Ricorso n. 57 del 29 luglio 2003 (Regione Emilia-Romagna)
N. 57 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 luglio 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 luglio 2003 (della Regione Emilia-Romagna)
(GU n. 38 del 24-9-2003)
Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente
della giunta regionale pro tempore, sig. Vasco Errani, rappresentata
e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli avv. prof. Franco
Mastragostino, Roberto Facinelli, e Luigi Manzi, presso quest'ultimo
elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri n. 5, come da
mandato speciale a margine, giusta deliberazione G.R. n. 1332/2003
del 7 luglio 2003;
Contro Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 28
marzo 2003 n. 49, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 75 del 31 marzo 2003, convertito, con modificazioni,
con la legge 30 maggio 2003 n. 119, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2003, recante «Riforma della normativa
interna di applicazione del prelievo supplementare nel settore del
latte e dei prodotti lattiero-caseari», limitatamente all'art. 10,
commi 42, 43, 44 e 45, per violazione degli artt. 117, comma 5, 120,
comma 2 e 97 Cost.
F a t t o
Il decreto-legge n. 49/2003, come sopra convertito, ha riformato
integralmente la disciplina nazionale del cd. «prelievo
supplementare» nel settore della produzione di latte e prodotti
lattiero caseari, istituito in sede comunitaria.
Detto prelievo, in estrema sintesi, si sostanzia in una misura di
responsabilizzazione finanziaria del soggetto che produce quantita'
di latte superiori alla quota ad esso riconosciuta in sede
amministrativa (cd. «quota latte» o «quantitativo di riferimento
individuale»).
Fino al 31 marzo 2003, la normativa nazionale del settore «quote
latte», fondata sulla legge 26 novembre 1992, n. 468 e sul relativo
regolamento attuativo di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 23 dicembre 1993 n. 569, come successivanente modificati
ed integrati, tra l'altro, dalla legge 27 gennaio 1998 n. 5, dal
decreto-legge 15 giugno 1998 n. 182, dalla legge 27 aprile 1999
n. 118, dalla legge 7 aprile 2000 n. 79, dal decreto legislativo 27
maggio 1999 n. 165, dal decreto legislativo 15 giugno 2000, n. 188,
individuava la competenza delle Regioni in ordine al riconoscimento e
gestione delle «quota latte», spettanti ai produttori, rimettendo
all'A.G.E.A. gli adempimenti relativi alla cd. «compensazione
nazionale» delle produzioni, ai fini del calcolo del prelievo
gravante su ciascun produttore.
Il 1° aprile 2003 e' entrato in vigore il decreto-legge
n. 49/2003, come sopra convertito con la legge n. 119/2003
(quest'ultima entrata in vigore il 31 maggio 2003) il quale, pur
riconoscendo espressamente che «gli adempimenti relativi al regime
comunitario del prelievo supplementare nel settore del latte e dei
prodotti lattierocaseari» sono «di competenza esclusiva delle regioni
e delle province autonome», cui «spettano anche le funzioni di
controllo relative all'applicazione del regime medesimo» (art. 1,
comma 1), ha nondimeno regolamentato dettagliatamente il nuovo
assetto normativo interno del settore.
Presentato alla Conferenza Stato-Regioni, il decreto-legge ha
ottenuto un parere positivo, condizionato, pero', ad una serie di
emendamenti di natura tecnica e migliorativa del testo medesimo, in
larga parte accolti dal rappresentante del Ministro delle politiche
agricole e forestali.
In sede di conversione, numerose sono state le modifiche
introdotte, solo in parte venendo incontro alle richieste delle
regioni. Tuttavia, in considerazione sia della particolare
delicatezza del tema affrontato dalla disciplina de qua sia della
natura prevalentemente tecnica dei suggerimenti non accolti dal
legislatore nazionale, la Regione Emilia Romagna non avrebbe mosso
censure al decreto convertito, se non fossero stati introdotti,
all'interno dell'art. 10, trasformato in un contenitore di svariate
disposizioni ricompresse in ben 48 commi, in particolare i commi 42,
43, 44, e 45, che prevedono un peculiare regime di vigilanza e
sostituzione, del tutto assente nel decreto-legge e nel testo di
legge sottoposto dal Governo alla Conferenza.
