Ricorso n. 56 del 28 maggio 2015 (Regione Sardegna)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 28 maggio 2015 (della Regione Sardegna) .
(GU n. 26 del 2015-07-01)
Ricorso per la Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc.
…) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.
69, in persona del Presidente pro tempore Prof. Francesco Pigliaru,
giusta procura a margine del presente atto rappresentata e difesa
dagli Avv.ti Sandra Trincas (cod. fisc.: …; fax:
…; posta elettronica certificata:
…) e Prof. Massimo Luciani (cod.
fisc.: …; fax: …; posta elettronica
certificata …), elettivamente
domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere
Raffaello Sanzio, n. 9;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in 00186
Roma e' domiciliato ex lege;
Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.
1 del d.1. 24 gennaio 2015, n. 4, pubbl. in G.U. 24 gennaio 2015, n.
19, convertito in legge 24 marzo 2015, n. 34, pubbl. in G.U. 25 marzo
2015, n. 70, S.O. n. 15/L.
Fatto
1. - Il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, recante «Riordino della
finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge
23 ottobre 1992, n. 421», ha istituito «l'imposta comunale sugli
immobili (I.C.I.)" (art. 1, comma 1), che aveva come «presupposto
[...] il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni
agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati,
ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio e'
diretta l'attivita' dell'impresa» (art. 1, comma 2).
Ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. h), del citato decreto «sono
esenti dall'imposta: [.. .] i terreni agricoli ricadenti in aree
montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge
27 dicembre 1977, n. 984».
2. - Successivamente, il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante
«Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale», ha
istituito l'«Imposta municipale propria» (in seguito: «IMU»), la
quale «ha per presupposto il possesso di immobili diversi
dall'abitazione principale» (art. 8, comma 2), e «sostituisce per la
componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e
le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari
relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili
[...]» (art. 8, comma 1). L'art. 9, comma 8, del decreto ha mantenuto
«le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, letter[a] h) [...]
del citato decreto legislativo n. 504 del 1992».
L'art. 13, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 23 del 2011,
inoltre, ha previsto che «per il finanziamento delle spese dei comuni
e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni
standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, e'
istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo, con
indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli
stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il
finanziamento delle funzioni da loro svolte».
3. - L'art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, recante
«Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento
dei conti pubblici», ha disposto «l'istituzione dell'imposta
municipale propria [...] anticipata, in via sperimentale, a decorrere
dall'anno 2012» (comma 1). Il comma 13, in particolare, ha stabilito
che «restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 [...] del decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23», ivi compresa, dunque, quella di
cui al comma 8, in base al quale si applicano «le esenzioni previste
dall'articolo 7, comma 1, letter[a] h) [...] del [...] decreto
legislativo n. 504 del 1992».
4. - Successivamente, il d.l. 2 marzo 2012, n. 16, recante
«Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di
efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento», ha
previsto che «con decreto di natura non regolamentare del Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle
politiche agricole alimentari e forestali, e dell'interno, sono
individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta
2014, si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1
dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504,
sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani
predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT),
diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e
imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola,
e gli altri. [...] Dalle disposizioni di cui al presente comma deve
derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350
milioni di euro a decorrere dal medesimo anno 2014. Il recupero del
maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito
dell'adozione del decreto di cui al periodo precedente, e' operato
per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni
Siciliana e Sardegna, con la procedura prevista dai commi 128 e 129
dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 [...] in sede di
attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214 [...]» (art. 5-bis, inserito dalla legge di conversione
26 aprile 2012, n. 44 e, in un secondo momento, cosi' sostituito
dall'art. 22, comma 2, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89). Si e' introdotta,
dunque, una decurtazione certa ed immediata delle risorse stanziate
nel suddetto fondo perequativo, a fronte di un «maggior gettito
complessivo annuo» futuro nonche' meramente presuntivo ed ipotetico,
stimato di importo «non inferiore a € 350 milioni di euro».
5. - In attuazione del citato art. 22, comma 2, del d.l. n. 66
del 2014, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con
il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il
Ministro dell'interno, ha adottato il decreto interministeriale 28
novembre 2014, pubbl. in GU 6 dicembre 2014.
Il decreto, all'articolo 2, ha suddiviso i comuni in tre fasce,
sulla base dell'altitudine del centro cittadino. In particolare, si
prevede l'esenzione totale per i soli terreni agricoli dei comuni il
cui centro e' localizzato ad un'altitudine superiore a 600 metri
(comma 1). I terreni situati in comuni con altitudine compresa tra
281 e 600 metri, invece, sono esenti solamente nel caso in cui siano
posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli
professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola di cui
all'art. 1 del d.lgs. n. 99 del 2004 (comma 2). L'esenzione si
applica anche nel caso di concessione dei terreni in comodato o in
affitto ai predetti soggetti (comma 3). Il decreto, inoltre, ha
previsto l'esenzione totale, a prescindere dall'ubicazione, dei
terreni ad immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprieta'
collettiva indivisibile e non usucapibile. Nessuna esenzione, invece,
e' infine prevista per i terreni ubicati in Comuni ad altezza minore
o uguale a 280 metri.
Quanto alla corrispondente decurtazione di fondi, l'art. 4 del
decreto interministeriale riproduce la disposizione del d.l. n. 66
del 2014 relativa al recupero dell'extra-gettito, stimato in 350
milioni di euro, decurtazione peraltro retroattiva, atteso che l'art.
3 del medesimo decreto, per l'anno 2014, prevede «il versamento
dell'imposta in un'unica rata entro il 16 dicembre 2014».
6. - Il d.l. 16 dicembre 2014, n. 185, recante «Disposizioni
urgenti in materia di proroga dei termini di pagamento IMU per i
terreni agricoli montani e di interventi di regolazione contabile di
fine esercizio finanziario», ha prorogato al 26 gennaio 2015 «il
termine per il versamento dell'imposta municipale propria (IMU),
relativa al 2014, dovuta a seguito dell'approvazione del decreto
interministeriale di cui al comma 2 dell'articolo 22 del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89» (art. 1, comma 1). Il decreto ha
contestualmente previsto che «i Comuni, in deroga all'articolo 175
del Testo unico degli enti locali [...], accertano convenzionalmente
gli importi, a titolo di maggior gettito IMU, risultanti dal decreto
interministeriale di cui al citato articolo 22 del decreto-legge n.
66 del 2014, sul bilancio 2014, a fronte della riduzione
corrispondente dell'assegnazione dal Fondo di solidarieta' comunale»
(art. 1, comma 2, I periodo).
Il d.l. n. 185 del 2014 non e' stato convertito in legge.
Tuttavia, il testo dei due commi dell'art. 1 sopra citato e' stato
trasfuso, rispettivamente, nell'art. 1, commi 692 e 693, della legge
23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015).
7. - Avverso il ricordato decreto interministeriale hanno
proposto ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio
numerosi comuni e associazioni di comuni, ricorsi tuttora pendenti
innanzi la seconda Sezione del TAR Lazio (R.G: n. 16229/2014;
1698/2015; 1974/2015, l'ultimo dei quali vede ricorrenti numerosi
comuni del territorio sardo).
I ricorrenti hanno denunciato l'illegittimita' sia del decreto
interministeriale che della normativa primaria sopra illustrata,
lamentando la violazione dei principi di ragionevolezza, autonomia
finanziaria dei comuni, capacita' contributiva dei soggetti
all'imposta, veridicita' e copertura delle spese nei bilanci (artt.
3, 53, 81, 118 e 119 Cost.).
All'esito delle discussioni sulla richieste di misure cautelari
unite ai suddetti ricorsi, il TAR Lazio ha fissato l'udienza di
trattazione dei ricorsi nel merito al 17 giugno 2015 (cfr. ordd. TAR
Lazio, Sez. II, 22 gennaio 2015, n. 1115, e 5 marzo 2015, n. 3770).
