cfr., tra le molte, sentt. nn. 60 del 1957; 78 del 1958; 95 del 1966; 80 del 1969; 306, 347 e 492 del 1995; 134 e 205 del 1996; 2 e 153 del 1997; 185 e 211 del 1998; 364 del 1999, etc.). 3. - Violazione degli artt. 3 e 120 Cost., in riferimento all'art. 8, comma 5, della legge n. 131 del 2003. Difetto assoluto di proporzionalita'. L'art. 120, secondo comma, della Costituzione prevede che «la legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione». Per ottemperare a tale precisa indicazione, l'art. 8, comma 5, della legge n. 131 del 2003 prevede che «I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalita' perseguite». Il decreto impugnato travalica di gran lunga i limiti imposti dalla Costituzione e dalla legge di attuazione dell'art. 120 Cost. Infatti, mentre la finalita' dell'intervento governativo e' «tutelare l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001», la Regione Calabria viene diffidata «a predisporre entro settanta giorni un Piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del Servizio sanitario regionale». Sono evidenti l'irragionevolezza e la sproporzione tra la finalita' perseguita e la misura adottata. E' chiaro, infatti, che per garantire l'erogazione dei livelli essenziali sono necessarie attivita' che potrebbero essere ascritte a quelle di «ordinaria amministrazione», mentre le misure di riorganizzazione e riqualificazione sono ben piu' radicali e straordinarie. L'assenza di proporzionalita' della norma in questione e' ancora piu' marcata, poi, se si pone attenzione ai poteri attribuiti al Commissario. Infatti, a questi spetta la «predisposizione di un Piano triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari interventi di contenimento strutturale della spesa»: come possa considerarsi proporzionato all'esigenza di tutela dell'erogazione dei livelli essenziali un «piano triennale» di tale incidenza (il quale in sostanza, come gia' detto, esautora la Regione Calabria di tutti i poteri relativi alla gestione sanitaria) non e' dato sapere. Per soprammercato, il Commissario non ha alcun termine per l'adozione del Piano, mentre alla regione sono concessi solo settanta giorni (per di piu' coincidenti con il periodo estivo). E il Commissario ha ben tre anni per eseguire il piano, durante i quali gli organi regionali sono del tutto esautorati, senza alcuna verifica intermedia di possibilita' di un ritorno alla normalita'. In una parola: quando e' la Regione Calabria a dover adempiere, il decreto-legge impugnato stabilisce norme draconiane. Quando a dover adempiere e' il Governo o un suo organo, i termini per l'adempimento sono dimenticati e gli ambiti materiali dei poteri assegnati si dilatano a dismisura. 4. - Violazione dell'art. 120, secondo comma Cost., per un ulteriore profilo, con specifico riferimento alla mancata previsione di dettagliati criteri per l'esercizio dei poteri sostitutivi. Il regime dei poteri sostitutivi e' ben delineato dalla Costituzione, che ne fissa in modo chiaro i presupposti, tra i quali, appunto, sta «la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni». La Costituzione, come abbiamo gia' visto, aggiunge anche che la legge attuativa deve garantire che i poteri sostitutivi «siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarieta' e di leale collaborazione». La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che «Perche' possa ritenersi legittima la previsione del potere di sostituzione dello Stato alle Regioni e' [...] necessario che l'esercizio dei poteri sostitutivi sia previsto e disciplinato dalla legge, la quale deve altresi' definirne i presupposti sostanziali e procedurali; che la sostituzione riguardi il compimento di atti o attivita' prive di discrezionalita' nell'an; che il potere sostitutivo sia esercitato da un organo di Governo o sulla base di una decisione di questo; che la legge predisponga congrue garanzie procedimentali, in conformita' al principio di leale collaborazione» (sent. n. 240 del 2004). Come e' stato efficacemente sintetizzato in dottrina: «la sostituzione deve risultare priva di connotati discrezionali, riferendosi ad attivita' obbligatorie» (T. Martines - A. Ruggeri - C. Salazar, Lineamenti di diritto regionale, Milano, Giuffre', 2008, 122). E' del tutto evidente che se non fosse cosi' si avrebbe una sostituzione arbitraria della regione, nei mezzi e nei fini, da parte del Governo. Ma questo e' proprio quello che accade nel caso di specie, poiche' il decreto-legge impugnato non delimita ne' indirizza, in alcun modo, gli enormi poteri conferiti al Commissario. Non necessita di particolari argomentazioni dimostrare che «la predisposizione di un Piano triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari interventi di contenimento strutturale della spesa» e' operazione complessa e articolata, che. per essere compiuta necessita della considerazione di numerosi parametri che debbono guidare le scelte da compiere (ad esempio su quali strutture sanitarie tenere in funzione e quali eventualmente chiudere o destinare a diverso uso): tali parametri, tuttavia, dovevano essere indicati dal legislatore statale e certo non potevano essere abbandonati al discrezionale apprezzamento di un Commissario, oltretutto nominato direttamente dal Governo, senza alcun coinvolgimento della regione interessata. 