Il legislatore ha, infatti, riservato al Governo «per i primi due
periodi di attuazione della normativa» la facolta' di nominare con
«decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro delle politiche agricole e forestali, acquisito il parere
della conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano» un «commissario
straordinario del Governo», con facolta' di «avvalersi di uno o piu'
sub-commissari» per «assicurare il monitoraggio e la vigilanza
sull'applicazione» della normativa come sopra introdotta (art. 10,
comma 42).
Al commissario, «nell'espletamento del proprio mandato», e' stato
attribuito il potere «di esercitare, nel rispetto del principio di
sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione, il potere
sostitutivo nei confronti delle Amministrazioni pubbliche cui
competono gli adempimenti previsti» dalle norme suddette (art. 10,
comma 43).
In particolare, «in caso di inadempienze relative all'attuazione
del presente decreto», al commissario viene riconosciuto il potere di
invitare «l'Amministrazione competente ad adottare, entro il termine
di 30 giorni dalla data della diffida, i provvedimenti dovuti», e
decorso inutilmente tale termine, «previa deliberazione del Consiglio
dei ministri», di esercitare «il potere sostitutivo» di cui sopra
(art. 10, comma 44).
Infine, il comma 45 prevede che «agli oneri derivanti dal comma
42 si provvede nell'ambito degli ordinari stanziamenti recati dallo
stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e
forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato
ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio».
Tali disposizioni identificano un modello di potere sostitutivo e
di vigilanza non riconducibile ne' alle ipotesi di intervento
sostitutivo dello Stato previsto ai sensi dell'art. 117, quinto
comma, ne' aderente a quanto sancito, su un piano piu' generale, in
materia di intervento sostitutivo, dall'art. 120 Cost. nel testo
risultante dalla riforma, di cui alla legge costituzionale n. 3/2001
e sono, pertanto, censurabili per i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 42-43-44
del decreto-legge n. 49/2003 come convertito con la legge
n. 119/2003, per violazione degli artt. 117, comma 5 e 120, comma 2
Cost.
L'art. 120, secondo comma Cost. ha introdotto per la prima volta
nella Carta fondamentale la disciplina del potere sostitutivo.
Mentre l'art. 117, quinto comma Cost. consente l'esercizio del
potere sostitutivo dello Stato in caso di inadempimenti da parte
delle Regioni e Province autonome agli obblighi derivanti
dall'attuazione e dall'esecuzione di accordi internazionali e di atti
dell'Unione europea, incidenti nelle materie di loro competenza
(ritenendo la dottrina piu' accreditata che tale disposizione si
riferisca, in particolare, alle inadempienze del «legislatore»
locale), l'art. 120, secondo comma Cost. contempla la disciplina
generale della sostituzione amministrativa nei confronti delle
Regioni e degli enti locali, quando ricorrano i presupposti indicati
dalla Costituzione stessa (mancato rispetto «di norme o trattati
internazionali o della normativa comunitaria oppure di grave pericolo
per l'incolumita' e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedono
la tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica o la tutela
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali»).
La disciplina analitica dell'esercizio del potere sostitutivo e',
poi, rinviata alla legge, alla quale e' prescritto il rispetto dei
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione.
La nuova disposizione costituzionale sembra in tal modo aver
trascritto quanto da tempo la giurisprudenza di questa ecc.ma Corte
e' venuta chiarendo e precisando in ordine alle condizioni di
legittimo esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato.
In particolare, l'art. 120, secondo comma Cost. attribuisce al
Governo il potere di esercitare la sostituzione: il che corrisponde
al principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza
costituzionale, secondo cui l'atto di sostituzione, rappresentando
l'espressione di un potere di alta amministrazione e di indirizzo
politico, per di piu' esercitato in relazione ad enti le cui
attribuzioni sono garantite dalla Costituzione stessa, deve provenire
dalla massima autorita' politica del Governo e cioe' dal Consiglio
dei ministri, dal quale deve essere, appunto, deliberato.
In conformita' a tali principi, la disciplina organica del potere
sostitutivo era stata, poi, dettata dall'art. 5 del d.lgs
n. 112/1998, che aveva anch'esso ribadito l'attribuzione al Consiglio
dei ministri della adozione degli atti di sostituzione nei confronti
delle Regioni ed enti locali, previa la procedura di «leale
collaborazione».
