RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 agosto 2009 , n. 54
Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 agosto 2009 (dalla Regione Calabria). 
 
 

(GU n. 40 del 7-10-2009) 
 
 
    Ricorso della Regione Calabria, in persona del  Presidente  della
Giunta regionale e legale  rappresentante  pro  tempore,  on.  Agazio
Loiero, in ragione di deliberazione della Giunta regionale n. 414 del
9 luglio 2009 e di decreto del  dirigente  dell'Avvocatura  regionale
prot. n. 1403 del 22 luglio  2009  di  conferimento  dell'incarico  e
giusta procura speciale a margine del presente atto  rappresentata  e
difesa dall'avv. prof. Massimo Luciani, presso il cui studio in Roma,
via Bocca di Leone, n. 78, e' elettivamente domiciliata; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 4,
del decreto-legge 1° luglio  2009,  n.  78  (pubblicato  in  Gazzetta
Ufficiale  n.  150  del  1°  luglio  2009),  recante   «Provvedimenti
anticrisi, nonche' proroga di termini e della partecipazione italiana
a  missioni  internazionali»,  ove  si   prevede   che   «Attesa   la
straordinaria necessita' ed urgenza di  tutelare  l'erogazione  delle
prestazioni sanitarie comprese nei Livelli essenziali di  assistenza,
di cui al decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  29
novembre 2001,  e  di  assicurare  il  risanamento,  il  riequilibrio
economico-finanziario e la  riorganizzazione  del  sistema  sanitario
regionale  della   Regione   Calabria,   anche   sotto   il   profilo
amministrativo  e  contabile,  tenuto  conto  dei   risultati   delle
verifiche del Comitato e del Tavolo, di cui  agli  articoli  9  e  12
dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 relativamente  agli  anni
2007 e 2008, si applicano le seguenti disposizioni: 
        a) il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura
di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno  2003,  n.  131,  su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto  con
il Ministro del lavoro,  della  salute  e  delle  politiche  sociali,
sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida la regione
a predisporre entro settanta giorni un Piano  di  rientro  contenente
misure di riorganizzazione e  riqualcazione  del  Servizio  sanitario
regionale, da sottoscriversi con l'Accordo di cui all'art. 180  della
legge 30 dicembre  2004,  n.  311,  nonche'  a  provvedere  a  quanto
previsto dall'art. 1, comma 174 della medesima legge; 
        b) decorso inutilmente tale  termine,  ovvero  ove  il  Piano
presentato  sia  valutato  non  congruo  a  seguito  di   istruttoria
congiunta del Ministero dell'economia e delle finanze, del  Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali  e  del  Ministero
per i rapporti con le regioni, sulle cui conclusioni  e'  sentita  la
regione in apposita riunione, il Consiglio dei ministri, su  proposta
del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali,  sentito
il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un Commissario  per
la predisposizione di un Piano triennale di  rientro  dai  disavanzi,
recante  indicazione  dei  necessari   interventi   di   contenimento
strutturale della spesa, da redigere all'esito del riaccertamento dei
debiti   pregressi   nonche'   dell'attivazione    delle    procedure
amministrativo-contabili minime necessarie per valutare positivamente
l'attendibilita' degli stessi conti. Alla riunione del Consiglio  dei
ministri partecipa il Presidente  della  Giunta  regionale  ai  sensi
dell'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131; 
        c) l'anzidetto Piano e' approvato dal Consiglio dei ministri,
che ne affida contestualmente l'attuazione al Commissario nominato ai
sensi della precedente lettera  b).  Nello  svolgimento  dei  compiti
affidatigli e per tutto il periodo di vigenza del Piano  di  rientro,
il Commissario sostituisce gli organi  della  regione  nell'esercizio
delle  attribuzioni  necessarie  all'attuazione  del  Piano   stesso;
contestualmente  a  tale  nomina,  il  Commissario  delegato  di  cui
all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri  21  dicembre
2007, n. 3635, cessa dal suo incarico; 
        d) ai crediti interessati dalle procedure di  accertamento  e
riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2008 si applicano
le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2-bis del  decreto-legge  1°
ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla  legge  29
novembre 2007, n. 222. Si applicano inoltre le  disposizioni  di  cui
all'art. 4, comma 2, del citato decreto-legge n. 159  del  2007,  che
non siano in contrasto con le disposizioni del presente comma». 
                              F a t t o 
    1. - L'art. 22, comma 4, del d.1. n. 78 del 2009 qui impugnato si
inserisce in una vicenda che si protrae almeno da quando, con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2007 (doc.
n. 4), adottato ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n.
225, e' stato dichiarato che la Regione Calabria si trova in stato di
emergenza socio-economico-sanitaria fino al 31 dicembre 2009. 
    Dall'adozione di tale  provvedimento  si  e'  avviata  una  lunga
procedura, all'esito della quale  si  sarebbe  dovuti  giungere  alla
stipula dell'Accordo ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge  n.
311 del 2004. Cosi' non e' stato, per responsabilita' governativa. 
    Giova  peraltro  riassumere  l'intera  vicenda,  descrivendone  i
passaggi piu' rilevanti. 
    1.1. - La Regione Calabria ha presentato un'ipotesi di  piano  di
rientro dal deficit della sanita' gia' nel  2007.  Sul  merito  delle
scelte operative di tale ipotesi di piano il Governo non  si  e'  mai
pronunciato, in quanto - come risulta dalla lettera di intenti del 23
aprile 2008, sottoscritta dal Ministro  della  salute,  dal  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  e  dal  Presidente  della   Giunta
regionale della Calabria (doc. n. 5), era stato registrato «un  forte
disallineamento rispetto alle informazioni  rilevate  dal  Tavolo  di
verifica degli adempimenti». 
    E' proprio in ragione di tale accertamento che con la  menzionata
lettera di intenti si conveniva che la regione, previo  affiancamento
di un advisor individuato dal Ministero dell'economia e delle finanze
(con oneri a carico della regione), avrebbe  operato  entro  sessanta
giorni  una  puntuale  ricognizione  dello  stato  dei  conti,   come
presupposto   per   la   successiva   elaborazione    definitiva    e
sottoscrizione del Piano  di  rientro,  nonche'  una  verifica  circa
l'adeguatezza   dell'apparato   burocratico   e   dei    procedimenti
amministrativi e contabili,  al  fine  di  individuare  e  correggere
eventuali carenze. 
    1.2. - Occorre rammentare che, prima della ricordata  lettera  di
intenti, con decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  11
dicembre 2007, ai sensi dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992,  n.
225 (doc. n. 4, cit.), era stato dichiarato, per la Regione Calabria,
lo stato di emergenza socio-economico-sanitaria fino al  31  dicembre
2009. 
    A seguito di tale dichiarazione, con ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 (doc. n. 6),  era
stato nominato il «Commissario delegato per  fa  realizzazione  degli
interventi urgenti necessari per il superamento della  situazione  di
emergenza  socio-economico-sanitaria  determinatasi   nella   Regione
Calabria», con il compito di realizzare alcuni  interventi  operativi
di prima necessita'. 
    1.2. - Al Tavolo tecnico previsto dall'art.  12  dell'Intesa  tra
Stato e regioni sottoscritta il 23 marzo 2005, nella riunione del  12
febbraio 2008,  a  quanto  consta,  la  Regione  Calabria  presentava
richiesta di accedere al finanziamento integrativo per gli anni 2001,
2005 e 2006, ai sensi di quanto  disposto  dall'art.  1,  comma  180,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a tenor del quale  «La  regione
interessata, nelle  ipotesi  indicate  ai  commi  174  e  176,  anche
avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi  sanitari
regionali, procede ad una ricognizione  delle  cause  ed  elabora  un
programma operativo di riorganizzazione,  di  riqualificazione  o  di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  regionale,  di  durata   non
superiore al triennio. I Ministri  della  salute  e  dell'economia  e
delle finanze e la singola regione  stipulano  apposito  accordo  che
individui   gli   interventi   necessari   per    il    perseguimento
dell'equilibrio economico, nel rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal  comma
173. La sottoscrizione dell'accordo e' condizione necessaria  per  la
riattribuzione alla regione interessata  del  maggiore  finanziamento
anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla  verifica
della effettiva attuazione del programma». 
