Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 15 maggio  2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri).

(GU n. 25 del 2019-06-19)

 

    Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura

generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi

n. 12, e' domiciliato  per  legge  contro  la  Regione  Calabria,  in

persona del Presidente in carica, con sede  a  Cittadella  Regionale,

viale Europa  -  Localita'  Germaneto,  88100  -  Catanzaro,  per  la

declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione

del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno  8  maggio

2019, degli articoli 1, commi 1, 2, 3 e 4, e 2, comma 1, della  legge

della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6, pubblicata nel Bollettino

Ufficiale della Regione Calabria n. 34 del 13 marzo 2019.

    In data 13 marzo 2019, sul n. 34 del Bollettino  Ufficiale  della

Regione Calabria, e' stata pubblicata la  legge  regionale  13  marzo

2019, n. 6 intitolata «Integrazione delle Aziende  ospedaliere  della

Citta' Capoluogo della Regione».

    Tale legge dispone, da un lato, la «integrazione»  tra  l'Azienda

ospedaliera   «Pugliese-Ciaccio»    di    Catanzaro    e    l'Azienda

ospedaliero-universitaria «Mater Domini» (art. 1, commi  da  1  a  3)

nonche' quella del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di  Lamezia

Terme con la (neocostituita) Azienda ospedaliero-universitaria «Mater

Domini-Pugliese Ciaccio» (art. 1, comma 4); dall'altro, la cessazione

degli organi dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro

e  dell'Azienda  ospedaliero-universitaria  «Mater  Domini»   e   dei

rispettivi  direttori  sanitari  ed  amministrativi  con  conseguente

risoluzione dei relativi rapporti di  lavoro  senza  attribuzione  di

alcun indennizzo (art. 2, comma 1).

    Dette disposizioni eccedono  le  competenze  regionali,  invadono

quelle statali e sono percio' violative di previsioni costituzionali:

esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex  art.  127

Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale  e

ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

                                    Motivi di diritto

 

Premessa

    Per meglio comprendere il senso e la portata delle censure che si

verranno esponendo e' d'uopo premettere che la Regione Calabria,  per

la quale si era verificata una situazione di  disavanzo  nel  settore

sanitario  tale  da  generare  uno  squilibrio  economico-finanziario

suscettibile di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali  di

assistenza, il 17 dicembre 2009 aveva stipulato, ai  sensi  dell'art.

1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria

2005), un Accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle

finanze - comprensivo di un Piano di rientro dal disavanzo  sanitario

- il quale individuava, come previsto  dalla  norma,  gli  interventi

necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto

dei livelli essenziali di  assistenza  e  degli  adempimenti  di  cui

all'intesa (Stato-Regioni) prevista  dal  comma  173  della  medesima

disposizione.

    Peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal  Piano

di rientro nei tempi e nelle dimensioni previste dall'art.  1,  comma

180, della legge n. 311/2004, nonche' dall'intesa  Stato-Regioni  del

23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, in

attuazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e dell'art.  8,

comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la  Regione  Calabria  e'

stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre

2007, n. 159 conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222.

    La norma da ultimo  citata  prevede  infatti  che,  «qualora  nel

procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di  rientro

... si prefiguri il mancato rispetto da  parte  della  regione  degli

adempimenti  previsti  dai  medesimi   Piani,   in   relazione   alla

realizzabilita' degli equilibri finanziari  nella  dimensione  e  nei

tempi ivi programmati, in funzione degli interventi  di  risanamento,

riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del  sistema

sanitario  regionale,  anche  sotto  il  profilo   amministrativo   e

contabile,  tale  da  mettere  in  pericolo  la  tutela   dell'unita'

economica  e  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  ...,   il

Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  la  procedura  di  cui

all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  su  proposta

del Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  di  concerto  con  il

Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e

le autonomie locali, diffida la regione ad  adottare  entro  quindici

giorni tutti gli  atti  normativi,  amministrativi,  organizzativi  e

gestionali  idonei  a  garantire  il  conseguimento  degli  obiettivi

previsti nel Piano» (art. 4, comma 1, decreto-legge cit.); in caso di

inottemperanza alla diffida o nell'ipotesi  in  cui  gli  atti  e  le

azioni  posti  in  essere  risultino  inidonei  o  insufficienti   al

raggiungimento  degli  obiettivi  programmati,   il   Consiglio   dei

ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di

concerto con il Ministro della salute, sentito il  Ministro  per  gli

affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta

per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro (art. 4,

comma 2, primo periodo, decreto-legge cit.).