I commi 42, 43 e 44 dell'art. 10 della legge impugnata disegnano,
invece, una procedura del tutto atipica, in cui il Presidente del
Consiglio dei ministri nomina un commissario straordinario, che ha
funzioni di monitoraggio e di vigilanza sull'attuazione delle legge.
Sin qui non vi sarebbero obiezioni, trattandosi di organizzare
una attivita' dello Stato ed, anzi, non si vedrebbe alcuna necessita'
di acquisire il parere della Conferenza Stato-Regioni sulla scelta
della persona da nominare.
Tuttavia, il comma 43 attribuisce al commissario straordinario il
potere di sostituirsi nei confronti delle Amministrazioni pubbliche,
genericamente individuate, alle quali competono gli adempimenti
previsti dalla legge.
E', inoltre, il commissario che deve invitare e poi diffidare
l'Amministrazione ad emanare i provvedimenti dovuti ed e' il
commissario ad esercitare il potere sostitutivo.
Si noti che la delibera del Consiglio dei ministri, che e'
richiesta prima dell'esercizio del potere sostitutivo, avrebbe
soltanto una generica funzione autorizzatoria, mentre spetterebbe al
commissario straordinario assicurare, nell'attivita' di sostituzione,
il rispetto dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione
genericamente indicati.
L'art. 120 Cost. pretende che l'espletamento delle funzioni
sostitutive avvenga nel rispetto del principio di leale
collaborazione, che le disposizioni impugnate invocano, ma non
applicano: il meccanismo di cui al comma 44, sopra ricordato -
esercizio del potere sostitutivo previa delibera del Consiglio dei
ministri - in assenza di parere della Conferenza, che e' richiesto
unicamente ai fini dell'adozione del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri di nomina, si traduce nel rispetto solo
formale del suddetto principio di leale collaborazione.
Vengono cosi' a sfumare le caratteristiche che questa Corte ha
sempre ritenuto imprescindibili nell'esercizio del potere sostitutivo
nei confronti delle Regioni e che sono legate alla valenza politica e
alla collegialita' del Consiglio dei ministri e delle responsabilita'
che il Governo poi assume relativamente ad un suo atto anche nei
confronti del Parlamento.
Nella disciplina delle disposizioni impugnate, invece, l'intera
attivita' di sostituzione viene posizionata sul livello
amministrativo «burocratico», sicche' le Regioni si potrebbero
trovare sostituite in forza di un atto emanato da una autorita'
amministrativa, anche se previamente autorizzata dal Consiglio dei
ministri.
Da cio' risulta evidente il vulnus alle prerogative
costituzionali delle Regioni medesime.
Il fatto stesso che l'iniziativa dell'atto spetti al Commissario
e non al Governo, espone le Regioni alla scelta discrezionale di un
soggetto che non entra nel circuito della rappresentanza e della
responsabilita' politica e non ha lo status di organo costituzionale,
che sarebbe necessario.
E certo non puo' ritenersi che le attivita' di sostituzione
demandate al libero apprezzamento del commissario straordinario
consistano nell'esercizio di «attivita' tecnico-amministrative - al
difuori di compiti e di responsabilita' di direzione politica - in
materia non riservata ad organi costituzionalmente rilevanti in
funzione di garanzia dei rapporti tra Stato e Regioni» (cfr. Corte
cost., sent. n. 270/1998; n. 333/1998).
Tutto all'opposto, qui si tratta di una materia di sicura
attribuzione regionale e, in essa, di un potere di sostituzione che
esula dalla mera attivita' amministrativa e investe direttamente
attivita' di indirizzo politico.
Conclusivamente, lo stravolgimento del procedimento
sull'esercizio del potere sostitutivo, come delineato dall'art. 120
Cost. nel testo vigente e come attuato dalla legge 5 giugno 2003
n. 131, con sottrazione delle competenze riservate tanto al
Presidente del Consiglio, che al Ministro competente per materia,
nonche' in forza dell'improprio scostamento dal livello sul quale
tale potere deve essere mantenuto importa, all'evidenza,
l'incostituzionalita' delle disposizioni sopra richiamate.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 42-43-44
del decreto-legge n. 49/2003, convertito con la legge n. 119/2003,
per violazione dell'art. 97, comma 1 Cost. in ragione della lesione
dei principi di buon andamento e di imparzialita' della
Amministrazione e di leale collaborazione.