    1.4. - E' decisivo osservare che,  nonostante  le  sollecitazioni
inviate al Ministero, l'advisor (che poi sara'  la  societa'  KPMG  -
Advisory  S.p.A.)  veniva  indicato  dal  Ministero  soltanto  il  25
settembre 2008 (nota n. 113156), con  evidente  ritardo  rispetto  ai
tempi che la gravita' finanziaria della situazione avrebbe  richiesto
e comunque addirittura  ben  oltre  il  termine  di  sessanta  giorni
previsto dalla lettera di intenti del 23 aprile 2008 per la redazione
di un rapporto sullo stato dei conti. 
    Ben diverso il comportamento della  Regione  Calabria,  che,  con
deliberazione di Giunta regionale n. 730 del 6 ottobre 2008 (doc.  n.
7); conferiva formalmente l'incarico alla  societa'  individuata  dal
Ministero, dando atto in premessa che, nelle more della designazione,
gli uffici regionali avevano gia' «avviato ed  ampiamente  sviluppato
un programma d'azione finalizzato all'accertamento dei conti sanitari
regionali, in tal modo precoatituendo condizioni di  conoscenza  tali
da rendere proficuo e sollecito l'intervento dell'advisor individuato
dal Ministero». 
    E' da ribadire, infatti, che, a tenore  della  lettera  d'intenti
del 23 aprile 2008, la puntuale ricognizione  avrebbe  dovuto  essere
«tempestiva», in modo da garantire «la redazione di un rapporto entro
60 giorni» dalla sottoscrizione  della  medesima  lettera.  Gia'  dal
raffronto tra il termine entro cui si sarebbe dovuti addivenire  alla
redazione del rapporto previsto nella  lettera  e  l'adempimento  del
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  nell'indicare  l'advisor
emerge un grave problema di inosservanza, da  parte  delle  Autorita'
statali, delle doverose scansioni procedimentali nei tempi necessari,
che ha inciso nel prosieguo della vicenda. 
    A  seguito  dell'urgenza  di  provvedere,  stante  l'inerzia  del
Ministero  e  nelle   more   dell'individuazione   dell'advisor,   il
Commissario delegato attivava prontamente  gli  uffici  regionali  al
fine di raccogliere tutti i dati necessari e - a quanto consta previa
intesa  con  il  Dipartimento  della  protezione  civile  presso   la
Presidenza del Consiglio dei ministri e  sentito  il  Ministro  della
salute - adottava due ordinanze (n. 11 e n. 12  del  6  maggio  2008:
docc. nn. 8 e 9), con le quali,  premesso  che  «uno  dei  principali
fattori di  instabilita'  che  si  ripercuotono  negativamente  sulla
efficienza e la funzionalita' del  sistema  sanitario  della  Regione
Calabria e' rappresentato dalla situazione finanziaria delle  Aziende
sanitarie ed ospedaliere, che denota margini di incertezza in  ordine
alla effettiva dimensione quantitativa dei disavanzi  maturati  negli
anni precedenti, in tal modo determinandosi una obiettiva difficolta'
nella definizione di piani di rientro congrui e  coerenti»,  nominava
un «Soggetto attuatone», per l'attuazione di un programma  di  lavoro
volto a «garantire nei tempi piu' ristretti una puntuale e comprovata
rappresentazione degli effettivi disavanzi cumulatisi nel tempo  e  a
ricreare un insieme di condizioni e regole idonee  a  scongiurare  il
ripetersi di situazioni di criticita». 
    1.5. - Il Governo aveva contezza dello sforzo che il  Commissario
delegato stava compiendo per l'accertamento dei dati  reali  relativi
al disavanzo della sanita'  calabrese,  tanto  che  si  premurava  di
fornirgli strumenti idonei per la migliore e piu' rapida riuscita del
suo compito. All'art. 12 dell'ordinanza del Presidente del  Consiglio
dei ministri 4 agosto  2008,  n.  3696  (doc.  n.  10),  infatti,  si
prevedeva che «Al fine di consentire la piu' sollecita adozione delle
misure    necessarie    per     il     superamento     dell'emergenza
socio-economico-sanitaria nella Regione Calabria, di cui  al  decreto
del Presidente del Consiglio  dei  ministri  11  dicembre  2007,  con
particolare  riguardo  all'accertamento  dei   disavanzi   finanziari
relativi al periodo 2001 - 2007  e  alla  definizione  dei  correlati
piani di rientro e delle connesse azioni comunicative, il Commissario
delegato e' autorizzato ad acquisire le  necessarie  professionalita'
attraverso la  stipula  di  contratti  di  collaborazione  coordinata
continuativa». 
    Il Commissario delegato, quindi, utilizzando tutti gli  strumenti
a sua disposizione, addiveniva alla ricognizione  dei  disavanzi  per
gli anni considerati. 
    E' da tenere  in  debito  conto  che  dell'importanza  di  queste
operazioni di accertamento dava conto anche  l'advisor  indicato  dal
Ministero. Cio' si desume dalla gia' citata delibera di  conferimento
dell'incarico (doc. n. 7) e dalla  D.G.R.  Calabria  n.  788  del  27
ottobre 2008 (doc. a 11), che, nel quantificare il  compenso  stesso,
ricorda che l'advisor ha determinato l'impegno  finanziario  connesso
all'incarico tenendo conto «dei  risultati  del  lavoro  gia'  svolto
nella  materia  dalla  struttura   del   Commissario   dell'emergenza
socio-economico-sanitaria nella medesima regione». 
    1.6.  -   Dell'avvenuto   completamento   dell'accertamento   dei
disavanzi finanziari  limitatamente  al  periodo  2001-2007  si  dava
quindi atto all'art. 9, comma 2, dell'ordinanza  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 18 febbraio 2009, n. 3742 (doc. n.  12),  dove
si legge che «A seguito del completamento  delle  attivita'  relative
all'accertamento dei disavanzi finanziari pregressi, di cui  all'art.
12 dell'ordinanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  n.
3696/2008, il soggetto attuatore allo scopo nominato dal  Commissario
delegato di cui al comma  1  provvede  ad  assicurare  il  necessario
supporto tecnico-organizzativo per  la  definizione  e  gestione  del
sistema di contabilita' per centri di costo delle  attivita'  facenti
capo ai diversi soggetti attuatori. Il riferimento temporale  di  cui
alle predette disposizioni e' esteso all'anno 2009». 
    A quanto consta,  gli  esiti  dell'accertamento  del  Commissario
delegato erano trasmessi  ai  competenti  Ministeri  dell'economia  e
delle finanze e della salute, con Nota  del  dirigente  generale  del
Dipartimento tutela della salute della Regione Calabria n. 18/DG  del
3 marzo 2009. 
    1.7.  -  A  questo  punto,  il   Commissario   delegato,   organo
governativo, avrebbe potuto approntare un  piano  di  rientro.  Cio',
tuttavia, non e' stato fatto. E' proprio in considerazione di  questo
che la Giunta regionale ha adottato la deliberazione n.  140  del  31
marzo 2009 (doc.  n.  13),  concernente  «Ripiano  del  disavanzo  di
esercizio per l'anno 2008 ed accordo con lo Stato per il rientro  dai
disavanzi del Servizio sanitario regionale» e recante  una  serie  di
misure specifiche ed una proposta di legge regionale  indirizzata  a1
Consiglio. 