    Ed infatti, nella seduta del 30 luglio  2010,  il  Consiglio  dei

ministri delibero' la  nomina  di  un  Commissario  ad  acta  per  la

realizzazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel  settore

sanitario  della  Regione  Calabria,  individuando  lo  stesso  nella

persona del Presidente pro tempore della regione.

    Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della  legge  23

dicembre 2009, n. 191, con delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010,  il

Commissario ad acta approvo' i Programmi operativi  con  i  quali  fu

data prosecuzione al Piano di rientro 2013-2015.

    Sopraggiunta  la  legge  23  dicembre  2014,  n.  190  (legge  di

stabilita' 2015), il Consiglio dei  ministri,  con  delibera  del  12

marzo 2015, ha conferito, ai sensi  dell'art.  1,  comma  569,  della

stessa legge, l'incarico di Commissario ad acta per l'attuazione  del

Piano  di  rientro  all'ing.  Massimo  Scura,  secondo  i   Programmi

operativi di cui all'art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009.

    Tale delibera ha attribuito al Commissario ad  acta  i  contenuti

del mandato commissariale gia' affidato  al  Presidente  pro  tempore

della Giunta regionale  calabra.  Al  Commissario  e'  stato  infatti

assegnato l'incarico prioritario di adottare ed attuare  i  Programmi

operativi e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme

sul territorio regionale,  l'erogazione  dei  livelli  essenziali  di

assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza,  sicurezza  e

qualita', nei termini indicati  dai  Tavoli  tecnici  di  verifica  e

nell'ambito della cornice normativa vigente.

    Infine, con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  7

dicembre 2018 il Governo ha  provveduto  alla  nomina  di  una  nuova

Struttura commissariale affidando al gen.  dott.  Saverio  Cotticelli

l'incarico di  proseguire  nell'attuazione  dei  Programmi  operativi

2016-2018 e degli interventi gia' affidati al precedente  Commissario

ad acta.

    Alla  luce  del  contesto  normativo  ed  amministrativo   teste'

descritto,  la  legge  regionale  13  marzo  2019,  n.  6,   contiene

disposizioni che, come  s'e'  detto,  appaiono  sotto  piu'  rispetti

viziate d'illegittimita' costituzionale.

I - L'art. 1, commi 1 e 2, della legge regionale  Calabria  13  marzo

2019, n. 6

    L'art. 1, comma 1, della legge 13 marzo 2019, n. 6 -  da  qui  in

avanti anche la  legge  -  stabilisce  che  «Al  fine  di  migliorare

l'offerta assistenziale, assicurare la raionalizzazione  della  spesa

assistenziale e l'ottimizzazione  delle  risorse,  in  considerazione

dell'intesa tra la Regione Calabria e l'Universita' degli studi Magna

Graecia di Catanzaro,  l'Azienda  ospedaliera  "Pugliese-Ciaccio"  di

Catanzaro e' integrata con l'Azienda ospedaliero-universitaria "Mater

Domini",    che    assume     la     denominazione     di     Azienda

ospedaliero-universitaria "Mater Domini-Pugliese Ciaccio"».

    Il   successivo   comma   2   dispone   invece   che   «L'Azienda

ospedaliero-universitaria "Mater Domini-Pugliese Ciaccio" ha sede  in

Catanzaro,   ha   personalita'   giuridica   pubblica   e   autonomia

imprenditoriale ai sensi della vigente normativa statale  e  subentra

nelle funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi dell'Azienda

ospedaliera       "Pugliese       Ciaccio"       e       dell'Azienda

ospedaliero-universitaria "Mater  Domini"  con  l'efficacia  prevista

dall'art.    2,     comma     1.     Sono     organi     dell'Azienda

ospedaliero-universitaria   "Mater   Domini-Pugliese   Ciaccio"    il

direttore generale, il collegio sindacale e l'organo di indirizzo».

    Benche'  il  termine  impiegato  dal  legislatore   regionale   -

«integrazione»  -  per  la  sua  atecnicita'  non   identifichi   con

esattezza, dal punto di vista giuridico, la vicenda che ha riguardato

le Aziende ospedaliere  della  citta'  capoluogo  della  regione,  la

denominazione  del  nuovo  soggetto  -  destinato  ad   assumere   la

denominazione    di    Azienda    ospedaliero-universitaria    «Mater

Domini-Pugliese  Ciaccio»  -,  la  previsione  che   lo   stesso   ha

«personalita' giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale ai sensi

della vigente normativa statale» ed il subentro del  medesimo  «nelle

funzionizioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi» facenti capo

alle  due  preesistenti  aziende  ospedaliere  cittadine  nonche'  la

disposta cessazione di diritto dei relativi organi  rendono  evidente

che con la legge in rassegna la Regione Calabria ha inteso costituire

una nuova azienda ospedaliero-universitaria.