5. - Violazione degli artt. 3 e 120, secondo comma Cost., per un'ulteriore profilo, con specifico riferimento all'irragionevolezza e alla violazione della prescrizione del rispetto dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione nella disciplina e nell'esercizio dei poteri sostituivi. All'art. 22, comma 4, lett. b), e', tra l'altro, descritto il procedimento con il quale il Governo intende valutare se il Piano predisposto dalla Regione in ottemperanza alla diffida prevista dalla precedente lett. a) (la quale, come riportato in narrativa, e' in effetti sopravvenuta: v. doc. a 20) «sia congruo». Ebbene: come si puo' agevolmente notare, la procedura di valutazione prevista non rispetta i piu' elementari canoni dei principi di sussidiarieta' e leale collaborazione, imposti dall'art. 120, secodo comma Cost. Si legge, infatti, nella disposizione citata che «ove il Piano presentato sia valutato non congruo a seguito di istruttoria congiunta del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministero per i rapporti con le regioni, sulle cui conclusioni e' sentita la regione in apposita riunione [...]». E' di tutta evidenza che l'intera valutazione della congruita' del Piano viene realizzata solo ed esclusivamente dalle Amministrazioni statali, senza la possibilita' di alcuna interlocuzione da parte della Regione Calabria. Questa, infatti, che e' la vera parte interessata della vicenda, sara' «sentita» solo a valutazione gia' conclusa, e quindi senza alcuna possibilita' di incidere sulla stessa. Il Piano, ovviamente, non potra' che essere molto complesso e articolato, sicche' la sua valutazione abbisognera' di un'attenta analisi. Le eventuali modificazioni e gli eventuali aggiustamenti, poi, dovrebbero essere definiti in contraddittorio con la Regione, anche perche' essi possono incidere sui capitoli di spesa del bilancio regionale. Non e' dato intendere, dunque, come si possa prevedere una istruttoria non partecipata, laddove l'esatto contrario e' richiesto dal principio di leale collaborazione. Per converso, il principio di sussidiarieta', se consente allo Stato l'attrazione «in alto» di alcune attribuzioni regionali, non gli consente certo escludere del tutto la Regione dalla partecipazione ai procedimenti decisionali in materie di competenza regionale. La dottrina, non a caso, ha da tempo sottolineato come «nella direttrice Stato-Regioni si realizza la dimensione "procedurale" del principio, enfatizzando, in particolare, una nozione consensualista della collaborazione concepita prevalentemente con "intesa" in senso forte, ovvero come "accordo", secondo un modello di federalismo che potremmo definire "contrattato"» (A. Simoncini, La leale collaborazione dopo la riforma: prime osservazioni e tendenze, in AA.VV., Itinerari e sviluppo del regionalismo italiano, Milano Giuffre', 2005, 185). Per converso, la giurisprudenza costituzionale afferma costantemente e in modo molto chiaro che «Dovra' dunque prevedersi un procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado [...] di interloquire nello stesso procedimento» (sent n. 43 del 2004; in precedenza cfr. la sent. n. 416 del 1995 e l'ord. n. 53 del 2003; successivamente cfr. la sent. n: 397 del 2006). Principio che nel caso che ne occupa non viene rispettato in alcun modo. Anzi: le modalita' procedimentali sopra indicate sono tali che la sola spiegazione della loro adozione sta in un intento veramente persecutorio dell'intervento governativo. Piu' precisamente: le suddette modalita' e il contenuto dei poteri attribuiti al Commissario stanno a indicare che il decreto legge impugnato non persegue il fine di consentire la predisposizione di un Piano realmente congruo e di far sottoscrivere l'Accordo per il ripiano del deficit della sanita' calabrese, ma quello, certamente illegittimo, di commissariare l'intero sistema sanitario calabrese. Se cosi' non fosse, invero, non avrebbe spiegazione la sequenza dei fatti riportati in narrativa, che dimostra come al costante sforzo della Regione di porre rimedio ai gravi problemi della sanita' regionale abbia fatto da pendant un atteggiamento passivo, se non addirittura ostruzionistico, del Governo. Del resto, ipotesi di questo tipo erano state gia' stigmatizzate dalla dottrina piu' attenta, la quale avvertiva che «l'obiettivo al quale anche lo Stato che si sostituisca deve tendere e' quello di favorire comunque le condizioni per il ripristino della "normalita'" costituzionale. Eppure se cosi' dovrebbe essere secondo "modello", non poche volte si e' assistito (e si assiste) nell'esperienza al fenomeno opposto: lo Stato, non di rado, ritarda o ostacola ad arte l'esercizio delle funzioni regionali, specie avvalendosi di un uso