RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 settembre 2008 , n. 55
Depositato  in  cancelleria  il 18 settembre 2008 (del Presidente del
Consiglio dei ministri)

(GU n. 44 del 22-10-2008) 
 
   Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,
rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i
cui uffici domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, 12;
   Contro  Regione  Umbria,  in  persona  del Presidente della Giunta
regionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della
legge  regionale Umbria n. 12 del 10 luglio 2008 (B.u.r. n. 33 del 16
luglio 2008).
                         Si osserva in fatto
   La legge Umbria n. 12/2008 detta norme per i centri storici.
   In particolare la legge umbra si propone di favorire la permanenza
o  il  reinserimento  dei  residenti  e  degli  operatori  economici;
incentivare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio
esistente;   valorizzare   e   tutelare   gli   edifici   di  pregio;
riqualificare gli spazi pubblici e privati; ridurre la vulnerabilita'
sismica  del  patrimonio  immobiliare  e  la  vulnerabilita'  urbana;
migliorare  l'accessibilita'  e  la mobilita'; adeguare i fabbricati,
gli  impianti  e  i  servizi pubblici, al fine di conseguire adeguati
livelli  di sicurezza e di sostenibilita' ambientale, con particolare
riguardo  per il risparmio energetico, l'uso contenuto delle risorse,
la  riduzione  degli  inquinamenti  e la cura estetica dei manufatti;
raggiungere,  negli  spazi pubblici, livelli di sicurezza adeguati ai
bisogni  delle  diverse  fasce  di  eta'  e dei soggetti diversamente
abili;   mantenere,  insediare  e  valorizzare  attivita'  artigiane,
turistico-ricettive,  direzionali,  commerciali, di servizi, sociali,
ricreative,  culturali  e  artistiche;  curare  l'immagine del centro
storico  come  componente  del paesaggio; migliorare la fruizione dei
beni  culturali  e dei luoghi storico-artistici; individuare percorsi
culturali  e  museali  definendo modalita' di gestione che assicurino
l'autofinanziamento;  realizzazione  di punti informativi quali porte
di accesso ai servizi e alle reti turistico-ricettive.
   Determinati comuni, con popolazione superiore a diecimila abitanti
o  il  cui  centro storico sia piu' ampio di 14 ettari, sono tenuti a
redigere  un  quadro strategico di valorizzazione dei centri storici.
Per  i  restanti  comuni  la  redazione  del quadro strategico non e'
obbligatorio.
   All'interno  dei centri storici, possono essere individuati ambiti
di  rivitalizzazione  prioritaria (ARP), tra quelli caratterizzati da
degrado  edilizio,  urbanistico,  ambientale,  economico,  sociale  e
funzionale.  In  tali  ambiti  i  comuni  possono  attuare  programmi
urbanistici,   piani   attuativi   e   programmi   urbani   complessi
comprendenti   interventi   di  restauro,  risanamento  conservativo,
ristrutturazione edilizia o urbanistica di edifici od isolati.
                        Si osserva in diritto
   Della   legge   regionale   de   quo   non  e'  indicata  la  base
costituzionale; si deve pertanto procedere per ipotesi, per ritornare
sull'argomento quando la regione avra' dispiegato le proprie ragioni.
   Si  prendono  pertanto  in esame le possibili basi costituzionali,
per  poi  verificare  se la potesta' legislativa, nella ipotesi della
sua sussistenza, sia stata esercitata correttamente.
   La    legge   regionale   presenta   aspetti   di   illegittimita'
costituzionale  relativamente  a numerose disposizioni che di seguito
saranno  richiamate  in relazione ai parametri costituzionali ed alle
norme interposte.
   La  valorizzazione  (e  prima  ancora,  sia  pure nominalmente, la
tutela,  cui  la  legge  regionale dedica accenni) dei centri storici
viene  perseguita  dalla  legge  medesima  in  una  prospettiva tutta
interna  al governo del territorio, prescindendo dalla considerazione
dell'esistenza  dalla  normativa  statale  in  materia  di  tutela  e
valorizzazione  del  patrimonio culturale (Codice dei Beni culturali,
d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) che disciplina obbiettivi, strumenti e
moduli   procedimentali   di   esercizio   delle  relative  attivita'
amministrative.