    Ma se cosi' e' - e cosi' non puo' in effetti  non  essere  -,  la

legge regionale e' in parte qua incostituzionale nella misura in cui,

provvedendo alla costituzione di un'azienda ospedaliero-universitaria

secondo  modalita'  procedimentali  diverse  da  quelle  indicate   e

disciplinate dall'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502 e senza una - valida, per le ragioni  che  si  diranno  -  previa

intesa tra regione ed universita' prescritta dall'art.  2,  comma  7,

del decreto legislativo 21 dicembre  1999,  n.  517,  viola  principi

fondamentali stabiliti da leggi dello  Stato  in  materia  di  tutela

della salute, contrastando quindi con  il  limite  imposto  dall'art.

117, comma 3, Cost. alla potesta' legislativa regionale nelle materie

oggetto di legislazione concorrente.

    Secondo quanto risulta dal combinato disposto delle norme statali

in precedenza citate, le aziende ospedaliero-universitarie attraverso

le quali si realizza la  collaborazione  fra  il  Servizio  sanitario

nazionale  e  le  universita'  sono  infatti  costituite  secondo  il

procedimento previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992

a mente del quale la proposta regionale di istituzione di  una  nuova

azienda   ospedaliero-universitaria,    formulata,    d'intesa    con

l'universita' (art. 2, comma 7, decreto legislativo n. 517/1999),  al

Ministro della salute,  e',  previa  verifica  della  ricorrenza  dei

requisiti  indicati  dallo  stesso  art.  4  decreto  legislativo  n.

502/1992, da questi a sua volta sottoposta  all'esame  del  Consiglio

dei ministri il quale delibera autorizzando la regione,  con  decreto

presidenziale,      a      costituire      la      nuova      azienda

ospedaliero-universitaria.

    Ben diversamente, il  vigente  Programma  operativo  2016-2018  -

predisposto dal Commissario ad acta ai sensi dell'art. 2,  comma  88,

della legge n. 191/2009 ed approvato con decreto n. 63 del  5  luglio

2016 -, nell'ambito della riorganizzazione delle  reti  assistenziali

e, nello specifico, della rete  ospedaliera,  tra  gli  obiettivi  di

riqualificazione delle strutture pubbliche prevede, al punto  2.1.1.1

e previa intesa con l'Universita' degli studi «Magna Graecia», non la

costituzione di una nuova azienda ospedaliero-universitaria, bensi' -

e piu' semplicemente - la fusione per incorporazione dell'(esistente)

Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio nell'(esistente  e  persistente)

Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini e  la  modifica  della

denominazione di questa in Azienda ospedaliera  universitaria  Renato

Dulbecco.

    Tale operazione  -  risolvendosi  nella  (semplice)  fusione  per

incorporazione di un'azienda nell'altra e non nella  costituzione  di

una nuova azienda - avrebbe  dovuto  -  rectius:  dovra'  -  attuarsi

mediante l'adozione di  un  decreto  commissariale  e  la  successiva

rimozione, da parte della regione, delle norme che (ancora) prevedono

l'esistenza di due distinte aziende ospedaliere, la Mater Domini e la

«Pugliese-Ciaccio» (il riferimento e' alla l.r. 12 novembre 1994,  n.

26, al relativo d.P.G.R. attuativo 8 febbraio 1995,  n.  170  e  alla

l.r. 19 marzo 2004, n. 11).

    Deve      invece      escludersi      che      nuove      aziende

ospedaliero-universitarie  -  quand'anche  risultanti,   come   nella

specie, dall'«integrazione» tra una preesistente azienda  ospedaliera

e una preesistente azienda ospedaliero-universitaria - possano essere

costituite dalle regioni - tanto piu' se soggette,  come  la  Regione

Calabria, a commissariamento - al di fuori del - e a prescindere  dal

- procedimento disciplinato in via ordinaria dalle  norme  richiamate

in precedenza le quali stabiliscono, a tutti  gli  effetti,  principi

fondamentali che, come tali, limitano e vincolano  l'esercizio  della

potesta' legislativa regionale  in  materia:  donde  l'illegittimita'

costituzionale di quelle disposizioni regionali che, come  nel  caso,

da quei principi e da quelle norme si discostano.

II - L'art. 1, comma 3, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6

    L'art. 1, comma  3,  della  legge  stabilisce  invece  che  entro

novanta giorni dall'entrata in vigore della stessa «sono  definiti  i

rapporti tra la Regione Calabria e l'Universita'  degli  studi  Magna

Graecia di Catanzaro in materia di attivita' integrate di  didattica,

ricerca e assistenza, mediante protocollo d'intesa definito ai  sensi

dell'art.  1  del  decreto  legislativo  21  dicembre  1999,  n.  517

(Disciplina  dei  rapporti  fra  Servizio  sanitario   nazionale   ed

universita'), sottoscritto dal Presidente della Giunta regionale, dal

Rettore dell'Universita' e dal Commissario ad acta  per  l'attuazione

del Piano di  rientro  dal  disavanzo  della  spesa  sanitaria  della

Regione Calabria».