    Di tale deliberazione, oltre che delle modalita' con le quali  la
regione intendeva fare fronte alla critica situazione finanziaria del
settore sanitario, veniva reso edotto il Governo attraverso  un'ampia
Nota del 20 aprile 2009 (prot.  n.  450:  doc.  n.  14)  inviata  dal
Segretario generale della Giunta regionale al Capo  della  segreteria
tecnica del Sottosegretario di Stato alla  Presidenza  del  Consiglio
dei ministri, senza che si ricevessero riserve di  alcun  genere.  Si
aggiunga che detta Nota descriveva in modo puntuale  le  ragioni  del
deficit della sanita' calabrese e dava anche conto del fatto che:  a)
il ritardo nell'indicazione dell'advisor aveva finito per  peggiorare
i conti della sanita' calabrese, in quanto si  era  reso  «necessario
includere nella pianificazione del rientro,  insieme  al  2006  (gia'
contenuto nella lettera d'intenti), anche il 2007,  oramai  concluso»
(p. 5); b) il  dato  del  debito,  per  come  riferito  dall'advisor,
necessitava,  comunque,  «ancora  di  una  revisione   straordinaria,
basandosi esso su saldi contabili ulteriormente  da  verificare»,  in
particolare  con  riferimento  alla  «esistenza  di  saldi   debitori
inesistenti od incerti» e alla «esistenza di debiti non cancellati ed
ancora iscritti a passivo, nonostante l'avvenuto pagamento,  anche  a
seguito di transazioni  o  di  procedure  esecutive  giudiziali».  Il
Segretario generale concludeva, dunque,  che,  «proprio  l'incertezza
sull'ammontare del debito impone di procedere ad un  accordo  per  il
rientro  per  steps  progressivi,  in  rapporto  ed  in   proporzione
all'entita' via via accertata, allo scopo di calibrare gli interventi
alla dimensione reale, e non putativa, della massa passiva». 
    Anche in ordine a tali essenziali considerazioni nessuna reazione
si registrava da parte statale. 
    1.8. -  A  quanto  consta,  poi,  sempre  a  dimostrazione  della
volonta' di agire della Regione, in data 16  giugno  2009,  l'Agenzia
nazionale per i servizi sanitari approvava  una  convenzione  con  la
Regione Calabria  per  l'affiancamento  della  stessa  Agenzia  nella
predisposizione degli  aspetti  organizzativi  del  futuro  piano  di
rientro. 
    1.9. - Il disavanzo di gestione del 2007 - determinato (ai  sensi
dell'art. 1, comma 174, legge n. 311 del 2004), alla chiusura del  IV
trimestre 2007, in € 116.306 mln - veniva parzialmente ripianato  dal
Presidente della Giunta regionale, nella qualita' di  Commissario  ad
acta, con i decreti nn. 1 e 2 del 26 maggio 2008 (docc. nn. 15 e 16),
ai sensi della predetta  disposizione.  Successivamente,  Commissario
dava inizio alle procedure di accertamento dei  disavanzi  pregressi,
per effetto delle quali, a quanto consta, le Aziende iscrivevano  nei
bilanci  d'esercizio  del  2007  (chiusi  dopo  la  meta'  del  2008)
passivita' per circa € 198 mln.  E'  di  tutta  evidenza  che  questi
ultimi  disavanzi  evidenziati  non  possono  essere  in  alcun  modo
imputati all'esercizio 2007,  in  quanto  di  competenza  degli  anni
precedenti.,   e,   quindi,   andrebbero   considerati    all'interno
dell'adottando Piano di riparto. 
    Il  Tavolo  tecnico  di  verifica  degli   adempimenti,   tutt'al
contrario,  procedeva  a  trattare   tali   importi   come   «normali
sopravvenienze passive», facenti  parte  del  disavanzo  di  gestione
dell'anno 2008, che veniva  cosi'  quantificato  nella  ben  maggiore
cifra di € 322,685 mln. (v. verbale  della  riunione  del  12  maggio
2009, punto A), che da' conto delle risultanze della riunione del  19
marzo: doc. n 17) Tale determinazione era contestata, anche sotto  il
profilo dell'incongruita' delle nuove iscrizioni, a quanto consta, al
Tavolo del 19 marzo  2009  dal  vice  Presidente  della  Giunta.  Era
contestata, poi,  con  ampiezza  di  argomentazioni,  dal  segretario
generale della Giunta regionale con la  citata  Nota  indirizzata  al
Capo della segreteria  tecnica  del  Sottosegretario  di  Stato  alla
Presidenza del Consiglio dei ministri (doc. n. 14). 
    Tra l'altro,  la  suddetta  Nota,  e'  bene  ribadire,  affermava
chiaramente che il valore del debito della Regione quantificato nella
riunione del tavolo  del  19  marzo  2009  andava  meglio  precisato.
Infatti: «l'importo pari complessivamente ad euro 322,685 mln.  [...]
si compone di due macro-voci: a) per  circa  124  mln.  di  euro,  il
valore e'  riferibile  a  perdite  consolidate  dell'esercizio  2008,
determinate sulla base dei  conti  economici  del  quarto  trimestre,
considerando la copertura, con risorse proprie della Regione, pari  a
circa 35 mln di euro, rappresentata nel preconsuntivo 2008. [...]; b)
per circa 198 mlm di euro (importo rideterminato al  25  marzo  2009,
dal settore finanziario del Dipartimento tutela della salute, in  181
mln  di  euro),   il   disavanzo   2008   e'   invece   dovuto   alla
contabilizzazione da parte delle  Aziende,  nell'esercizio  2007,  di
sopravvenienze passive e/o insussistenze attive per ben 123,6 mln  di
euro, oltre a fondi rischi ed  altri  accantonamenti».  Piu'  avanti,
ancor piu' chiaramente, si sottolineava che «Tali  nuove  iscrizioni,
pertanto, non solo  non  si  riferiscono  (salvo  che  per  artificio
contabile) a perdite di competenza dell'anno 2007, ma, nella realta',
espongono debiti spesso aleatori ovvero  accantonamenti  per  partite
contabili tuttora per buona parte  incerte,  essendo  in  itinere  le
procedure  di  verifica  per  l'esatta  quantificazione  e   per   il
riconoscimento formale». 
    Inopinatamente, quando dal silenzio delle Amministrazioni statali
ci  si  sarebbe  legittimamente  aspettati  la   condivisione   delle
preoccupazioni regionali quanto  alla  necessita'  di  una  ulteriore
verifica dei conti, il 29 aprile 2009, ultimo giorno utile, alle  ore
18,30, giungeva via fax, presso il  Gabinetto  del  Presidente  della
Giunta regionale, la diffida del Presidente del Consiglio ex art.  1,
comma 174, della legge n. 311 del 2004, a ripianare tutti  i  322,685
mln. di euro, entro il giorno successivo (doc. n. 18). 
    1.10. - La  Regione  Calabria,  per  facilitare  il  rientro  dal
deficit sanitario, approvava la legge regionale 30 aprile 2009, n. 11
(«Ripiano del disavanzo di esercizio per l'anno 2008 ed  accordo  con
lo  Stato  per  il  rientro  dai  disavanzi  del  Servizio  sanitario
regionale»), con la quale, stante la perdurante stasi del Governo  in
relazione alla stipula dell'Accordo di cui  all'art.  1,  comma  180,
della legge n. 311  del  2004,  si  approntavano  alcune  misure  per
ripianare il deficit riferito all'anno 2007, e si forniva  la  Giunta
di una serie  di  risorse  per  poter  addivenire  alla  stipula  del
suddetto Accordo e, soprattutto, per poter  eseguire  le  misure  ivi
previste. 
    1.11. - In attuazione della legge, la Giunta  regionale  adottava
la delibera 5 maggio  2009,  n.  245  (doc.  n.  19),  con  la  quale
approvava «l'ipotesi di piano di rientro dai disavanzi del SSR di cui
all'art. 1, comma 180, della legge 30  dicembre  2004,  n.  311 -  1°
stralcio», dando mandato «ai Dipartimenti  "Tutela  della  salute"  e
"Bilancio e patrimonio"»  di  provvedere  alla  «instaurazione  della
trattativa volta alla conclusione dell'accordo con lo  Stato  per  il
rientro dai disavanzi del servizio sanitario di cui all'art. 1, comma
180,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  con  i   Ministeri
competenti, sulla base del documento approvato, con  le  integrazioni
che saranno avanzate dall'Agenzia nazionale per  i  servizi  sanitari
regionali,  autorizzando  sin  da  ora  il  Presidente  della  Giunta
regionale alla sottoscrizione dell'accordo». 