   Dal  punto  di  vista  delle  qualificazioni  giuridiche, i centri
storici  sono,  prima  di  tutto,  un'importantissima  componente del
patrimonio culturale, quale luogo privilegiato di ubicazione dei beni
culturali,   individuati   con  provvedimenti  statali  (mediante  le
dichiarazioni    di    interesse   storico-artistico,   archeologico,
storico-relazionale  e, per i beni di appartenenza pubblica, mediante
le  corrispondenti verifiche dell'interesse culturale) e disciplinati
dalle disposizioni della Parte II del Codice dei beni culturali e del
paesaggio.  I centri storici sono quindi da considerarsi alla stregua
di  «beni culturali complessi», tutelabili nell'insieme a prescindere
dalla   qualificazione  dei  singoli  immobili  rinvenibili  al  loro
interno, inoltre, di regola, essi stessi, nel loro insieme, sono beni
paesaggistici,  ai  sensi  delle  disposizioni  della  Parte  III del
predetto  Codice, il quale ribadisce che, nell'ambito della tipologia
dei  beni  paesaggistici  costituita da «i complessi di cose immobili
che  compongono  un  caratteristico  aspetto avente valore estetico e
tradizionale» devono intendersi «inclusi i centri e i nuclei storici»
(articolo 136, lettera c).
   In  particolare,  tutti  i centri storici piu' significativi della
Regione Umbria sono sottoposti a vincoli paesaggistici.
   La   disciplina  della  tutela  dei  beni  culturali  e  dei  beni
paesaggistici,  rinvenibile  nel  Codice  dei  beni  culturali  e del
paesaggio,  e'  espressione  della potesta' legislativa esclusiva, ai
sensi  dell'articolo  117,  comma  secondo,  Cost. Il Codice dei beni
culturali  e  del  paesaggio (articoli 138, 141-bis e 143) stabilisce
che i vincoli paesaggistici (quelli nuovi, ma anche quelli esistenti)
siano  corredati  dalle  «prescrizioni  d'uso» dei beni vincolati, in
particolare,  prevedendo  (articolo  143)  che  i piani paesaggistici
regionali  definiscano apposite prescrizioni e previsioni preordinate
alla  conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei
beni,  alla  riqualificazione  delle  aree  compromesse  o degradate,
all'individuazione  delle  linee di sviluppo urbanistico ed edilizio,
in   funzione   della   loro  compatibilita'  con  i  diversi  valori
paesaggistici riconosciuti e tutelati, la ricognizione degli immobili
e  delle  aree  dichiarati  di  notevole  interesse pubblico, la loro
delimitazione e rappresentazione in scala idonea all'identificazione,
l'individuazione  di specifiche prescrizioni d'uso nonche' i casi nei
quali  la  realizzazione  degli  interventi  effettivamente  volti al
recupero e alla riqualificazione non richiede l'autorizzazione di cui
all'art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
   I  piani  paesaggistici  (insieme ai vincoli provvedimentali che i
piani  sono  tenuti  a  recepire  ed  a  coordinare) prevalgono sugli
strumenti urbanistici generali ed in generale su qualsiasi previsione
in  materia  di  governo  del  territorio,  come  viene espressamente
sancito  -  in  coerenza con l'orientamento ormai pacifico da codesta
Corte  -  dall'articolo  145  del  Codice  dei  beni  culturali e del
paesaggio.
   Le censurate disposizioni della legge regionale confliggono con le
disposizioni  degli  artt. 135; 136, comma 1, lett. a); 143, comma 1,
lett.  b) e g) e comma 4, lett. a) e b); 145, comma 3; 146 del Codice
dei beni culturali e del paesaggio, e loro tramite, con gli artt. 9 e
117,  secondo  comma, lett. s) e terzo comma Cost. che riservano alla
potesta'  legislativa  esclusiva dello Stato la tutela del patrimonio
culturale  paesaggistico  e  sanciscono  che  la potesta' legislativa
concorrente in materia di valorizzazione del patrimonio culturale sia
esercitata   nel  rispetto  dei  principi  fondamentali  della  legge
statale.