8. - Nelle more, il d.l. 24 gennaio 2015, n. 4, recante «Misure
urgenti in materia di esenzione IMU», convertito, con modificazioni,
in legge 24 marzo 2015, n. 34, ha nuovamente modificato la disciplina
del tributo IMU sulle aree agricole, sia quanto all'ambito di
estensione dell'esenzione, sia quanto agli effetti finanziari sui
comuni.
L'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 prevede, infatti, che:
«1. A decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta
municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1
dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si
applica:
a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati
nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei
comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica
(ISTAT);
a-bis) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati,
ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A della
legge 28 dicembre 2001, n. 448;
b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti
e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli
professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo
2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni
classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT.
1-bis. A decorrere dall'anno 2015, dall'imposta dovuta per i
terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato 0A, posseduti e
condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli
professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del
2004, iscritti nella previdenza agricola, determinata ai sensi
dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.
214, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200.
Nell'ipotesi in cui nell'allegato 0A, in corrispondenza
dell'indicazione del comune, sia riportata l'annotazione parzialmente
delimitato (PD), la detrazione spetta unicamente per le zone del
territorio comunale individuate ai sensi della circolare del
Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel
supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18
giugno 1993.
2. L'esenzione di cui al comma 1, lettera b), e la detrazione di
cui al comma 1-bis si applicano ai terreni posseduti e condotti dai
coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di
cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti
nella previdenza agricola, anche nel caso di concessione degli stessi
in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori
agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo
n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola.
3. I criteri di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche all'anno di
imposta 2014.
4. Per l'anno 2014, non e', comunque, dovuta l'IMU per i terreni
esenti in virtu' del decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze, di concerto con i Ministri delle politiche agricole
alimentari e forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014 e che,
invece, risultano imponibili per effetto dell'applicazione dei
criteri di cui ai commi precedenti. Per il medesimo anno 2014 nonche'
per gli anni successivi, resta ferma l'esenzione per i terreni a
immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprieta' collettiva
indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non
ricadano in zone montane o di collina. Per il medesimo anno 2014, i
terreni agricoli, nonche' quelli non coltivati, ubicati nei comuni
delle isole minori di cui all'allegato A della legge 28 dicembre
2001, n. 448, sono esenti dal pagamento dell'IMU. Con decreto del
Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e
delle finanze, sono stabilite le modalita' per la compensazione del
minor gettito in favore dei comuni nei quali ricadono i terreni di
cui al precedente periodo del presente comma. A tal fine, per l'anno
2014, e' autorizzato l'utilizzo dello stanziamento previsto per la
compensazione di cui all'ultimo periodo del comma 5-bis,
dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito,
con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.
5. I contribuenti versano l'imposta complessivamente dovuta per
l'anno 2014, determinata secondo i criteri di cui ai commi
precedenti, entro il 10 febbraio 2015. Non sono applicati sanzioni ed
interessi nel caso di ritardato versamento dell'imposta
complessivamente dovuta per l'anno 2014, qualora lo stesso sia
effettuato entro il termine del 31 marzo 2015.
5-bis. I contribuenti che hanno effettuato versamenti dell'IMU
relativamente ai terreni che risultavano imponibili sulla base di
quanto disposto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24
aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
giugno 2014, n. 89, e dal citato decreto del Ministro dell'economia e
delle finanze del 28 novembre 2014, e che per effetto delle
disposizioni di cui al presente articolo sono esenti, hanno diritto
al rimborso da parte del comune di quanto versato o alla
compensazione qualora il medesimo comune abbia previsto tale facolta'
con proprio regolamento.
6. E' abrogato il comma 5-bis, dell'articolo 4 del decreto-legge
n. 16 del 2012.
7. A decorrere dall'anno 2015, le variazioni compensative di
risorse conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai
commi 1 e 2, sono operate, nelle misure riportate nell'allegato A al
presente provvedimento, per i comuni delle Regioni a statuto
ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna, nell'ambito del fondo
di solidarieta' comunale e con la procedura prevista dai commi 128 e
129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, per i
comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d 'Aosta, in sede
di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214.
8. Per l'anno 2014, le variazioni compensative di risorse nei
confronti dei comuni conseguenti dall'attuazione delle disposizioni
di cui ai commi 3 e 4, sono confermate nella misura di cui
all'allegato B al presente provvedimento.
9. I rimborsi ai comuni sono indicati nell'allegato C al presente
provvedimento e tali comuni sono autorizzati, sulla base del medesimo
allegato, a rettificare gli accertamenti, a titolo di fondo di
solidarieta' comunale e di gettito IMU, del bilancio 2014.
9-bis. Al fine di assicurare ai comuni delle regioni a statuto
ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna il
ristoro del minor gettito dell'IMU, derivante dall'applicazione del
comma 1-bis, e' attribuito ai medesimi comuni un contributo pari a
15,35 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Tale contributo e'
ripartito tra i comuni interessati, con decreto del Ministero
dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali. Per i comuni delle regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, a cui la legge attribuisce
competenza in materia di finanza locale, la compensazione del minor
gettito dell'IMU, derivante dall'applicazione del predetto comma
1-bis, avviene attraverso un minor accantonamento per l'importo di
0,15 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali, ai sensi del comma 17 del citato articolo 13 del
decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 214 del 2011, sulla base della stessa metodologia di cui al
secondo periodo.
9-ter. All'articolo 14, comma 1, terzo periodo, del decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23, come da ultimo modificato
dall'articolo 1, comma 508, della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e all'imposta
immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento,
istituita con legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14».
9-quater. Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27
luglio 2000, n. 212, l'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo
14 marzo 2011, n. 23, come modificato dall'articolo 1, comma 508,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, relativamente alla
deducibilita' dell'imposta municipale immobiliare (IMI) della
provincia autonoma di Bolzano, istituita con legge provinciale 23
aprile 2014, n. 3, deve intendersi nel senso che la deducibilita'
nella misura del 20 per cento ai fini della determinazione del
reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e
professioni si applica, anche per l'imposta municipale immobiliare
(IMI) della provincia autonoma di Bolzano, a decorrere dal periodo
d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.
9-quinquies. Al fine di assicurare la piu' precisa ripartizione
delle variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e
C al presente decreto, fermo restando l'ammontare complessivo delle
suddette variazioni, pari, complessivamente, a 230.691.885,33 euro
per l'anno 2014 e a 268.652.847,44 euro dall'anno 2015, il Ministero
dell'economia e delle finanze, sulla base di una metodologia
condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e
adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali,
provvede, entro il 30 settembre 2015, alla verifica del gettito per
l'anno 2014, derivante dalle disposizioni di cui al presente
articolo, sulla base anche dell'andamento del gettito effettivo. Con
decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, si provvede alle modifiche delle
variazioni compensative spettanti a ciascun comune delle regioni a
statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna,
sulla base dell'esito delle verifiche di cui al periodo precedente.
Per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta si
provvede in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del
citato decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 214 del 2011, sempre sulla base delle verifiche di cui
al primo periodo».
9. - La nuova disciplina (oltretutto retroattiva) dell'IMU sui
terreni agricoli non solo non ha posto rimedio alle criticita'
caratterizzanti l'art. 22 del d.l. n. 66 del 2014, ma si espone essa
pure a gravi censure di legittimita' costituzionale, che la Regione
Sardegna ha gia' dedotto innanzi il TAR Lazio, nei giudizi nei quali
e' intervenuta, e che pone qui a fondamento del ricorso ex art. 2
della l. cost. n. 1 del 1948.