    1.12.  -  Inopinatamente  e  infondatamente  il  Presidente   del
Consiglio impugnava la legge reg. Calabria n.  11  del  2009  innanzi
codesta Ecc.ma  Corte  costituzionale,  nonostante  la  legge  stessa
facesse parte della manovra compresa della citata delibera di  Giunta
regionale n. 140 del 31 marzo 2009 (doc. n. 13). 
    2. - Questi, dunque, i fatti rilevanti (va  aggiunto  solo,  che,
per soprammercato, in data 2 luglio  2009,  la  Regione  Calabria  e'
stata diffidata a predisporre il piano di rientro entro il termine di
settanta giorni previsto dal decreto-legge  qui  impugnato:  doc.  n.
20). 
    Nonostante da essi emerga l'assoluta inimputabilita' alla Regione
del ritardo  nell'adozione  del  piano  di  rientro,  il  Governo  ha
adottato il decreto-legge  in  epigrafe,  che,  come  appresso  -  si
confida - sara'  dimostrato,  esautora  illegittimamente  la  Regione
dalla materia della tutela della salute, in clamorosa  violazione  di
numerosi parametri costituzionali. 
    Le   previsioni   normative   denunciate   in    epigrafe    sono
costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di 
                            D i r i t t o 
    1. - Violazione degli artt. 3, 120, secondo  comma,  121  e  117,
commi secondo e terzo,  Cost.,  per  il  profilo  dell'illegittimo  e
irragionevole esercizio dei poteri sostitutivi  dello  Stato.  L'art.
22, comma 4, lett. c), del d.1. n. 78  del  2009  assegna  un  potere
illegittimamente ampio al Governo e al Commissario ivi  previsto.  Vi
si dispone, infatti, che  il  Presidente  del  Consiglio  «nomina  un
Commissario per la predisposizione di un Piano triennale  di  rientro
dai  disavanzi,  recante  indicazione  dei  necessari  interventi  di
contenimento strutturale della spesa», e che  «l'anzidetto  Piano  e'
approvato dal Consiglio dei ministri, che ne  affida  contestualmente
l'attuazione al  Commissario,  nominato  ai  sensi  della  precedente
lettera b). Nello svolgimento dei compiti affidatigli e per tutto  il
periodo di vigenza del Piano di rientro, il  Commissario  sostituisce
gli organi della regione nell'esercizio delle attribuzioni necessarie
all'attuazione del Piano stesso». 
    Tale  procedura  (descritta  espressamente  come  «abnorme»   dal
Presidente della Conferenza delle Regioni e delle  Province  autonome
in una lettera inviata al Presidente del Consiglio in data  2  luglio
2009: doc. n. 21) e' in contrasto  in  modo  grave  ed  evidente  con
l'intero assetto delle competenze per come disegnato dal nuovo Titolo
V della Costituzione, che,  all'art.  117,  terzo  comma,  elenca  la
«tutela  della  salute»  tra  le  materie  concorrenti,   oltre   che
gravemente illegittimo per violazione degli arti. 120 e 121 Cost.  in
quanto esautora completamente, per  la  materia  de  qua,  tutti  gli
organi della Regione. 
    Il  decreto-legge   impugnato,   inoltre,   e'   stato   adottato
nell'assoluto difetto dei presupposti stabiliti dall'art.  120  Cost.
perche' i poteri sostitutivi possano essere previsti  ed  esercitati.
Si e' gia' visto in narrativa, invero, che  la  Regione  Calabria  ha
piu' volte evidenziato l'esigenza del completamento  della  procedura
di accertamento del debito, secondo canoni certi e precisi. 
    E' chiaro, infatti, che solo il puntuale accertamento del  debito
puo' consentire l'adozione di qualsivoglia piano di rientro. 
    Il Governo, pertanto, non poteva prevedere la sostituzione di  un
proprio organo agli  organi  regionali,  al  fine  dell'adozione  del
Piano, in assenza del completamento della procedura  di  accertamento
(per la quale, si badi, lo stesso Governo aveva gia' nominato un  suo
Commissario).  E'  lo  stesso  Governo  che,   confessoriamente,   lo
riconosce,  allorquando,  all'art.  22,  comma  4,  lett.   b),   del
decreto-legge impugnato, espressamente stabilisce che il  Commissario
potra' adottare il  Piano  solo  «all'esito  del  riaccertamento  dei
debiti  pregressi»  (nonche',  per  soprammercato,  anche   all'esito
«dell'attivazione  delle  procedure  amministrativo-contabili  minime
necessarie per valutare positivamente l'attendibilita'  degli  stessi
conti»). 
    Cio' significa due cose: a) che si ritiene che il riaccertamento,
evidentemente, non sia stato  ancora  esattamente  compiuto;  b)  che
senza il riaccertamento il Piano non si puo' adottare. 
    Orbene: come puo' il  Governo  (asserito  legislatore  d'urgenza)
prevedere l'esercizio di poteri sostituivi in ragione  della  mancata
adozione di un Piano che la Regione non poteva adottare  per  difetto
di un presupposto che lo stesso Governo, in  un  atto  con  forza  di
legge, qualifica essenziale? 
    Imputet sibi, dunque, il Governo, se il riaccertamento del debito
condotto dal precedente Commissario e' ritenuto  insoddisfacente,  ma
non pretenda certo di imporre alla Regione di adottare  un  Piano  in
assenza  di  quel  puntuale  riaccertamento  che,  invece,  il  nuovo
Commissario dovra' fare per poi (e solo poi)  procedere  all'adozione
del Piano. 
    Non basta. Come e' stato piu' volte ribadito  da  codesta  ecc.ma
Corte, «la competenza legislativa concorrente concernente la  "tutela
della salute" (art. 117, terzo comma, della Costituzione)  e'  "assai
piu'  ampia"  rispetto  alla  precedente   relativa   all'"assistenza
ospedaliera" ed esprime "l'intento di una piu' netta distinzione  fra
la  competenza  regionale  a  legiferare  in  queste  materie  e   la
competenza  statale,  limitata  alla  determinazione   dei   principi
fondamentali della disciplina"» (cosi' nella sent n. 134 del 2006; in
precedenza, tra le tante, v. sentt. nn. 270 del 2005, 282 del 2002). 
    Ne deriva,  innanzitutto,  che  il  Governo,  nell'esercizio  dei
poteri sostitutivi di cui all'art. 120 Cost. non puo' avocare  a  se'
l'intera  materia,  spogliando  completamente  la  Regione   di   una
competenza    costituzionalmente    assegnata    alla    legislazione
concorrente. Come affermato dalla giurisprudenza costituzionale  «una
deroga  al  riparto  operato  dall'art.   117   Cost.   puo'   essere
giustificata  "solo  se  la   valutazione   dell'interesse   pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia proporzionata,  non  risulti  affetta  da  irragionevolezza  alla
stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e  sia  oggetto
di un accordo stipulato con la  Regione  interessata"»  (cosi'  nella
sent n. 6 del 2004, citando espressamente la precedente sent  n.  303
del 2003). 
    E' del tutto evidente che nel caso di specie non vi e' traccia di
alcuna delle  condizioni  indicate  dalla  pronuncia  ora  ricordata.
Innanzitutto non vi e' stato nessun accordo con la Regione.  Inoltre,
non c'e' proporzionalita' ne' ragionevolezza, in quanto, in sostanza,
l'intero settore della sanita' della Regione Calabria sarebbe gestito
dal Governo per il tramite del Commissario. Questi assumerebbe  tutti
i  poteri  relativi  alla  programmazione  e  alla   gestione   della
organizzazione sanitaria (che  per  costante  giurisprudenza  rientra
nella materia «tutela della salute»), in quanto predisporre e gestire
gli «interventi di contenimento strutturale della spesa» equivale, in
sostanza,  all'esautorazione  di  ogni  altro  potere  relativo  alla
Sanita', come  del  resto  sancito  (illegittimamente)  dallo  stesso
decreto-legge quando prevede  che  «il  Commissario  sostituisce  gli
organi della regione  nell'esercizio  delle  attribuzioni  necessarie
all'attuazione del Piano stesso». 