Dalla lettera dei commi 43 e 44 dell'art. 10 cit. non e' dato
neppure di evincere quali siano le condizioni di esercizio ed i
limiti da cui il suddetto potere sostitutivo dovrebbe essere
condizionato.
Al riguardo, e' del tutto insufficiente il generico richiamo ai
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione, operato dalle
suddette disposizioni, posto che tali principi, a tutto concedere, si
limitano a regolare le modalita' di esercizio del potere, ma non
consentono di determinarne l'effettiva portata.
Il che e' di particolare rilievo nelle fattispecie in cui non
venga in rilievo l'adozione di un provvedimento vincolato (quale, ad
esempio, la variazione della consistenza della quota latte all'esito
di un contratto di affitto o vendita di quota, come stabilito dal
decreto-legge n. 49/2003, come convertito, dall'art. 10, commi 18 e
ss.), bensi' una determinazione recante apprezzamenti discrezionali
che, per le scelte rimesse alla p.a., risultino diretta
estrinsecazione della politica agraria regionale (quale, ad esempio,
la determinazione dei criteri che presiedono alle assegnazioni
integrative di quota, di cui all'art. 3, comma 4, lett. c) del
decreto-legge n. 49/2003, come convertito).
La natura indefinita della portata delle disposizioni sopra
richiamate comporta, quindi, la violazione dei principi di buon
andamento ed imparzialita' dell'Amministrazione, di cui all'art. 97,
comma 1, Cost., ma - altresi - la lesione del generale principio di
leale collaborazione tra Stato e Regioni, che risulta soddisfatto
solo nel caso in cui la norma sub iudice consenta una regolazione dei
rapporti tra le parti in termini inequivocabili, come non e' nella
fattispecie, laddove manca l'individuazione di un termine certo e
breve per l'esercizio delle funzioni commissariali, riferendosi la
norma genericamente e indefinitamente ai primi due periodi di
applicazione del decreto.
P. Q. M.
La Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa,
chiede voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, per
violazione degli artt. 117, quinto comma, 120, secondo comma e 97
Cost. nei termini sopra illustrati.
Bologna-Roma, addi' 22 luglio 2003
Avv. Prof. Franco Mastragostino - Avv. Roberto Facinelli - Avv. Luigi
Manzi
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 luglio 2003 (della Regione Emilia-Romagna)
(GU n. 38 del 24-9-2003)
Ricorso della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente
della giunta regionale pro tempore, sig. Vasco Errani, rappresentata
e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli avv. prof. Franco
Mastragostino, Roberto Facinelli, e Luigi Manzi, presso quest'ultimo
elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri n. 5, come da
mandato speciale a margine, giusta deliberazione G.R. n. 1332/2003
del 7 luglio 2003;
Contro Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 28
marzo 2003 n. 49, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 75 del 31 marzo 2003, convertito, con modificazioni,
con la legge 30 maggio 2003 n. 119, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2003, recante «Riforma della normativa
interna di applicazione del prelievo supplementare nel settore del
latte e dei prodotti lattiero-caseari», limitatamente all'art. 10,
commi 42, 43, 44 e 45, per violazione degli artt. 117, comma 5, 120,
comma 2 e 97 Cost.
F a t t o
Il decreto-legge n. 49/2003, come sopra convertito, ha riformato
integralmente la disciplina nazionale del cd. «prelievo
supplementare» nel settore della produzione di latte e prodotti
lattiero caseari, istituito in sede comunitaria.
Detto prelievo, in estrema sintesi, si sostanzia in una misura di
responsabilizzazione finanziaria del soggetto che produce quantita'
di latte superiori alla quota ad esso riconosciuta in sede
amministrativa (cd. «quota latte» o «quantitativo di riferimento
individuale»).
Fino al 31 marzo 2003, la normativa nazionale del settore «quote
latte», fondata sulla legge 26 novembre 1992, n. 468 e sul relativo
regolamento attuativo di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 23 dicembre 1993 n. 569, come successivanente modificati
ed integrati, tra l'altro, dalla legge 27 gennaio 1998 n. 5, dal
decreto-legge 15 giugno 1998 n. 182, dalla legge 27 aprile 1999
n. 118, dalla legge 7 aprile 2000 n. 79, dal decreto legislativo 27
maggio 1999 n. 165, dal decreto legislativo 15 giugno 2000, n. 188,
individuava la competenza delle Regioni in ordine al riconoscimento e
gestione delle «quota latte», spettanti ai produttori, rimettendo
all'A.G.E.A. gli adempimenti relativi alla cd. «compensazione
nazionale» delle produzioni, ai fini del calcolo del prelievo
gravante su ciascun produttore.
