Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 ottobre 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
 

(GU n. 45 del 2016-11-09)
 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge;

Contro la Regione Basilicata, in persona del Presidente in carica, con sede a Potenza (85100), Viale Vincenzo Verrastro n. 4 per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 - nella parte in cui modifica, quoad tempus, il comma 1 dell'art. 2 della legge regionale 26 novembre 2015, n. 53 - pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 30 del 4 agosto 2016, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 23 settembre 2016;

Premessa.

La legge della Regione Basilicata 26 novembre 2015, n. 53, recante «Disposizioni ingenti per l'applicazione dell'art. 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161» - che, com'e' noto e come meglio si dira' infra, in adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, contiene norme in materia di orario di lavoro del personale delle aree dirigenziali e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale -, all'art. 2 ha dettato una disciplina transitoria in tema di durata massima settimanale dell'orario di lavoro (lett. a) e di riposi giornalieri (lett. c) del personale in questione destinata, per espressa previsione, ad operare «nelle more della definizione della nuova disciplina contrattuale nazionale in relazione alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 66/2003, fermi restando i principi della protezione e della sicurezza dei lavoratori e dei pazienti e comunque - secondo l'originaria formulazione: n.d.r. - non oltre il 31 luglio 2016».

La legge regionale in questione e' stata in parte qua impugnata avanti a codesta Ecc.ma Corte perche' ritenuta in contrasto con l'art. 117, commi 1 e 2, lettera l), della Carta fondamentale (ricorso n. 4/2016).

L'art. 1 della legge regionale 4 agosto 2016, n. 17, intitolata «Modifiche a norme in materia di sanita'» - che con il presente atto ora si impugna - modifica, per quanto qui interessa, l'art. 2, comma 1, della legge n. 53/2016 stabilendo che «la data del "31 luglio 2016" e' sostituita dalla data del "31 dicembre 2016"».

Cosi' disponendo la legge regionale all'esame proroga, di fatto consolidandone gli effetti, la disciplina transitoria di cui all'art. 2 della legge regionale n. 53/2015 e, in tal modo, reitera, aggravandole, le violazioni dei principi costituzionali gia' denunciate in sede di impugnativa della legge sulla quale interviene.

L'art. 1, comma 1, della legge regionale 4 agosto 2016, n. 17 e' dunque in parte qua - anch'esso - costituzionalmente illegittimo nella misura in cui reitera, per un verso, la gia' denunziata violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, comma 1, Cost.) e, per un altro, la pure lamentata invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento, civile (art. 117, comma 2, lettera l) Cost.): esso viene pertanto impugnato con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi i diritto

 

Per meglio comprendere il senso e la portata delle questioni di legittimita' costituzionale che si verranno prospettando e' d'uopo rammentare che gli articoli 4 e 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 - emanato in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE: ma v. anche la direttiva 2003/88/CE - disciplinano, rispettivamente, la durata massima dell'orario di lavoro (art. 4) e il riposo giornaliero dei lavoratori (art. 7).

In particolare, l'art. 4 del decreto legislativo n. 66/2003, attuativo dell'art. 6 della direttiva 2003/88/CE, disciplina la durata massima dell'orario di lavoro disponendo che: a) «la durata massima settimanale dell'orario di lavoro» e' stabilita dai contratti di lavoro; (comma 1); b) «la durata media dell'orario di lavoro non puo' in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario» (comma 2); c) «la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi» (comma 3); d) «i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare tale limite fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi» (comma 4).

L'art. 7 del decreto legislativo n. 66/2003, attuativo invece dell'art. 3 della direttiva 2003/88/CE, stabilisce poi che «il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore».

L'art. 3, comma 85, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (aggiungendo il comma 6-bis all'art. 17 del decreto legislativo n. 66/2003) e l'art. 41, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, conv., con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dichiararono tali norme non applicabili al personale sanitario del Servizio sanitario nazionale.