    Tale disposizione e' anch'essa costituzionalmente  illegittima  -

per violazione dell'art. 120, comma 2,  Cost.  nella  misura  in  cui

interferisce con le funzioni e con i compiti del Commissario ad  acta

nominato per l'attuazione del Piano di rientro  dal  disavanzo  della

spesa sanitaria della Regione Calabria.

    Come s'e' ricordato in premessa, con decreto del  Presidente  del

Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 il Governo ha provveduto  alla

nomina di una nuova struttura commissariale affidando al  gen.  dott.

Saverio  Cotticelli  l'incarico  di  proseguire  nell'attuazione  dei

Programmi operativi 2016-2018 e degli  interventi  gia'  affidati  al

precedente Commissario ad acta e, in particolare  e  per  quanto  qui

interessa, quello  di  definire  e  stipulare,  in  coerenza  con  la

normativa vigente, il protocollo  d'intesa  con  l'Universita'  degli

studi «Magna Graecia» di Catanzaro (punto 15  della  lettera  b)  del

decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato).

    Tale compito - si sottolinea - e' stato pero' assegnato  al  solo

Commissario ad acta, e non anche al Presidente della Regione.

    Sotto  questo  profilo,   la   previsione   dell'intervento   del

Presidente   della   Giunta   regionale   -   accanto   al    Rettore

dell'Universita' e al Commissario ad acta -  nella  stipulazione  del

protocollo d'intesa diretto a definire e disciplinare, in conformita'

di quanto previsto dall'art. 1 del decreto legislativo n. 517/1999, i

rapporti tra il Servizio sanitario regionale  e  l'Universita'  degli

studi «Magna Graecia» di Catanzaro rappresenta quindi,  a  tutti  gli

effetti, un'evidente, indebita e costituzionalmente illegittima - per

violazione dell'art. 120, comma 2, Cost. - ingerenza regionale  nella

sfera di competenza del Commissario ad acta.

    In pendenza del commissariamento della Regione, la definizione  e

la sottoscrizione del protocollo  d'intesa  con  l'Universita'  degli

studi «Magna Graecia» di Catanzaro e' infatti compito  e  funzione  -

prioritaria, precipua ed esclusiva - del Commissario ad acta, compito

e funzione nel cui svolgimento  la  regione  commissariati  non  puo'

indebitamente  ingerirsi  «affiancandosi»,  per  via  normativa,   al

Commissario nominato.

    Legiferando  in  materia,  la  Regione  Calabria  si  e'  percio'

illegittimamente riappropriata di un  potere  dal  cui  esercizio  e'

stata temporaneamente interdetta per effetto dell'esercizio, da parte

del Governo, del potere sostitutivo previsto dall'art. 120, comma  2,

Cost. - e dalle relative norme statali di  attuazione  (in  generale,

quanto ai modi e ai termini, dall'art. 8 della legge n.  131/2003  e,

nello specifico, dall'art. 4 del decreto-legge n. 159/2007) - al fine

di garantire «la tutela  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni

concernenti i diritti civili e sociali»  in  materia  di  prestazioni

sanitarie; e, cosi' facendo,  e'  percio'  incorsa,  eo  ipso,  nella

violazione del precetto costituzionale sopra richiamato.

    Si ricorda, in proposito, che codesta Ecc.ma Corte ha piu'  volte

dichiarato l'illegittimita' costituzionale, per violazione  dell'art.

120, comma 2, Cost., di  altre  disposizioni  emanate  dalla  Regione

Calabria proprio in materia sanitaria sotto il profilo della indebita

interferenza delle norme regionali impugnate  con  l'attivita'  e  le

funzioni del Commissario ad acta.

    Cosi', nella sentenza n. 110 del 2014 - con  la  quale  e'  stata

dichiarata l'illegittimita' costituzionale di disposizioni della l.r.

