Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 agosto 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 40 del 2018-10-10)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. …) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. …), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, manifestando la volonta' di ricevere le comunicazioni all'indirizzo PEC …

Nei confronti della Regione Piemonte in persona del presidente pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 6, comma 7 e 13, comma 1 della legge Regione Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 pubblicata nel BUR n. 21 del 21 giugno 2018 recante «Tutela della fauna e gestione faunistica-venatoria» giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 8 agosto 2018.

La legge regionale Piemonte 19 giugno 2016 n. 5 - Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria ha disposto «1. ... nel rispetto dei principi dettati dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica e omeoterma e per il prelievo venatorio) ed in conformita' delle direttive comunitarie e delle Convenzioni internazionali in materia di tutela della fauna, dell'ambiente e del territorio, detta norme per la tutela, la conservazione e la gestione del patrimonio faunistico-ambientale, perseguendo in particolare, i seguenti scopi:... c) disciplinare l'attivita' venatoria; g) garantire la salvaguardia delle colture agricole e della biodiversita' coordinando e disciplinando a tal fine l'attivita' venatoria e favorendo la realizzazione di progetti di sviluppo, in particolare in aree collinari e montane; ... 2. La Regione disciplina, altresi', per gli aspetti di competenza, la gestione del territorio regionale ai fini faunistici e venatori, attuando la tutela di tutte le specie appartenenti alla fauna selvatica, in attuazione dell'art. 6 dello Statuto, la Regione ritiene l'ambiente ed il territorio beni primari di tutta la comunita', ne promuove la conoscenza, riconosce la fauna selvatica come componente importante di tale bene e la tutela nell'interesse della comunita' internazionale, nazionale e regionale. 3. Nella definizione degli interventi previsti per l'attuazione degli obiettivi indicati si tiene anche conto della consistenza numerica delle popolazioni delle specie appartenenti alla fauna selvatica, della loro dinamica di popolazione, della loro distribuzione geografica, della presenza di fattori naturali e entropici di equilibrio» (art. 1).

L'art. 6, comma 7, relativo alla pianificazione faunistica-venatoria regionale, che prevede la facolta' del proprietario (o conduttore) di un fondo di chiederne la chiusura alla caccia si pone in contrasto con l'art. 842 cc, 15 della legge n. 157/92 e 20 comma 2 della legge n. 241/90.

L'art. 13, comma 1, che disciplina il calendario venatorio regionale, attribuisce alla Giunta regionale la competenza ad adottarlo e a disciplinare l'esercizio della attivita' venatoria si pone in contrasto con l'art. 18 della legge n. 157/1992.

Le due disposizioni della norma regionale in esame, che costituiscono misure attinenti alla conservazione e alla gestione del patrimonio faunistico-ambientale regionale, che e' componente essenziale del patrimonio faunistico-ambientale nazionale, ne pregiudicano la tutela violando la competenza esclusiva riconosciuta allo Stato in materia di ordinamento civile e di tutela dell'ambiente dall'art. 117, secondo comma, lettere l) e s) della Costituzione.

Le norme statali sopra richiamate dettano la disciplina armonizzata per la tutela della fauna e la gestione faunistica - venatoria del territorio nazionale e le competenze attribuite alla Regione sono finalizzate ad impedire che la specificita' del territorio regionale comprometta il conseguimento del contemperamento degli interessi coinvolti nella protezione dell'ecosistema. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Piemonte abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale come si vuole dimostrare con l'illustrazione dei seguenti

Motivi

L'art. 6, comma 7 della legge regionale n. 5 del 19 giugno 2018 viola l'art. 117, comma secondo, lettere l) e s) della Costituzione con riferimento all'art. 842 cc, all'art. 20 della legge n. 241/90 e all'art. 15 della legge n. 157/1992 recante «norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».

Si premette che la normativa sulla caccia e' armonizzata e trova disciplina nell'ordinamento statale nel decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1997, n. 357 (attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali) e nella legge n. 157 dell'11 febbraio 1992, gia' richiamata in epigrafe quale normativa interposta, che dispone all'art. 1 - Finalita' «1. La fauna selvatica e' patrimonio indisponibile dello Stato ed e' tutelata nell'interesse della comunita' nazionale ed internazionale...