   Sulla  base  di  tali norme interposte la legge regionale in esame
risulta censurabile relativamente alle seguenti norme:
     1)  le disposizioni contenute nell'art. 2, comma 1, lettere a) e
c),  definiscono  i  «centri  storici»  e  il  «quadro  strategico di
valorizzazione»  stabilendo,  rispettivamente,  che  gli insediamenti
vengano  individuati  dai comuni e che il programma di valorizzazione
delinei le politiche comunali da attuarsi;
     2)  la  norma di cui all'art 3, comma 1, lettera d), indica come
obiettivo  regionale  la  valorizzazione e la tutela degli edifici di
particolare   pregio   ed   interesse   storico,   architettonico   e
monumentale;
     3)  la  previsione  contenuta  nell'art.  4, comma 3, demanda al
Comune    ogni    competenza    in    merito   all'individuazione   e
regolamentazione  dei  centri  storici,  mediante  la redazione di un
«quadro  strategico  di  azione»  compilato  secondo  le  linee guida
approvate dalla Giunta regionale;
     4)  le disposizioni di cui all'art. 6, comma 1, lettere a) e b),
prevedono   ipotesi   di   interventi   ad   attuazione  diretta  per
ristrutturazione  edilizia  e  cambiamenti  d'uso.  Tali disposizioni
prescindono  dalla  disciplina  del  Codice  dei beni culturali e del
paesaggio.
   Infatti  l'imposizione  e  la  gestione  dei  vincoli  culturali e
paesaggistici,  come  sopra  evidenziato,  rientrano per intero nelle
competenze del Ministero per i beni e le attivita' culturali.
   L'imposizione dei vincoli paesaggistici e la loro integrazione con
le  prescrizioni d'uso, competono in forma disgiunta e parallela alla
regione  ed  al  Ministero  (articoli 140, 141 e 141-bis del Codice).
L'elaborazione  dei  piani paesaggistici e' demandata alla competenza
congiunta dei due livelli istituzionali (articolo 143).
   La   stessa  gestione  dei  vincoli,  attraverso  il  procedimento
autorizzatorio   dei  singoli  progetti,  vede  la  competenza  delle
regioni,  con  subdelega  agli  enti locali, ma con la partecipazione
endoprocedimentale della Soprintendenza statale (la quale, attraverso
l'espressione  di un parere vincolante, assume un ruolo preponderante
fino  al  momento  in  cui  i vincoli non siano stati corredati delle
prescrizioni d'uso dei beni - articolo 146 del Codice).
   Cio'   fa  si'  che  non  si  possano  pianificare  o  incentivare
interventi  di  riqualificazione o trasformazione dei centri storici,
se  non  intervenendo anzitutto nelle sedi di esercizio dei poteri di
tutela,   indicate  dal  Codice:  provvedimenti  dichiarativi,  piani
paesaggistici,   piani   urbanistici  comunali  nella  parte  in  cui
recepiscono  e  dettagliano  su  scala  di progetto le previsioni dei
primi.
   Vale a dire, in sedi decisionali, statali o regionali, distinte da
quelle  comunali  in  cui  vengono decise le politiche di governo del
territorio   (urbanistica),  e  comunque  attraverso  elaborazioni  e
valutazioni di interessi specifiche ed autonome rispetto ad esse.
   Nella   legge   regionale   non   vengono  previsti  raccordi  con
l'elaborazione  e  l'integrazione  dei  vincoli provvedimentali e dei
piani  paesaggistici  e con i conseguenti procedimenti autorizzatori,
ne'  con  i  procedimenti  autorizzatori  che  discendono dai vincoli
storico-artistici.
   La  legge  regionale  non  presuppone  ne'  richiama l'esito delle
valutazioni  compiute  ai fini di tutela ai sensi del Codice dei beni
culturali  e  del  paesaggio,  ne' prevede in alcun caso l'intervento
delle   Soprintendenze  e  non  contiene  riferimenti  al  necessario
rapporto  di  leale collaborazione tra Stato e regioni che la materia
impone.
   Il  fatto  che  la  legge  regionale  non  prenda  espressamente e
concretamente  in  considerazione  l'obbligo  di  tutela  dei  centri
storici  come  beni  culturali  e beni paesaggistici (obbligo che, in
base  all'art.  9  Cost.,  cui  danno  oggi  specifica attuazione gli
articoli  1-5  del  Codice  dei beni culturali e del paesaggio, grava
anche sulle regioni), ma si limiti a disciplinarne la valorizzazione,
in  una prospettiva esclusivamente interna alle tematiche del governo
del territorio e dello sviluppo locale, come gia' sopra precisato, la
pone  in  contrasto  -  oltre  che con l'art. 9 - con l'articolo 117,
commi secondo, lettera s) e terzo, Cost.