eccessivamente pignolo e penetrante dei suoi poteri di controllo, al fine quindi di profittarne in un secondo momento per far luogo all'attivita' sostitutiva» (T. Martines - A. Ruggeri - C. Salazar, Lineamenti di diritto regionale cit., 122). Queste considerazioni sembrano calzare a pennello alla fattispecie in questione. Si ribadisce: lo Stato ha operato in modo dilatorio, specialmente quando ha lasciato trascorrere un notevolissimo, inaccettabile, lasso di tempo dalla data di sottoscrizione della lettera di intenti del 23 aprile 2008 (doc. n. 5) all'individuazione dell'advisor (avvenuta il 25 settembre!), con le gravi conseguenze gia' evidenziate in narrativa: aumento di un anno del periodo di computo del deficit; frapposizione di un insormontabile ostacolo alla definizione del quadro contabile e, quindi, alla stipula dell'Accordo ex art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004. La stipula di tale Accordo viene indicata anche dal decreto-legge impugnato quale condizione per evitare il Commissariamento, ma ancora una volta il Governo, prevedendo - come si e' visto - un procedimento di verifica del Piano che esclude una vera partecipazione regionale, ostacola, non favorisce la sua definizione e la stipula dell'Accordo. D'altro canto, il decreto-legge impugnato ha praticato alla Regione Calabria un trattamento ben diverso da quello precedentemente riservato ad altre Regioni. Tale disparita' di trattamento viola (in una con l'art. 3 Cost.) l'art. 120 della Costituzione, in quanto il principio di leale collaborazione presuppone proprio la parita' di trattamento delle singole Regioni, in mancanza della quale non puo' esservi «lealta» da parte dello Stato. In effetti, in altre occasioni il Governo ha inteso correttamente il proprio ruolo nell'ambito di procedure legate al ripiano del deficit sanitario, provvedendo prima a stipulare un Accordo con la Regione interessata e solo successivamente, a fronte di specifiche inadempienze regionali, provvedendo a commissariarla (a puro titolo di esempio basti ricordare le recenti vicende relative al Lazio e all'Abruzzo). Non solo: in queste ipotesi, con numerosi interventi normativi, lo Stato ha anche conferito le risorse finanziarie utili a fare fronte al deficit. Basti pensare, a tal proposito, all'art. 1 del d.l. 20 marzo 2007, n. 23, conv. in legge 17 maggio 2007, n. 64, che obbliga lo Stato a concorrere al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005, nei confronti delle regioni che, fra l'altro, abbiano sottoscritto l'Accordo per il piano di rientro e abbiano adottato alcuni provvedimenti finanziari; all'art. 2, comma 46, legge 24 dicembre 2007, n. 244, a tenor del quale la sottoscrizione dell'Accordo ha permesso l'erogazione, in favore delle Regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia di un'anticipazione straordinaria di circa € 9.100 mln.; all'art. 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che, subordinandolo alla sottoscrizione di un Accordo, prevede la ripartizione delle risorse di un «Fondo transitorio di 1.000 milioni di euro per l'anno 2007, di 850 milioni di curo per l'anno 2008 e di 700 milioni di euro per l'anno 2009» (in concreto, a quanto risulta, sei Regioni - Lazio, Campania, Sicilia, Molise, Abruzzo e Liguria - hanno avuto accesso al fondo); all'art. 1, comma 2, del d.l. 7 ottobre 2008, n. 154, conv. in legge n. 189 del 2008, nel quale, sempre a condizione della stipula di un accordo, si prevede l'erogazione di ulteriori benefici. 6. - Violazione degli arti. 3 e 120, secondo comma Cost., in riferimento all'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, per il profilo della non congruita' del termine assegnato per adempiere. La fondatezza della considerazione sopra svolta, circa il reale intento governativo, e' ulteriormente dimostrata dall'esiguita' del termine concesso alla Regione Calabria per la predisposizione del Piano. L'art. 22, compia 4, lett. a), prevede che «il Presidente del Consiglio dei ministri [...] diffida la regione a predisporre entro settanta giorni un Piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del Servizio sanitario regionale, [...] nonche' a provvedere a quanto previsto dall'art. 1, comma 174 della medesima legge». L'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, pero', prevede espressamente che «il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari». Sicche', ai sensi della citata norma, il termine deve essere congruo in relazione alla specificita' e complessita' del provvedimento da adottare. Non e' chi non veda come approntare un «Piano di rientro' contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del Servizio sanitario regionale», data la complessita' della materia e degli interventi da compiere e da prevedersi, possa necessitare di un tempo ben maggiore. Inoltre, si tenga in debito conto che il decreto-legge e' entrato in vigore il 1° luglio, e che, di conseguenza, il termine per adempiere scadrebbe il 9 settembre: il periodo utile coincide dunque