Il 1° aprile 2003 e' entrato in vigore il decreto-legge
n. 49/2003, come sopra convertito con la legge n. 119/2003
(quest'ultima entrata in vigore il 31 maggio 2003) il quale, pur
riconoscendo espressamente che «gli adempimenti relativi al regime
comunitario del prelievo supplementare nel settore del latte e dei
prodotti lattierocaseari» sono «di competenza esclusiva delle regioni
e delle province autonome», cui «spettano anche le funzioni di
controllo relative all'applicazione del regime medesimo» (art. 1,
comma 1), ha nondimeno regolamentato dettagliatamente il nuovo
assetto normativo interno del settore.
Presentato alla Conferenza Stato-Regioni, il decreto-legge ha
ottenuto un parere positivo, condizionato, pero', ad una serie di
emendamenti di natura tecnica e migliorativa del testo medesimo, in
larga parte accolti dal rappresentante del Ministro delle politiche
agricole e forestali.
In sede di conversione, numerose sono state le modifiche
introdotte, solo in parte venendo incontro alle richieste delle
regioni. Tuttavia, in considerazione sia della particolare
delicatezza del tema affrontato dalla disciplina de qua sia della
natura prevalentemente tecnica dei suggerimenti non accolti dal
legislatore nazionale, la Regione Emilia Romagna non avrebbe mosso
censure al decreto convertito, se non fossero stati introdotti,
all'interno dell'art. 10, trasformato in un contenitore di svariate
disposizioni ricompresse in ben 48 commi, in particolare i commi 42,
43, 44, e 45, che prevedono un peculiare regime di vigilanza e
sostituzione, del tutto assente nel decreto-legge e nel testo di
legge sottoposto dal Governo alla Conferenza.
Il legislatore ha, infatti, riservato al Governo «per i primi due
periodi di attuazione della normativa» la facolta' di nominare con
«decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro delle politiche agricole e forestali, acquisito il parere
della conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano» un «commissario
straordinario del Governo», con facolta' di «avvalersi di uno o piu'
sub-commissari» per «assicurare il monitoraggio e la vigilanza
sull'applicazione» della normativa come sopra introdotta (art. 10,
comma 42).
Al commissario, «nell'espletamento del proprio mandato», e' stato
attribuito il potere «di esercitare, nel rispetto del principio di
sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione, il potere
sostitutivo nei confronti delle Amministrazioni pubbliche cui
competono gli adempimenti previsti» dalle norme suddette (art. 10,
comma 43).
In particolare, «in caso di inadempienze relative all'attuazione
del presente decreto», al commissario viene riconosciuto il potere di
invitare «l'Amministrazione competente ad adottare, entro il termine
di 30 giorni dalla data della diffida, i provvedimenti dovuti», e
decorso inutilmente tale termine, «previa deliberazione del Consiglio
dei ministri», di esercitare «il potere sostitutivo» di cui sopra
(art. 10, comma 44).
Infine, il comma 45 prevede che «agli oneri derivanti dal comma
42 si provvede nell'ambito degli ordinari stanziamenti recati dallo
stato di previsione del Ministero delle politiche agricole e
forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato
ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio».
Tali disposizioni identificano un modello di potere sostitutivo e
di vigilanza non riconducibile ne' alle ipotesi di intervento
sostitutivo dello Stato previsto ai sensi dell'art. 117, quinto
comma, ne' aderente a quanto sancito, su un piano piu' generale, in
materia di intervento sostitutivo, dall'art. 120 Cost. nel testo
risultante dalla riforma, di cui alla legge costituzionale n. 3/2001
e sono, pertanto, censurabili per i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 42-43-44
del decreto-legge n. 49/2003 come convertito con la legge
n. 119/2003, per violazione degli artt. 117, comma 5 e 120, comma 2
Cost.
L'art. 120, secondo comma Cost. ha introdotto per la prima volta
nella Carta fondamentale la disciplina del potere sostitutivo.