Calabria 29 marzo 2013, n. 12 - codesto Ecc.mo Collegio ha  ricordato

che la giurisprudenza costituzionale «ha  piu'  volte  affermato  che

l'operato del commissario ad  acta,  incaricato  dell'attuazione  del

Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente  concordato  tra

lo Stato e la Regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una

persistente inerzia degli organi regionali, essendosi  questi  ultimi

sottratti ad un'attivita' che pure e' imposta  dalle  esigenze  della

finanza pubblica. E', dunque, proprio tale  dato  -  in  uno  con  la

constatazione  che  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  e',  nella

specie, imposto dalla necessita' di assicurare la tutela  dell'unita'

economica della Repubblica, oltre che dei  livelli  essenziali  delle

prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual

e' quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le

funzioni   amministrative   del    Commissario,    ovviamente    fino

all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di  rientro,

devono essere poste al  riparo  da  ogni  interferenza  degli  organi

regionali» (sul punto, v. anche le sentenze n. 79/2013,  n.  28/2013,

n. 18/2013, n. 131/2012, n. 78/2011).

    Nella sentenza n. 106 del 2017 - con la quale e' stata dichiarata

l'illegittimita' costituzionale  di  norme  della  l.r.  Calabria  20

aprile 2016, n. 10 - codesta Ecc.ma Corte ha ribadito che «il Governo

puo' nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come  definite

nel mandato conferitogli e come specificate dai  programmi  operativi

(ex art. 2, comma 88, della  legge  n.  191  del  2009),  pur  avendo

carattere amministrativo e  non  legislativo  (sentenza  n.  361  del

2010),   devono   restare,   fino   all'esaurimento    dei    compiti

commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi  regionali

- anche qualora  questi  agissero  per  via  legislativa  -  pena  la

violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze

n. 14 del 2017; n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n.

219, n. 180 e n. 28 del 2013 e gia' n. 78 del 2011). L'illegittimita'

costituzionale  della   legge   regionale   sussiste   anche   quando

l'interferenza e' meramente potenziale e, dunque, a  prescindere  dal

verificarsi di un contrasto diretto  con  i  poteri  del  commissario

incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)»

(sentenza n. 14 del 2017; nello stesso senso, n. 266 del  2016  e  n.

227  del  2015).  Il  divieto  di  interferenza   con   le   funzioni

commissariali si traduce, dunque,  in  un  «effetto  interdittivo  di

qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai  fini

del  risanamento  economico-finanziario   del   disavanzo   sanitario

regionale (sentenza n. 51 del  2013),  potendo  essa  intervenire  in

maniera disarmonica rispetto alle  scelte  commissariali  e,  dunque,

indirettamente ostacolare l'unitarieta' dell'intervento (sentenza  n.

266 del 2016)».

III - L'art. 1, comma 4, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6

    L'art. 1, comma 4, della legge stabilisce poi che «In attesa  del

complessivo riordino organizzativo  del  sistema  delle  aziende  del

servizio sanitario regionale, il protocollo d'intesa di cui al  comma

3 prevede l'integrazione del presidio ospedaliero Giovanni  Paolo  II

di  Lamezia  Terme  con  l'Azienda  ospedaliero-universitaria  «Mater

Domini-Pugliese Ciaccio».

    Anche questa disposizione e' costituzionalmente illegittima - per

violazione, ad un tempo, dell'art. 117, comma 3,  Cost.  e  dell'art.

120, comma 2, Cost. - nella misura in cui, prevedendo un accorpamento

«integrazione» - di strutture sanitarie -  del  presidio  ospedaliero

Giovanni    Paolo    II    di    Lamezia    Terme    con    l'Azienda

ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese  Ciaccio»  di  nuova

istituzione - non contemplato ne' dal Programma operativo vigente ne'

dai decreti commissariali emanati, per un  verso,  contrasta  con  il

principio, di coordinamento della finanza pubblica, secondo il  quale

le previsioni del Piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario  e  dei

programmi operativi  -  che  del  primo  costituiscono  attuazione  e

aggiornamento (v. art. 2, comma 88-bis, legge  n.  191/2009)  -  sono

vincolanti - in «positivo» e in «negativo» - per le  regioni  che  li

hanno sottoscritti - con violazione, per questo  riguardo,  dell'art.

117, comma 3, Cost. -; e, per  un  altro,  interferisce,  ancora  una

volta, con le funzioni e con i compiti  del  Commissario  ad  acta  -

cosi' violando l'art. 120, comma 2, Cost.

    E in effetti, come s'e' visto, la «integrazione»  disposta  dalla

norma regionale impugnata contrasta con  quanto  previsto  dal  punto

2.1.1.1  del  vigente  Programma  operativo  2016-2018,   il   quale,

nell'ambito della riorganizzazione delle reti assistenziali e,  nello

specifico,   della   rete   ospedaliera,   tra   gli   obiettivi   di

riqualificazione delle strutture pubbliche, se prevede l'integrazione

dell'Azienda ospedaliera universitaria «Mater Domini»  con  l'Azienda

ospedaliera «Pugliese Ciaccio» -  per  incorporazione  della  seconda

nella prima, ad iniziativa, pero', del Commissario  ad  acta,  e  non

della Regione -, non contempla (altresi') l'integrazione del presidio

ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con la (neocostituita)

Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio».