perfettamente col periodo nel quale tradizionalmente in Italia i lavoratori (tutti, compreso gli impiegati e i tecnici regionali) usufruiscono della maggior parte delle ferie loro spettanti. Non solo. Coincide anche con il periodo in cui, da sempre, non sono tenute udienze o camere di consiglio di codesta ecc.ma Corte costituzionale, con la duplice conseguenza che: a) la predisposizione del Piano e' resa estremamente difficoltosa; b) alla Regione Calabria viene sottratta, nella sostanza, la facolta' di richiedere la tutela cautelare ai sensi dell'art. 35, legge n. 87 del 1953 e dell'art. 21 N.I. A fronte di un termine cosi' chiaramente incongruo (e quindi illegittimo) la norma impugnata nulla dice circa i termini che scandiranno la procedura da parte delle amministrazioni statali. Infatti, non e' previsto un termine entro il quale il Consiglio dei ministri nominera' il Commissario; nulla si dice circa il termine entro cui il Piano sara' approvato dal Consiglio dei ministri una volta predisposto; soprattutto, a fronte - come gia' detto - di un termine cosi' iugulatorio imposto alla Regione Calabria, non e' fissato alcun termine al Commissario per la predisposizione del Piano, quasi che «la straordinaria necessita' ed urgenza di tutelare l'erogazione delle prestazioni sanitarie» invocata dalla norma impugnata valga solo per la fissazione del termina alla regione e non anche alle amministrazioni statali. 7. - Violazione dell'art. 120, secondo comma Cost., in riferimento all'art. 8, comma 4, della legge n. 131 del 2003. L'art. 8, comma 4, della legge n. 131 del 2003 prescrive dettagliatamente la procedura sostitutiva da utilizzarsi «nei casi di assoluta urgenza», prevedendo che «il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente [...] adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni o alla Conferenza Stato-citta' e autonomie locali». A sua volta, l'art. 22, comma 4, del decreto-legge impugnato, nell'incipit, giustifica lapidariamente l'intervento sostitutivo «Attesa la straordinaria necessita' ed urgenza di tutelare l'erogazione delle prestazioni sanitarie». Il raffronto tra le due previsioni normative chiarisce l'illegittimita' della normativa impugnata. Invero, se la finalita' fosse stata davvero quella dell'inderogabilmente urgente soddisfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, ipoteticamente a rischio, il Governo avrebbe avuto la possibilita' di avvalersi dei rimedi previsti dalla legge n. 131 del 2003, che sono ben diversi da quelli del commissariamento dell'intera sanita' regionale. Il fine (l'urgente tutela dei livelli essenziali) e il mezzo (l'integrale commissariamento), insomma, non combaciano. E cio' viola, palesemente, i parametri invocati in epigrafe. 8. - Violazione degli arti. 3 e 120 della Costituzione per un ulteriore profilo. L'art. 22, comma 4, lett. d), del decreto-legge impugnato prevede che «ai crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2008 si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. Si applicano inoltre le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2, del citato decreto-legge n. 159 del 2007, che non siano in contrasto con le disposizioni del presente comma». L'art. 4, comma 2-bis, del d.l. n. 159 del 2007, a sua volta, prevede che «I crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei piani di rientro dai deficit sanitari di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per i quali: sia stata fatta la richiesta ai creditori della comunicazione di informazioni, entro un termine definito, sui crediti vantati dai medesimi, si prescrivono in cinque anni dalla data in cui sono maturati, e comunque non prima di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, qualora, alla scadenza del termine fissato, non sia pervenuta la comunicazione richiesta. A decorrere dal termine per la predetta comunicazione, i crediti di cui al presente comma non producono interessi». Va subito detto che non e' ben chiaro se si potra' usufruire di tale agevolazione solo ed esclusivamente nel caso in cui l'accertamento sia effettuato dal Commissario. Nondimeno, se cosi' fosse, la norma censurata sarebbe certamente illegittima, in quanto, a parita' di condizioni (stessi debiti, stessi creditori), vi sarebbe un diverso trattamento basato esclusivamente sul soggetto che compie l'accertamento (il Commissario o la regione). La regione, si badi, ha interesse ad invocare il principio di ragionevolezza, in quanto subirebbe un notevole danno economico connesso al fatto che gli interessi continuerebbero ad essere calcolati e, per converso, l'irragionevolezza si salda alla violazione della sfera di attribuzioni regionali, configurando un vizio denunciabile in questa sede.
P. Q. M. Si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 4, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (in Gazzetta Ufficiale n. 150 del 1° luglio 2009), recante «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali». Roma, addi' 29 luglio 2009 Avv. Prof. Massimo Luciani