    Tra l'altro, va considerato che lo stesso art. 120, secondo comma
Cost., prevedendo che il Governo «puo'  sostituirsi  a  organi»,  non
intende certo a «tutti gli organi» come  invece  viene  previsto  dal
decreto-legge impugnato, che cosi' facendo stravolge anche la normale
separazione dei poteri, violando contestualmente l'art. 121 Cost. 
    Tale  previsione  risulta   gravemente   illegittima   anche   in
considerazione del fatto che, tra  tutte  le  materie  di  competenza
regionale (concorrente o residuale),  la  «tutela  della  salute»  e'
quella nella quale,  da  sempre,  le  regioni  sono  intervenute  con
particolare frequenza e attenzione. 
    Non  basta.  Con  ordinanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri n. 3635 del 21 dicembre 2007 (doc. n.  6),  era  gia'  stato
nominato  il  «Commissario  delegato  per  la   realizzazione   degli
interventi urgenti necessari per il superamento della  situazione  di
emergenza  socio-economico-sanitaria  determinatasi   nella   Regione
Calabria». Si  trattava,  dunque,  di  un  soggetto  di  fiducia  del
Presidente del Consiglio (ma nominato con il gradimento della Regione
interessata), chiamato ad operare per  superare  lo  stato  di  crisi
della sanita' calabrese. Il decreto-legge impugnato, ora, prevede  la
nomina di un nuovo Commissario e stabilisce che,  «contestualmente  a
tale  nomina,  il  Commissario  delegato  di  cui  all'ordinanza  del
Presidente del Consiglio dei ministri  21  dicembre  2007,  n.  3635,
cessa dal suo incarico». 
    Questa  previsione  e'  illegittima,   in   quanto   il   Governo
(legislatore di asserita urgenza), in  questo  modo,  ha  addirittura
smentito se stesso, procedendo alla nomina di un  nuovo  Commissario,
sempre governativo. Con la  grave  differenza,  pero',  che,  per  un
verso,  alla  Regione  si  e'  sottratto  anche  il  gradimento   sul
nominativo del nuovo Commissario e che, per  l'altro,  i  poteri  del
nuovo Commissario - come appresso, si confida,  verra'  dimostrato  -
sono enormemente piu' ampi e tali da determinare  l'esautorazione  di
tutti gli organi  regionali  nella  materia  della  sanita'.  Il  che
configura una modalita' palesemente irragionevole  di  esercizio  dei
poteri sostitutivi statali,  in  violazione  del  combinato  disposto
degli artt. 3 e 120 della Costituzione. 
    2. - Violazione dell'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  per  un
ulteriore profilo. La Costituzione  prevede  che  il  Governo  possa,
oltre che approntare la normativa di principio in materia di  «tutela
della salute», determinare, ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost.,  i
«livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e
sociali  che  devono  essere  garantiti  su   tutto   il   territorio
nazionale», cosi' come, in effetti, e' stato fatto con il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001  («Definizione
dei livelli essenziali di assistenza»). 
    Come affermato  gia'  in  dottrina,  la  Costituzione  «distingue
dunque tra "determinazione"  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
concernenti i  diritti  civili  e  sociali,  affidata  alla  potesta'
legislativa statale; compiti di regolazione  ed  erogazione  di  tali
prestazioni affidati alle Regioni e agli altri enti locali;  "tutela"
degli stessi affidata al Governo, attraverso l'esercizio  del  potere
sostitutivo» (F. Biondi, I poteri  sostitutivi,  in  N.  Zanon  e  A.
Concaro (a cura), L'incerto  federalismo.  Le  competenze  statali  e
regionali  nella  giurisprudenza  costituzionale,  Milano,  Giuffre',
2005, 108 sg.). 
    Quindi, il Governo puo' intervenire solo  ed  esclusivamente  per
garantire che le prestazioni  ritenute  livelli  essenziali  (e  solo
quelle) siano (in concreto) garantite. E proprio l'art. 120,  secondo
comma Cost., scolpisce distintamente questa prescrizione, consentendo
l'esercizio dei poteri sostitutivi solo (per  quanto  qui  interessa)
allo scopo di assicurare il rispetto dei livelli essenziali. 
    Sull'interpretazione da dare alla disposizione costituzionale non
vi sono dubbi. Nella giurisprudenza  costituzionale,  del  resto,  si
afferma che i «"livelli essenziali delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali", anche nelle materie  che  la  Costituzione
affida  alla  competenza  legislativa   delle   regioni,   non   puo'
trasformarsi nella pretesa dello  Stato  di  disciplinare  e  gestire
direttamente queste materie, escludendo o riducendo  radicalmente  il
ruolo delle regioni» (sent. n. 383 del 2005). 
    Nel caso che ne  occupa,  invece,  il  Governo,  dimentico  della
corretta interpretazione della dottrina e della giurisprudenza, viola
la Costituzione almeno per due distinti profili. 
    Innanzitutto, nulla dice sulla pretesa «straordinaria  necessita'
ed urgenza  di  tutelare  l'erogazione  delle  prestazioni  sanitarie
comprese nei Livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001»,  che  invece
viene enunciata come premessa ma in nessun modo motivata. Non e' dato
sapere in alcun modo l'erogazione  di  quali  «prestazioni  sanitarie
comprese  nei  Livelli  essenziali  di  assistenza»   sarebbe   posta
concretamente  in  pericolo  (e  cosi'  urgentemente  da   richiedere
l'intervento  del  Governo  tramite  un  decreto-legge  che   dispone
l'integrale   commissariamento   della   sanita'    calabrese)    dal
comportamento della Regione Calabria. 
    Inoltre, il potere sostitutivo previsto dalla norma impugnata  si
estrinseca nella «predisposizione di un Piano  triennale  di  rientro
dai  disavanzi,  recante  indicazione  dei  necessari  interventi  di
contenimento strutturale  della  spesa,  da  redigere  all'esito  del
riaccertamento dei debiti pregressi  nonche'  dell'attivazione  delle
procedure amministrativo-contabili  minime  necessarie  per  valutare
positivamente  l'attendibilita'  degli  stessi  conti»,  sicche',  in
realta', i compiti assegnati al Commissario non riguardano  in  alcun
modo, ne' direttamente ne'  indirettamente,  la  tutela  in  concreto
dell'erogazione dei servizi atti a garantire  i  livelli  essenziali.
Tutt'al contrario, si tratta solo ed esclusivamente, come detto,  del
tentativo  (illegittimo)  da  parte  del  Governo  di   commissariare
l'intero settore sanitario calabrese. Del resto, al riguardo,  ancora
la giurisprudenza costituzionale e' stata molto chiara nel delimitare
l'ambito di operativita' della  fissazione  dei  livelli  essenziali,
affermando che «la fissazione dei livelli essenziali di assistenza si
identifica  esclusivamente  nella  "determinazione   degli   standard
strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi
diritto su tutto il  territorio  nazionale",  non  essendo  "pertanto
inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri  fini,  quali,
[...] la regolamentazione dell'assetto organizzativo e gestorio degli
enti preposti all'erogazione delle prestazioni"» (sent.  n.  237  del
2007, citando la precedente sent. n. 120 del 2005).  Queste  pronunce
chiariscono ulteriormente l'illegittimita' della norma impugnata,  la
quale  tende  proprio  a  regolamentare  l'assetto  organizzativo   e
gestorio  degli  Enti  preposti  all'erogazione   delle   prestazioni
sanitarie. 
    Nella specie, tutti i vizi lamentati, poi, sono meritevoli  della
massima censura, poiche' il decreto-legge impugnato  appartiene  alla
categoria delle c.d. «leggi provvedimento» (la Calabria e' isolata  e
distintamente penalizzata), le quali, come e'  noto,  sono  legittime
solo   a   condizione   di   rispettare   rigorosissimi   canoni   di
ragionevolezza,  tanto  che,  «in  considerazione  del  pericolo   di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  o
derogatorio»,  su  di  esse  si  opera  uno  «scrutinio  stretto   di
costituzionalita» (cosi', testualmente, sent n. 267 del 2007, e  gia'
prima sent. n. 429 del  2002,  ma  sul  punto  la  giurisprudenza  e'
costante: cfr., tra le molte, sentt. nn. 60 del 1957; 78 del 1958; 95
del 1966; 80 del 1969; 306, 347 e 492 del 1995; 134 e 205 del 1996; 2
e 153 del 1997; 185 e 211 del 1998; 364 del 1999, etc.). 