2. L'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.

3. Le Regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformita' alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie...».

La legge prende, dunque, in considerazione due interessi specifici (la tutela della fauna selvatica e la produzione agricola) e fornisce gli strumenti per il loro contemperamento nelle situazioni concrete di conflittualita'.

La normativa regionale in materia di caccia interagisce per naturale coincidenza degli ambiti competenziali con l'attribuzione esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed ecosistema di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione la quale, come e' stato piu' volte precisato dalla giurisprudenza costituzionale, si riferisce all'«ambiente» in termini generali ed omnicomprensivi (sentenza n. 378 del 2007).

L'art. 6 della legge regionale Piemonte 19 giugno 2018, n. 5 - che titola «Pianificazione faunistica venatoria regionale» - stabilisce che «1. Quota parte del territorio agro-silvo-pastorale regionale e quota parte del territorio delle Alpi sono soggette a pianificazione faunistica finalizzata, nel rispetto delle proprie peculiarita', al piu' generale obiettivo di mantenimento della biodiversita' ed in particolare alla conservazione delle effettive capacita' riproduttive delle popolazioni delle varie specie, alla interazione fra di loro con gli ambiti agricoli e con l'ambiente, al conseguimento ed al mantenimento delle densita' ottimale e alla conservazione delle stesse, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio».

La disposizione, sebbene tenda a contemperare gli interessi della proprieta' con quelli della tutela ambientale e della biodiversita' ed in particolare della conservazione delle varie specie di fauna al comma 7 prevedendo che «Il proprietario o il conduttore di un fondo che intende vietare sullo stesso l'esercizio dell'attivita' venatoria inoltra al Presidente della provincia o al sindaco della Citta' metropolitana di Torino e, per conoscenza all'ATC o CA di competenza, una richiesta motivata che, ai sensi dell'art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in assenza di risposta entro i termini ivi indicati si intende accolta. La Giunta regionale, sentita la commissione competente, stabilisce i criteri e le modalita' di esercizio del presente divieto, compresa la apposizione, a cura del proprietario e del conduttore del fondo ove insiste il divieto di caccia, di tabelle esenti da tasse, che delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata.» si pone in contrasto con l'art. 842 del codice civile.

L'art. 842 codice civile stabilisce che il proprietario di un fondo non puo' impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso, nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno; nella fattispecie per sancire la chiusura dei fondi l'art. 15 della legge n. 157/92 recante disciplina della caccia, stabilisce che gli interessati presentino richiesta in tal senso al Presidente della Giunta Regionale a pena di decadenza, entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del piano faunistico venatorio.

Del resto, e sul punto si tornera' in seguito, l'istituto del silenzio assenso di cui alla legge n. 241/90 applicato dalla norma regionale in esame ad un ambito ambientale escluso ai sensi della stessa legge da tale forma di semplificazione procedurale, esorbita dalle competenze regionali.

Si precisa che il «fondo» di riferimento deve essere necessariamente inserito nella pianificazione faunistico-venatoria regionale e soggetto alla specifica normativa esecutiva di zona. Tale normativa, conforma ai sensi dell'art. 41 Cost., il diritto di proprieta' del fondo agricolo e, quindi, le facolta' del proprietario alla disciplina armonizzata dell'esercizio della attivita' venatoria (legge n. 157/92). Il parametro generale di tale conformazione e' costituito dalla disposizione contenuta nell'art. 842 codice civile richiamato.

La legge n. 157 dell'11 febbraio 1992, «recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» all'art. 15 n. 3 dispone «il proprietario o conduttore di un fondo che intende vietare sullo stesso l'esercizio dell'attivita' venatoria deve inoltrare entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio al Presidente della Giunta Regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 dalla stessa e' esaminata entro sessanta giorni».

I due limiti all'esercizio della caccia sul fondo rispondono a due distinti interessi: quello della tutela della fauna sotto il profilo della sua conservazione, che comporta oltre alla conservazione dell'habitat naturale che consenta il ricovero sicuro e il potenziamento qualitativo e quantitativo delle specie faunistiche autoctone attraverso abbattimenti selettivi e mirati affidati a personale specializzato; l'altro, quello della salvaguardia delle colture agricole.