L'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015 e' illegittimo e
violativo delle attribuzioni costituzionali della Regione Autonoma
della Sardegna, che, con specifico riferimento ai commi 1, 1-bis, 3,
4, 5, 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, ne chiede l'annullamento per i
seguenti motivi di
Diritto
Premessa. - Il presente ricorso ha ad oggetto la disciplina delle
esenzioni dall'imposta IMU sui terreni agricoli e montani, come da
ultimo disciplinata nell'art. 1 del decreto legge impugnato. In
particolare, sono impugnati:
il comma 1, che definisce i nuovi criteri di esenzione
dall'imposta;
il comma 1-bis, che stabilisce una speciale detrazione fiscale,
limitandone l'applicazione ai fondi ricadenti nei comuni inseriti
nell'elenco di cui all'allegato 0A del decreto-legge;
i commi 3 e 4, che applicano, con alcune specificazioni, i
criteri di esenzione di cui al comma 1 anche all'anno d'imposta 2014;
il comma 5, che individua nella data del 10 febbraio 2015 la
scadenza del versamento del tributo per l'anno 2014;
i commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, che definiscono il regime
delle variazioni sui bilanci degli enti locali in riferimento alla
riforma delle esenzioni IMU sui terreni agricoli.
La nuova disciplina sulle esenzioni, come indicato nell'ordine
del giorno del Consiglio regionale della Sardegna del 19 marzo 2015,
approvato in data 20 marzo 2015, risulta «estremamente penalizzante
per l'Isola, dal momento che un'ampia parte della sua superficie
agricola meno produttiva, ed in modo particolare di quella montana e
collinare, ricade in comuni esclusi dal regime di esenzione». Piu' in
particolare, la definizione dei criteri di esenzione fissati dal d.l.
n. 4 del 2015 risulta iniqua e illegittima perche' all'un tempo e'
violativa delle attribuzioni costituzionali della Regione in materia
di agricoltura e di coordinamento del sistema tributario, dei
principi di ragionevolezza e di capacita' contributiva e
dell'autonomia finanziaria dei comuni (in special modo di quelli del
territorio sardo), penalizzati dal regime di compensazione
finanziaria previsto dallo Stato in ragione della riforma delle
esenzioni.
Come si confida di dimostrare nell'illustrazione dei motivi di
ricorso, i profili di illegittimita' della disciplina in esame sono
tutti collegati e tutti comportano, direttamente o indirettamente, la
lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna.
1. - Quanto, specificamente, all'art. 1, commi 1, 1-bis e 3, del
d.l. n. 4 del 2015. Violazione degli artt. 97 e 117, comma 3, Cost.;
degli artt. 3, 7, 8 e 56 dello Statuto; dell'art. 1 del d.lgs. 6
febbraio 2004, n. 70, recante «Norme di attuazione dello Statuto
speciale della regione Sardegna concernenti il conferimento di
funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura»;
dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, recante «Norme di
attuazione dello statuto speciale per la Sardegna [...]», anche in
riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. Come si e' visto in narrativa, il
decreto-legge n. 4 del 2015 ha riformato il regime dell'esenzione
dall'IMU sui terreni agricoli, indicando i comuni nei quali i fondi
sono totalmente o parzialmente esenti attraverso il rinvio all'elenco
dei comuni italiani redatto dall'Istituto Nazionale di Statistica -
ISTAT e, in particolare, alla tabella recante l'indicazione di
«comune montano» nel suddetto elenco (commi 1, 1-bis e 3 dell'art. 1
del d.l. n. 4 del 2015).
Tale indicazione deriva dall'applicazione - si vedra' di seguito
con quali limiti - dei criteri fissati con la legge 25 luglio 1952,
n. 991, recante «provvedimenti in favore dei territori montani».
Lo ha affermato lo stesso ISTAT, con la Nota stampa del 5
febbraio 2015, intitolata «precisazione sulla classificazione dei
comuni montani». In tale Nota, infatti, «In merito alle notizie
pubblicate in questi giorni dai mezzi di informazione, che imputano
all'Istat la classificazione dei comuni montani utilizzata per la
quantificazione dell'IMU» si ricorda che «la classificazione per
grado di montanita', che prevede la suddivisione dei comuni in
"totalmente montani", "parzialmente montani" e "non montani", non e'
una "classificazione Istat" ma l'esito dell'applicazione dell'art. 1
della legge n. 991/1952 - Determinazione dei territori montani».
Orbene: l'art. 1 della legge n. 991 del 1952, al primo comma,
prevedeva che, «ai fini dell'applicazione della presente legge sono
considerati territori montani i Comuni censuari situati per almeno
l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di
altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra
la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale
non e' minore di 600 metri, sempre che il reddito imponibile medio
per ettaro, censito, risultante dalla somma del reddito dominicale e
del reddito agrario, determinati a norma del regio decreto-legge 4
aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976,
maggiorati del coefficiente 12 ai sensi del decreto legislativo 12
maggio 1947, n. 356, non superi le lire 2400».
Il successivo comma 2 specificava che «la Commissione censuaria
centrale compila e tiene aggiornato un elenco nel quale d'ufficio o
su richiesta dei Comuni interessati, sono inclusi i terreni montani».
Il Governo e il Parlamento, dunque, nel definire i soggetti
esenti dall'IMU sui terreni agricoli, hanno ritenuto di dover
utilizzare l'elenco dei comuni italiani redatto dall'ISTAT, facendo
propria la relativa indicazione di «montanita'», come disciplinata
dalla legge n. 991 del 1952. I dati contenuti in quell'elenco sono
stati assunti dal legislatore statale a base di valutazione della
capacita' contributiva derivante dalla proprieta' dei suddetti
terreni.
1.1. - A fronte di quanto cosi' stabilito nella norma impugnata,
si deve ricordare che l'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348,
recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna
[...]», ha disposto il trasferimento alla regione delle «funzioni
degli organi centrali e periferici dello Stato relativi alla
classifica dei territori montani previste dalle leggi 25 luglio 1952,
n. 991 e 30 luglio 1957, n. 657». La competenza oggi esercitata dallo
Stato, dunque, non gli appartiene.
Questo trasferimento di funzioni, invero, si lega, oltre che,
ovviamente, alla piu' generale competenza legislativa primaria in
materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza pubblica»,
ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto e alla
competenza in materia di «agricoltura», ai sensi dell'art. 3, comma
1, lett. d), dello Statuto. Una competenza che, come ha previsto
l'art. 1 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 70, recante «Norme di
attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna concernenti
il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di
agricoltura», comporta la devoluzione alla Regione ricorrente di
«tutte le funzioni e i compiti in materia di agricoltura» e «sviluppo
rurale» gia' «svolti dal soppresso Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali, anche tramite enti o altri soggetti
pubblici».
1.2. - Cio' considerato, appare evidente che il legislatore
statale, nel ricorrere (all'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4 del 2015)
all'elenco ISTAT, redatto secondo i criteri della legge n. 991 del
1952, onde definire i territori montani soggetti o esenti
dall'imposizione IMU, ha usurpato la competenza della Regione
Sardegna in materia di «agricoltura», di cui all'art. 3, comma 1,
lett. d), dello Statuto, la quale comprende anche le competenze in
materia di determinazione dei comuni e dei territori montani, ai
sensi dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, nonche' quella
in materia di «sviluppo rurale», ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. 6
febbraio 2005, n. 70.
Che la competenza legislativa regionale si estenda anche alla
determinazione dei comuni montani (con evidenti effetti sulla
disciplina tributaria che su tale determinazione si poggia) e'
confermato dalla costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte
costituzionale, che ha piu' volte e ancora di recente ricordato che
«le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro
ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni
statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad
autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti
adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti,
prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari» (cosi' la
sent. n. 51 del 2006, ma si vedano almeno anche le sentt. nn. 213 del
1998, 341 del 2001, 224 del 2012 e 288 del 2013).