    3. - Violazione  degli  artt.  3  e  120  Cost.,  in  riferimento
all'art. 8, comma 5, della legge n. 131 del 2003. Difetto assoluto di
proporzionalita'.  L'art.  120,  secondo  comma,  della  Costituzione
prevede che «la legge definisce le procedure atte a garantire  che  i
poteri sostitutivi siano esercitati nel  rispetto  del  principio  di
sussidiarieta'  e  del  principio  di  leale   collaborazione».   Per
ottemperare a tale precisa indicazione,  l'art.  8,  comma  5,  della
legge n. 131 del 2003 prevede che «I provvedimenti sostitutivi devono
essere proporzionati alle finalita' perseguite». 
    Il decreto impugnato travalica di gran  lunga  i  limiti  imposti
dalla Costituzione e dalla legge di attuazione dell'art. 120 Cost. 
    Infatti,  mentre  la  finalita'  dell'intervento  governativo  e'
«tutelare  l'erogazione  delle  prestazioni  sanitarie  comprese  nei
Livelli essenziali di assistenza, di cui al  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 29 novembre  2001»,  la  Regione  Calabria
viene diffidata «a predisporre entro  settanta  giorni  un  Piano  di
rientro contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione  del
Servizio sanitario regionale». 
    Sono  evidenti  l'irragionevolezza  e  la  sproporzione  tra   la
finalita' perseguita e la misura adottata. E'  chiaro,  infatti,  che
per garantire l'erogazione dei  livelli  essenziali  sono  necessarie
attivita' che potrebbero  essere  ascritte  a  quelle  di  «ordinaria
amministrazione»,   mentre   le   misure   di   riorganizzazione    e
riqualificazione sono ben piu' radicali e straordinarie. 
    L'assenza di proporzionalita' della norma in questione e'  ancora
piu' marcata, poi, se si pone  attenzione  ai  poteri  attribuiti  al
Commissario. Infatti, a questi spetta la «predisposizione di un Piano
triennale di rientro dai disavanzi, recante indicazione dei necessari
interventi di  contenimento  strutturale  della  spesa»:  come  possa
considerarsi proporzionato all'esigenza di tutela dell'erogazione dei
livelli essenziali un «piano triennale» di tale incidenza  (il  quale
in sostanza, come gia' detto, esautora la Regione Calabria di tutti i
poteri relativi alla gestione sanitaria)  non  e'  dato  sapere.  Per
soprammercato, il Commissario non ha alcun termine per l'adozione del
Piano, mentre alla regione sono concessi solo settanta giorni (per di
piu' coincidenti con il periodo estivo). E il Commissario ha ben  tre
anni per eseguire il piano, durante i quali gli organi regionali sono
del  tutto  esautorati,   senza   alcuna   verifica   intermedia   di
possibilita' di un ritorno alla normalita'. 
    In una parola: quando e' la Regione Calabria a  dover  adempiere,
il decreto-legge impugnato  stabilisce  norme  draconiane.  Quando  a
dover adempiere e'  il  Governo  o  un  suo  organo,  i  termini  per
l'adempimento sono dimenticati e  gli  ambiti  materiali  dei  poteri
assegnati si dilatano a dismisura. 
    4. - Violazione  dell'art.  120,  secondo  comma  Cost.,  per  un
ulteriore profilo, con specifico riferimento alla mancata  previsione
di dettagliati criteri per l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi.  Il
regime dei poteri sostitutivi e' ben  delineato  dalla  Costituzione,
che ne fissa in modo chiaro i presupposti, tra i quali, appunto,  sta
«la  tutela   dei   livelli   essenziali   delle   prestazioni».   La
Costituzione, come abbiamo gia' visto, aggiunge anche  che  la  legge
attuativa deve garantire che i poteri sostitutivi  «siano  esercitati
nel  rispetto  del   principio   di   sussidiarieta'   e   di   leale
collaborazione». 
    La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che  «Perche'  possa
ritenersi legittima la previsione del potere  di  sostituzione  dello
Stato alle Regioni e' [...] necessario  che  l'esercizio  dei  poteri
sostitutivi sia previsto e disciplinato dalla legge,  la  quale  deve
altresi' definirne i presupposti sostanziali e  procedurali;  che  la
sostituzione riguardi il compimento di  atti  o  attivita'  prive  di
discrezionalita' nell'an; che il potere sostitutivo sia esercitato da
un organo di Governo o sulla base di una decisione di questo; che  la
legge predisponga congrue garanzie procedimentali, in conformita'  al
principio di leale collaborazione» (sent. n. 240 del 2004). 
    Come  e'  stato  efficacemente  sintetizzato  in  dottrina:   «la
sostituzione  deve  risultare  priva  di   connotati   discrezionali,
riferendosi ad attivita' obbligatorie» (T. Martines - A. Ruggeri - C.
Salazar, Lineamenti di diritto  regionale,  Milano,  Giuffre',  2008,
122). 
    E' del tutto evidente che se  non  fosse  cosi'  si  avrebbe  una
sostituzione arbitraria della regione, nei mezzi e nei fini, da parte
del Governo. Ma questo e' proprio  quello  che  accade  nel  caso  di
specie,  poiche'  il  decreto-legge  impugnato   non   delimita   ne'
indirizza, in alcun modo, gli enormi poteri conferiti al Commissario. 
    Non necessita di particolari argomentazioni  dimostrare  che  «la
predisposizione di un  Piano  triennale  di  rientro  dai  disavanzi,
recante  indicazione  dei  necessari   interventi   di   contenimento
strutturale della spesa» e' operazione complessa e  articolata,  che.
per  essere  compiuta  necessita  della  considerazione  di  numerosi
parametri che debbono guidare le scelte da compiere  (ad  esempio  su
quali strutture sanitarie tenere in funzione  e  quali  eventualmente
chiudere o  destinare  a  diverso  uso):  tali  parametri,  tuttavia,
dovevano essere indicati dal legislatore statale e certo non potevano
essere abbandonati al discrezionale apprezzamento di un  Commissario,
oltretutto   nominato   direttamente   dal   Governo,   senza   alcun
coinvolgimento della regione interessata. 
    5. - Violazione degli artt. 3 e 120,  secondo  comma  Cost.,  per
un'ulteriore profilo, con specifico riferimento  all'irragionevolezza
e alla violazione della prescrizione del  rispetto  dei  principi  di
sussidiarieta'  e  di  leale  collaborazione   nella   disciplina   e
nell'esercizio dei poteri sostituivi. 
    All'art. 22, comma 4, lett. b), e',  tra  l'altro,  descritto  il
procedimento con il quale il Governo intende  valutare  se  il  Piano
predisposto dalla Regione in ottemperanza alla diffida prevista dalla
precedente lett. a) (la quale, come riportato  in  narrativa,  e'  in
effetti sopravvenuta: v. doc. a 20) «sia congruo».  Ebbene:  come  si
puo' agevolmente notare, la procedura  di  valutazione  prevista  non
rispetta i piu' elementari canoni dei principi  di  sussidiarieta'  e
leale collaborazione, imposti dall'art. 120, secodo comma Cost. 
    Si legge, infatti, nella disposizione citata che  «ove  il  Piano
presentato  sia  valutato  non  congruo  a  seguito  di   istruttoria
congiunta del Ministero dell'economia e delle finanze, del  Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali  e  del  Ministero
per i rapporti con le regioni, sulle cui conclusioni  e'  sentita  la
regione in  apposita  riunione  [...]».  E'  di  tutta  evidenza  che
l'intera valutazione della congruita' del Piano viene realizzata solo
ed   esclusivamente   dalle   Amministrazioni   statali,   senza   la
possibilita'  di  alcuna  interlocuzione  da  parte   della   Regione
Calabria. 