La normativa di zona, ai sensi dell'art. 41 Cost., specifica le generiche facolta' riconosciute al proprietario (o conduttore) del terreno dall'art. 842 codice civile di impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia.

Nel caso della «chiusura del fondo», il proprietario che inibisce l'ingresso per l'esercizio della caccia svolge una funzione sussidiaria di interesse pubblico; nel secondo caso, tutela principalmente i propri interessi economici.

In questo secondo caso, l'interesse economico del proprietario (o del conduttore) puo' essere in conflitto con l'interesse pubblico alla salvaguardia della biodiversita' alla quale e' finalizzata l'attivita' venatoria, e tale conflitto puo' essere risolto in favore della attivita' venatoria con il riconoscimento di indennizzi a favore della proprieta'.

Il fondo oggetto della richiesta di «chiusura alla attivita' venatoria» di cui alla disposizione in rassegna deve dunque essere tra quelli sui quali la programmazione regionale consente l'esercizio della attivita' venatoria «in movimento».

La legge dello Stato, in quanto provvedimento normativo di armonizzazione in esecuzione della normativa europea di settore, attribuisce il potere di pianificazione faunistico-venatorio alla Regione, che deve essere esercitato senza compromettere la tutela unitaria ambientale del territorio nazionale.

Ne consegue che se il proprietario (o conduttore) intende impedire l'ingresso nel terreno per l'esercizio della caccia deve motivare la propria richiesta con riferimento ai criteri specifici dettati dalla pianificazione faunistico-venatorio per la zona nella quale il terreno e' inserito.

I motivi della richiesta devono essere inerenti alla conservazione e alla gestione del patrimonio faunistico-ambientale, di competenza esclusiva, per espressa delega legislativa della Regione.

La Regione, quindi, deve necessariamente valutare la compatibilita' ambientale della richiesta di un provvedimento inibitorio di esercizio venatoria su di un'area soggetta a pianificazione faunistica-venatoria regionale.

La compatibilita' del provvedimento inibitorio con la pianificazione faunistica-venatoria regionale non puo' essere presunta. E cio', non solo perche' in materia ambientale non e' previsto il silenzio assenso (art. 20, comma 4, legge n. 241/1990) ma anche in quanto nella materia ambientale la Regione e' titolare di ampia discrezionalita' proprio per la incidenza ultraterritoriale dei provvedimenti adottati.

La natura della competenza regionale in subiecta materia costituisce ragione e presupposto della inapplicabilita' dell'istituto del silenzio assenso di cui all'art. 20 della legge n. 241/90 nella materia ambientale. La disposizione in rassegna, che prevede un provvedimento implicito di divieto di esercizio della attivita' venatoria su un terreno compreso nella pianificazione faunistico-venatoria regionale, e' costituzionalmente illegittima in quanto invasiva della competenza esclusiva riconosciuta alla Stato, che ha fondamento negli obblighi derivanti dalla appartenenza all'Unione europea e dalla ratifica degli Accordi internazionali in materia di tutela dell'ambiente, in materia di ordinamento civile (proprieta' privata) e di tutela dell'ambiente (interessi unitari) dall'art. 117, comma secondo, lettere l) e s) Costituzione.

La semplificazione procedimentale esorbita dunque dalle competenze regionali.

La disposizione in rassegna e' invasiva della competenza esclusiva dello Stato anche nella carenza di indicazione del termine di presentazione della richiesta del provvedimento di divieto dell'esercizio della attivita' venatoria su un determinato terreno. L'art. 15 della legge n. 157/92 recante la disciplina della caccia stabilisce che gli interessati ad un provvedimento di chiusura di un fondo alla attivita' venatoria debbano presentare la richiesta al Presidente della Giunta regionale, a pena di decede cadenza, entro trenta giorni dalla pubblicazione del Piano faunistico venatorio regionale. La prescrizione, che attiene all'esercizio del diritto di partecipazione dei cittadini alla predisposizione degli strumenti di pianificazione regionali, e' lo strumento per rendere effettivo tale diritto. La tempestivita' dell'intervento e' condizione anche della razionalita' della programmazione. La carenza del rispetto di tale modalita' dell'esercizio del diritto di partecipazione incide sulla razionalita' della scelta pianificatoria regionale e quindi sulla sua idoneita' a conseguire la finalita' della salvaguardia e del recupero naturalistico del territorio regionale.