A tal proposito, e' evidente che l'impiego della qualifica di
«montanita'» dei comuni per l'applicazione/esenzione dell'imposta e'
fatalmente lesiva della competenza regionale sopra illustrata.
L'esercizio di ogni funzione pubblica in materia di agricoltura e di
sviluppo rurale, ivi compresa la specifica competenza nella
determinazione dei comuni montani, sarebbe del tutto inutile e priva
di valore e di concretezza, se essa non avesse effetti anche in
materia di tassazione fondiaria.
Di conseguenza, il d.l. n. 4 del 2015, avendo provveduto in via
diretta alla determinazione di «montanita'» dei comuni del territorio
sardo, ha anche violato l'art. 56 dello Statuto, che rimette
all'approvazione della Commissione paritetica le norme di attuazione
dello Statuto, che il legislatore statale ha inteso derogare senza
rispettare le garanzie di autonomia della Regione ricorrente.
1.3. - Alla violazione della competenza generale in materia di
«agricoltura» e di quella specifica in materia di «determinazione dei
comuni montani» e «sviluppo rurale» si collega la vulnerazione della
competenza regionale in materia di «coordinamento del sistema
tributario», di cui all'art. 117, comma 3, Cost., nonche' la lesione
dell'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dagli
artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost.
A tal proposito, la Regione non ignora che la giurisprudenza
costituzionale in materia di c.d. «tributi propri» ha affermato che
lo Stato puo' legiferare sui tributi istituiti con legge dello Stato
anche «per il tramite di norme di dettaglio, senza che cio' implichi
violazione dell'autonomia tributaria delle Regioni» (sent. n. 298 del
2009 e, in senso analogo le sentt. nn. 75 del 2006 e 168 del 2008).
Nondimeno, il caso che ne occupa e' ben diverso da quelli
esaminati con le sentenze ora indicate. Con il d.l. n. 4 del 2015,
infatti, lo Stato ha inteso disciplinare non solamente le fattispecie
di esenzione totale e parziale dall'imposta in riferimento ai terreni
montani e parzialmente montani (anche attraverso norme di dettaglio),
ma (per giunta in assoluta carenza di potere, come si e' visto) ha
addirittura elencato (attraverso la «legificazione»» dell'elenco
ISTAT) ogni singolo comune il cui territorio e' da considerare
montano, parzialmente montano o pianeggiante. Tanto dimostra che il
legislatore non solo ha regolato la materia con norme di dettaglio,
ma non ha riservato alla Regione alcun ambito di autonoma
regolamentazione di un tipico tributo locale, qual e' quello sulla
proprieta' fondiaria.
1.4. - Si e' visto che il legislatore statale, con il d.l. n. 4
del 2015, ha usurpato la competenza della Regione Sardegna nella
determinazione dei comuni montani del territorio sardo, di cui
all'art. 51 del d.P.R. n. 348 del 1979. Nel procedere in questo modo,
peraltro, il legislatore statale ha anche effettuato una scelta
manifestamente irragionevole.
Si e' gia' anche osservato che l'attribuzione della qualifica di
comune montano o parzialmente montano e' stata effettuata secondo i
criteri, concernenti le caratteristiche geografiche e le stime di
reddito agrario e dominicale dei territori censiti, previsti ai sensi
dell'art. 1, comma 1, della legge n. 991 del 1952. Detto articolo,
pero', e' stato abrogato dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990.
Tale legge, dunque, ha soppresso la competenza, delle commissioni
censuarie sulla tenuta dell'elenco dei comuni montani.
Cio' sta a significare che il legislatore ha utilizzato come
parametro per la definizione delle esenzioni dal tributo un
provvedimento amministrativo (l'elenco dei comuni italiani, quanto
alla colonna relativa alla «montanita'» degli stessi) adottato in
duplice carenza di potere, sia perche' la relativa funzione e' stata
trasferita alla Regione Sardegna, sia perche' la legge che istituiva
tale funzione e' stata abrogata.
L'irragionevolezza dell'opzione del legislatore statale,
comunque, e' testimoniata proprio dall'ISTAT.
Come e' scritto nella citata Nota stampa del 5 febbraio 2015:
i) «La classificazione per grado di montanita' [...] non e'
una "classificazione Istat" ma l'esito dell'applicazione dell'art. 1
della legge n. 991/1952»;
«Tale classificazione e' stata trasmessa all'Istat dall'UNCEM
(Unione Nazionale Comuni Comunita' Enti Montani)»;
iii) «La legge 991/1952, oltre a stabilire i criteri di
classificazione geomorfologici (l'80% della superficie al di sopra
dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo
reddituale dei terreni (reddito imponibile medio per ettaro inferiore
a 2.400 lire), disponeva che la commissione censuaria centrale
istituita presso il Ministero delle finanze fosse incaricata di
stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva
includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle
condizioni sopra citate, fossero gia' classificati come montani dal
catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (art. 1) o
appartenenti a comprensori di bonifica montana (art. 14)»;
iv) «l'abrogazione degli articoli 1 e 14, avvenuta con una
successiva norma (legge 142/1990), ha di fatto [recte: di diritto]
impedito la possibilita' di rivedere e/o aggiornare tale
classificazione».
Non basta. Nel corso dei lavori parlamentari per la conversione
in legge del d.l. n. 4 del 2015, la VI Commissione del Senato della
Repubblica, a seguito dell'audizione dell'11 febbraio 2015, ha
acquisito una Nota del Direttore centrale per lo sviluppo dei sistemi
informativi dell'ISTAT concernente proprio i profili che qui
interessano.
Nella suddetta Nota si ricorda che:
i) "la classificazione dei comuni per grado di montanita' e'
ancora quella elaborata dalla «Commissione censuaria» istituita
presso il Ministero dell'economia e delle finanze sulla base
dell'art. 1 della legge n. 991/1952" e che "la legge n. 142 del 1990,
con l'abrogazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 991/1952, ha
di fatto soppresso lo strumento giuridico (Commissione censuaria) che
consentiva il periodico aggiornamento della classificazione dei
comuni per grado di montanita'";
ii) "l'aggiornamento di tale classificazione, che e' stato
trasmesso periodicamente all'ISTAT fino al 2009 [...] dall'UNCEM,
nell'ambito delle attivita' connesse al monitoraggio delle Comunita'
montane".
iii) "dal 1990 in avanti, sebbene la classificazione sia rimasta
invariata, nei casi in cui si sono verificate variazioni
amministrative, i dati sono stati aggiornati sulla base del criterio
di prevalenza territoriale. Si tratta in complesso di 109 casi di
fusioni, soppressioni o altre variazioni" nella definizione delle
circoscrizioni comunali.
L'ISTAT, dunque, ha certificato al Parlamento che i dati
utilizzati dal Governo per la definizione dei territori esenti in
tutto o in parte dall'imposta sono anacronistici e inesatti: la
qualifica di comune montano, infatti, e' attribuita:
i) sulla base di criteri dettati da una legge ormai abrogata;
ii) utilizzando informazioni non aggiornate (informazioni che, si
badi, non sono solo geografiche, ma anche economiche, perche' la
legge n. 991 del 1952 faceva espresso riferimento anche al reddito
agrario e dominicale, suscettibile di variazione);
iii) utilizzando, in caso di variazione della circoscrizione
comunale, un criterio nuovo, quello della prevalenza territoriale,
adottato autonomamente dall'ISTAT e mai previsto dal legislatore.