    Questa, infatti, che e' la vera parte interessata della  vicenda,
sara' «sentita» solo a valutazione  gia'  conclusa,  e  quindi  senza
alcuna possibilita' di incidere sulla stessa. Il  Piano,  ovviamente,
non potra' che essere molto complesso e articolato,  sicche'  la  sua
valutazione  abbisognera'  di  un'attenta   analisi.   Le   eventuali
modificazioni e gli eventuali aggiustamenti, poi,  dovrebbero  essere
definiti in  contraddittorio  con  la  Regione,  anche  perche'  essi
possono incidere sui capitoli di spesa del bilancio regionale. Non e'
dato intendere, dunque, come si possa prevedere una  istruttoria  non
partecipata, laddove l'esatto contrario e' richiesto dal principio di
leale collaborazione. Per converso, il principio  di  sussidiarieta',
se consente allo Stato l'attrazione «in alto» di alcune  attribuzioni
regionali, non gli consente certo  escludere  del  tutto  la  Regione
dalla  partecipazione  ai  procedimenti  decisionali  in  materie  di
competenza regionale. 
    La dottrina, non a caso, ha da  tempo  sottolineato  come  «nella
direttrice Stato-Regioni si realizza la dimensione "procedurale"  del
principio, enfatizzando, in particolare, una  nozione  consensualista
della collaborazione concepita prevalentemente con "intesa" in  senso
forte, ovvero come "accordo", secondo un modello di  federalismo  che
potremmo   definire   "contrattato"»   (A.   Simoncini,   La    leale
collaborazione dopo la riforma: prime  osservazioni  e  tendenze,  in
AA.VV.,  Itinerari  e  sviluppo  del  regionalismo  italiano,  Milano
Giuffre', 2005, 185). 
    Per   converso,   la   giurisprudenza   costituzionale    afferma
costantemente e in modo molto chiaro che «Dovra' dunque prevedersi un
procedimento nel quale l'ente sostituito sia comunque messo in  grado
[...] di interloquire nello stesso  procedimento»  (sent  n.  43  del
2004; in precedenza cfr. la sent. n. 416 del 1995 e l'ord. n. 53  del
2003; successivamente cfr. la sent. n: 397 del 2006).  Principio  che
nel caso che ne occupa non viene rispettato in alcun modo.  Anzi:  le
modalita'  procedimentali  sopra  indicate  sono  tali  che  la  sola
spiegazione  della  loro  adozione  sta  in  un   intento   veramente
persecutorio dell'intervento governativo. 
    Piu' precisamente: le  suddette  modalita'  e  il  contenuto  dei
poteri attribuiti al Commissario stanno a  indicare  che  il  decreto
legge impugnato non persegue il fine di consentire la predisposizione
di un Piano realmente congruo e di far sottoscrivere l'Accordo per il
ripiano del deficit della sanita' calabrese,  ma  quello,  certamente
illegittimo, di commissariare l'intero sistema  sanitario  calabrese.
Se cosi' non fosse, invero, non avrebbe spiegazione la  sequenza  dei
fatti riportati in narrativa, che dimostra come  al  costante  sforzo
della Regione di  porre  rimedio  ai  gravi  problemi  della  sanita'
regionale abbia fatto da pendant un  atteggiamento  passivo,  se  non
addirittura ostruzionistico, del Governo. 
    Del resto, ipotesi di questo tipo erano state gia'  stigmatizzate
dalla dottrina piu' attenta, la quale avvertiva che  «l'obiettivo  al
quale anche lo Stato che si sostituisca deve  tendere  e'  quello  di
favorire comunque le condizioni per il ripristino della  "normalita'"
costituzionale. Eppure se cosi' dovrebbe  essere  secondo  "modello",
non poche volte si e' assistito (e  si  assiste)  nell'esperienza  al
fenomeno opposto: lo Stato, non di rado, ritarda o ostacola  ad  arte
l'esercizio delle funzioni regionali, specie avvalendosi  di  un  uso
eccessivamente pignolo e penetrante dei suoi poteri di controllo,  al
fine quindi di profittarne  in  un  secondo  momento  per  far  luogo
all'attivita' sostitutiva» (T. Martines - A. Ruggeri  -  C.  Salazar,
Lineamenti di diritto regionale cit., 122). 
    Queste  considerazioni   sembrano   calzare   a   pennello   alla
fattispecie in questione. Si ribadisce: lo Stato ha operato  in  modo
dilatorio,   specialmente   quando   ha   lasciato   trascorrere   un
notevolissimo,  inaccettabile,  lasso  di   tempo   dalla   data   di
sottoscrizione della lettera di intenti del 23 aprile 2008  (doc.  n.
5) all'individuazione dell'advisor (avvenuta il 25  settembre!),  con
le gravi conseguenze gia' evidenziate in  narrativa:  aumento  di  un
anno  del  periodo  di  computo  del  deficit;  frapposizione  di  un
insormontabile ostacolo alla  definizione  del  quadro  contabile  e,
quindi, alla stipula dell'Accordo ex art. 1, comma 180,  della  legge
n. 311 del 2004. 
    La stipula di tale Accordo viene indicata anche dal decreto-legge
impugnato quale condizione per evitare il Commissariamento, ma ancora
una volta il Governo, prevedendo - come si e' visto - un procedimento
di verifica del Piano che esclude una vera partecipazione  regionale,
ostacola, non favorisce la sua definizione e la stipula dell'Accordo. 
    D'altro canto,  il  decreto-legge  impugnato  ha  praticato  alla
Regione Calabria un trattamento ben diverso da quello precedentemente
riservato ad altre Regioni. Tale disparita' di trattamento viola  (in
una con l'art. 3 Cost.) l'art. 120 della Costituzione, in  quanto  il
principio di leale collaborazione presuppone proprio  la  parita'  di
trattamento delle singole Regioni, in mancanza della quale  non  puo'
esservi «lealta» da parte dello Stato. 
    In effetti, in altre occasioni il Governo ha inteso correttamente
il proprio ruolo nell'ambito  di  procedure  legate  al  ripiano  del
deficit sanitario, provvedendo prima a stipulare un  Accordo  con  la
Regione interessata e solo successivamente, a  fronte  di  specifiche
inadempienze regionali, provvedendo a commissariarla (a  puro  titolo
di esempio basti ricordare le recenti vicende  relative  al  Lazio  e
all'Abruzzo). Non solo: in queste ipotesi,  con  numerosi  interventi
normativi, lo Stato ha anche conferito le risorse finanziarie utili a
fare fronte al deficit. Basti pensare, a tal  proposito,  all'art.  1
del d.l. 20 marzo 2007, n. 23, conv. in legge 17 maggio 2007, n.  64,
che obbliga lo Stato  a  concorrere  al  ripiano  dei  disavanzi  del
Servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005, nei  confronti
delle regioni che, fra l'altro, abbiano sottoscritto l'Accordo per il
piano di rientro e abbiano adottato alcuni provvedimenti  finanziari;
all'art. 2, comma 46, legge 24 dicembre 2007, n.  244,  a  tenor  del
quale la sottoscrizione dell'Accordo  ha  permesso  l'erogazione,  in
favore  delle  Regioni  Lazio,  Campania,   Molise   e   Sicilia   di
un'anticipazione straordinaria di circa €  9.100  mln.;  all'art.  1,
comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che,  subordinandolo
alla sottoscrizione di un  Accordo,  prevede  la  ripartizione  delle
risorse di un «Fondo transitorio di 1.000 milioni di euro per  l'anno
2007, di 850 milioni di curo per l'anno 2008 e di 700 milioni di euro
per l'anno 2009» (in concreto, a quanto risulta, sei Regioni - Lazio,
Campania, Sicilia, Molise, Abruzzo e Liguria - hanno avuto accesso al
fondo); all'art. 1, comma 2, del d.l. 7 ottobre 2008, n.  154,  conv.
in legge n. 189 del  2008,  nel  quale,  sempre  a  condizione  della
stipula di un accordo, si prevede l'erogazione di ulteriori benefici. 