La carenza se considerata anche con la previsione del provvedimento implicito di apposizione del divieto di esercizio della attivita' venatoria su una porzione, seppure minima, del territorio regionale ha come effetto di risolvere lo specifico conflitto di interessi a favore dell'interesse economico del proprietario (o conduttore) del fondo de quo.

La carenza di indicazione delle modalita' di esercizio del diritto alla partecipazione del singolo cittadino alla pianificazione regionale violando la norma interposta che nell'interesse unitario della tutela dell'ambiente rende effettiva la partecipazione dei cittadini allo esercizio della attivita' pianificatoria faunistica-venatoria regionale, risulta invasiva della competenza esclusiva riconosciuta allo Stato in materia di ordinamento civile e di tutela dell'ambiente dall'art. 117, secondo comma, lettere l) e s) della Costituzione. 2. L'art. 13, comma 1 della legge regionale Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 viola l'art. 117, secondo comma, lettere l) ed s) della Costituzione con riferimento all'art. 18 della legge n. 157/1992.

L'art. 13, comma 1 della legge regionale Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 - calendario venatorio - dispone «1 - la Giunta regionale, sentiti l'ISPRA e la Commissione consultiva regionale di cui all'art. 25 entro e non oltre il 15 giugno di ogni anno , adotta con proprio provvedimento il calendario venatorio e le disposizioni relative alla stagione venatoria nel rispetto dell'art. 18 della legge n. 157/1992 e dell'art. 11-quaterdecies, comma 5, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e concernente i seguenti aspetti:

a) specie cacciabili;

b) giornate e orari di caccia;

c) carniere giornaliero e stagionale;

d) giorni da destinare per tutto il territorio regionale alla caccia programmata;

e) periodi e modalita' allenamento degli ausiliari».

Il procedimento di approvazione del calendario venatorio in esame non e' coerente con le disposizioni di cui alla legge statale n. 157 dell'11 febbraio 1992 cui pure fa esplicito riferimento. In particolare l'art. 18 della legge statale n. 157 dell'11 febbraio 1992, reca la disciplina delle «Specie cacciabili e periodi di attivita' venatoria» demandando alle Regioni la pubblicazione del calendario venatorio regionale e il regolamento relativo all'intera annata venatoria nel rispetto di quanto di quanto stabilito nei commi 1, 2 e 3 della medesima disposizione. (punto n. 4 dell'art. 18).

Il calendario venatorio quale atto amministrativo e' adottato dalla Regione a mente del richiamato art. 18, comma 4 della legge n. 157/1992 nell'ambito della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, con cadenza annuale e cio' per la ricorrenza delle stagioni di caccia e con le possibilita' di adeguamento dello stesso con il mutare delle situazioni ambientali locali. Le Regioni con il calendario venatorio possono intervenire solo sulla regolamentazione dei periodi dell'attivita' venatoria per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali, il regime di flessibilita' del calendario venatorio e' dunque circoscritto nei termini su delineati. La norma in rassegna, in assenza di una disposizione espressa che specifichi, in relazione alla presenza e alla consistenza numerica delle specie di fauna selvatica presente stabilmente o periodicamente nel territorio regionale, le modalita' per la individuazione delle specie cacciabili e della misura degli abbattimenti precauzionalmente consentiti per non pregiudicare il patrimonio faunistico regionale, assume il valore di attribuzione di un potere incondizionato di gestione del patrimonio faunistico regionale vanificando la pianificazione faunistico-venatoria regionale che costituisce componente essenziale della protezione nazionale ambientale.

La norma in esame compromettendo la tutela ambientale nazionale risulta invasiva della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e di tutela dell'ambiente attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettere l) ed s) della Costituzione finalizzata a tale tutela.

P.Q.M.

Si conclude perche' gli articoli 6, comma 7 e 13, comma 1 della legge Regione Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 recante «Tutela della fauna e gestione faunistica-venatoria» siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Con l'originale notificato del presente ricorso si depositano:

1) estratto della determinazione del Consiglio dei ministri assunta nella riunione del 9 agosto 2018 e della relazione allegata al verbale;

2) copia della legge impugnata della Regione Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018.

 

Roma 13 agosto 2018

L'Avvocato dello Stato: Morici

Il vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri

 

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