   Infatti,  va  ribadito  che  la  tutela dei beni culturali rientra
nella potesta' esclusiva dello Stato, e la valorizzazione puo' essere
disciplinata  dalle  regioni  nel  rispetto dei principi fondamentali
della  legge  statale,  tra  i  quali  assumono rilievo la prevalenza
logico-giuridica  delle attivita' di tutela (articolo 6, comma 2, del
Codice:  «La  valorizzazione  e'  attuata in forme compatibili con la
tutela  e tali da non pregiudicarne le esigenze»), ed il metodo della
cooperazione  nell'esercizio  delle funzioni e dei compiti in materia
di  valorizzazione  (articolo 7, comma 2: «Il Ministero, le regioni e
gli  altri  enti  pubblici  territoriali perseguono il coordinamento,
l'armonizzazione  e  l'integrazione delle attivita' di valorizzazione
dei  beni  pubblici»).  Una  disciplina  della  valorizzazione che si
sviluppi  autonomamente,  prescindendo  dai necessari raccordi con la
disciplina  della  tutela, elude e rende impossibile la realizzazione
di detti principi.
   Anche  qualora  si  ritenesse  che  la  Regione  Umbria  ha inteso
disciplinare  i centri storici come meri «beni a rilevanza culturale»
e,  secondo  le indicazioni contenute nelle sentenze di codesta Corte
n. 94/2003  e  n. 232/2005, abbia dettato una disciplina «leggera» ed
aggiuntiva  di  quella  statale  di  tutela,  la carenza di qualsiasi
previsione  di  raccordo  con le sedi della tutela dei centri storici
resta  comunque  censurabile,  in  quanto  determina  una sistematica
duplicazione  dei  procedimenti amministrativi: quelli previsti dalla
legge  regionale,  ai  fini  della  selezione ed incentivazione degli
interventi,  si  sovrappongono a quelli gia' disciplinati dal Codice,
senza  avere  la  forza  di  modificarli, cosi' originando incertezza
negli  amministratori e negli utenti, aggravi procedimentali e spreco
di risorse pubbliche.
   Risultano  altresi'  censurabili,  perche'  in  contrasto  con  la
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui
all'articolo  117,  secondo comma, lettera l), nonche' con i principi
fondamentali   in  materia  di  governo  del  territorio,  quindi  in
violazione  dell'articolo  117,  terzo  comma  della Costituzione, le
seguenti norme:
     1)   L'articolo  8,  e collegati articoli 9 e 10, disciplina gli
«interventi  premiali»,  prevedendo che i proprietari degli edifici o
isolati  possono  beneficiare  di  quantita' edificatorie premiali in
alcuni   interventi   di   restauro,   risanamento   conservativo   e
ristrutturazione edilizia ed urbanistica.
   Il  comma  terzo  dell'art. 8 definisce la quantita' premiale come
fattispecie  «...  costituita  da  diritti  edificatori  espressi  in
superficie  utile coperta...». Tali disposizioni, prevedendo un forma
di  perequazione  generalizzata,  incide sul contenuto del diritto di
proprieta'   e   sul   regime  della  pubblicita'  dei  trasferimenti
immobiliari,  in  assenza dei principi generali nella materia i quali
non  possono che essere contenuti nella legge statale in virtu' della
riserva  di  legge  prevista  dall'art.  42, secondo comma, Cost. (in
ordine  alla  determinazione  dei  modi di acquisto e godimento della
proprieta)  e  della  competenza  esclusiva  attribuita allo Stato in
materia di ordinamento civile dall'art. 117, secondo comma, lett. l),
Costituzione;
     2)  le  disposizioni contenute negli articoli 10, comma 2, e 11,
comma   2,  non  prevedono,  rispettivamente,  che  l'utilizzo  della
prevista  quantita'  premiale debba avvenire nel rispetto anche delle
distanze  minime  di  cui  al  d.m.  n. 1444 del 1968 e non impone il
rispetto  di tali limiti per la ricostruzione di edifici demoliti. In
proposito  si  richiama la sentenza di codesta Corte n. 232 del 2005,
che  ha  precisato  che  la disciplina delle distanze fra costruzioni
rientri   nella   materia   dell'ordinamento  civile,  di  competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  che  pertanto  non puo' essere
derogata dal legislatore regionale.

        
      
                               P. Q. M.
   Si   conclude   perche'   le   norme  impugnate  siano  dichiarate
costituzionalmente illegittime;
   Si   produce   estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri.
     Roma, addi' 12 settembre 2008
              L'Avvocato dello Stato: Francesco Lettera

        

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