    La previsione regionale censurata ignora inoltre sia gli standard

qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi che, a mente del

decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70,  debbono  presiedere  alla

organizzazione - e alla riorganizzazione - della  rete  assistenziale

ospedaliera; sia il decreto 5 luglio 2016, n. 64,  con  il  quale  il

Commissario ad acta,  nell'attuazione  del  mandato  affidatogli  con

deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 in  merito

alla   riorganizzazione   della   rete   ospedaliera,   della    rete

dell'emergenza-urgenza e delle reti  tempo-dipendenti  regionali,  ha

assegnato  alla  Struttura  di  Lamezia  Terme   -   DEA/Dipartimento

Emergenza Urgenza e Accettazione di I livello - il ruolo di «Spoke» -

vale a  dire  di  centro  ospedaliero  periferico  di  riferimento  -

dell'Azienda sanitaria provinciale di  Catanzaro  (v.  pagg.  3  e  4

dell'allegato 1  a  detto  decreto  commissariale  denominato  «PL  e

Strutture pubbliche e private»; pag. 66 dell'allegato a detto decreto

commissariale denominato «Documento di  riorganizzazione  della  rete

ospedaliera,  della  rete  dell'emergenza  urgenza   e   delle   reti

tempo-dipendenti»).

    L'integrazione, operata ope legis,  di  strutture  sanitarie  non

prevista  ne'  dal  Programma  operativo  vigente  ne'  dai   decreti

commissariali emanati se, come s'e' detto, da un  lato,  interferisce

(nuovamente) con le funzioni e con i compiti del Commissario ad  acta

-  e,  sul  punto,  si  rinvia,  per  brevita',  alla  giurisprudenza

costituzionale citata nel motivo che precede -, dall'altro, viola gli

impegni assunti dalla regione, dapprima, con il Piano di  rientro  e,

poi, con i Programmi operativi - che, come pure s'e' detto, del primo

costituiscono doverosa attuazione e aggiornamento «al fine di  tenere

conto del finanziamento del servizio  sanitario  programmato  per  il

periodo  di  riferimento,   dell'effettivo   stato   di   avanzamento

dell'attuazione del piano di rientro, nonche' di  ulteriori  obblighi

regionali derivanti da Intese fra lo Stato, le regioni e le  Province

autonome di Trento e di Bolzano o da innovazioni  della  legislazione

statale vigente» (cosi' l'art. 2, comma 88-bis, l. n. 191/2009).

    Per questo profilo, la  norma  regionale  impugnata  si  pone  in

contrasto con i principi fondamentali diretti al  contenimento  della

spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi  80  e  95,  della

legge n. 191 del 2009: e, in  particolare,  con  quello  fissato  dal

comma 95 dell'art. 2 citato a mente del quale gli interventi previsti

nell'Accordo Stato-Regione e nel  relativo  Piano  di  rientro  «sono

vincolanti  per  la  regione,  che  e'  obbligata   a   rimuovere   i

provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che

siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro» (enfasi

aggiunta).

    Con sentenza n. 79 del  2013  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  infatti

evidenziato che la giurisprudenza  costituzionale  «ha  ripetutamente

affermato che "l'autonomia legislativa concorrente delle regioni  nel

settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della

gestione del servizio sanitario  puo'  incontrare  limiti  alla  luce

degli obiettivi della  finanza  pubblica  e  del  contenimento  della

spesa", peraltro in un "quadro di  esplicita  condivisione  da  parte

delle Regioni della assoluta necessiti di contenere i  disavanzi  del

settore sanitario" (sentenze n. 91 del  2012  e  n.  193  del  2007).

Pertanto, il legislatore statale puo'  "legittimamente  imporre  alle

regioni vincoli  alla  spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio

unitario della finanza pubblica complessiva, in  connessione  con  il

perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da  obblighi

comunitari" (sentente n. 91 del 2012, n. 163 del 2011  e  n.  52  del

2010)».

    In tale contesto, e' stato cosi' piu' volte riconosciuto all'art.

2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009  natura  di  «principio

fondamentale diretto al contenimento della spesa  pubblica  sanitaria

e, dunque, espressione di un  correlato  principio  di  coordinamento

della finanza pubblica» (cosi' la gia' ricordata sentenza n.  79/2013

che richiama a sua volta le pronunce  n.  91/2012,  n.  163/2011,  n.