Mentre l'art. 117, quinto comma Cost. consente l'esercizio del
potere sostitutivo dello Stato in caso di inadempimenti da parte
delle Regioni e Province autonome agli obblighi derivanti
dall'attuazione e dall'esecuzione di accordi internazionali e di atti
dell'Unione europea, incidenti nelle materie di loro competenza
(ritenendo la dottrina piu' accreditata che tale disposizione si
riferisca, in particolare, alle inadempienze del «legislatore»
locale), l'art. 120, secondo comma Cost. contempla la disciplina
generale della sostituzione amministrativa nei confronti delle
Regioni e degli enti locali, quando ricorrano i presupposti indicati
dalla Costituzione stessa (mancato rispetto «di norme o trattati
internazionali o della normativa comunitaria oppure di grave pericolo
per l'incolumita' e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedono
la tutela dell'unita' giuridica o dell'unita' economica o la tutela
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali»).
La disciplina analitica dell'esercizio del potere sostitutivo e',
poi, rinviata alla legge, alla quale e' prescritto il rispetto dei
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione.
La nuova disposizione costituzionale sembra in tal modo aver
trascritto quanto da tempo la giurisprudenza di questa ecc.ma Corte
e' venuta chiarendo e precisando in ordine alle condizioni di
legittimo esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato.
In particolare, l'art. 120, secondo comma Cost. attribuisce al
Governo il potere di esercitare la sostituzione: il che corrisponde
al principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza
costituzionale, secondo cui l'atto di sostituzione, rappresentando
l'espressione di un potere di alta amministrazione e di indirizzo
politico, per di piu' esercitato in relazione ad enti le cui
attribuzioni sono garantite dalla Costituzione stessa, deve provenire
dalla massima autorita' politica del Governo e cioe' dal Consiglio
dei ministri, dal quale deve essere, appunto, deliberato.
In conformita' a tali principi, la disciplina organica del potere
sostitutivo era stata, poi, dettata dall'art. 5 del d.lgs
n. 112/1998, che aveva anch'esso ribadito l'attribuzione al Consiglio
dei ministri della adozione degli atti di sostituzione nei confronti
delle Regioni ed enti locali, previa la procedura di «leale
collaborazione».
I commi 42, 43 e 44 dell'art. 10 della legge impugnata disegnano,
invece, una procedura del tutto atipica, in cui il Presidente del
Consiglio dei ministri nomina un commissario straordinario, che ha
funzioni di monitoraggio e di vigilanza sull'attuazione delle legge.
Sin qui non vi sarebbero obiezioni, trattandosi di organizzare
una attivita' dello Stato ed, anzi, non si vedrebbe alcuna necessita'
di acquisire il parere della Conferenza Stato-Regioni sulla scelta
della persona da nominare.
Tuttavia, il comma 43 attribuisce al commissario straordinario il
potere di sostituirsi nei confronti delle Amministrazioni pubbliche,
genericamente individuate, alle quali competono gli adempimenti
previsti dalla legge.
E', inoltre, il commissario che deve invitare e poi diffidare
l'Amministrazione ad emanare i provvedimenti dovuti ed e' il
commissario ad esercitare il potere sostitutivo.
Si noti che la delibera del Consiglio dei ministri, che e'
richiesta prima dell'esercizio del potere sostitutivo, avrebbe
soltanto una generica funzione autorizzatoria, mentre spetterebbe al
commissario straordinario assicurare, nell'attivita' di sostituzione,
il rispetto dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione
genericamente indicati.
L'art. 120 Cost. pretende che l'espletamento delle funzioni
sostitutive avvenga nel rispetto del principio di leale
collaborazione, che le disposizioni impugnate invocano, ma non
applicano: il meccanismo di cui al comma 44, sopra ricordato -
esercizio del potere sostitutivo previa delibera del Consiglio dei
ministri - in assenza di parere della Conferenza, che e' richiesto
unicamente ai fini dell'adozione del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri di nomina, si traduce nel rispetto solo
formale del suddetto principio di leale collaborazione.
Vengono cosi' a sfumare le caratteristiche che questa Corte ha
sempre ritenuto imprescindibili nell'esercizio del potere sostitutivo
nei confronti delle Regioni e che sono legate alla valenza politica e
alla collegialita' del Consiglio dei ministri e delle responsabilita'
che il Governo poi assume relativamente ad un suo atto anche nei
confronti del Parlamento.