Quanto sin qui dedotto comprova che il d.l. n. 4 del 2015 ha
determinato una lesione delle attribuzioni conferite alla Regione
dallo Statuto (artt. 3, comma 1, lett. d); 7 e 8) in una con la
violazione dei principi di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon
andamento della pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), dato che lo
strumento utilizzato dal legislatore statale (l'elenco dei comuni con
il loro indice di "montanita'") si presenta del tutto inidoneo a
perseguire lo scopo prefissato dalla medesima fonte (la
considerazione delle condizioni del territorio, al fine di applicare
un tributo in maniera non discriminatoria e in ossequio al principio
di capacita' contributiva). I vizi ora illustrati, ovviamente,
ridondano tutti nella violazione delle attribuzioni costituzionali
della ricorrente.
1.5. L'incostituzionalita' delle norme censurate e la lesione
delle attribuzioni costituzionali della Regione Sardegna si
apprezzano anche per un altro profilo. Attraverso l'indicazione dei
comuni montani pel tramite dell'elenco ISTAT e del relativo indice di
«montanita'», lo Stato ha disciplinato l'imposizione fiscale sui
terreni agricoli e montani anche in violazione dei principi di
eguaglianza, ragionevolezza e capacita' contributiva (artt. 3 e 53
Cost.) e anche per questo profilo si rileva come lo Stato abbia
usurpato le competenze attribuite alla Regione ai sensi dell'art. 3
dello Statuto e dell'art. 51 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348,
contestualmente violandone le competenze in materia di coordinamento
del sistema tributario (art. 117 Cost.) e l'autonomia finanziaria
(artt. 7 e 8 dello Statuto).
Anche i nuovi criteri di esenzione fissati dalla legge, infatti,
producono gravi disparita' di trattamento difficilmente
giustificabili tra territori contigui e affini per caratteristiche
morfologiche ed economiche, con evidente violazione degli artt. 3 e
53 Cost., per rapporto agli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost.
Come si e' detto, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 991 del
1952, i fondi esenti erano quelli situati nei comuni il cui
territorio risulta per «almeno l'80 per cento della loro superficie
al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli
nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la
superiore del territorio comunale non e' minore di 600 metri». Tanto,
sempre che «il reddito imponibile medio per ettaro, censito,
risultante dalla somma del reddito dominicale e del reddito agrario»
non superi le lire 2400. Era prevista, poi, la possibilita' di
esenzione per i territori colpiti da eventi bellici nonche' quelli in
stato di «degradamento fisico» o di «grave dissesto economico», ma,
come riportato dall'ISTAT, queste clausole di speciale esenzione,
cosi' come quelle riferite ai criteri economico-reddituali del
terreno, non sono piu' applicabili, a seguito della soppressione
della funzione di tenuta e aggiornamento degli elenchi avvenuta
disposta dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990.
Da quanto sin qui osservato si traggono le seguenti conclusioni:
i) la determinazione di esenzione risulta, allo stato, svincolata
da ogni considerazione della capacita' reddituale del terreno
agricolo, addirittura da quella - invero insufficiente, perche'
meramente presuntiva - relativa al reddito domenicale e agrario;
ii) i criteri geomorfologici sono del tutto inidonei a dare una
rappresentazione del territorio - specie di quello sardo - su cui il
legislatore possa poggiare la valutazione della capacita'
contributiva derivante dalla proprieta' fondiaria, dato che essi
accomunano, per espressa dizione di legge, terreni ricadenti in una
circoscrizione comunale in ragione di una altimetria che considera
solo una parte del territorio comunale, ma che non e' idonea ad
evitare disparita' di trattamento tra fondi anche contigui.
Quanto sin qui affermato e' confermato dalla pluralita' di ordini
del giorno (numerosi dei quali provenienti da rappresentanti del
territorio sardo) approvati dalla Camera dei deputati e dal Senato in
occasione della conversione in legge del d.l. n. 5 del 2014, nei
quali si e' osservato che:
i nuovi criteri «non tengono conto di fattori rilevanti quali
il rischio idrogeologico e la redditivita' dei fondi agricoli» e la
circostanza per cui nel territorio sia stato «dichiarato lo stato di
calamita' con delibera con Consiglio dei ministri, per eventi che si
[sono] verificati nel corso del medesimo anno» (Ordine del Giorno.
Camera dei deputati n. 9/2915/51);
«i parametri attualmente in vigore non sono aggiornati alla reale
situazione dei terreni agricoli, alle condizioni socio-economiche ed
agrarie, alle caratteristiche orografiche del suolo, al rischio
idrogeologico dei territori ed alla loro redditivita'» e non tengono
in dovuto conto «la situazione di quei Comuni con un territorio non
uniforme, per i quali occorre differenziare anche nel medesimo comune
tra zone svantaggiate e non, delimitando le diverse aree» (Ordine del
Giorno Camera dei deputati n. 9/2915/18);
«il criterio dell'altitudine e della montanita'» risulta
irragionevole, dato che, «soprattutto nella accezione attuale»,
tratta «allo stesso modo le diverse porzioni di territorio montano e
non nei comuni parzialmente montani, non distingue in modo adeguato
tra terreni e territori necessitanti di tutela fiscale e altri non
necessitanti di tale attenzione», atteso che «in alcuni casi [...]
terreni e territori di particolare pregio, anche patrimoniale, [sono
situati] proprio in aree ad alta altimetria ma non per questo
svantaggiate» (Ordine del Giorno Camera dei deputati n. 9/2915/29).
I rilievi cosi' emersi in sede parlamentare poggiano non solo su
ragioni di opportunita', ma su fatti incontestabili e su
considerazioni di stretto diritto, rilevanti nel presente giudizio. A
queste considerazioni di carattere generale, peraltro, si legano
specifiche indicazioni relative al territorio sardo, che avrebbero
meritato di essere tenute di debita considerazione. Si consideri, in
proposito, che:
e' fatto notorio che la Regione Sardegna e' stata colpita da una
violenta alluvione in data 18 novembre 2013, che ha provocato vittime
e gravi danni. In ragione di tale avvenimento, con d.m. 30 novembre
2013, pubbl. in G.U. 3 dicembre 2013, n. 283, e' stata disposta la
sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari in
circa cinquanta comuni del territorio sardo, in sei delle otto
circoscrizioni provinciali;
ancora in ragione di detto fenomeno alluvionale, con d.m. 31
marzo 2014 e' stato dichiarato il carattere di eccezionalita' degli
eventi calamitosi a danno delle produzioni e delle strutture
aziendali in circa cento comuni del territorio sardo, in sei delle
otto circoscrizioni provinciali del territorio;
sul territorio sardo insistono poligoni militari a cielo aperto
che interessano (oltre ad ampi spazi di mare) un territorio emerso
che si estende, tra aree operative e aree di sicurezza per circa 250
kmq (si veda il Programma di utilizzazione dei poligoni permanenti e
occasionali sardi di competenza delle Forse annate del 2005).
Tutto cio' dimostra che adottando la disciplina censurata il
legislatore statale ha usurpato le competenze regionali in materia di
determinazione dei territori montani (cui consegue la violazione
degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto), al contempo violando gli artt. 3
e 53 Cost.
In proposito codesta ecc.ma Corte ha recentemente affermato, «in
ordine ai principi di cui agli artt. 3 e 53 Cost.», di essere
"chiamata a verificare che le distinzioni operate dal legislatore
tributario, anche per settori economici, non siano irragionevoli o
arbitrarie o ingiustificate (sentenza n. 201 del 2014): cosicche' in
questo ambito il giudizio di legittimita' costituzionale deve vertere
«sull'uso ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto
dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di
verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il
suo presupposto economico, come pure la non arbitrarieta'
dell'entita' dell'imposizione» (sentenza n. 111 del 1997; ex
plurimis, sentenze n. 116 del 2013 e n. 223 del 2012)" (sent. n. 10
del 2015).