123/2011, n. 141/2010 e n. 100/2010):  di  talche',  «costituisce  un

principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto

stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n.  191  del  2009,

per cui sono vincolanti, per le regioni che li abbiano  sottoscritti,

gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30  dicembre

2004, n. 311, recante "Disposizioni per la  formazione  del  bilancio

annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge   finanziaria   2005)",

finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e  al  ripianamento

dei debiti (sentenze n. 227 del 2015, n. 14 del 2017  e  n.  266  del

2016)».

    L'art. 1, comma 4, della l.r. Calabria 13 marzo  2019,  n.  6  e'

dunque costituzionalmente illegittimo per  violazione  sia  dell'art.

117, comma 3,  Cost.  -  ponendosi  in  contrasto  con  un  principio

fondamentale di coordinamento della finanza pubblica - sia  dell'art.

120, comma 2, Cost. - interferendo  con  le  funzioni  assegnate  dal

Governo al Commissario ad acta nell'esercizio del potere  sostitutivo

previsto da quella disposizione -.

IV - L'art. 2, comma 1, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6

    L'art. 2, comma 1, della legge dispone  infine  che  «Dal  giorno

successivo alla pubblicazione  nel  Bollettino  ufficiale  telematico

della Regione Calabria (BURC) del protocollo d'intesa di cui all'art.

1, l'integrazione di cui  alla  presente  legge  diviene  efficace  e

cessano   di   diritto   gli    organi    dell'Azienda    ospedaliera

«Pugliese-Ciaccio»      di       Catanzaro       e       dell'Azienda

ospedaliero-universitaria «Mater Domini»  e  i  rispettivi  direttori

sanitari ed amministrativi., con risoluzione dei relativi rapporti di

lavoro e senza attribuzione di alcun indennizzo».

    La norma regionale dispone dunque la  decadenza  automatica,  dal

giorno successivo a quello di pubblicazione del  protocollo  d'intesa

previsto dall'art. 1, comma 3, della stessa legge, degli organi delle

aziende «integrate» nonche' dei relativi direttori  amministrativi  e

sanitari.

    Tale  disposizione,  prevedendo  altresi'  la   risoluzione   dei

rapporti di lavoro e, soprattutto, l'esclusione di qualsiasi forma di

indennizzo  per  la  cessazione  anticipata  dell'incarico  e   della

relativa  retribuzione  senza  l'osservanza  delle  regole   all'uopo

stabilite dalla  disciplina  statale  di  riferimento,  statuisce  in

materia di ordinamento civile e viola, di conseguenza, la riserva  di

legge stabilita dalla lettera l) del  comma  2  dell'art.  117  della

Costituzione.

    E' infatti ben noto che codesta Ecc.ma Corte e' stata piu'  volte

chiamata a valutare la compatibilita' con i principi costituzionali -

e,  segnatamente,  con  quelli  di  cui  all'art.  97  Cost.   -   di

disposizioni, statali e regionali,  introduttive  di  fattispecie  di

decadenza automatica da incarichi di funzioni dirigenziali per  cause

estranee  alle  vicende  del  rapporto  e  svincolate  da   qualsiasi

valutazione dei risultati conseguiti.

    Ed e' altresi' noto che tali ipotesi di decadenza automatica sono

state ritenute compatibili con i principi di cui  all'art.  97  Cost.

solo se riferite ad addetti ad uffici di diretta  collaborazione  con

l'organo di Governo (sentenza n. 304 del 2010) o  a  figure  apicali,

quali  quelle  contemplate  dall'art.  19,  comma  3,   del   decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (sentenza n. 34 del 2010).

    Relativamente a detti incarichi, infatti, «cosi' come  la  nomina

del personale, compreso quello dirigenziale, puo' avvenire,  in  base

alla normativa vigente, intuitu personae, senza predeterminazione  di

alcun  rigido  criterio  che  debba  essere  osservato  nell'adozione

dell'atto di assegnazione allo stesso  modo,  e  simmetricamente,  e'

possibile in qualunque momento  interrompere  il  rapporto  in  corso

qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera

costante lo svolgimento del  rapporto  stesso»  (cosi'  la  sent.  n.

304/2010).

    Per  il  personale  dirigenziale  non  apicale  i  meccanismi  di

decadenza automatica o  meramente  discrezionale  sono  stati  invece

costantemente ritenuti incompatibili con i principi di  cui  all'art.

97 Cost. (v., ex multis, le sentenze nn. 228 e 124 del 2011,  n.  224

del 2010, nn. 104 e 103 del 2007).