    6. - Violazione degli arti. 3 e  120,  secondo  comma  Cost.,  in
riferimento all'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, per  il
profilo della non congruita' del termine assegnato per adempiere.  La
fondatezza della considerazione sopra svolta, circa il reale  intento
governativo, e' ulteriormente dimostrata dall'esiguita'  del  termine
concesso alla Regione Calabria per la predisposizione del Piano. 
    L'art. 22, compia 4, lett. a), prevede  che  «il  Presidente  del
Consiglio dei ministri [...] diffida la regione a  predisporre  entro
settanta  giorni  un  Piano   di   rientro   contenente   misure   di
riorganizzazione e riqualificazione del Servizio sanitario regionale,
[...] nonche' a provvedere a quanto previsto dall'art. 1,  comma  174
della medesima legge». 
    L'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del  2003,  pero',  prevede
espressamente che «il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Ministro competente per  materia,  anche  su  iniziativa
delle Regioni o degli enti locali, assegna  all'ente  interessato  un
congruo termine per adottare i  provvedimenti  dovuti  o  necessari».
Sicche', ai sensi della citata norma, il termine deve essere  congruo
in relazione alla specificita' e complessita'  del  provvedimento  da
adottare. Non e' chi non veda come approntare un «Piano  di  rientro'
contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del Servizio
sanitario regionale», data la  complessita'  della  materia  e  degli
interventi da compiere e da prevedersi, possa necessitare di un tempo
ben maggiore. 
    Inoltre, si tenga in debito conto che il decreto-legge e' entrato
in vigore il 1°  luglio,  e  che,  di  conseguenza,  il  termine  per
adempiere scadrebbe il 9 settembre: il periodo utile coincide  dunque
perfettamente col periodo nel  quale  tradizionalmente  in  Italia  i
lavoratori (tutti, compreso gli  impiegati  e  i  tecnici  regionali)
usufruiscono della maggior parte  delle  ferie  loro  spettanti.  Non
solo. Coincide anche con il periodo  in  cui,  da  sempre,  non  sono
tenute  udienze  o  camere  di  consiglio  di  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale, con la duplice conseguenza che: a) la predisposizione
del Piano e' resa estremamente difficoltosa; b) alla Regione Calabria
viene sottratta, nella sostanza, la facolta' di richiedere la  tutela
cautelare ai sensi dell'art. 35, legge n. 87 del 1953 e dell'art.  21
N.I. 
    A fronte di un termine  cosi'  chiaramente  incongruo  (e  quindi
illegittimo) la norma  impugnata  nulla  dice  circa  i  termini  che
scandiranno la procedura  da  parte  delle  amministrazioni  statali.
Infatti, non e' previsto un termine entro il quale il  Consiglio  dei
ministri nominera' il Commissario; nulla si  dice  circa  il  termine
entro cui il Piano sara' approvato dal  Consiglio  dei  ministri  una
volta predisposto; soprattutto, a fronte - come gia' detto  -  di  un
termine cosi' iugulatorio  imposto  alla  Regione  Calabria,  non  e'
fissato alcun termine  al  Commissario  per  la  predisposizione  del
Piano, quasi che «la straordinaria necessita' ed urgenza di  tutelare
l'erogazione  delle  prestazioni  sanitarie»  invocata  dalla   norma
impugnata valga solo per la fissazione del termina alla regione e non
anche alle amministrazioni statali. 
    7.  -  Violazione  dell'art.  120,  secondo   comma   Cost.,   in
riferimento all'art. 8, comma 4, della legge n. 131 del 2003.  L'art.
8, comma 4, della legge n. 131 del 2003 prescrive dettagliatamente la
procedura sostitutiva da utilizzarsi «nei casi di assoluta  urgenza»,
prevedendo che «il Consiglio dei ministri, su proposta  del  Ministro
competente  [...]  adotta  i  provvedimenti   necessari,   che   sono
immediatamente  comunicati  alla  Conferenza  Stato-regioni  o   alla
Conferenza Stato-citta' e autonomie locali». A sua volta, l'art.  22,
comma  4,  del  decreto-legge  impugnato,  nell'incipit,   giustifica
lapidariamente  l'intervento  sostitutivo  «Attesa  la  straordinaria
necessita' ed urgenza  di  tutelare  l'erogazione  delle  prestazioni
sanitarie». Il raffronto tra le due  previsioni  normative  chiarisce
l'illegittimita' della normativa impugnata. 
    Invero,   se   la   finalita'   fosse   stata   davvero    quella
dell'inderogabilmente urgente soddisfacimento dei livelli  essenziali
delle prestazioni sanitarie, ipoteticamente  a  rischio,  il  Governo
avrebbe avuto la possibilita' di avvalersi dei rimedi previsti  dalla
legge  n.  131  del  2003,  che  sono  ben  diversi  da  quelli   del
commissariamento dell'intera sanita' regionale.  Il  fine  (l'urgente
tutela   dei   livelli   essenziali)   e   il   mezzo    (l'integrale
commissariamento),   insomma,   non   combaciano.   E   cio'   viola,
palesemente, i parametri invocati in epigrafe. 
    8. - Violazione degli arti. 3 e 120  della  Costituzione  per  un
ulteriore profilo. L'art. 22, comma 4, lett.  d),  del  decreto-legge
impugnato prevede che «ai  crediti  interessati  dalle  procedure  di
accertamento e riconciliazione del debito pregresso  al  31  dicembre
2008 si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, comma 2-bis  del
decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29  novembre  2007,  n.  222.  Si  applicano  inoltre  le
disposizioni di cui all'art. 4, comma 2, del citato decreto-legge  n.
159 del 2007, che non siano in  contrasto  con  le  disposizioni  del
presente comma». L'art. 4, comma 2-bis, del d.l. n. 159 del  2007,  a
sua volta, prevede che «I  crediti  interessati  dalle  procedure  di
accertamento e riconciliazione del debito pregresso  al  31  dicembre
2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei  piani  di  rientro  dai
deficit sanitari di  cui  all'art.  1,  comma  180,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311, per i quali: sia stata fatta la  richiesta  ai
creditori della  comunicazione  di  informazioni,  entro  un  termine
definito, sui crediti vantati dai medesimi, si prescrivono in  cinque
anni dalla data in  cui  sono  maturati,  e  comunque  non  prima  di
centottanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto, qualora, alla scadenza del  termine
fissato, non sia pervenuta la comunicazione  richiesta.  A  decorrere
dal termine per la  predetta  comunicazione,  i  crediti  di  cui  al
presente comma non producono interessi». 
    Va subito detto che non e' ben chiaro se si potra'  usufruire  di
tale  agevolazione  solo  ed   esclusivamente   nel   caso   in   cui
l'accertamento sia effettuato dal Commissario.  Nondimeno,  se  cosi'
fosse, la norma censurata sarebbe certamente illegittima, in  quanto,
a parita' di condizioni (stessi debiti, stessi creditori), vi sarebbe
un diverso trattamento basato esclusivamente sul soggetto che  compie
l'accertamento (il Commissario o la regione). 
    La regione, si badi, ha interesse ad  invocare  il  principio  di
ragionevolezza, in  quanto  subirebbe  un  notevole  danno  economico
connesso  al  fatto  che  gli  interessi  continuerebbero  ad  essere
calcolati  e,  per  converso,  l'irragionevolezza   si   salda   alla
violazione della sfera di  attribuzioni  regionali,  configurando  un
vizio denunciabile in questa sede. 

        
      
                              P. Q. M. 
    Si chiede che, in  accoglimento  del  presente  ricorso,  codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia   dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 22, comma 4,  del  decreto-legge  1°  luglio
2009, n. 78 (in Gazzetta  Ufficiale  n.  150  del  1°  luglio  2009),
recante «Provvedimenti anticrisi, nonche' proroga di termini e  della
partecipazione italiana a missioni internazionali». 
        Roma, addi' 29 luglio 2009 
                     Avv. Prof. Massimo Luciani 

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