Tale esclusione determino' l'apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l'Italia poiche' le disposizioni derogate erano state emanate, come s'e' detto, in attuazione di direttive europee vigenti in materia e, in particolare, degli articoli 6 e 3 della direttiva 2003/88/CE.

Il legislatore nazionale intervenne dunque con l'art. 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 - intitolata «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - legge europea 2013-bis») disponendo l'abrogazione delle richiamate norme di deroga.

Tuttavia, poiche' l'immediata applicazione della disciplina generale avrebbe potuto pregiudicare, tenuto conto dei limiti normativi all'assunzione di personale, la continuita' nell'erogazione dei servizi sanitari e dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' l'ottimale funzionamento delle strutture, il comma 1 dell'art. 14 della legge in questione ha disposto che l'abrogazione delle norme derogatorie operasse decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore della legge medesima: termine poi scaduto il 25 novembre 2015.

In particolare, e come previsto dal comma 2, la norma transitoria aveva lo scopo di consentire alle regioni di realizzare, entro tale lasso di tempo, appositi processi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture e dei servizi dei propri enti sanitari finalizzati ad una piu' efficiente allocazione delle risorse umane, disponibili a legislazione vigente, tenendo anche conto di quanto previsto dell'art. 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, conv., con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cui e' stata poi data attuazione con il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70 («Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»).

Il comma 3 del menzionato art. 14 della legge n. 161/2014 ha inoltre previsto, in conformita' a quanto consentito dall'art. 17, paragrafo 3, lettera c), della richiamata direttiva 2003/88/CE, che, al fine di garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanita' disciplinino le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo altresi' equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione ditali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile perragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso.

Lo stesso comma ha infine previsto che, nelle more del rinnovo dei contratti collettivi vigenti, le disposizioni contrattuali in materia di durata massima settimanale dell'orario di lavoro e di riposo giornaliero attuative delle norme abrogate siano a loro volta disapplicate a decorrere dalla data di abrogazione di queste.

A seguito della pubblicazione della legge n. 161/2014 la procedura comunitaria di infrazione e' stata archiviata.

Tanto premesso in ordine alla normativa europea e statale di riferimento, la legge regionale Basilicata 26 novembre 2015, n. 53 - gia' impugnata con il ricorso sopra citato - e, di conseguenza, la legge regionale Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 - che su quella interviene e che ora si impugna - recano disposizioni in materia di orario di lavoro e di riposi giornalieri che, introducendo deroghe alla richiamata normativa, violano, come s'e' detto, i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, ma impingono altresi' nella materia dell'ordinamento civile riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato ed interdetta per converso alla competenza legislativa regionale.

In particolare, mentre l'art. 1 della legge regionale n. 53/2015 afferma che la finalita' della legge e' quella di dare attuazione al piu' volte richiamato art. 14 della legge statale n. 161/2014 - il quale, come s'e' ricordato, prevedeva, per la verita', che le regioni e le province autonome concludessero i processi di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture e dei servizi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa -, rinviando peraltro a successivi e non meglio specificati provvedimenti della Giunta regionale, l'art. 2 detta una disciplina transitoria che presenta i citati profili di illegittimita' costituzionale.

 

I

 

In particolare e come s'e' anticipato in premessa, l'art. 2 della legge regionale n. 53/2016 - sul quale interviene la legge regionale che ora si impugna - contiene, tra l'altro, la disciplina transitoria dell'orario di lavoro del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale stabilendo che, nelle more della definizione della nuova disciplina contrattuale nazionale in relazione alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 66/2003, «per il calcolo della durata massima settimanale di 48 ore dell'orario di lavoro di cui all'art. 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, il periodo di riferimento e' di mesi dodici in linea con quanto previsto dal comma 4 del predetto articolo» (comma 1 lettera a).

Tale disposizione regionale si pone in realta' in contrasto con la norma statale richiamata posto che l'art. 4 del decreto legislativo n. 66/2003, di attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, prevede che «la durata media dell'orario di lavoro non puo' in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario» (comma 2) e che tale «durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi» (comma 3).