    Ed invero, in relazione alla figura del direttore  amministrativo

di un ente ospedaliero, e' stato sottolineato come, «una volta  (...)

instaurato  il  rapporto  di   lavoro,   con   la   predeterminazione

contrattuale della sua durata,  vengono  in  rilievo  altri  profili,

connessi,   in   particolare,   da    un    lato,    alle    esigenze

dell'Amministrazione  ospedaliera  concernenti   l'espletamento   con

continuita'  delle  funzioni  dirigenziali  proprie   del   direttore

amministrativo,  e,  dall'altro  lato,   alla   tutela   giudiziaria,

costituzionalmente    protetta,    delle    situazioni     soggettive

dell'interessato, inerenti alla carica» (cfr.  sentenza  n.  224  del

2010 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  15,

comma 6, della legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n.  18,  che

prevedeva che il direttore amministrativo e  il  direttore  sanitario

cessassero automaticamente dall'incarico entro tre mesi dalla data di

nomina del nuovo direttore generale).

    In altri termini, «(...) avuto riguardo al complessivo sistema di

nomina e di revoca del dirigente in questione, la previsione (...) di

una interruzione automatica del rapporto per effetto della nomina del

nuovo direttore generale, senza la previsione di una fase procedurale

che faccia dipendere la decadenza da  pregressa  responsabilita'  del

dirigente, comporta una vera e propria discontinuita' della  gestione

(sentenza  n.  55  del  2009),  in  contrasto  con  l'art.  97  della

Costituzione» (cfr. sentenza n. 224 del 2010, cit.).

    Nel caso di specie, la decadenza di diritto degli  organi  e  dei

rispettivi direttori sanitari ed amministrativi e' stata prevista  in

ragione dell'«integrazione» delle due  aziende  ospedaliere  e  della

conseguente necessita', per effetto della costituzione  di  un  nuovo

soggetto giuridico, di procedere alla nomina dei relativi organi e al

conferimento dei relativi incarichi dirigenziali.

    Cionondimeno, l'ovvia  necessita'  di  evitare  che  la  disposta

riorganizzazione comporti, con il mantenimento  degli  organi  e  dei

dirigenti delle aziende «integrate», una duplicazione di incarichi  e

di costi nonche' una sovrapposizione di attivita'  e  di  competenze,

non legittima, sul piano costituzionale,  l'esclusione  -  con  norma

regionale - di qualsivoglia forma di  indennizzo  per  la  cessazione

ante tempus dell'incarico e della relativa retribuzione,  tanto  piu'

al di fuori delle  ipotesi  e  senza  l'osservanza  del  procedimento

previsti dall'art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171  e

dall'art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999.

    La norma regionale, disciplinando - «in negativo» -  gli  effetti

patrimoniali  discendenti  dalla  revoca   anticipata   dell'incarico

dirigenziale incide dunque direttamente sui diritti e sugli  obblighi

delle parti del  rapporto  di  lavoro  autonomo  invadendo  cosi'  la

materia dell'ordinamento civile riservata  dall'art.  117,  comma  2,

lettera l) della Costituzione  alla  potesta'  legislativa  esclusiva

dello Stato.

                                       P.Q.M.

 

    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta

Ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente

illegittimi,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra

rispettivamente indicati ed illustrati, gli articoli 1, commi 1, 2, 3

e 4, e 2, comma 1, della legge della Regione Calabria 13 marzo  2019,

n. 6, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione  Calabria  n.

34 del 13 marzo 2019, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri

assunta nella seduta del giorno 8 maggio 2019.

    Con  l'originale  notificato  del  ricorso  si  depositeranno   i

seguenti atti e documenti:

        1. attestazione relativa  alla  approvazione,  da  parte  del

Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 8 maggio 2019, della

determinazione di impugnare la legge della Regione Calabria 13  marzo

2019, n. 6, secondo i termini  e  per  le  motivazioni  di  cui  alla

allegata relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  e  le

autonomie;

        2. copia  della  legge  regionale  impugnata  pubblicata  nel

Bollettino ufficiale della Regione Calabria n. 34 del 13 marzo 2019;

        3.  copia  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri 7 dicembre 2018 recante nomina del Commissario ad acta e del

sub-Commissario per l'attuazione del Piano di rientro  dai  disavanzi

del Servizio sanitario regionale calabrese;

        4. copia del Programma operativo  2016-2018  predisposto  dal

Commissario ad acta ai sensi dell'art. 2, comma 88,  della  legge  n.

191/2009 ed approvato con decreto n. 63 del 5 luglio 2016 (stralcio);

        5. DCA 5 luglio 2016, n. 64 e relativi allegati  1  -  «PL  e

Strutture  pubbliche  e  private»  -  (stralcio)  e   «Documento   di

riorganizzazione della rete ospedaliera,  della  rete  dell'emergenza

urgenza e delle reti tempo-dipendenti».

    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di

ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

 

Roma, 12 maggio 2019

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Mariani

 

 

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