I vizi che la Corte deve scrutinare sono esattamente quelli
riscontrabili nel caso di specie, dato che la struttura delle
esenzioni dall'IMU sui terreni agricoli e montani ha disatteso le
competenze regionali configurando una disciplina manifestamente
irragionevole, arbitraria e ingiustificata.
1.6. - Un'ulteriore censura concerne specificamente il comma
1-bis dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015. Ivi, come si e' detto, il
legislatore ha introdotto una nuova fattispecie di detrazione
fiscale, applicabile, pero', solamente ai comuni dell'Allegato 0A al
decreto-legge impugnato e, in alcuni di essi (quelli indicati con il
codice PD ai sensi della circolare del MEF del 1° giugno 1993, n. 9,
pubbl. in GU n. 141 del 18 giugno 1993, S.O. n. 53), solo per parte
del territorio. Su quali basi sia stato compilato detto Allegato 0A,
dalla lettura della legge non si evince, sicche' e' direttamente
violato il principio del buon andamento della p.A., di cui all'art.
97 Cost., violazione che si riverbera nella lesione delle indicate
competenze regionali. In ogni caso, piu' radicalmente, anche qui non
spettava allo Stato adottare anche per la Sardegna un simile elenco,
perche' la relativa competenza e' regionale. Anche per questa
disposizione, dunque, valgono tutte le censure sopra formulate al
presente motivo (cui si rimanda per doverosa sintesi). Il comma 1-bis
e' anch'esso violativo delle competenze regionali in materia di
agricoltura (comprendente la funzione di determinazione dei territori
montani), coordinamento del sistema tributario e autonomia economico
finanziaria della Regione (artt. 3, 7 e 8 dello Statuto, art. 51 del
d.P.R. n. 348 del 1979).
1.7. - I medesimi vizi che affliggono il comma 1 rendono
illegittimo anche il comma 3, che lo richiama. Anche in questo caso,
per dovuta sintesi, si fa rinvio alle deduzioni che precedono,
poiche' il comma 3 e' ancillare al comma 1.
2. - Quanto, specificamente, all'art. 1, commi 3, 4 e 5, del d.l.
n. 4 del 2015: violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 dello Statuto
della Regione Autonoma della Sardegna e degli artt. 117, 118 e 119
Cost. Quanto all'art. 1, commi 1, 1-bis e 3, del d.l. n. 4 del 2015:
violazione degli artt. 7, 8 e 10 dello Statuto. Come si e' osservato
in narrativa, l'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 si applica
retroattivamente anche per l'anno d'imposta 2014 (commi 3, 4 e 5).
Per quanto concerne i versamenti per l'anno 2014, la disposizione
impugnata, al comma 5, ha previsto che il pagamento debba essere
effettuato entro il 10 febbraio 2015, con possibilita' per il
contribuente di pagare entro il 31 marzo 2015 senza vedersi imposti
interessi o sanzioni. Si deve, poi, ricordare che la disciplina
dell'IMU attualmente vigente consente ai Comuni di modificare
l'aliquota base dell'imposta sia in aumento, sia in diminuzione (art.
13, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011).
Tale possibilita' di esenzione comporta l'applicabilita'
dell'art. 10 dello Statuto sardo. Ivi si prevede che «la Regione, al
fine di favorire lo sviluppo economico dell'Isola e nel rispetto
della normativa comunitaria, con riferimento ai tributi erariali per
i quali lo Stato ne prevede la possibilita', puo' [...] a) prevedere
agevolazioni fiscali, esenzioni, detrazioni d'imposta, deduzioni
dalla base imponibile e concedere, con oneri a carico del bilancio
regionale, contributi da utilizzare in compensazione ai sensi della
legislazione statale; b) modificare le aliquote in aumento entro i
valori di imposizione stabiliti dalla normativa statale o in
diminuzione fino ad azzerarle».
L'art. 13, comma 6, del d.l. n. 201 del 2011, come si e' visto,
riconosce lo ius variandi ai comuni, sicche' quella disposizione deve
essere annoverata fra quelle con le quali «lo Stato prevede la
possibilita'» di una variazione dell'imposizione, come previsto
dall'art. 10 dello Statuto (la clausola statutaria, infatti, non
avrebbe alcun senso se la si riferisse ai casi in cui la legge
statale prevede che tutte le Regioni possono intervenire sulla
struttura d'imposta).
2.1. - Tutto cio' premesso e considerato, si deve osservare che,
data la scadenza ravvicinata dell'imposta (scadenza, peraltro, gia'
verificatasi da un piu' di un mese al momento della conversione in
legge del d.l. n. 4 del 2015), ne' la Regione ne' i comuni hanno
potuto modificare le aliquote d'imposta secondo quanto previsto
dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011 e dall'art. 10 dello Statuto.
L'impedimento, si badi, e' stato di fatto e di diritto. Di fatto,
perche' il tempo brevissimo ha impedito il corretto svolgimento del
processo di formazione della legge o di compimento di un procedimento
amministrativo. Di diritto, perche' sia la Regione sia gli enti
locali sono vincolati al principio che impone di assicurare al
contribuente un adeguato lasso di tempo per corrispondere il tributo,
lasso di tempo che l'art. 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei
diritti del contribuente), con disposizione di principio che limita
la discrezionalita' del legislatore regionale, fissa in 60 giorni.
Ne consegue che:
l'art. 1, commi 3, 4 e 5, del d.l. n. 4 del 2015, nel regolare
l'applicazione retroattiva del tributo all'anno d'imposta 2014
risulta violativo dell'art. 10 dello Statuto, dato che risulta
esautorata la competenza regionale in tema di agevolazioni,
esenzioni, detrazioni d'imposta et similia;
di conseguenza, risulta violata la generale autonomia
economico-finanziaria della Regione, specie in materia di finanza
locale, protetta dagli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.;
dato che la Regione non ha potuto ne' regolare in via diretta
quelle forme di modificazione dell'imposta, ne' adottare disposizioni
legislative d'indirizzo ai comuni per le loro autonome determinazioni
in materia, risultano violati sia (per un differente profilo) l'art.
10, sia l'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto, che attribuisce
alla Regione la competenza legislativa in materia di «ordinamento
degli enti locali» e di «finanza locale» (cfr. sent. n. 275 del 2007:
la «materia della finanza locale, [...] per la Regione sarda, e'
devoluta alla competenza legislativa esclusiva della Regione in forza
dell'art. 3, lettera b), del relativo statuto speciale»);
nemmeno i comuni sardi hanno potuto esercitare le potesta'
previste dall'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, circostanza che
ridonda di bel nuovo nella lesione della competenza regionale in
materia di «ordinamento degli enti locali» e di «finanza locale»
(art. 3 dello Statuto), nonche' nella lesione dell'autonomia
finanziaria di detti enti (artt. 118 e 119 Cost.).
2.2. - Non basta. L'art. 10 dello Statuto e' violato anche per
altri profili, relativi ai commi 1, 1-bis e 3, dell'art. 1 del d.l.
n. 4 del 2015.
Si e' sopra ricordato che detta previsione statutaria consente
alla Regione di stabilire esenzioni, detrazioni e agevolazioni
fiscali nel caso, in cui lo Stato abbia previsto forme di modulazione
dell'imposta. Tale potesta' regionale di modulazione della tassazione
che incide sul territorio sardo e' finalizzata a «favorire lo
sviluppo economico dell'isola» (cosi' l'incipit dell'art. 10 dello
Statuto).