E' ben vero che lo stesso art. 4 del decreto legislativo n. 66/2003 prevede che tale limite puo' essere elevato «fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro (comma 4), ma e' altrettanto vero che cio' puo' essere disposto solo dai contratti collettivi di lavoro e che le ragioni giustificatrici dell'innalzamento del limite ordinario devono essere «specificate negli stessi contratti collettivi».

Contemplando un periodo di riferimento per il calcolo della durata media dell'orario di lavoro superiore a quello previsto, in attuazione di specifiche disposizioni europee, dalla legge statale - 12 mesi contro 4 -, limite derogabile in aumento solo dall'autonomia collettiva ed in presenza di specifiche ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, la norma regionale in esame - e, di conseguenza, quella oggetto della presente impugnazione – viola dunque ad un tempo il comma 1 e il comma 2, lettera l) dell'art. 117 della Costituzione sia perche' non rispetta i vincoli derivanti alla potesta' legislativa delle Regioni dall'ordinamento comunitario sia perche', regolando profili attinenti all'ordinamento civile, invade ambito riservato all'esclusiva competenza legislativa dello Stato.

 

II

 

Come parimenti s'e' detto in premessa, l'art. 2 della legge regionale n. 53/2016 contiene pure la disciplina transitoria del riposo giornaliero del personale sanitario del Servizio sanitario nazionale stabilendo che «i riposi giornalieri inferiori ad undici ore sono possibili in presenza di eventi eccezionali e non prevedibili o assenze improvvise che non consentano di garantire la continuita' dell'assistenza come accertati dai responsabili dei servizi sanitari interessati» (comma 1 lettera c).

Per questa parte la disposizione si pone in contrasto con l'art. 7 del citato decreto legislativo n. 66/2003 il quale prevede che «ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilita'».

L'art. 17, comma 1, del medesimo decreto legislativo prevede, tra l'altro, che eventuali deroghe all'art. 7 possano essere disposte esclusivamente mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative (ovvero, in mancanza di disciplina collettiva, mediante una procedura speciale di livello nazionale, regolamentata al comma 2), specificando, inoltre, al comma 4, che tale deroga e' ammessa solo a condizione che «ai prestatori di' lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata».

Si tratta di riserve (alla contrattazione collettiva) e di limiti espressamente ribaditi, tra l'altro, anche dallo stesso art. 14 della legge n. 161/2014, di cui pure la legge regionale Basilicata n. 53/2015 si dichiara attuativa.

Come anticipato, infatti, il comma 3 di tale disposizione prevede che «nel rispetto di quanto previsto dall'art. 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, al fine di garantire la continuita' nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanita' disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo altresi' equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso».

Prevedendo, sia pure in circostanze eccezionali ed imprevedibili, riposi giornalieri di durata inferiore alle undici ore, la disposizione regionale in esame - e, di conseguenza, quella oggetto della presente impugnazione - viola dunque ad un tempo il comma 1 e il comma 2, lettera l) dell'art. 117 della Costituzione sia perche' non rispetta i vincoli derivanti alla potesta' legislativa delle Regioni dall'ordinamento comunitario sia perche', regolando profili attinenti all'ordinamento civile, invade ambito riservato all'esclusiva competenza legislativa dello Stato.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, previa riunione, per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, del presente ricorso al ricorso n. 4/2016, voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, l'art. 1, comma 1, della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n, 17 - nella parte in cui modifica, quoad tempus, il comma 1 dell'art. 2 della legge regionale 26 novembre 2015, n. 53 - pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 30 del 4 agosto 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 23 settembre 2016.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:

1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 23 settembre 2016, della determinazione di impugnare la legge della Regione Basilicata 4 agosto 2016, n. 17 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 30 del 4 agosto 2016 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;

2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 30 del 4 agosto 2016.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

 

Roma, 29 settembre 2016

Vice Avvocato Generale dello Stato: Mariani

 

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