Nella disciplina delle disposizioni impugnate, invece, l'intera
attivita' di sostituzione viene posizionata sul livello
amministrativo «burocratico», sicche' le Regioni si potrebbero
trovare sostituite in forza di un atto emanato da una autorita'
amministrativa, anche se previamente autorizzata dal Consiglio dei
ministri.
Da cio' risulta evidente il vulnus alle prerogative
costituzionali delle Regioni medesime.
Il fatto stesso che l'iniziativa dell'atto spetti al Commissario
e non al Governo, espone le Regioni alla scelta discrezionale di un
soggetto che non entra nel circuito della rappresentanza e della
responsabilita' politica e non ha lo status di organo costituzionale,
che sarebbe necessario.
E certo non puo' ritenersi che le attivita' di sostituzione
demandate al libero apprezzamento del commissario straordinario
consistano nell'esercizio di «attivita' tecnico-amministrative - al
difuori di compiti e di responsabilita' di direzione politica - in
materia non riservata ad organi costituzionalmente rilevanti in
funzione di garanzia dei rapporti tra Stato e Regioni» (cfr. Corte
cost., sent. n. 270/1998; n. 333/1998).
Tutto all'opposto, qui si tratta di una materia di sicura
attribuzione regionale e, in essa, di un potere di sostituzione che
esula dalla mera attivita' amministrativa e investe direttamente
attivita' di indirizzo politico.
Conclusivamente, lo stravolgimento del procedimento
sull'esercizio del potere sostitutivo, come delineato dall'art. 120
Cost. nel testo vigente e come attuato dalla legge 5 giugno 2003
n. 131, con sottrazione delle competenze riservate tanto al
Presidente del Consiglio, che al Ministro competente per materia,
nonche' in forza dell'improprio scostamento dal livello sul quale
tale potere deve essere mantenuto importa, all'evidenza,
l'incostituzionalita' delle disposizioni sopra richiamate.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 42-43-44
del decreto-legge n. 49/2003, convertito con la legge n. 119/2003,
per violazione dell'art. 97, comma 1 Cost. in ragione della lesione
dei principi di buon andamento e di imparzialita' della
Amministrazione e di leale collaborazione.
Dalla lettera dei commi 43 e 44 dell'art. 10 cit. non e' dato
neppure di evincere quali siano le condizioni di esercizio ed i
limiti da cui il suddetto potere sostitutivo dovrebbe essere
condizionato.
Al riguardo, e' del tutto insufficiente il generico richiamo ai
principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione, operato dalle
suddette disposizioni, posto che tali principi, a tutto concedere, si
limitano a regolare le modalita' di esercizio del potere, ma non
consentono di determinarne l'effettiva portata.
Il che e' di particolare rilievo nelle fattispecie in cui non
venga in rilievo l'adozione di un provvedimento vincolato (quale, ad
esempio, la variazione della consistenza della quota latte all'esito
di un contratto di affitto o vendita di quota, come stabilito dal
decreto-legge n. 49/2003, come convertito, dall'art. 10, commi 18 e
ss.), bensi' una determinazione recante apprezzamenti discrezionali
che, per le scelte rimesse alla p.a., risultino diretta
estrinsecazione della politica agraria regionale (quale, ad esempio,
la determinazione dei criteri che presiedono alle assegnazioni
integrative di quota, di cui all'art. 3, comma 4, lett. c) del
decreto-legge n. 49/2003, come convertito).
La natura indefinita della portata delle disposizioni sopra
richiamate comporta, quindi, la violazione dei principi di buon
andamento ed imparzialita' dell'Amministrazione, di cui all'art. 97,
comma 1, Cost., ma - altresi - la lesione del generale principio di
leale collaborazione tra Stato e Regioni, che risulta soddisfatto
solo nel caso in cui la norma sub iudice consenta una regolazione dei
rapporti tra le parti in termini inequivocabili, come non e' nella
fattispecie, laddove manca l'individuazione di un termine certo e
breve per l'esercizio delle funzioni commissariali, riferendosi la
norma genericamente e indefinitamente ai primi due periodi di
applicazione del decreto.
P. Q. M.
La Regione Emilia-Romagna, come sopra rappresentata e difesa,
chiede voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, per
violazione degli artt. 117, quinto comma, 120, secondo comma e 97
Cost. nei termini sopra illustrati.
Bologna-Roma, addi' 22 luglio 2003
Avv. Prof. Franco Mastragostino - Avv. Roberto Facinelli - Avv. Luigi
Manzi