Ebbene: e' del tutto evidente che tale strumento di
rideterminazione dell'imposizione fiscale a vantaggio dello sviluppo
socio-economico dell'isola non puo' essere utilmente impiegato
laddove la forma di tassazione cui accede risulta di per se stessa
manifestamente iniqua, arbitraria, discriminatoria, violativa del
precetto della capacita' contributiva e, di conseguenza,
incostituzionale. In altri termini: lo strumento che l'art. 10 dello
Statuto mette a disposizione del legislatore regionale puo' essere
efficace solo se si aggancia ad una forma di imposizione fiscale
legittima e ragionevole (cosa che, come si e' visto al primo motivo,
non accade nel caso di specie). Solo in questo caso la Regione puo'
esercitare le competenze attribuitele.
Per converso, ogni forma di imposizione fiscale che sia di per se
stessa irragionevole e incostituzionale e' per cio' solo violativa
dell'art. 10 dello Statuto, dato che le forme di modulazione del
tributo ivi previste non sono certo finalizzate a porre rimedio alle
illegittimita' della disciplina dei tributi erariali (peraltro
attingendo al bilancio regionale, con evidente lesione anche
dell'autonomia finanziaria e violazione degli artt. 7 e 8 dello
Statuto), bensi', si ripete, ad articolare il tributo in modo da
favorire lo «sviluppo dell'Isola».
3. - Quanto all'art. 1, commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, del
d.l. n. 4 del 2015. Violazione, per un differente profilo, degli
artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna e
degli artt. 81, 117 e 119 Cost.
Si confida di aver dimostrato nei precedenti motivi di ricorso
che la disciplina dell'esenzione dell'IMU di cui al comma 1 dell'art.
1 del d.l. n. 4 del 2015 e' illegittima, per violazione di una
pluralita' di parametri costituzionali e statutari.
Di conseguenza, sono del pari illegittime le disposizioni di cui
ai commi 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies del d.l. n. 4 del 2015, che
regolano gli effetti della rimodulazione delle esenzioni sul Fondo di
solidarieta' per i comuni e sui comuni stessi. In particolare, il
legislatore statale, tramite rinvio agli elenchi annessi al decreto
legge impugnato, ha definito ex ante sia per l'anno 2014 sia per gli
anni 2015 e seguenti, per ogni comune le variazioni di bilancio
corrispondenti alle poste in entrata derivanti dalle risorse attinte
dal Fondo di solidarieta' e dal maggior gettito dell'IMU sui terreni
agricoli e montani.
La manovra imposta dal legislatore sarebbe pretesamente ispirata
al principio di neutralita' finanziaria: tante risorse lo Stato
trattiene dal Fondo di solidarieta', altrettante i comuni ne traggono
dal maggior gettito IMU.
La neutralita' finanziaria, pero', risulta solamente virtuale e
impossibile da tradurre in risultati concreti, circostanza che
attesta l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni ora
menzionate.
3.1. - La dimostrazione di quanto sopra affermato la da' lo
stesso legislatore statale ai commi qui censurati dell'art. 1 del
d.l. n. 4 del 2015.
Va logicamente esaminato prima il comma 9-quinquies, che regola
una complessa procedura, con cui lo Stato intende «assicurare la piu'
precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di cui
agli allegati A, B e C al [...] decreto». Questa procedura prevede
una verifica, entro il 30 settembre del 2015, del gettito IMU per
l'anno 2014, cui dovra' fare seguito un decreto ministeriale chiamato
a modificare i dati delle operazioni compensative di cui ai
menzionati allegati al decreto.
La stessa previsione di questa procedura sta ad indicare che le
stime effettuate dal Governo sugli effetti finanziari della manovra
sull'IMU sono del tutto aleatorie e che esse dovranno essere
necessariamente corrette ex post con un procedimento che non potra'
non chiamare in causa i comuni italiani, la loro Associazione
nazionale e la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali.
Si deve sottolineare che dal tenore testuale del comma in esame
emerge che sono aleatorie ed imprecise le stime:
i) sul riparto del maggior gettito tra le migliaia di comuni
interessato;
ii) sull'«andamento del gettito effettivo»;
iii) sul «gettito per l'anno 2014».
Ebbene: se si puo' al limite accettare un difetto di stima del
gettito «effettivo» di un'imposta, dato legato a variabili
indipendenti quali l'elusione/evasione fiscale e comunque
suscettibile di essere corretto ex post, non puo' certo essere
tollerata una stima aleatoria dello stesso gettito accertato. Tanto,
soprattutto se il legislatore statale, come nel caso di specie, ha
escluso in radice ogni possibilita' di conguaglio inteso ad
assicurare ex post il rispetto del principio di neutralita'
finanziaria, che dovrebbe ispirare la manovra di variazione
compensativa sui bilanci dei comuni. In proposito, infatti, si deve
considerare che il legislatore ha ritenuto che «l'ammontare
complessivo delle suddette variazioni, pari, complessivamente, a
230.691.885,33 euro per l'anno 2014 e a 268.652.847,44 euro dall'anno
2015», deve rimanere «fermo», insuscettibile di correzioni. Ebbene:
e' evidente che quella somma, all'esito del procedimento di verifica
del gettito (e non solo del suo effettivo andamento) e del suo
riparto, potrebbe risultare insufficiente, sicche' verrebbe violato
il principio di neutralita' finanziaria che l' art. 1 del d.l. n. 4
del 2015 vorrebbe realizzare.
Le medesime conclusioni possono formularsi per quanto stabilito
dal comma 9-bis, nel quale si prevede un contributo fisso (di 15,35
milioni di Euro) a fronte del minor gettito IMU. Anche qui con
astrattezza ed irragionevolezza violatine dei parametri indicati.
Per quanto riguarda il comma 7, si prevedono variazioni
compensative del gettito IMU da scontare sul Fondo di solidarieta'
comunale. Anche in questo caso le variazioni sono determinate in
astratto e presuntivamente, come disposto dall'all. A.
Conseguentemente, anche in questo caso valgono le considerazioni gia'
formulate: nessuna garanzia di effettivita' e di veridicita' (del
bilancio) e' assicurata dalla disciplina qui in contestazione. Lo
stesso vale per il comma 8, che prevede esso pure variazioni
compensative (ma nelle misure indicate dall'all. B), e per il comma
9, che prevede dei rimborsi (ma nelle misure indicate dall'all. C).
Si tratta sempre di cifre determinate in astratto e preventivamente,
con violazione dei parametri indicati.
3.2. - Tutto cio' premesso, e' agevole concludere che il
legislatore, attraverso i contributi, i rimborsi e le variazioni
pretesamente compensative sui bilanci degli enti comunali, ha
disposto per tali enti la sostituzione di una fonte di finanziamento
corretta e certa (il fondo di solidarieta') con una fonte tanto
illegittima quanto aleatoria (l'IMU agricola), destinata a produrre
nei bilanci degli enti comunali ammanchi che non e' dato capire come
si potranno ripianare.
Se cosi' e', come e', tutti i commi menzionati risultano
violativi del principio di veridicita' dei bilanci e copertura delle
spese, di cui all'art. 81 Cost. e, di conseguenza, dell'autonomia
finanziaria degli enti locali, protetta dall'art. 119 Cost., nonche'
delle competenze regionali in materia di enti locali e di finanza
locale, di cui all'art. 3 dello Statuto.
A tal proposito, l'ecc.ma Corte costituzionale ha avuto modo a
piu' riprese di dichiarare illegittimo l'impiego, a copertura di
nuove o maggiori spese, di entrate c.d. «aleatorie», rispetto alle
quali vi e' una particolare incertezza di esazione e di accertamento
(cfr. sentt. nn. 54 del 1983 e 213 del 2008), specie laddove l'alea
va a pregiudicare la particolare prudenza nella determinazione delle
entrate che deve essere osservata con puntualita' rigorosa nei
confronti delle spese che incidono su un esercizio in corso (sent. n.
384 del 1991).
Piu' in particolare, si e' piu' volte affermato che "la copertura
di nuove spese deve essere ancorata a criteri di prudenza,
affidabilita' e appropriatezza «in adeguato rapporto con la spesa che
si intende effettuare» (ex multis, sentenze n. 106 e n. 68 del 2011,
n. 141 e n. 100 del 2010)" (sent. n. 192 del 2012).
Come si confida di aver dimostrato, nel caso di specie e' lo
stesso legislatore ad aver previsto che ai Comuni, a fronte di un
sicuro taglio dei finanziamenti dovuto alla sottrazione di risorse
dal Fondo di solidarieta', sia attribuita un'entrata aleatoria, di
difficile quantificazione e di ancor piu' difficile riscossione,
anche in ragione del ristrettissimo periodo a disposizione per
organizzare l'accertamento e l'esazione del tributo, con evidente
violazione dei principi fissati dall'art. 81 Cost.
3.3. - La violazione del principio di veridicita' dei bilanci e
di copertura delle spese (art. 81 Cost.) comporta necessariamente una
vulnerazione dell'autonomia finanziaria dei comuni, che sopporteranno
gli effetti della mancanza di risorse causata dal legislatore
statale, con evidente violazione dell'artt. 119 Cost.
Per le stesse ragioni risultano violati gli artt. 3, 7 e 8 dello
Statuto e 117 Cost., che riconoscono alla Regione la competenza nella
materia «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale» e che
assicurano alla Regione la sua autonomia economico e finanziaria.
Come ha piu' volte affermato codesta ecc.ma Corte costituzionale,
infatti, «le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale
anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali»,
addirittura «indipendentemente dalla prospettazione della violazione
della competenza legislativa regionale», in quanto, «la stretta
connessione, in particolare in tema di finanza regionale e locale,
tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali
consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia
potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze
regionali» (sentenze n. 169 e n. 95 del 2007, n. 417 del 2005 e n.
196 del 2004) (sent. n. 298 del 2009).
4. - In subordine, quanto all'art. 1, comma 1, e in via
principale, quanto ai commi 9-bis e 9-quinquies. Violazione del
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, di cui
all'art. 117 Cost. Violazione del principio di sussidiarieta' di cui
all'art. 119 Cost. Violazione dell'art. 3 dello Statuto.
Si e' detto nel primo motivo di ricorso che l'art. 1, commi 1 e
1-bis, del d.l. n. 4 del 2015 ha usurpato la competenza regionale in
materia di determinazione dei comuni montani, sicche' si confida che
la Corte vorra' annullare detta disposizione, specificamente nella
parte in cui si applica al territorio della Regione Sardegna.
Nella denegata ipotesi che quella censura fosse rigettata, l'art.
1 del d.l. n. 4 del 2015 sarebbe comunque illegittimo, nella parte in
cui non prevede che la determinazione dei comuni montani (in special
modo di quelli del territorio sardo) ai fini dell'applicazione
dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla
lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 504, nonche' della speciale detrazione fiscale di cui al comma
1-bis dell'art. 1 del d.l. n. 4 del 2015, debba avvenire previa
intesa con le Regioni e in particolare con la Regione Sardegna, per
quanto concerne il territorio sardo.
4.1. - In proposito si deve considerare che lo Stato, facendo
riferimento all'elenco redatto dall'ISTAT e al relativo indice di
montanita', secondo dati non piu' aggiornati da anni, ha di fatto
ammesso di non avere a disposizione un valido strumento per valutare
le condizioni del territorio al fine di determinare l'imposizione
tributaria. Se cosi' e', come e', il legislatore avrebbe dovuto
prevede un procedimento di individuazione dei comuni e dei territori
montani che comportasse il coinvolgimento delle Regioni (ordinarie e,
a piu' forte ragione, speciali), quali enti maggiormente vicini al
territorio che deve essere regolato.
Che tale forma di concertazione e di leale collaborazione sia
necessaria e' confermato dall'ultimo comma dell'art. 1 del d.l. n. 4
del 2015, in cui lo Stato ammette che, per poter venire a capo del
problema dei conguagli nelle variazioni delle risorse trasferite ai
comuni dal fondo di solidarieta', e' necessaria «una metodologia
condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e
adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali». Se
questa collaborazione interistituzionale e' necessaria a valle
dell'imposizione tributaria (per regolare gli effetti di finanza
pubblica), a piu' forte ragione e' necessaria a monte (per applicare
il tributo in maniera ragionevole e non discriminatoria).
4.2. - Tutto cio' considerato, l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 4
del 2015, nella parte in cui non prevede che la determinazione dei
comuni montani (in special modo di quelli del territorio sardo) debba
avvenire previa intesa con le Regioni (in particolare con la Regione
Sardegna, per quanto concerne il territorio sardo), risulta
violativo:
del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni (art.
117 Cost.), in quanto sottrae ad un procedimento cooperativo
l'adozione di provvedimenti che coinvolgono l'esercizio di competenze
sia statali che regionali (cfr. sentt. nn. 303 del 2003 e, con
specifico riferimento alla Regione Sardegna, 230 del 2013);
conseguentemente, dell'art. 3 dello Statuto sardo, che riserva
alla Regione Sardegna la competenza in materia di «ordinamento degli
enti locali» e «finanza locale», con l'effetto che in tale materia lo
Stato dovrebbe munirsi di intesa con la Regione;
del principio di sussidiarieta' (art. 119 Cost.), che impone di
allocare le funzioni pubbliche al livello di governo piu' vicino al
cittadino e al territorio, che, nel caso di specie, risulta anche
l'unico coerente con i principi di adeguatezza e differenziazione.
4.3. - Si e' visto qui sopra che il comma 9-quinquies prevede un
procedimento cooperativo e che questo dimostra a contrario
l'illegittimita' dei commi 1, 1-bis e 3, dell'art. 1 del d.l. n. 4
del 2015. Questo stesso procedimento cooperativo, nonche' quello
previsto al comma 9-bis, peraltro, sono assolutamente inadeguati ad
assicurare la corretta partecipazione istituzionale della Regione
Sardegna. Ad essere coinvolte, infatti, sono solo le autonomie
locali, oltretutto nella forma della c.d. «intesa debole». La Regione
Sardegna, pur testualmente menzionata, non e' coinvolta. E' invece
evidente che il principio di leale collaborazione imponeva la
previsione di un'intesa fra lo Stato e la Regione, perche' essa e'
titolare della competenza in materia di «ordinamento degli enti
locali» e «finanza locale», ai sensi dell'art. 3 dello Statuto.
Per tale ragione, dunque, anche i commi 9-bis e 9-quinquies
risultano violativi dell'art. 3 dello Statuto e degli artt. 117 e 119
Cost.
P.Q.M.
La Regione Autonoma della Sardegna, come in epigrafe
rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte
costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia:
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
1, 1-bis, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 9-bis e 9-quinquies, del d.l. 24 gennaio
2015, n. 4, convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2015, n.
34;
in subordine, dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 1, del d.l. 24 gennaio 2015, n. 4, convertito con
modificazioni in legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui non
prevede che la determinazione dei comuni montani ai fini
dell'applicazione dell'esenzione dall'imposta municipale propria
(IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ed in special modo di
quelli del territorio sardo, debba avvenire previa intesa con le
Regioni e in particolare con la Regione Sardegna, per quanto concerne
i comuni del territorio sardo.
Si depositeranno documenti come da separato indice, tra i quali
copia conforme all'originale della delibera della Giunta regionale
della Regione Autonoma della Sardegna n. 24/6 del 19 maggio 2015, di
conferimento dell'incarico per la proposizione del presente ricorso
Cagliari - Roma, 22 maggio 2015
Avv. Sandra Trincas - Avv. Prof. Massimo Luciani